di Giulio Chinappi
Lo scorso 21 marzo, il Presidente vietnamita Võ Văn Thưởng ha rassegnato le proprie dimissioni da tutte le sue cariche, mettendo in evidenza l’esistenza di rivalità interne al Partito Comunista in vista del XIV Congresso Nazionale, previsto per il 2026.
Lo scorso 21 marzo, il Comitato Centrale del Partito Comunista del Vietnam ha concordato mercoledì di permettere al Presidente Võ Văn Thưởng di essere sollevato dalla sua posizione su sua richiesta personale. In carica dal 2 marzo dello scorso anno, Thưởng ha infatti lasciato le sue posizioni di Presidente della Repubblica, membro del Politburo, membro del 13° Comitato Centrale del Partito e Presidente del Consiglio per la difesa e la sicurezza per il mandato 2021-2026, secondo una decisione annunciata in una sessione straordinaria del Comitato.
Una dichiarazione dall’ufficio del Comitato Centrale del Partito ha detto che Thưởng, in qualità di leader chiave del Partito e dello Stato, era stato incaricato di diverse importanti posizioni di leadership del Partito e dello Stato. Tuttavia, avrebbe commesso violazioni alle normative del Partito, secondo rapporti della Commissione di Ispezione Centrale e altre autorità competenti, anche se tali violazioni risalirebbero al 2012, e dunque non hanno nulla a che vedere con il suo mandato presidenziale.
“Le violazioni e i difetti di Võ Văn Thưởng hanno avuto un impatto negativo sulla percezione pubblica, così come sulla reputazione del Partito e dello Stato“, si legge all’interno del comunicato ufficiale rilasciato dal Comitato Centrale. “Consapevole delle sue responsabilità nei confronti del Partito, dello Stato e del popolo, Thưởng ha presentato le sue dimissioni dalle sue posizioni“.
Il cinquantaquattrenne Võ Văn Thưởng, originario della provincia meridionale di Vĩnh Long, era diventato capo dello Stato dopo che il suo predecessore Nguyễn Xuân Phúc aveva a sua volta rassegnato le dimissioni per l’emergere di alcuni scandali riguardanti i voli di rimpatrio dei cittadini vietnamiti nel corso della pandemia, che avevano coinvolto diversi suoi ministri nel periodo in cui occupava l’incarico di Primo Ministro. Diventato Segretario del Partito della provincia centrale di Quảng Ngãi nel 2011, Thưởng aveva successivamente occupato gli incarichi di vice Segretario permanente del Partito di Hồ Chí Minh City dal 2014 e di capo della Commissione per l’Informazione e l’Educazione dal gennaio del 2016, prima di accedere alla massima carica dello Stato.
In seguito alla notizia delle dimissioni del Presidente, l’Assemblea Nazionale ha convocato una seduta straordinaria per il 22 marzo, in quanto l’organo legislativo è responsabile della nomina del capo dello Stato, e dunque anche di accettare le sue dimissioni dall’incarico. I legislatori hanno dunque ufficialmente sollevato Võ Văn Thưởng dall’incarico, permettendo alla Vice Presidente Võ Thị Ánh Xuân di diventare per la seconda volta Presidente ad interim, dopo aver precedentemente occupato questo incarico dal 18 gennaio al 2 marzo 2023 in seguito alle dimissioni di Nguyễn Xuân Phúc. Xuân, cinquantaquattrenne originaria della provincia meridionale di An Giang, manterrà la posizione fino a quando l’Assemblea Nazionale non potrà votare per un nuovo Presidente che completi il mandato che termina nel 2026.
Secondo alcuni analisti, le dimissioni del Presidente Võ Văn Thưởng riflettono alcuni scontri esistenti all’interno del Partito Comunista del Vietnam. L’improvviso riemergere di questioni passate riguardanti l’ormai ex capo di Stato sarebbe stato architettato ad arte dagli oppositori del Segretario Generale del PCV, Nguyễn Phú Trọng, 79enne che guida il Partito dal 2011 e che ha fatto proprio della lotta alla corruzione una delle sue principali battaglie. Carl Thayer, professore emerito di politica all’Università del Nuovo Galles del Sud, ha puntato il dito contro il Ministro della Sicurezza Pubblica Tô Lâm, che in precedenza aveva osteggiato la candidatura di Thưởng alla presidenza, fortemente voluta proprio dal Segretario Generale Trọng.
Proprio in quest’ottica andrebbero lette le recenti dichiarazioni di Nguyễn Phú Trọng, che ha chiesto di “mettere gli interessi della nazione, del Partito e del popolo al primo posto e sopra ogni cosa“. Le questioni interne e personali non dovrebbero infatti mettere a repentaglio l’interesse generale, ha affermato Trọng, richiedendo che il Comitato Centrale del Partito, il Politburo, il Segretariato e l’intero sistema politico lavorino con un senso di responsabilità molto elevato, grande determinazione e sforzi, e in modo veramente imparziale, obiettivo e scientifico, mettendo gli interessi della nazione, del Partito e del popolo al primo posto e sopra ogni cosa.
Trọng dovrà ora cercare di mediare con i suoi oppositori interni al fine di nominare un nuovo Presidente che possa portare a termine il mandato per i prossimi due anni, e poi dovrà concentrarsi sulla preparazione del XIV Congresso Nazionale del PCV, previsto per il 2026, quando, ultraottantenne, dovrebbe lasciare l’incarico di leader del Partito. Trọng, del resto, aveva precedentemente beneficiato di una deroga creata sulla base dell’emergenza pandemica, in base ala quale era stato confermato alla guida del PCV per tre mandati consecutivi, contravvenendo alla regola per la quale il Segretario Generale può ottenere unicamente due mandati.
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