di Giulio Chinappi
Il 2023 ha segnato un significativo declino dell’influenza francese nel Sahel, con il ritiro delle truppe da Mali, Burkina Faso e Niger, mentre il Ciad resta il principale punto d’appoggio per Parigi nella regione.
Il 2023 ha portato a significativi cambiamenti nelle relazioni tra la regione africana del Sahel e le potenze occidentali, in particolare gli ex colonizzatori francesi, segnando un notevole declino dell’influenza di Parigi in quest’area. La storia di questo declino si svela attraverso una serie di eventi cruciali che hanno minato la presenza francese in Mali, Burkina Faso e Niger, portando alla dissoluzione fattuale del G5 Sahel. Al contempo, la Francia cerca di mantenere la sua posizione in Ciad, dove il governo militare sta cercando la riconciliazione con l’opposizione, soprattutto dopo la nomina di Succès Masra come primo ministro.
Le conseguenze dei colpi di Stato in Mali e Burkina Faso
Dopo il ritiro della forza di intervento Barkhane dal Mali nell’agosto 2022, le truppe francesi si sono ritirate anche dal vicino Burkina Faso nel febbraio 2023. Questa mossa è stata preceduta dalla richiesta del governo militare di Ouagadougou, che ha preso il potere nel 2022, di ritirare le truppe francesi entro quattro settimane. Le relazioni tra Parigi e Ouagadougou si erano deteriorate sin dal colpo di Stato che ha portato il Capitano Ibrahim Traoré al potere.
A marzo, il governo del Mali ha sospeso l’operato dei media francesi nel paese a seguito di tensioni già esistenti dal colpo di Stato del 2020. Le emittenti francesi RFI e France 24 sono state sanzionate per aver diffuso notizie false sulla situazione umanitaria nel paese. Questa sospensione è stata successivamente elevata a un divieto definitivo da parte dell’organo regolatorio dei media del Mali.
Il colpo di Stato in Niger
Il 26 luglio, un nuovo colpo di Stato, questa volta in Niger, ha costretto il Presidente Mohammed Bazoum a dimettersi, con il Generale Abdourahamane Tchiani, noto anche come Omar Tchiani, che ha preso il suo posto. Questo è stato un colpo molto duro per Parigi, che aveva concentrato la sua influenza su Niamey dopo il calo di potere in Mali e Burkina Faso. La Francia ha ufficialmente sospeso le relazioni con Niamey il 29 luglio, mentre la CEDEAO/ECOWAS ha minacciato un intervento militare per reinstallare Bazoum. Dal canto suo, la Francia ha continuato a rifiutarsi di riconoscere la legittimità del governo militare, portando a uno stallo diplomatico.
Il 22 dicembre, la Francia ha ritirato 1.500 soldati dal Niger cinque mesi dopo il colpo di Stato che ha portato al potere il governo militare. Questa mossa ha confermato i precedenti ritiri dalla regione, causando ulteriori danni alla reputazione militare della Francia. Nella stessa settimana, l’ambasciata francese a Niamey ha chiuso i battenti, citando problemi logistici dopo un blocco da parte del governo nigerino.
La fine del G5 Sahel
Il 2 dicembre, Niger e Burkina Faso hanno annunciato il loro ritiro dalla forza congiunta del G5 Sahel, un’alleanza militare multinazionale fondata per combattere i gruppi armati nella regione instabile del Sahel, fortemente sostenuta da Parigi. In seguito al precedente ritiro del Mali nel 2022, l’alleanza non aveva ragioni di continuare ad esistere, con Ciad e Mauritania che sono rimasti gli unici membri formali della stessa. Bisogna infatti ricordare che l’articolo 20 della convenzione fondativa dell’alleanza prevede la sua dissoluzione a richiesta di almeno tre Stati membri.
Il Ciad ultimo baluardo della presenza francese nel Sahel
Dopo aver perso la propria influenza su Mali, Burkina Faso e Niger, la Francia ha concentrato i propri sforzi sul Ciad, come abbiamo sottolineato in un nostro recente articolo, dove il Presidente filofrancese Mahamat ibn Idriss Déby Itno, a capo del governo militare di transizione, resta saldamente al potere. Con una mossa tattica rilevante, il governo ciadiano ha deciso di nominare primo ministro Succès Masra, ex leader dell’opposizione, che fino allo scorso novembre si trovava in esilio. Secondo gli osservatori, la nomina di Masra è un passo significativo verso la transizione verso un governo civile, e dimostra la volontà del governo militare di diminuire le tensioni interne al Paese, al fine di cercare una stabilizzazione. In conclusione, il 2023 ha segnato un capitolo significativo nella storia delle relazioni franco-africane, con la Francia che ha visto scemare la sua influenza nella regione del Sahel. Il declino della presenza francese è stato evidente attraverso il ritiro delle truppe, la chiusura di ambasciate e la crescente sfiducia nei confronti della Francia. Mentre la situazione evolve, l’Africa continua a cercare nuove dinamiche nelle sue relazioni internazionali, con i Paesi occidentali che devono confrontarsi con una realtà geopolitica in cambiamento, nella quale prevale quella che possiamo definire la seconda ondata di decolonizzazione, che sta portando alla fine progressiva del neocolonialismo dopo quella del colonialismo formale negli anni ’60 del secolo scorso.
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