Tra le imponenti ciminiere e le fabbriche che caratterizzano il panorama industriale cinese, è in corso una rivoluzione silenziosa. Per decenni, infatti, il Paese ha lottato con gli elevati costi – ambientali ed economici – della sua incessante crescita e ascesa, ma ora, a Pechino, si sta affermando una nuova visione. Negli ultimi anni, la Cina ha intrapreso una “lunga marcia” verso un’economia a basse emissioni di carbonio, cercando di conciliare il proprio fabbisogno energetico con le esigenze urgenti di un clima che cambia. Ma come è iniziato questo viaggio e quali sfide ci attendono? Per rispondere a queste domande, è necessario prima esplorare la complessa storia e il contesto della transizione energetica della Cina.
Ci sono voluti anni affinché la Cina iniziasse la sua “lunga marcia” verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Il Governo cinese ha pubblicato il suo primo programma nazionale sui cambiamenti climatici nel 2007, delineando una strategia nazionale per ridurre le emissioni di gas serra e, al contempo, promuovere lo sviluppo sostenibile mantenendo comunque alto il tasso di crescita economica.
Da quel momento, la Cina ha ottenuto grandi risultati nel trasformare la sua economia in un’economia più sostenibile e verde. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente1 riferisce che la Cina, oggi, produce più energia rinnovabile di qualsiasi altro Paese al mondo, con circa il 30% della capacità mondiale di energia rinnovabile.
Tuttavia, questo percorso che la Cina ha intrapreso e sta percorrendo con grandi successi non è stato privo di ostacoli. Infatti, se si fa ora riferimento alla transizione energetica come a una “lunga marcia”, sarebbe giusto allora parlare della situazione che ha portato la Cina ad assumere questa posizione a livello internazionale come un nuovo “grande balzo”.
Negli ultimi decenni, la rapida industrializzazione e urbanizzazione che ha caratterizzato lo sviluppo del Paese ha causato enormi danni ambientali oltre che un elevato livello di emissioni di carbonio nell’atmosfera. La Cina è stata il principale Paese a livello mondiale per emissioni di anidride carbonica nel 2019, circa il 28% di tutte le emissioni globalmente intese.
Esaminare il contesto e la storia, le iniziative e le politiche del Governo che hanno influenzato l’approccio della nazione allo sviluppo sostenibile è fondamentale al fine di comprendere al meglio le peculiarità della transizione energetica della Repubblica Popolare Cinese; iniziative e politiche che includono, ad esempio, l’impegno nella creazione una “civiltà ecologica”, nonché nell’ampliare il ruolo dell’energia rinnovabile nel mix energetico cinese.
Si possono comprendere in modo più lucido le difficoltà e le opportunità che questa fiorente superpotenza economica deve affrontare nelle sue sfide, prima di tutto interne, esaminando i documenti ufficiali e le fonti di alto livello che hanno informato la politica energetica cinese nel corso dei decenni.
Dal primo piano quinquennale (1953-1957) al più recente2, il quattordicesimo (2021-2025), c’è stato un significativo spostamento di enfasi: si è passati da un primo interesse riposto nelle strategie di sviluppo dell’industria pesante – come la produzione di acciaio e carbone – che doveva sostenere la rapida industrializzazione della Cina, fino ad oggi, periodo in cui l’attenzione è, invece, posta sull’obiettivo del raggiungimento della neutralità del carbonio e della mitigazione del cambiamento climatico e delle sue conseguenze, con l’obiettivo fissato nel raggiungimento del picco delle emissioni di carbonio già entro il 2030 e con la volontà di arrivare alla neutralità del carbonio entro l’anno 2060 – target da centrare attraverso, tra le altre cose, la promozione dell’energia pulita e la diminuzione dell’uso di combustibili fossili.
I sopracitati piani quinquennali sono i documenti governativi più significativi. Si tratta di documenti di pianificazione economica che delineano i principi e gli obiettivi chiave della strategia di sviluppo della Cina.
