di Giulio Chinappi
Dopo il primo turno delle presidenziali argentine, il peronista Sergio Massa si trova in vantaggio rispetto a Javier Milei, ma resta difficile fare previsioni circa l’esito del ballottaggio del 19 novembre.
Il 22 ottobre si sono tenute le elezioni generali in Argentina, che comprendevano il primo turno delle elezioni presidenziali e le elezioni legislative per rinnovare 130 dei 257 seggi della Camera dei Deputati e 24 dei 72 seggi del Senato. Gli osservatori attendevano la sfida tra il ministro Sergio Massa e l’esponente dell’estrema destra Javier Milei, con quest’ultimo considerato favorito dopo i risultati delle primarie.
Tuttavia, il responso delle urne ha premiato Sergio Massa, candidato della coalizione peronista denominata Unión por la Patria, quella dell’attuale presidente Alberto Fernández. Ex presidente della Camera dei Deputati e ministro dell’Economia in carica, Massa ha ottenuto il 36,69% delle preferenze, andando oltre le attese e battendo nettamente il suo principale rivale. Javier Milei, sostenuto dalla coalizione La Libertad Avanza, non è infatti riuscito a superare il 29,99% delle preferenze, accusando un ritardo di quasi 1,8 milioni di voti.
Tuttavia, poiché nessuno dei due candidati ha raggiunto la maggioranza assoluta dei consensi, Massa e Milei si giocheranno la massima carica dello Stato sudamericano il prossimo 19 novembre, in occasione del secondo turno. Visti i risultati di domenica, Massa viene ora considerato come favorito per la vittoria, ma la storia recente ci insegna che la destra sudamericana tende a coalizzarsi al secondo turno per evitare la vittoria delle forze progressiste. È esattamente quello che è accaduto non molto tempo fa in Ecuador, dove la candidata correista Luisa González ha subito la rimonta del liberista Daniel Noboa.
A decidere le sorti della presidenza argentina saranno dunque gli elettori di Patricia Bullrich, ex ministro della Sicurezza sotto la presidenza di Mauricio Macri, giunta terza con il 23,84% dei consensi. La coalizione Juntos por el Cambio rappresenta la destra liberista tradizionale, che dunque si posiziona a metà strada tra i peronisti e l’estrema destra di Milei. Il buon senso dovrebbe portare gli elettori di Bullrich a rifiutare il “Trump argentino”, un uomo che pensa sia una buona idea brandire una sega elettrica durante un comizio elettorale, ma il verdetto non sarà affatto scontato.
Una vittoria di Massa garantirebbe anche una maggiore governabilità del Paese, visto che la coalizione di centro-sinistra resta quella che ha la maggior rappresentanza in entrambe le camere. L’Unión por la Patria dispone infatti di 108 su 257 seggi alla camera bassa e di 33 senatori su 72, numeri che non sono sufficienti a governare senza alleanze ma che sicuramente offrono una base di partenza più solida rispetto ai 39 deputati e 8 senatori delle forze che sostengono Milei, inferiori anche rispetto ai numeri dei macristi.
Il prossimo 19 novembre, gli argentini dovranno dunque scegliere tra un candidato che parla di dollarizzazione dell’economia nazionale, con il rischio di porre le basi per nuove gravi crisi economiche, ed uno che invece proseguirebbe sulla strada del multipolarismo tracciata dal governo in carica, come dimostra l’ingresso del Paese nei BRICS; tra un candidato che vorrebbe liberalizzare l’uso delle armi ed uno che invece vorrebbe fornire un computer ad ogni studente. “Costruiremo un’industria forte, di fronte a coloro che vogliono importare indiscriminatamente, renderemo migliore un’istruzione pubblica gratuita, di qualità e inclusiva, istituiremo un regime lavorativo moderno che abbracci le tecnologie e la formazione senza rinunciare ai diritti conquistati dai lavoratori”, sono state alcune delle dichiarazioni di Sergio Massa.
Il ministro in carica ha inoltre che crede nel dialogo e nel consenso e che questo sarà il suo metodo per costruire un’Argentina integrata, multilateralista e garante della sicurezza e della serietà nelle relazioni con le altre nazioni. Al contrario, un’Argentina sotto la guida di Milei tornerebbe ad essere un Paese vassallo degli Stati Uniti come in passato, con annessa perdita della sovranità monetaria per lasciare spazio al dollaro.
Nel frattempo, i peronisti possono celebrare alcune vittorie locali come la rielezione di Axel Kicillof nel ruolo di governatore della provincia di Buenos Aires, carica che occupa sin dal 2019, dopo essere stato ministro dell’Economia del governo nazionale tra il 2013 e il 2015, sotto la presidenza di Cristina Kirchner. Nel ringraziare i suoi elettori, il governatore provinciale ha affermato che “la campagna finirà quando Sergio Massa sarà il prossimo presidente dell’Argentina“. E ha aggiunto: “Nessuno si riposa, nessuno si ferma. Abbiamo bisogno di un governo nazionale impegnato per il popolo, per la sua felicità e per la grandezza della nostra Nazione. Massa Presidente“. Il 19 novembre avremo una risposta circa le sorti politiche del Paese sudamericano per i prossimi anni.
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