L’Afghanistan al centro degli interessi delle potenze asiatiche

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Data la sua posizione geografica strategica e l’enorme presenza delle risorse naturali, l’Afghanistan è stato da sempre al centro dell’interesse regionale e globale. Ad oggi quest’interesse è più vivo che mai. nonostante le sue problematiche interne dovute alla presenza di gruppi estremisti di radice islamica, nel corso degli ultimi anni, molti Paesi hanno cercato di stabilire relazioni politiche ed economiche con Kabul.

Tra questi attori vi sono, sicuramente, la Cina, con una crescente presenza economica, i suoi investimenti in progetti infrastrutturali e la ricerca di legami commerciali sempre più stretti con il paese e la Russia che, d’altra parte, ha cercato di promuovere il suo ruolo nella regione garantendo la stabilità dei confini con l’Afghanistan; recentemente si sono aggiunti anche l’Iran e il Pakistan. Da una parte, vista la condivisione di una lunga frontiera che intende mantenere stabile, Teheran vuole proteggere i propri interessi regionali e mantenere una sfera di influenza nell’Afghanistan; Kabul, inoltre, è anche una parte chiave dei piani di collegamento regionale e di progetti infrastrutturali in cui l’Iran è coinvolto.

Dall’altra il Pakistan ha interessi economici, specialmente per quanto riguarda il commercio e il transito delle merci verso l’Asia centrale attraverso l’Afghanistan.

La Cina e l’avvicinamento all’Afghanistan

Tra tutti gli attori regionali, un’attenzione particolare va posta sull’azione cinese. Pechino si è distinta come il principale attore internazionale ad aver mantenuto i legami con l’Afghanistan anche dopo la caduta del governo di Ashraf Ghani e il conseguente ritorno al potere dei talebani – avvenuto nell’agosto del 2021. Nonostante non abbia riconosciuto formalmente il governo talebano, la Cina è stata uno dei pochi attori internazionali a mantenere una presenza diplomatica a Kabul, tanto che a pochi mesi dal ritorno al potere dei talebani, i contratti per progetti tra Cina e Afghanistan che erano rimasti bloccati fino a quel momento sono stati rivisti, firmati e messi in opera.

Ma cosa spinge la Repubblica Popolare Cinese a cercare legami con l’Afghanistan?

Alla base della strategia di avvicinamento della Cina a Kabul risiede, innanzitutto, un chiaro interesse al mantenimento di un elevato livello di sicurezza ai confini. La principale preoccupazione di Pechino riguarda, infatti, la possibilità di utilizzo del territorio afghano come base operativa per quei gruppi estremisti come lo Stato Islamico, Al-Qaeda, TTP (Tehrik-e Taliban Pakistan) e militanti indipendisti uiguri, i quali hanno storicamente legami con i talebani e hanno trovato, in passato, rifugio principalmente proprio in Afghanistan.

La vicinanza geografica tra il territorio cinese e l’Afghanistan – i due Paesi condividono un confine lungo appena 76 chilometri – amplifica l’ansia della Cina riguardo alla possibilità di infiltrazioni di tali gruppi attraverso il confine. L’idea di Pechino è, quindi, quella di impegnarsi con il Governo afgano al fine di garantire che i suoi confini – e, insieme, i suoi interessi siano protetti da eventuali azioni terroristiche o situazioni critiche.

Oltre alle preoccupazioni per le questioni legate alla sicurezza, Pechino ha anche significativi interessi economici in Afghanistan, in particolare nei settori minerario ed energetico. Le stime indicano che il l’Afghanistan possiede risorse naturali del valore compreso tra 1 e 3 trilioni di dollari, e la Cina è determinata a garantirsi un accesso facilitato a parte di queste ricchezze.

Negli ultimi anni, poi, l’avvicinamento della Cina all’Afghanistan è stato spinto dall’obiettivo di integrare il paese nel vasto progetto infrastrutturale della Belt and Road Initiative, lanciata nel 2013. In quanto snodo che collega l’Asia centrale, l’Asia meridionale e l’Asia occidentale, l’Afghanistan è stato un passaggio fondamentale già dell’antica Via della Seta terrestre. Oggi come allora, dunque, il paese riveste un ruolo di giuntura nei progetti di connettività legati alla Nuova via della Seta cinese sì importante che nel 2016 i due paesi avevano firmato un memorandum di intesa sulla Belt and Road Initiative con il quale Pechino prometteva un investimento di circa 100 milioni destinati a progetti di cooperazione in diversi settori economici, tra le quali lo sviluppo di infrastrutture di trasporto e la cooperazione energetica.