Ognuno di esso ha le sue qualità distinte e peculiari, in base anche al momento particolare in cui ogni piano viene scritto e approvato, nonché a fattori contingenti di crescita e sviluppo economico e sociale.
Come detto, dal primo piano scritto nel 1953, il Governo ne ha sviluppati finora quattordici, l’ultimo dei quali è stato formalmente approvato al termine della sessione dell’Assemblea Nazionale del Popolo3 (Anp) dell’11 marzo 2021.
Comprendere gli attuali sforzi della Cina per compiere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio richiede quindi una consapevolezza dei successi e delle lezioni apprese per tappe successive legate all’approvazione dei suddetti Piani, attraverso i quali possiamo raccontare di un percorso contraddistinto da tre fasi diverse nell’approccio alla politica energetica da parte dei vertici della Repubblica Popolare4.
Sotto la guida di Deng Xiaoping, con l’inizio del periodo di “riforma e apertura”, durante un periodo che ha coperto gli anni dalla fine dei ‘70 all’inizio degli anni ‘90, la situazione energetica della Cina ha subito un forte impatto. Le riforme previste ed attuate durante questo periodo hanno aiutato sì la Cina a passare da un’economia basata sull’agricoltura a diventare una delle principali potenze industriali del mondo, ma hanno, ovvia conseguenza, anche accelerato lo sviluppo del consumo energetico e il danno ambientale correlato.
Dal 1980, da quando cioè la Cina era ormai pronta ad aprirsi al mondo e a mettersi in marcia verso la modernità, fino, almeno, alle soglie del nuovo millennio, dunque dal Sesto al Nono Piano Quinquennale, l’interesse cinese verso le problematiche relative al comparto energia era principalmente relativo all’efficienza energetica.
Deng aveva iniziato a porre la sua attenzione verso il risparmio energetico e l’efficienza energetica. L’obiettivo prefissato da Deng Xiaoping era di quadruplicare il PIL cinese raddoppiando il consumo di energia (diminuendo, ad esempio, l’intensità energetica): in pratica produrre di più, consumando di meno.
Questo è ciò che effettivamente è successo.
In questo periodo, infatti, in particolar modo da inizio anni ‘90, il punto focale della politica energetica cinese puntava ad accrescere l’economia nazionale, obiettivo raggiunto anche grazie all’incoraggiamento alla produzione interna di carbone (costruendo nuove miniere e rendendo più efficiente l’estrazione da quelle esistenti), alla creazione di centrali idroelettriche e termiche e alla ricerca di giacimenti petroliferi e, in particolare, di gas.
Questi obiettivi sono stati enfatizzati ancor di più nel Nono Piano quinquennale (1996 – 2000), con il quale è stato posto una forte attenzione sulla necessità di una maggiore produzione energetica derivante dalla combustione fossile, tutto con il fine di riuscire a soddisfare la domanda interna5.
In questo stesso Piano, si iniziò anche a parlare di “sviluppo sostenibile” con i primi riferimenti ai problemi ambientali, soprattutto a seguito di episodi di inquinamento verificatisi a livello locale.
Anche se l’economia si è espansa rapidamente, il crescente consumo di energia della potenza asiatica non ha ecceduto la crescita economica. Tuttavia, questo inevitabile aumento nel consumo di energia ha portato anche a un aumento dell’uso di combustibili fossili, i quali hanno continuato ad essere la fonte di energia preferita dai cinesi, raggiungendo quasi il picco dell’80% del suo uso nel 2000.
Fonte: Banca Mondiale
A ciò ha fatto seguito una seconda fase di politiche energetiche – dal 2001 al 2010 – in un periodo interessato dalle linee guida del Decimo e Undicesimo Piano Quinquennale.
