Si è tenuta dal 28 marzo al 1 aprile la 18esima YPFDJ Euro Conference: un evento che cementa le nuove e le vecchie generazioni, in un unico grande messaggio d’identità e di progresso.
Anche quest’anno i suggestivi scorci delle Tre Venezie hanno ospitato la Conferenza Europea dello Youth Peoples Front for Democracy and Justice (YPFDJ, organizzazione giovanile del PFDJ, forza di governo dello Stato di Eritrea e diretta erede dell’EPLF, l’Eritrean People’s Liberation Front, che dopo una lunga e complessa Guerra di Liberazione riuscì a sancire l’Indipendenza del Paese nel 1991), in un clima di grande fervore politico e formativo, ma anche d’altrettanta gioia e convivialità, come del resto s’addice ad un importante ed annuale ritrovo di portata internazionale, dove giovani e meno giovani provenienti tanto dall’Eritrea quanto da tutta Europa e dal Nord America hanno l’occasione per condividere insieme dei momenti d’indimenticabile familiarità.
Ad un osservatore esterno, magari ad un europeo che vi partecipi per la prima volta, la natura delle Conferenze del YPFDJ potrebbe apparire quantomeno singolare: non è infatti del tutto paragonabile a quella di un congresso dei giovani di un partito nostrano, solitamente piuttosto ingessata e, diciamoci la verità, anche piuttosto noiosa; infatti ad intervallare i seminari politici, che la rendono una scuola di formazione a tutti gli effetti, vi sono pure momenti dedicati alla danza, al canto o alla recitazione di poemi. L’arte e la cultura, quindi, concorrono a comporre l’offerta di queste Conferenze, rendendole qualcosa di più rispetto ai comuni e polverosi eventi di partito nostrani. Per capire il perché di tutta questa ricchezza aggiuntiva, bisogna comprendere la storia e l’identità dell’Eritrea, unico paese dell’Africa a non conoscere le divisioni tribali, in cui nove etnie e tre religioni convivono armoniosamente dando vita ad un unico corpo sociale e ad un unico sentimento nazionale. La natura del pensiero politico elaborato in Eritrea non sarebbe concepibile senza tener conto della storia, della cultura, dell’arte o della tradizione del Paese e del suo Popolo: tutti questi elementi compongono un’identità nazionale che si fa identità politica, e che trova nella bandiera nazionale la sua più alta ed evocativa espressione. Tutti questi elementi e valori, passati attraverso decennali e gravose prove per garantire l’Indipendenza e l’Unità del Paese, hanno fatto sì che l’Eritrea venga oggi sempre più vista come un esempio da seguire e rispettare dal resto dell’Africa, Continente che oggi conosce una rinnovata primavera di decolonizzazione e rinnovamento; come del resto non minori sono la stima e il riguardo con cui viene giudicata nell’ampio consesso delle nazioni non allineate, dalla Russia alla Cina e via dicendo, che ne ammirano la totale sovranità ed autonomia guadagnate con sacrificio e spirito rivoluzionario. Ne emergono così valori di patriottismo come di panafricanismo ed internazionalismo, di socialismo e progressismo come di cura e custodia della propria storia, memoria, tradizione e cultura, elementi cardine dell’identità eritrea. Siamo lungi dall’aver dato una piena descrizione del messaggio politico dell’Eritrea e del PFDJ, che i giovani del YPFDJ raccolgono assumendosi l’impegno di portare avanti con la tenacia e la fierezza dei padri e delle madri; ma certamente per un lettore italiano, che voglia capire di cosa si tratti, può già essere una prima e buona infarinatura. Possiamo dunque ben comprendere, alla luce di quel poco spiegato, l’enorme orgoglio che il Popolo eritreo prova per tutto ciò che ha potuto raggiungere, a partire dalle lotte dei padri e delle madri, e dal sacrificio dei Martiri.
Quello tenutosi dal 28 marzo al 1 aprile nel Veneziano, dunque, è stato un evento che ha permesso a quasi 600 giovani eritrei provenienti dall’Italia, dalla Francia, dall’Inghilterra, dall’Olanda, dalla Svizzera, dalla Norvegia, dalla Svezia e dalla Germania, così come dagli Stati Uniti e dall’Eritrea, di poter affrontare insieme temi riguardanti l’attualità e le sfide del proprio Paese, di condividere le proprie passioni e i propri sentimenti nazionali, di rivedersi tra amici o di fare nuove amicizie, d’imparare cose nuove e di scambiare le proprie idee con gli altri, di confrontarsi con gli adulti e soprattutto con figure che per loro rappresentano delle istituzioni eroiche. Eroiche perché dai semplici padri e madri fino ai consoli e figure istituzionali che oggi guidano o rappresentano l’Eritrea nel mondo, tutti hanno fatto parte della generazione dei “combattenti”, i Tegadelti che tra il 1961 e il 1991 combatterono per rendere il Paese indipendente dall’Etiopia, difendendolo e sviluppandolo poi nei trent’anni successivi, fino ad oggi. E’ stato un gravoso percorso che ha visto il Paese spesso isolato, determinato nel perseguire un proprio sviluppo in totale autonomia, senza mai indebitarsi con l’estero, costruendo in trent’anni ben 800 tra dighe e bacini e portando il verde laddove aveva sempre regnato la siccità, garantendo ai propri figli cure mediche ed istruzione scolastica gratuite; nonché unico Paese africano, a sottolineare ancor più la sua totale estraneità dal dettato del Washington consensus, al di fuori del dispositivo NATO-AFRICOM. Tutte queste cose hanno potuto vivere ed imparare i giovani eritrei stando insieme per cinque giorni con la generazione dei Tegadelti, e per quel poco che può valere la mia parola posso garantire a chiunque mi legga quanta emozione e quanto interesse provassero questi ragazzi ad ascoltare le loro parole, ad incontrarli girando per i corridoi o per le sale, o a condividere con loro i pasti, a colazione, pranzo e cena.