L’Afghanistan al centro dei progetti di connettività della regione

Dopo l’ascesa dei talebani al potere, gli investimenti esteri nell’Afghanistan sono stati ampiamente bloccati, a causa delle sanzioni internazionali e del congelamento delle attività finanziarie del paese all’estero. Questa situazione ha portato a una carenza di fondi per portare a termine importanti investimenti precedentemente concordati con gli ultimi Governi legati all’Occidente.

Tuttavia, diversi paesi della regione, tendenzialmente meno inclini a soffermarsi su questioni morali e sono, invece, più propensi a soddisfare gli interessi nazionali, hanno mostrato maggiore apertura al dialogo con il nuovo governo afghano. Alla base di questo crescente interesse verso l’Afghanistan, da parte di paesi come Cina, Russia, Iran e Pakistan, ci sono principalmente interessi economici. La strategia di queste potenze si concentra in particolare sulla promozione di progetti infrastrutturali volti a migliorare le connessioni regionali e facilitare, così, le relazioni commerciali. Questo approccio mira a ottenere una maggiore influenza e a posizionarsi come attori chiave nella regione, capitalizzando sulle opportunità economiche e commerciali che l’integrazione dell’Afghanistan nelle reti di connettività può offrire.

La rilevanza strategica dell’Afghanistan come crocevia nel cuore dell’Asia centrale è indiscutibile. La sua posizione geografica privilegiata, con un notevole potenziale di connettività per il commercio continentale asiatico, assume un ruolo di cruciale interesse sia per Pechino – la quale ha chiaramente riconosciuto l’opportunità di collegare i molteplici progetti della BRI all’Afghanistan – ma anche per il resto delle potenze che mostrano interessi nella regione.  Ad oggi, difatti, diversi paesi nella regione stanno tentato di includere l’Afghanistan nei principali progetti di connettività.

Tra questi, è ancora la Cina che si distingue come il principale investitore nello sviluppo infrastrutturale del Paese. Come accennato in precedenza, recentemente, Pechino ha intrapreso sforzi significativi per sviluppare una serie di collegamenti tra il suo territorio e l’Afghanistan. Fino a poco tempo fa, infatti, i collegamenti tra i due Paesi erano praticamente inesistenti. L’accesso principale era attraverso il corridoio di Wakhan, una stretta striscia di terra in Afghanistan che si estende verso est fino alla provincia cinese dello Xinjiang.

Tuttavia, gran parte di questa area di confine è resa impraticabile dalle estreme temperature invernali e dalle frequenti frane e cedimenti del terreno.

Altre alternative sono rappresentate da collegamenti già esistenti che passano per altri paesi dell’Asia centrale. A questo proposito, la Cina ha recentemente annunciato un nuovo collegamento tra i due paesi. La nuova rotta Cina-Afghanistan, un percorso di 3125 km, è un’estensione del già esistente corridoio Cina- Kirghizistan-Uzbekistan. Da Kashgar in Cina, le merci vengono trasportate attraverso il confine fino alla città di Osh in Kirghizistan. È qui che vengono caricati su un treno, che prosegue il suo viaggio attraverso l’Uzbekistan per raggiungere la sua destinazione finale, Hairatan in Afghanistan.

Tuttavia, gran parte delle rotte settentrionali attraverso Wakhan, Tagikistan e Kirghizistan sono difficili e costose da sviluppare. Le opzioni di connettività esistenti attraverso il Pakistan sembrano essere la scelta più praticabile e conveniente per la Cina per accedere all’Afghanistan, mentre le rotte settentrionali e l’accesso diretto ai confini afghani rimangono un progetto da sviluppare a lungo termine. L’esistente autostrada del Karakorum offre già una connessione da Kashgar in Cina a Islamabad e Peshawar in Pakistan, facilitando, così, potenziali collegamenti futuri con Kabul.