Questa nuova fase differisce dalla prima in quanto, all’efficienza energetica si affianca anche la già citata sicurezza energetica. Tale decisione strategica era stata presa dal Governo cinese in un momento in cui l’intensità del consumo energetico stava aumentando notevolmente; la Cina, inoltre, era anche alle prese con continue interruzioni nelle forniture di corrente elettrica, nonché con una sempre maggiore dipendenza dalle importazioni di energia (in primis il petrolio e il gas naturale), i cui prezzi registravano un continuo e costante aumento.
Il Governo di Pechino si trovò, dunque, a dover mettere in campo politiche volte ad incrementare la produzione nazionale mantenendo, però, sotto controllo il livello – già alto – delle importazioni al fine di poter tener testa alla crescente domanda energetica dell’industria cinese.
Con il Decimo Piano Quinquennale, iniziò a farsi strada un approccio orientato all’energia rinnovabile. La necessità di coniugare lo sviluppo di un sistema di riserva strategica di petrolio ma, anche, di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, portò, nel 2003, all’istituzione dell’Ufficio per l’Energia all’interno della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma (NRDC)6 e dell’Energy Leading Group del Consiglio di Stato.
Al fine di fissare obiettivi per la crescita delle energie rinnovabili in Cina, nel settembre 2007, l’NRDC ha prodotto il “Piano di Sviluppo a Medio e Lungo Termine per le Energie Rinnovabili”.
Con l’aiuto delle linee strategiche contenute nel piano di sviluppo, il consumo energetico totale della Cina doveva includere il 10% derivante da energia rinnovabile entro il 2010 fino a raggiungere il 15% entro il 2020.
Sin da allora, la Cina ha fatto passi da gigante nello sviluppo delle energie rinnovabili, in particolar modo nell’applicazione dell’energia eolica e solare7.
Secondo un report dettagliato, basato sui dati resi noti dal National Bureau of Statistics of China nei primi mesi del 2021, la capacità totale installata dalla Cina per l’energia rinnovabile avrebbe raggiunto, a fine 2020, i 930 milioni di kilowatt, o più del 42% della sua capacità totale installata per la generazione di elettricità.
Come detto poc’anzi, è in questa seconda fase che si inizia a menzionare la questione del climate change, sebbene in maniera diversa da come viene intesa oggi. Nel Decimo Piano, infatti, il cambiamento climatico viene menzionato per la prima volta, non ponendo enfasi però sulle conseguenze da esso derivanti. Questi sono anche gli anni in cui la Cina ratifica il Protocollo di Kyoto, facendo dunque intendere una svolta nella strategia del Paese. Durante il quinquennio dell’Undicesimo Piano (2006 – 2010), il climate change entra pienamente nell’agenda politica cinese: nel 2006, ad esempio, quando il governo pubblica il “Rapporto di Valutazione Nazionale sui Cambiamenti Climatici”; o nel 2007, quando la Cina partecipa alla stesura del Quarto Rapporto dell’IPCC, nel quale l’aumento delle temperature viene associato alle azioni dell’uomo.
Tuttavia, è nella terza e attuale fase della politica energetica cinese che si entra ancor di più nel merito della questione. Questa terza fase, che inizia nel 2010 e che è ancora in corso, vede un’aggiunta ai due pilastri menzionati in precedenza: oltre all’efficienza energetica e alla sicurezza energetica, troviamo, di egual importanza, i problemi ambientali, in relazione al cambiamento climatico.
