di Giulio Chinappi
Il referendum costituzionale voluto dal presidente Faustin-Archange Touadéra gli permetterà di ricandidarsi e conferma la linea di decolonizzazione intrapresa dal governo di Bangui.
Il 30 agosto, ha avuto luogo nella Repubblica Centrafricana un referendum costituzionale promosso dal presidente Faustin-Archange Touadéra e dal suo partito, il Movimento Cuori Uniti (Mouvement Cœurs Unis, MCU). Secondo i dati, ancora ufficiosi, pubblicati dall’Autorità nazionale per le elezioni il 6 agosto, la riforma costituzionale ha ottenuto il 95,21% dei voti favorevoli, con un’affluenza alle urne pari al 58,22% degli aventi diritto.
Il testo che è stato posto ai voti e che dovrebbe essere presto adottato prevede in particolare l’estensione della durata del mandato presidenziale da cinque a sette anni, la soppressione del limite al numero di tali mandati e l’esclusione dei cittadini con doppia nazionalità della corsa alla massima carica. Secondo l’opposizione, quest’ultima misura sarebbe stata presa appositamente per escludere dalla corsa elettorale delle presidenziali 2025 Anicet Georges Dologuélé, considerato come uno dei principali oppositori del governo, ed attualmente in esilio in Francia, Paese del quale ha ottenuto anche la cittadinanza.
Tuttavia, la situazione della Repubblica Centrafricana va letta soprattutto alla luce del processo di nuova decolonizzazione che sta avendo luogo nel continente africano, come dimostrano i recenti avvenimenti in Niger e nel resto dell’Africa occidentale. In carica dal 2016, Touadéra ha impostato una linea di allontanamento dalla Francia, ex potenza coloniale, e di avvicinamento ai Paesi non allineati all’egemonia occidentale, soprattutto la Russia. Dologuélé, al contrario, rappresenterebbe un ritorno alla sottomissione nei confronti di Parigi, e proprio per questo un suo ritorno in patria non è visto di buon occhio da gran parte della popolazione.
Il referendum è stato etichettato come “farsa” non solo dall’opposizione locale, ma anche dalla stampa occidentale, visto che in Europa e Nord America si tenta di tarpare le ali a qualsiasi tentativo di affrancarsi dal loro dominio. Il governo di Bangui, del resto, non ha mai fatto mistero di essersi affidato ai servizi del Gruppo Wagner per la propria sicurezza nazionale, chiedendo anche l’intervento dei mercenari russi per garantire il regolare svolgimento del referendum costituzionale. Secondo Al Jazeera, “decine di combattenti del gruppo mercenario russo Wagner sono arrivati nella Repubblica Centrafricana in vista del referendum costituzionale del 30 luglio che potrebbe permettere al presidente di andare alla ricerca di un altro mandato nel 2025”. Come spiegato dal portavoce presidenziale Albert Yaloke Mokpem, “ogni anno c’è una rotazione. Alcuni vanno e altri arrivano con la logistica, e lo fanno regolarmente a tutti i livelli, dall’assistenza militare a quella amministrativa”.
La Russia ha inviato per la prima volta appaltatori di sicurezza in Repubblica Centrafricana nel 2018, e ha intensificato il proprio sostegno con oltre 1.500 combattenti, inclusi istruttori e soldati che combattono a fianco dell’esercito del paese. Alcuni dei soldati fanno anche parte della sicurezza personale del presidente Touadéra. La stretta relazione tra Bangui e Mosca è stata anche confermata dal Vertice Russia-Africa di San Pietroburgo, evento al quale il leader del Paese africano ha partecipato in prima persona. In quell’occasione, Touadéra ha ringraziato la Russia per aver contribuito a salvare la democrazia nella Repubblica Centrafricana, evitando una nuova guerra civile nel Paese: “La Russia, non temendo alcun problema geopolitico, sta fornendo assistenza al nostro Paese, alle nostre forze armate, ai servizi di sicurezza, nella lotta alle organizzazioni terroristiche. […] Vorrei ringraziare la Federazione Russa per la determinazione con cui la Russia sostiene l’Africa nella sua lotta per la sovranità, per i nostri diritti definiti nella Carta delle Nazioni Unite“.
Le parole pronunciate dal presidente Touadéra facevano riferimento in particolare alla situazione tra il 2013 ed il 2016, quando la Repubblica Centrafricana ha vissuto una fase di forte instabilità, caratterizzata dal susseguirsi di tentativi di colpi di Stato, mentre bande terroristiche imperversavano in tutto il Paese, nonostante l’intervento militare della Francia, sostenuta da altri Paesi occidentali. La stabilizzazione è arrivata solamente a partire dal 2016, con l’inizio del mandato di Touadéra e grazie al sostegno offerto dalla Federazione Russa, che, al contrario dei Paesi occidentali, ha dimostrato di non voler essere presente in Africa per dettare legge a discapito dei popoli locali.
Certo, sarebbe decisamente naïf pensare che la Russia sia presente nella Repubblica Centrafricana e in altri Paesi africani solo per spirito di altruismo: anche Mosca coltiva i suoi legittimi interessi geopolitici, aumentando la propria influenza nel continente e stabilendo relazioni economiche e commerciali con i Paesi interessati. Oltretutto, ad un aumento dell’influenza russa corrisponde necessariamente un arretramento di quella franco-statunitense. Tuttavia, la Russia (come anche la Cina) si pone in maniera diversa rispetto ai Paesi occidentali, che invece continuano ad applicare gli schemi coloniali e neocoloniali del secolo scorso. Per questo motivo, i popoli africani oramai non si fidano più di europei e nordamericani, preferendo rivolgersi a Mosca e a Pechino, che trattano i loro Paesi da pari a pari, e non guardandoli dall’alto in basso.
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