In questo contesto diventa centrale lo sviluppo di reti infrastrutturali di trasporto nel contesto del corridoio economico China-Pakistan (CPEC); la dimostrazione della sua importanza è data dal fatto che a maggio di quest’anno Islamabad e Pechino hanno accordato di estendere il CPEC, uno dei progetti di punta e di maggior spessore geopolitico della BRI, a Kabul. L’accordo, è stato raggiunto nell’ambito di un incontro nella capitale pakistana tra il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, la sua controparte pakistana Bilawal Bhutto Zardari, e il ministro degli Esteri ad interim afgano Mawlawi Amir Khan Muttaqi.

Nell’occasione è stato anche concordato anno di lavorare assieme nel processo di ricostruzione dell’Afghanistan, e di estendere il passaggio del corridoio economico Cina-Pakistan “alla nazione governata dai talebani”. Inoltre, è stata ribadita con forza l’intenzione di cooperare in ambiti chiave quali lo sviluppo economico, il potenziamento delle capacità e il miglioramento generale delle condizioni e degli standard di vita. Questa collaborazione potrebbe abbracciare diversi settori, tra cui l’agricoltura, il commercio, l’energia, il rafforzamento delle capacità e la gestione delle frontiere.

I tre ministri degli esteri hanno soprattutto posto un’enfasi particolare sull’importanza della realizzazione di progetti di connettività regionale che contribuirebbero al benessere economico e alla prosperità delle popolazioni nella zona. In generale, come evidenziato dal Ministro degli Esteri cinese durante questo incontro, la collaborazione tra i tre paesi assume un valore paradigmatico nell’ambito della cooperazione tra vicini, svolgendo un ruolo fondamentale nel promuovere la stabilità e il benessere della regione.

Tuttavia, in questa competizione per creare un collegamento con un’Afghanistan il più possibile stabilizzato, la Cina e il Pakistan non sono gli unici attori coinvolti. Sponsorizzata da Iran e Russia, la ferrovia Turkmenistan-Afghanistan-Tagikistan (TAT), permetterebbe di collegare il Turkmenistan al Tagikistan attraverso l’Afghanistan, evitando così di passare per l’Uzbekistan, ostile a Teheran. Questa ferrovia – collegandosi, poi, all’Iran e al Corridoio di trasporto internazionale nord-sud – potrebbe potenzialmente fornire alla Cina un’alternativa per accedere al mare senza dover passare attraverso il territorio del Pakistan. La creazione di una vasta rete ferroviaria, che si collegherebbe idealmente al Corridoio Nord-Sud sviluppandosi nel cuore dell’Asia, promosso da Iran, Russia e India, potrebbe potenziare la connettività e portare indubbi benefici nel continente asiatico.


Ostacoli e scenari futuri

Tuttavia, una serie di ostacoli si frappongono tra il fallimento e la realizzazione delle ambizioni di queste potenze regionali riguardo all’Afghanistan.

L’insicurezza del paese derivante dalla presenza di diversi gruppi estremisti è il primo di questi ostacoli. La principale preoccupazione è che, nonostante i combattimenti si siano interrotti in gran parte dell’area, i gruppi comi l’ISKP (Islamic State-Khorasan Province), il TTP, l’ETIM e altri militanti uiguri, possano utilizzare il territorio afghano come base delle loro operazioni in territorio cinese e che il regime talebano non sia in grado di reprimere queste cellule.

Gli sforzi del Governo afgano messi in atto per frenare i gruppi militanti che minano la stabilità della regione, fino ad oggi, sono stati alquanto limitati ed i risultati ottenuti non danno grandi speranze per il futuro. In seguito alle pressioni di Pechino per chiudere basi di militanti uiguri nella provincia di Badakhshan in Afghanistan, Kabul ha risposto spostando questi campi lontani dal confine con la Cina. La minaccia non si limita, però, ai confini ma rappresenta un problema anche per il personale straniero presente nel paese, come dimostra l’attacco da parte dell’ISKP nel dicembre dello scorso anno ad un hotel a Kabul frequentato da officiali cinesi, studenti e uomini d’affari coinvolti in progetti di investimenti in Afghanistan.