L’inizio della “rivoluzione verde” cinese la si può far risalire al Dodicesimo Piano Quinquennale (2011 – 2015), con il quale il climate change viene descritto come una sfida principale all’economia cinese. Inoltre, non si parla più di “sviluppo sostenibile”, bensì di “crescita verde” e “sviluppo verde”8. Nel corso di questi ultimi 10 anni e poco più, l’intensità energetica cinese ha visto un costante ribasso, così come costante è stata la crescente diversificazione delle fonti di energia (principalmente le rinnovabili e il nucleare). Il Governo di Pechino ha messo in atto diverse iniziative, come riforme e programmi, al fine anche di aumentare la competitività e di avviare, inoltre, la creazione di un mercato cinese del carbonio (lanciato poi nel 2021). Si può citare la legge cinese sull’ambiente, l’Environmental Protection Law, entrata in vigore nel 1989 ma revisionata, per la prima volta, nel 2015, al fine di rafforzare le misure di protezione ambientale e migliorare la capacità del Governo di far rispettare le normative ambientali: ciò viene fatto aggiungendo sanzioni più severe, ma anche garantendo una partecipazione da parte della cittadinanza e di aziende, le quali sono ora obbligate a fornire dati circa il consumo e l’impatto ambientale da loro causato9. Un’ulteriore strategia cinese molto interessante è quella nota come il “Blue Sky War”, un piano d’azione triennale, emanato dal Consiglio di Stato nel 2018, con il fine di migliorare la qualità dell’aria e renderla più pulita, agendo su tutte le principali industrie. Tra gli obiettivi chiavi prefissi con questa strategia, vi è il ridurre le emissioni dei principali inquinanti atmosferici e dei gas a effetto serra, nonché il numero di giorni con un elevato inquinamento atmosferico.
Si può dunque affermare che, nonostante le costanti sfide e difficoltà, l’obiettivo prefissato e annunciato nel 2009, al Forum Economico Mondiale, dall’allora Primo Ministro Wen Jiabao, di sviluppare un’economia a basse emissioni di carbonio ha avuto e sta avendo, seppur lentamente, un certo successo.
In questo breve excursus storico della politica energetica cinese, siamo giunti agli anni più difficili di questo processo di transizione ecologica. Abbiamo visto dei passaggi importanti nell’evoluzione della politica energetica cinese ma, in realtà, l’evento storico principale per analizzare poi l’attuale fase di transizione verde è senz’altro l’arrivo al potere dell’attuale Presidente, Xi Jinping. Se il passaggio da Mao a Deng equivale al passaggio dai valori confuciani alla modernizzazione, l’arrivo di Xi mette in tavola entrambe le cose. Sebbene i passi avanti fatti nell’era pre-Xi, è proprio con l’attuale leader che l’acceleratore è stato premuto. La Cina di Xi non è più solo rossa, ma diventa anche verde, seppure sempre “con caratteristiche cinesi”: il socialismo cinese “nella nuova era” con Xi Jinping sta a indicare proprio questo, vale a dire continuare nel progresso al fine di diventare la prima potenza economica al mondo, mantenendo però saldi i classici valori di una millenaria tradizione. Ciò è reso chiaro dai discorsi politici dell’attuale leader cinese, e la transizione ecologica non sfugge a questo.
Ci troviamo dunque dinanzi ad uno Stato con una popolazione di oltre un miliardo, alla guida della seconda più grande economia al mondo, ma alle prese con sfide ambientali senza precedenti. Una potenza in cui la crescita economica ad alta velocità ha comportato, nel giro di pochi decenni, un grave costo per il suo ambiente, ma che si sta ora imbarcando in una visione radicale della civiltà basata sull’armonia ecologica e sulla sostenibilità. Ritornano allora al centro dell’attenzione temi importanti quali il rapporto Uomo – Natura, le cui origini arrivano direttamente dalla filosofia taoista e confuciana. Secondo la tradizione, uomo e natura devono vivere in armonia in quanto il loro rapporto influenza tutta la società umana e le relazioni sociali, così come l’universo intero, il quale è immancabilmente interconnesso alla natura che deve rispettare. L’enfasi di questo rapporto è trasportato nel discorso politico attuale attraverso le parole di Xi Jinping, il quale, in diverse occasioni, ha presentato la realizzazione di una “civiltà ecologica” come parte del sogno cinese10.
