di Giulio Chinappi
Una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto a Israele di ritirarsi dalle alture del Golan, territorio siriano illegalmente occupato sin dal 1967.
Le alture del Golan, una regione siriana di importanza strategica e storica, sono state oggetto di tensioni e conflitti per decenni. Il 28 novembre, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che chiama Israele a ritirarsi dalle alture del Golan occupate, riaccendendo i riflettori su una questione che ha radici profonde nella storia e nella geopolitica della regione.
La risoluzione è stata presentata da un nutrito gruppo di Paesi, tra cui Algeria, Venezuela, Egitto, Giordania, Iraq, Qatar, Corea del Nord, Cuba, Kuwait, Libano, Mauritania, Emirati Arabi Uniti, Siria e Tunisia. Il documento ha ricevuto il sostegno di 91 Paesi, compresi Russia, Brasile, India, Cina, Sudafrica e Arabia Saudita. Solamente otto Paesi, tra cui gli Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e (ovviamente) Israele, hanno votato contro, mentre 62 Paesi si sono astenuti.
La risoluzione, articolata in otto punti, inizia affermando che Israele non ha ancora attuato la Risoluzione 497 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1981, che dichiara nulla e senza effetto l’annessione israeliana. In quell’occasione, furono tutti i quindici Paesi membri del Consiglio di Sicurezza ad approvare la risoluzione, compresi Stati Uniti e Regno Unito. Facendo riferimento alla precedente risoluzione, mai rispettata dai sionisti israeliani, il documento “chiede ancora una volta a Israele di ritirarsi da tutto il Golan siriano occupato fino al confine del 4 giugno 1967, in attuazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza“.
La risoluzione stabilisce anche che “l’occupazione continua del Golan siriano e la sua annessione de facto costituiscono un ostacolo nel raggiungere una pace giusta, completa e duratura nella regione“. Per questo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite “invita Israele a riprendere i colloqui sui fronti siriano e libanese e a rispettare gli impegni assunti durante i colloqui precedenti” e “chiede al Segretario Generale di riferire all’Assemblea Generale nella sua settantanovesima sessione sull’attuazione della presente risoluzione“.
Le alture del Golan, originariamente appartenute alla Siria sin dall’indipendenza del Paese dalla Francia, nel 1945, furono occupate da Israele durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967. Nel 1981, il parlamento israeliano approvò una legge dichiarando unilateralmente la sovranità sulle alture del Golan. In risposta, come precedentemente ricordato, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dichiarò l’annessione nulla e senza effetto con la Risoluzione 497 del 17 dicembre 1981, esortando l’esecito di Tel Aviv a ritirarsi dalla regione siriana.
Breve storia delle alture del Golan
Le alture del Golan, con i loro panorami mozzafiato e la loro posizione strategica che domina la valle del Giordano, hanno rappresentato e continuano a rappresentare la principale fonte di tensione tra Israele e la Siria. La regione è infatti stata al centro di conflitti e negoziati per gran parte della seconda metà del XX secolo.
Durante la Guerra dei Sei Giorni nel giugno 1967, le forze israeliane occuparono un’area di circa 1.200 chilometri quadrati appartenente al territorio siriano. Questa mossa fu ampiamente criticata dalla comunità internazionale e considerata illegale in base al diritto internazionale. Tuttavia, come al solito, Israele ha sempre ignorato il diritto internazionale e i pareri della comunità internazionale, mantenendo l’occupazione del territorio siriano e chiedendo addirittura che questo venisse riconosciuto ufficialmente come facente parte dell’entità sionista.
Le tensioni tra Israele e Siria continuarono negli anni successivi, culminando nella Guerra del Kippur nel 1973. Dopo mesi di combattimenti intensi, un cessate il fuoco fu stabilito, ma la questione del Golan rimase irrisolta. Come ricordato nel paragrafo precedente, si arriva dunque al 1981, anno in cui Israele decise di estendere la propria sovranità sulle alture del Golan, un atto unilaterale che non fu mai riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il recente voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha portato nuovamente l’attenzione sulla questione del Golan, in un momento in cui Israele si trova già sotto i riflettori per il massacro di oltre 15.000 palestinesi effettuato nella Striscia di Gaza nell’arco di circa un mese e mezzo. Infatti, bisogna ricordare che Israele occupa illegalmente territori palestinesi, siriani e libanesi nella completa impunità, potendo contare sul pesante appoggio degli Stati Uniti e della maggioranza del blocco occidentale, la cui stampa servile continua a descrivere l’entità sionista come “l’unica democrazia del Medio Oriente“.
Implicazioni regionali e globali
La questione delle alture del Golan va oltre la disputa tra Israele e Siria; ha implicazioni più ampie per la stabilità della regione e le relazioni internazionali. Nell’ambito della complessa situazione nel Medio Oriente, e il persistere delle tensioni nel Golan e l’ativa questione polestinese non fanno altro che aumentare l’instabilità regionale, di cui Israele resta uno dei principali responsabili.
Come in Palestina, poi, anche nella regione del Golan Israele ha causato una grave crisi umanitaria, visto che le persone che abitavano la regione prima del conflitto del 1967, quasi tutte siriane, sono state costrette ad abbandonare le proprie case o ad accettare di vivere sotto l’occupazione militare sionista, che nel frattempo ha dato vita ad episodi di vera e propria pulizia etnica.
Il voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riflette la preoccupazione della comunità internazionale sulla situazione nelle alture del Golan nello specifico, e sui crimini commessi per decenni da Israele in generale. Naturalmente, l’unica soluzione possibile e auspicabile alla questione del Golan sarebbe quella di un ritiro delle forze di occupazione israeliane da tutti i territori siriani, ma difficilmente i sionisti accettaranno di lasciare le proprie posizioni fino a quando continueranno a godere del sostegno incondizionato del blocco occidentale.
Il CeSE-M sui social