di Timur Fomenko
Gli opinionisti occidentali sostengono che i Paesi BRICS “rischiano di diventare vassalli della Cina”, affermando che gli altri membri del gruppo (Brasile, Russia, India e Sudafrica) sono completamente dominati da Pechino in termini di peso economico e di influenza.
Secondo un recente articolo del Financial Times, ciò ha reso i BRICS un proxy della rivalità della Cina con gli Stati Uniti, con Pechino che trascina i suoi partner nel confronto. L’autore dell’articolo descrive il gruppo in termini molto accondiscendenti, affermando che è costruito su poco più che “risentimento” e “retorica di sfida” contro il “mondo ricco“.
Commenti come questo non riescono a comprendere il gruppo dei BRICS e i suoi obiettivi.
Accusare la Cina di cercare di imporre l’allineamento con i suoi interessi agli altri Paesi (che vorrebbero ancora legami neutrali o favorevoli con l’Occidente) non coglie il punto. Il BRICS si sta evolvendo per diventare un forum per gli interessi di sviluppo dei Paesi del Sud globale; non ha nulla a che fare con l’allineamento ideologico o militare, ma ha tutto a che fare con il permettere a questi Paesi di assicurarsi lo spazio politico in modo che possano promuovere il proprio sviluppo attraverso la creazione di un ambiente multipolare e, così, di aggirare i limiti del modello occidentale il quale fa leva sulla crescita dei Paesi sulla base di un insieme esclusivo di condizioni ideologiche e strategiche.
Per capirlo, bisogna comprendere che lo sviluppo di un Paese non è semplice. È facile invocare il mito della destra secondo cui “il socialismo è un fallimento” e che alcuni Paesi del Sud globale sono gli unici responsabili della loro povertà o del loro disordine.
È più complicato di così.
Per il successo di un’impresa occorrono capitali e mercati, e ovviamente è possibile ottenere capitali e mercati solo dove questi esistono già. Si dà il caso che negli ultimi quattrocento anni l’allocazione del capitale e dei mercati globali sia stata dominata da un insieme esclusivo di Paesi (l’Occidente) che hanno raggiunto la loro posizione attraverso la violenza e lo sfruttamento, e che, in seguito, hanno consentito l’accesso alle loro ricchezze a condizioni favorevoli a loro stessi.
Ciò significa che i Paesi del Sud globale non sono in grado di svilupparsi a meno che non si sottomettano all’ordine politico e alle regole stabilite dall’Occidente (pesantemente sleali contro di loro) al solo fine di mantenere il capitale e la ricchezza consolidati nello stesso luogo in cui si trovano adesso.
Ora, se ci sono alcuni Paesi che sono riusciti a passare con successo dalla povertà alla ricchezza – come ad esempio la Corea del Sud – ciò è avvenuto solo diventando asserviti agli interessi degli Stati Uniti, sacrificando, così, le proprie sovranità nazionale e autonomia strategica.
D’altra parte, le Nazioni che scelgono di ribellarsi all’ordine occidentale – soprattutto quelle più grandi, come l’Iran – trovano forzatamente bloccata la strada del loro sviluppo, poiché vengono private di quei capitali e mercati di esportazione che è l’Occidente a fornire. Pertanto, le opzioni di sviluppo dei Paesi del Sud globale sono state tradizionalmente bloccate dal dominio occidentale del sistema finanziario globale.
Tuttavia, il mondo sta cambiando. Gli Stati Uniti hanno commesso l’errore strategico di integrare la Cina nell’economia globale nella convinzione che l’economia di libero mercato avrebbe annunciato la sua trasformazione ideologica per soddisfare i termini e le condizioni dell’America, ma non è stato così.
Ora, l’ascesa della Cina ha creato uno spazio politico per i Paesi del Sud globale, che hanno potuto, così, affermare il proprio sviluppo economico al di fuori della bolla dominata dall’Occidente.
Questo è stato il motore principale di iniziative come la Belt and Road Initiative (BRI).
Naturalmente, gli Stati Uniti hanno reagito a questo cambiamento nelle dinamiche globali cercando di reprimere l’ascesa della Cina, dimostrando al mondo ciò che si prospetta per qualsiasi nazione in via di sviluppo nel momento in cui cercasse di svilupparsi alle proprie condizioni.
In questo nuovo contesto geopolitico, l’importanza strategica dei BRICS è aumentata soprattutto perché rappresentano un club per i Paesi del Sud Globale, un gruppo di Paesi che coopera per dare forma a un’economia del futuro al di fuori del dominio occidentale.
Non si tratta, come lo dipinge in modo fuorviante il Financial Times, di un “blocco guidato dalla Cina“, proprio perché si basa sulla tradizione del non allineamento. Pertanto, se il FT cerca di sostenere che il Brasile che cerca maggiori legami commerciali è una contraddizione o di sottolineare le controversie dell’India con la Cina, ciò è fuorviante.
I BRICS non sono una scelta “o l’una o l’altra”, ma lavorano per creare un ambiente multipolare proprio per contrastare il dominio che l’Occidente attualmente esercita.
Pertanto, la Cina stessa non è nemmeno veramente contraria ai legami con l’Occidente, ma piuttosto specificamente avversa al tentativo degli Stati Uniti di indebolirli. Mentre organizzazioni come la NATO sono alleanze a somma zero progettate per integrare gli obiettivi strategici degli Stati Uniti, e quindi per portare avanti una missione ideologica, il BRICS è qualcosa di più pragmatico e pratico.
Per questo motivo, molte nazioni hanno chiesto di entrare a farne parte perché rappresenta un’alternativa a queste istituzioni dominate dall’Occidente.
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