Facendo della civiltà ecologica uno dei temi principali della sua presidenza, Xi proclama una nuova visione della civiltà basata sull’armonia ecologica e sulla sostenibilità. Il paradigma di sviluppo della Cina deve cambiare drasticamente, secondo Xi, dando la precedenza alla conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali. Come lui stesso ha dichiarato, “acque limpide e montagne verdi sono preziose quanto l’oro e l’argento”11.
L’idea di “civiltà ecologica” era in realtà già presente in Unione Sovietica verso la fine degli anni ’60, quando gli scienziati cominciarono a prendere consapevolezza della connessione tra la modernizzazione industriale e l’emergere di crisi ambientali interne come un problema relativo alla società in generale. Il concetto primario alla base di questa nozione di “civiltà ecologica” è quello di una rivoluzione che potrebbe avvenire dopo quella industriale per attenuare i danni arrecati da quest’ultima e che ancora sta arrecando al rapporto tra Uomo e Natura.
Si potrebbe considerare questa idea come una modifica o una variante all’idea lanciata da Deng Xiaoping di creare la cosiddetta “società moderatamente prospera”.
Sebbene questo concetto resti ancora un’idea astratta, a partire dal 2014, a seguito dell’adozione del Piano d’Azione per la Strategia di Sviluppo Energetico 2014-2020 (Energy Development Strategy Action Plan 2014-2020), c’è stato probabilmente un impegno più metodico verso l’obiettivo di stabilire una “civiltà ecologica”. Il Piano del Consiglio di Stato, che sostiene una produzione e un consumo di energia più innovativi, efficienti, autosufficienti e rispettosi dell’ambiente, mira a ridurre l’elevato consumo di energia della Cina per unità di PIL attraverso una serie di iniziative e obiettivi obbligatori. Inoltre, è importante ricordare che l’obiettivo di creare una “civiltà ecologica” è stato inserito nello statuto del Partito Comunista Cinese, divenendo persino un elemento cardine del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era.
Per poter capire come la transizione energetica della Cina possa sostenere gli sforzi internazionali nel combattere il cambiamento climatico, come possa trovare un equilibrio tra crescita economica e protezione ambientale e come possa trarre vantaggio dal progresso tecnologico e dalla cooperazione globale per realizzare i suoi obiettivi ecologici, è necessario analizzare i passaggi chiave, i discorsi e le strategie politiche degli ultimi anni che hanno plasmato la transizione energetica della Cina sotto la leadership di Xi Jinping.
Nel settembre 2020, nel corso del dibattito generale della 75esima Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in videoconferenza (a causa del Covid), Xi ha annunciato che la Cina “raggiungerà il picco di emissioni di CO2 prima del 2030 e raggiungere la neutralità del carbonio prima del 2060”.
L’importanza di questa dichiarazione deriva dal fatto che la Cina – Paese che le statistiche additano come responsabile di oltre un quarto delle emissioni globali – per la prima volta abbia fatto menzione dell’obiettivo di raggiungere emissioni nette di anidride carbonica pari a zero in un momento storico quantomeno precario se non propriamente problematico: non solo la Cina (e tutto il mondo, poi) si è trovata a dover fare i conti con la pandemia di Covid-19, ma il 2020 è stato anche l’anno del ritiro ufficiale, da parte degli Stati Uniti e della presidenza Trump, dall’Accordo sul clima di Parigi, il quale ha inevitabilmente posto i riflettori sulla Cina per accertare il rispetto degli impegni presi a livello internazionale.
In tal senso, già nel 2014, in occasione della sesta riunione Plenaria della Direzione Centrale delle Finanze, Xi Jinping aveva annunciato la necessità per la Cina di mettere in atto una “rivoluzione energetica” la cui risposta politica si è tradotta nella pubblicazione, da parte del Governo centrale, della “Strategia per la Rivoluzione Energetica (2016-2030)”, un documento che poneva come obiettivo quello di attuare una trasformazione del comparto energetico e ridurre, così, la sua storica dipendenza dai combustibili fossili.