Tuttavia, in uno scenario futuro è molto probabile che la presenza di interessi esteri nell’economia afghana abbia come effetto quello di incentivare i talebani a cooperare nell’antiterrorismo e reprimere le ultime cellule estremiste presenti nel paese.

Un secondo aspetto riguarda l’instabile e precaria economia di un Paese che negli ultimi anni è stato martoriato dall’intervento militare occidentale; come accennato in precedenza, il mancato riconoscimento internazionale del governo talebano ha provocato una riduzione degli investimenti nel paese e ha portato i donatori internazionali a tagliare l’assistenza finanziaria – cruciale – destinata all’Afghanistan per lo sviluppo e la sussistenza del Paese. La nuova presa del potere da parte dei talebani e le misure occidentali seguite a questo evento hanno ulteriormente aggravato la situazione economica, innescando un collasso finanziario e contribuendo ad acuire una grave crisi economica e umanitaria.

La scarsa crescita economica e l’assenza di infrastrutture adeguate costituiscono, in parte, un ostacolo per le imprese straniere interessate ad investire in progetti infrastrutturali di ampia portata. Inoltre, la presunta carenza di competenze manageriali tra le istituzioni afghane rallenta i progressi delle ambizioni dei paesi regionali all’interno dell’Afghanistan.


Un bivio per la regione

Nonostante il cambio di Governo che ha creato maggiore instabilità e incertezze, questo gioco di potere ha portato ad un rinnovato interesse per le sorti del Paese . Nel quadro di questo nuovo Grande Gioco asiatico in cui l’Afghanistan è il fulcro delle ambizioni di potenze regionali e globali, il Paese diventa un cruciale snodo per il commercio e la connettività infrastrutturale eurasiatica.

Sebbene le strategie di queste potenze siano apparentemente convergenti, esiste tuttavia il rischio che, nel lungo periodo, si possa creare una sovrapposizione di interessi contrastanti che vadano a contribuire ad una crescente instabilità in una regione già segnata da anni di guerre, combattimenti tra gruppi islamici, la presenza militare di potenze straniere e frequenti cambi di potere.

In questo contesto di instabilità, la volontà di Washington di perturbare la stabilità dell’area si configura come uno dei principali fattori di preoccupazione. Storicamente, gli interessi statunitensi nella regione hanno contribuito in modo significativo alla generazione di disordine; per anni, infatti, gli Stati Uniti hanno spinto i Paesi che insistono nell’area l’uno contro l’altro, utilizzandoli come pedine per avanzare il loro dominio nella regione dell’Asia.

Vediamo, ad esempio, i fatti recenti avvenuti in Pakistan: il rovesciamento del governo con l’arresto dell’ex Primo ministro Imran Khan e i crescenti disordini all’interno del Paese vi hanno visto Washington giocare un ruolo centrale. Gli Stati Uniti sembrano essersi impegnati in una operazione di cambio di regime in Pakistan, mirante a sostituire il governo populista e anti-americano di Khan e con esso la sua linea in politica estera e, soprattutto, ad evitare che Islamabad, recentemente sempre più orientato verso il Pechino, si allontanasse troppo dalla sfera di influenza dell’egemone statunitense che intende usare il Pakistan anche nel contenimento dell’India facendo leva sulle ben note discordie territoriali.

In uno scenario futuro di crescente cooperazione tra i Paesi dell’area che potrebbe alla lunga portare all’espulsione degli Stati Uniti dalla regione asiatica e potenzialmente agevolare l’ascesa della Cina come principale potenza regionale (in competizione con l’India), è probabile che la tradizionale modalità di interferenza attuata dagli Stati Uniti negli anni si ripresenti nella gestione degli affari della regione e che questo rappresenti un ulteriore fattore di instabilità e preoccupazione.

Con Washington pronto a sfruttare ogni segno di discordia a suo favore, la regione si trova quindi ad un bivio tra la perenne instabilità o un maggior ordine e sviluppo costruito su un rinnovato spirito collaborazione e cooperazione regionale. Il risultato dipenderà dalla capacità degli attori coinvolti di preservarlo nel tempo e indirizzarlo verso uno stesso obiettivo comune.

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