Basti pensare all’interesse suscitato dalle parole dell’Ambasciatore dello Stato di Eritrea in Italia, Fessahazion Pietros, durante il suo discorso d’apertura, dove ha spiegato ai giovani l’importanza del loro ruolo, perché oggi è il loro momento, e sulle loro spalle ricadrà il compito di portare sempre avanti la causa del proprio Paese e della propria Comunità nel mondo. Durante il suo dettagliato ed apprezzato discorso, l’Ambasciatore ha spiegato le sfide e le priorità politiche del paese, sia nell’ambito interno che internazionale, il perché delle scelte perseguite fin dalla conquista dell’Indipendenza per assicurarne piena autonomia ed autosufficienza, la comune identità col resto del mondo progressista in un’ottica di sempre disinteressato amore per la propria appartenenza di Patria. Sono poi seguiti, nei vari giorni di svolgimento della Conferenza, altri vari importanti seminari politici, tenuti da altre importanti figure, da Suleman Hassen, ad Aura Habtezion, da Natnael Amanuel a Sirak Bahlbi, da Habel Woldemichael a Yohana Tesfamariam, da Ahmed Bening a numerosi altri ancora, compresi ospiti italiani come il Dr. Alvise Tosoni, medico pediatra che da tempo porta avanti il suo apprezzato e prezioso impegno con l’Ospedale Orotta di Asmara. Tutti questi interventi vertevano su temi fondanti per l’identità culturale e politica eritrea, come la storia del Paese e i valori della sua Carta Nazionale, il rapporto tra individualismo e collettivismo, l’importanza dell’organizzazione nazionale e del YPFDJ, la globalizzazione e le sue sfide, il rapporto all’estero tra nativi, adottati e nuovi arrivati, le radici della radicalizzazione e il percorso verso il Panafricanismo, fino alle opportunità e alle priorità della Diaspora. Durante tutti questi lavori, come dicevamo, non sono mancati momenti dedicati allo sport, all’intrattenimento culturale, alla recitazione, alla poesia, fino alle premiazioni dei più meritevoli. Di particolare significato evocativo, ancora, era una mostra dedicata alle immagini create da un bravo e noto artista eritreo come Mussie Abraha.
E’ stato dunque un evento di grandissima e memorabile importanza, e certamente anche per il nostro paese rappresenta un onore averlo ospitato: l’Italia, infatti, vede come parte integrante della sua società una delle comunità eritree di più antica data, con cui le sue istituzioni collaborano da sempre con reciproca ed armonica soddisfazione. Diversamente da altri Paesi europei, tolti alcuni fatti avvenuti anni fa e che fortunatamente non hanno poi avuto seguito, in Italia non si sono mai viste le incursioni di certi facinorosi o di altre figure malevole decise a mettere a repentaglio la sicurezza delle famiglie eritree che partecipavano ai loro festival o ai vari eventi di comunità. Al massimo, solo qualche giornalista di piccolo cabotaggio, che veniva a fare qualche insinuazione, ma nulla di che. Anche in occasione della recente visita del Presidente eritreo Isaias Afewerki, rimasto per numerosi giorni a Roma oltre a compiere varie visite in Toscana ed Umbria tra gennaio e febbraio scorsi, mai si sono visti questi gruppetti di violenti o d’intriganti che invece sempre compaiono in Germania, in Olanda, in Scandinavia e in altri Paesi, spesso sostenuti o coperti da molti politici e giornalisti locali, soliti apparire allorché le comunità eritree tengono i loro festeggiamenti. Insomma, pur con tutti i suoi difetti, che certo noi italiani abbiamo ben presente, dobbiamo però allo stesso tempo riconoscere che l’Italia ha anche tanti pregi, da cui molti Paesi nordeuropei possono decisamente trarre anche qualche buon esempio: ce lo ricordano pure gli amici eritrei, nostri amici e fratelli.
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