In questo modo, la Cina mira ad assumere un ruolo guida nello sviluppo sostenibile e lo fa incoraggiando e promuovendo il passaggio all’energia pulita e rinnovabile, aumentando l’efficienza energetica e riformando profondamente la concezione organizzativa del proprio settore energetico. Ad esempio, la Cina punta a portare al 20% l’uso di fonti energetiche rinnovabili e l’efficienza energetica (rispetto ai livelli del 15% ottenuti nel 2015). Per aumentare la concorrenza, ridurre gli sprechi e stimolare l’uso di meccanismi di mercato per l’allocazione delle risorse, il Governo punta anche ad una accelerazione nell’attuare la riforma del settore energetico prevista. Ultimo ma non meno importante, la volontà di rafforzare la cooperazione globale prendendo parte a iniziative globali per combattere il cambiamento climatico12.
La Cina ha una grande opportunità di combinare i suoi obiettivi climatici a lungo termine con i suoi piani di sviluppo sociale ed economico a breve e medio termine, e ciò è possibile grazie anche al suo recente 14° Piano Quinquennale, adottato l’11 marzo 2021 durante la Quarta Sessione della 13°Assemblea Nazionale del Popolo che esaurirà la sua portata strategica nel 2025; questo piano va oltre i limiti temporali del lustro stabilendo gli obiettivi da ottenere su un più lungo periodo, entro il 2035. Il recente impegno della Cina a diventare carbon neutral entro il 2060 ha dato all’economia dello Stato un percorso chiaro, ma ovviamente richiede anche di intensificare l’ambizione della sua strategia climatica a breve termine13.
Il 22 marzo 2022, la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC) e l’Amministrazione nazionale per l’energia (NEA)14 hanno rilasciato il 14° Piano Quinquennale per il settore energetico e gli obiettivi a breve termine in questo settore. Questo piano si differenzia dai precedenti già a partire dal titolo. Se infatti i piani precedenti erano noti come “piani di sviluppo energetico”, quest’ultimo è stato intitolato il “14° piano quinquennale per un sistema energetico moderno”. Ciò indica la consapevolezza della necessità di creare un nuovo sistema moderno che si possa adattare e soprattutto che sia in grado di accogliere la transizione energetica, in linea anche con un sistema economico nuovo (sempre, ovviamente, con caratteristiche cinesi).
E’ importante sottolineare che questo Piano è però stato scritto nel gennaio 2022, vale a dire prima dell’invasione russa in Ucraina. In ogni caso, la crisi dei carburanti, che ha causato una grave crisi di approvvigionamento elettrico in circa 20 province cinesi a fine 2021, e il forte aumento di prezzo del petrolio, del carbone e del gas hanno certamente influenzato il risultato. Si temeva infatti un cambio di direzione durante le “Due Sessioni15” di marzo 2022 dati i forti rischi che gli scenari nazionali e internazionali ponevano alla sicurezza energetica cinese.
In realtà, Xi Jinping, durante la quinta sessione del 13° Congresso Nazionale del Popolo tenutasi a marzo, ha sottolineato un concetto che trae origine dalla Rivoluzione Culturale, vale a dire “stabilire il nuovo prima di distruggere il vecchio16”, il principio sul quale il Presidente baserà la transizione energetica della nazione.
Con questo concetto, Xi chiarisce la strategia che la Cina intende utilizzare per la transizione energetica: evitare di concentrare gli sforzi di decarbonizzazione sulla riduzione dell’offerta di combustibili fossili, per non mettere a repentaglio la propria sicurezza energetica, e investire abbastanza in fonti energetiche a basse emissioni di carbonio, facendo tesoro di ciò che ha causato l’attuale crisi europea.
Il punto focale di questo Piano è promuovere la crescita di un’economia circolare (“dual circulation economy”17), incentrata sulla massimizzazione dell’uso delle risorse e dei cicli di vita dei prodotti, al fine anche di aumentare la dipendenza dell’economia nazionale mantenendo i collegamenti con l’economia globale, in una rinnovata attenzione al progresso tecnologico, scientifico e alla transizione energetica.
