di Giulio Chinappi
Il referendum consultivo del 3 dicembre in Venezuela sulla disputa per il territorio della Guayana Esequiba, oggetto degli attacchi della stampa occidentale, dimostra la volontà del popolo venezuelano di far valere i propri diritti storici.
La Guayana Esequiba, un vasto territorio al centro di una storica disputa tra Venezuela e Guyana, poco abitato ma ricco di risorse naturali, è stato oggetto di un referendum tenutosi nella Repubblica Bolivariana lo scorso 3 dicembre per volere del presidente Nicolás Maduro. Questo evento, come prevedibile, è stato oggetto degli attacchi della stampa occidentale, secondo la quale Maduro sarebbe pronto a invadere il Paese confinante per conquistare questa terra e appropriarsi delle sue ricchezze. Tuttavia, il punto di vista dei venezuelani sulla questione è ben diverso.
Dal punto di vista dei venezuelani, infatti, la Guayana Esequiba rappresenta una ferma volontà di difendere i propri confini nazionali, riappropriandosi di un territorio che sente storicamente come suo, le cui vicende storiche sono strettamente intecciate con valori, sentimenti e aspirazioni legati all’identità venezuelana stessa. La questione della Guayana Esequiba, infatti, non è certo una recente questione tirata in ballo da Maduro, ma una disputa che va avanti dall’800 legata all’epoca coloniale e agli interessi britannici in America meridionale.
Furono infatti i britannici ad incorporare indebitamente questo territorio venezuelano, grazie ad una controversa decisione del tribunale arbitrale di Parigi nel 1988, nella propria colonia della Guyana Britannica, divenuta indipendente solamente nel 1966, ed oggi denominata ufficialmente Repubblica Cooperativa della Guyana. Agli interessi britannici, nel corso degli ultimi decenni, si sono poi aggiunti in maniera ancora maggiore quelli statunitensi, le cui multinazionali petrolifere, prima fra tutte la ExxonMobil, sfruttano i ricchi giacimenti della Guayana Essequiba secondo le concessioni del governo di Georgetown. È principalmente questo il motivo per il quale la stampa serva dell’imperialismo ha condannato il referendum di Maduro, visto che la ExxonMobil teme di perdere tutte le proprie concessioni nel caso in cui il Venezuela dovesse riappropriarsi del territorio conteso.
In quest’ottica, il referendum consultivo del 3 dicembre rappresenta un passo significativo nella volontà del Venezuela di risolvere pacificamente la disputa e di coinvolgere la popolazione nella decisione riguardante la Guayana Esequiba. Oltretutto, viste le fake news diffuse dalla stampa main stream, è bene sottolineare come il Venezuela non abbia nessuna intenzione di intervenire militarmente, ma solamente di far valere le proprie ragioni alla luce del diritto internazionale, respingendo allo stesso tempo le ingerenze straniere e come tentativi di destabilizzare la regione caraibica e di favorire gli interessi dell’imperialismo nel continente.
A tal proposito, molti osservatori ritengono che la risoluzione della questione richieda un dialogo costruttivo tra Venezuela e Guyana, supportato dalla comunità internazionale. Il referendum consultivo del 3 dicembre rappresenta un passo importante verso questo obiettivo, consentendo al popolo venezuelano di esprimere la propria volontà su una questione di vitale importanza per la nazione. Il Venezuela infatti ritiene che la decisione del tribunale arbitrale di Parigi nel 1899 non sia valida, mentre a fare fede dovrebbero essere il più recente Accordo di Ginevra del 1966, che aprono la strada alla risoluzione della disputa attraverso il dialogo.
Considerando che i cinque quesiti proposti da Maduro hanno ricevuto il sostegno di una netta maggioranza dei votanti, il referendum del 3 dicembre dimostra come il popolo venezuelano abbia espresso chiaramente la sua volontà di difendere il proprio territorio e i suoi diritti storici sulal Guayana Esequiba. La risoluzione pacifica di questa controversia rimane un obiettivo auspicabile, con l’Accordo di Ginevra che rappresenta un possibile strumento per una soluzione negoziata e giusta, ma per raggiungere questo fine è innanzi tutto necessario che cessino le ingerenze esterne degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali che hanno interessi nella regione.
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