di Timur Fomenko
Traduzione per il Centro Studi Eurasia e Mediterraneo di Veronica Vuotto
Sebbene Stati Uniti e Cina stiano ora parlando un po’ di più, in realtà è cambiato poco nel quadro strategico dei rapporti tra le due potenze.
In previsione della visita del segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen nel Paese, Pechino ha annunciato una serie di controlli sulle esportazioni di materiali critici necessari per la produzione di semiconduttori, interpretati come una rappresaglia contro i crescenti controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti mirati allo sviluppo della propria industria.
I materiali in questione – gallio e germanio – sono in gran parte esportati dalla Cina la quale soddisfa la maggior parte della loro fornitura globale. Oltre ai semiconduttori, i due metalli sono utilizzati anche in prodotti quali i pannelli solari.
Gli Stati Uniti non hanno una produzione interna di gallio e germanio e devono fare affidamento sulle importazioni. Ciò significa che Pechino ha colpito una debolezza strategica critica tra i tentativi di Washington di riscrivere e riorganizzare con la forza la catena di fornitura globale di semiconduttori.
L’emergente Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina si combatte sulle catene di approvvigionamento, cioè sul controllo dei materiali chiave e sulla capacità di produrre beni pubblici. Da quando l’amministrazione Donald Trump è entrata in carica nel 2017, gli Stati Uniti hanno iniziato a “arretrare” la globalizzazione privilegiando una politica estera di concorrenza tra grandi potenze, tenendo conto che i mercati aperti e le catene di approvvigionamento globali hanno rafforzato le nazioni che sono ostili agli interessi statunitensi.
Pertanto, le catene di approvvigionamento dovrebbero essere politicizzate per giustificare un sufficiente controllo degli Stati Uniti su di esse e, quindi, mantenere il dominio globale di Washington.
A tal fine, nella loro retorica pubblica i funzionari statunitensi parlano spesso di “catene di approvvigionamento resilienti“, ma in realtà con ciò si intende uno sforzo per allontanare la Cina da queste catene attraverso la diversificazione, il re-shoring (cioè riportare la produzione delle aziende all’estero) e il friend-shoring (cioè riportare la produzione delle aziende in paesi amici) per porre fine al monopolio manifatturiero di Pechino su tali settori, impedendo, al contempo, alla Cina di avanzare nelle catene tecnologiche critiche.
A tal fine, gli Stati Uniti hanno inserito nella lista nera un certo numero di società tecnologiche cinesi, vietando loro di ricevere tecnologie critiche, cercando anche di frenare l’esportazione di apparecchiature per la produzione di semiconduttori nel paese cooptando alleati.
Al fine di “riscrivere” la catena di approvvigionamento tecnologico globale attorno a sé tenendo sotto controllo la Cina, Washington ha spinto le imprese internazionali di semiconduttori a creare capacità produttiva negli Stati Uniti sotto la promessa di sussidi. In generale, Pechino è stata molto cauta – se non del tutto – nel rispondere a tale ostilità. Tuttavia, nonostante le stesse ambizioni di Washington di dominarne l’industria produttiva, la Cina ha recentemente iniziato a esercitare una maggiore pressione sugli Stati Uniti nel mercato dei semiconduttori. Questo perché gli Stati Uniti non hanno accesso diretto a tutte le materie prime necessarie per fabbricare semiconduttori.
Pechino ha, finalmente, sfruttato questo tallone d’Achille e ha annunciato controlli sulle esportazioni sulla vendita di questi materiali critici, prendendo di mira in particolare gli Stati Uniti. Difficile, invece, che si rivolga a Paesi asiatici che si affidano a questi materiali cinesi per produrre per le proprie industrie, come la Corea del Sud.
Qual è la logica di questo? Non solo soffocare le ambizioni di produzione di semiconduttori degli Stati Uniti rendendo i costi più alti e la produzione meno efficiente (si pensi che il secondo produttore di Gallio è la Federazione Russa), ma anche costringere le industrie asiatiche dei semiconduttori a continuare a investire nella produzione cinese limitando le loro scelte. In questo caso, la Cina continua ad avere l’influenza in questa situazione per mantenere la catena di approvvigionamento concentrata su sé stessa e impedire agli Stati Uniti di realizzare una propria visione di un settore dei semiconduttori totalmente desinizzato e di creare una nuova rete “intorno alla Cina”.
Questo potrebbe anche essere utilizzato per impedire agli Stati Uniti di cercare di stabilire catene di approvvigionamento sostitutive per prodotti essenziali in nazioni avversarie come l’India.
Questo va solo a sottolineare il realismo di quanto siano miopi i tentativi americani di cercare di schiacciare l’ascesa dei semiconduttori in Cina. Quando una nazione possiede beni o materiali critici, è quasi impossibile isolarla dai mercati globali quando la domanda di quei beni è critica. Questo è il motivo per cui l’Occidente non è mai stato in grado di escludere in modo simile la Russia dai mercati globali dell’energia e delle materie prime. Certo, gli Stati Uniti potrebbero essere costretti a procurarsi il gallio di cui hanno bisogno da fonti più costose, o addirittura passare attraverso paesi terzi, ma sarà solo più costoso e controproducente. Ciò non fa che evidenziare ulteriormente il danno che le politiche “anti-globalizzazione” statunitensi, in nome dell’opposizione ai cosiddetti competitors, stanno realmente causando a se stesse e all’economia globale.
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