In breve, si vuole garantire il passaggio da uno sviluppo quantitativo a uno qualitativo. Ciò avrà un impatto principalmente sulle aziende e sui produttori che utilizzano le risorse nei loro prodotti. I risultati influenzeranno la gestione ambientale, così come gli obiettivi fissati a livello globale, e serviranno anche come ispirazione per l’innovazione verde. Anche le imprese impegnate nel riciclaggio, nella gestione dei rifiuti o nella tecnologia verde trarranno maggiori benefici e avranno un maggiore potenziale di sviluppo.
Importanti sono anche i riferimenti che vengono fatti al carbone, il quale, proprio in virtù della sicurezza energetica, non può non far parte dell’economia cinese. Non ci sono infatti obiettivi di eliminazione graduale per il carbone in questa nuova strategia energetica. Vengono eliminati i limiti all’utilizzo totale di carbone e alla quota di carbone nel consumo di energia primaria (entrambi inclusi nei piani precedenti).
L’importanza della sicurezza energetica è sottolineata in tutto il documento, così come il contributo del carbone e dell’energia elettrica al suo conseguimento. Il carbone deve fornire maggiori garanzie energetiche, svolgerà dunque un ruolo di “supporto” ma, al tempo stesso, deve essere promosso “l’uso pulito ed efficiente del carbone”.
Dunque, si evince il motivo per cui la Cina punta a “stabilire il nuovo, prima di distruggere il vecchio”: la Cina dipende ancora dai combustibili fossili e ciò ne garantisce la sua sicurezza energetica, seppur a discapito del benessere ambientale. Tuttavia, la Cina è anche consapevole dell’importanza di adattarsi a quest’epoca di transizione ed è disposta a farlo, anche ai fini di una competizione, in primis con l’Occidente, essendo il Paese che potrebbe guidare la “rivoluzione verde”, sebbene, ciò vada fatto con i suoi tempi e, soprattutto, con caratteristiche cinesi.
NOTE AL TESTO
1. Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), istituito nel 1972, è l’organizzazione internazionale incaricata di stabilire l’agenda ambientale, promuovere l’applicazione coerente della dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile all’interno del sistema delle Nazioni Unite e fungere da portavoce autorevole per l’ambiente su scala globale: https://www.unep.org/.
2. Hu, Angang, The Distinctive Transition of China’s Five-Year Plans, Modern China 39, no. 6 (2013), pp. 629–39, http://www.jstor.org/stable/24574696.
3. Il Congresso Nazionale del Popolo (ANP) è l’organo legislativo nazionale della Repubblica Popolare Cinese e costituzionalmente rappresenta l’autorità statale suprema. L’Assemblea ha ora 2.980 deputati che si riuniscono ogni anno a marzo per una sessione di due settimane. La 13° Assemblea Nazionale del Popolo è stata eletta nell’ottobre 2017 e resterà in carica fino al 2023.
4. Laëtitia Guilhot, An analysis of China’s energy policy from 1981 to 2020: Transitioning towards a diversified and low-carbon energy system, Energy Policy, Volume 162, (2022), p. 2
5. ivi, p. 4.
6. Si tratta di un’agenzia governativa chiave in Cina, responsabile della formulazione e dell’attuazione di strategie e politiche di sviluppo economico e sociale. Istituita nel 2003 a seguito della fusione di due ex agenzie governative: la State Planning Commission (nata nel 1952) e la State Development Planning Commission (fondata nel 1998).
7. A tal proposito, potremmo citare il Golden Sun Program, lanciato dal governo nel luglio 2009 con l’obiettivo di far progredire l’industria solare. Maggiori dettagli disponibili online: https://www.iea.org/policies/4992-golden-sun-programme.
8. Laëtitia Guilhot, An analysis of China’s energy policy from 1981 to 2020: Transitioning towards a diversified and low-carbon energy system, Energy Policy, Volume 162, (2022), p. 6
9. In realtà, un grave problema in Cina, è la poca veridicità di tali dati: si è infatti scoperto che molte aziende falsificavano i documenti che riguardavano le attività inquinanti, ignorando le misure di controllo previste. Di questo, ne è stato raccontato anche in un documentario, intitolato Under the Dome e ideato da Chai Jing, uscito in Cina nel 2015, il cui obiettivo era di far risvegliare le coscienze della popolazione verso le lotte ambientali e i gravi problemi che molto spesso si tende ad ignorare.
10. Quando si parla di “sogno cinese”, si fa riferimento allo slogan lanciato da Xi Jinping nel novembre del 2012 durante una mostra al Museo Nazionale della Cina all’inaugurazione della mostra “The Road to Rejuvenation”. Il termine, in realtà, ha origini già nelle dinastie Tang, Han e Son, sottolineando ancora una volta l’importanza, per l’attuale leadership, nei confronti del passato e come ciò si riflette nelle strategie politiche del Paese. Secondo lo slogan, il sogno cinese è il “grande ringiovanimento della nazione cinese”. Sin da allora, il termine è spesso utilizzato da studiosi, giornalisti, attivisti e funzionari di governo per far riferimento al ruolo dell’individuo nella società e nazione cinese. Interessante è anche l’utilizzo di tale termine come titolo dell’ultimo romanzo scritto da Ma Jian, uno dei più importanti scrittori cinesi contemporanei, costretto all’esilio a causa delle sue opere. Nel suo romanzo “Il Sogno Cinese” (ovviamente censurato in Cina), attraverso una satira politica tra passato, presente e futuro della Cina, Ma Jian lancia forti accuse nei confronti di Xi Jinping e del suo operato.
11. Nel 2005, Xi Jinping, che all’epoca era il segretario del Comitato del PCC della Provincia del Zhejiang, ha espresso per la prima volta l’idea che le “acque limpide e le montagne verdi” siano delle risorse preziose simili a miniere d’oro e d’argento. Da quando è diventato presidente del Partito Comunista Cinese al XVIII Congresso Nazionale, Xi Jinping ha continuato a sottolineare questa idea.
12. Qilin Liu, Qi Lei, Huiming Xu, Jiahai Yuan, China’s energy revolution strategy into 2030, Resources, Conservation and Recycling, Volume 128, (2018), pp 78.
13. Cameron Hepburn, Ye Qi, Nicholas Stern, Bob Ward, Chunping Xie, Dimitri Zenghelis, Towards carbon neutrality and China’s 14th Five-Year Plan: Clean energy transition, sustainable urban development, and investment priorities, Environmental Science and Ecotechnology, vol. 8, (2021).
14. La NDRC è l’organo governativo responsabile della pianificazione economica, mentre il NEA è l’ente regolatore per il settore energetico.
15. Con le “Due Sessioni” (两会 Liǎng Huì), si fa riferimento alla sessione plenaria dell’Assemblea Nazionale del Popolo, cioè il parlamento cinese, che ogni anno a marzo si riunisce per approvare gli obiettivi economici e politici dell’anno in corso. Le “Due Sessioni” sono composte dalla Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese e dall’Assemblea Nazionale del Popolo. Quest’anno, le due sessioni si sono tenute rispettivamente il 4 e 5 marzo.
16. Parafrasi del famoso “distruggi il vecchio prima di stabilire il nuovo”.
17. Il Development Plan for the Circular Economy, che fa parte del 14° Piano Quinquennale, è rilasciato il 7 luglio 2021, con l’obiettivo di aumentare in modo significativo la capacità di utilizzo totale delle risorse, creare un sistema industriale per il riciclaggio delle risorse e creare un’economia circolare. Disponibile online: https://www.ndrc.gov.cn/xwdt/tzgg/202107/t20210707_1285530.html (Ultimo accesso: 29/03/2023).
Il CeSE-M sui social