di Giulio Chinappi
Hun Sen, il grande protagonista della politica cambogiana degli ultimi decenni ha deciso di lasciare le redini del governo a suo figlio, Hun Manet, in seguito alla schiacciante vittoria delle elezioni del 23 luglio. Ma la sua influenza resterà ancora forte nel partito al potere e nel Paese.
Hun Sen è uno dei leader politici che hanno occupato posizioni di potere più a lungo nel mondo, il secondo tra i primi ministri dopo Hassanal Bolkiah, che guida l’esecutivo del Sultanato del Brunei sin dal gennaio 1984. Hun Sen aveva infatti preso le redini del governo della Cambogia il 14 gennaio 1985, mantenendole ininterrottamente fino ad oggi, in attesa della formazione del nuovo governo, che, salvo colpi di scena dell’ultimo momento, sarà guidato da suo figlio Hun Manet.
La carriera politica di Hun Sen era iniziata ancora prima, ai tempi della rivoluzione cambogiana, nel corso della quale perse un occhio, ma nel 1977 fu costretto a fuggire in Vietnam per via dei contrasti con il governo allora guidato da Pol Pot. Hun Sen tornò in Cambogia dopo la deposizione di Pol Pot da parte dell’esercito vietnamita, e divenne subito uno dei protagonisti della politica locale, infatti, prima di diventare capo del governo, sarebbe stato ministro degli Esteri sin dal 1979. Ma Hun Sen è stato anche il fautore dell’abbandono del marxismo-leninismo nel 1991, trasformando il Partito Rivoluzionario del Popolo Kampucheano in Partito Popolare Cambogiano (Kanakpak Pracheachon Kâmpuchéa), la formazione che da allora domina quasi incontrastata la politica nazionale, nonostante l’introduzione del multipartitismo.
In effetti, l’unico periodo in cui Hun Sen dovette condividere il potere con l’opposizione fu quello tra il 1993 e il 1998, quando fu costretto a spartirsi il controllo del governo con il leader del partito monarchico Funcipec, acronimo del francese Front uni national pour un Cambodge indépendant, neutre, pacifique et coopératif (Fronte unito nazionale per una Cambogia indipendente, neutrale, pacifica e cooperativa). Il leader del Funcipec era a quel tempo Norodom Ranariddh, figlio dell’allora re Norodom Sihanouk, e fratellastro dell’attuale sovrano Norodom Sihamoni. Nel 1997, dissidi interni portarono alla rottura tra Hun Sen e Norodom Ranariddh, e le elezioni del 1998 consegnarono nuovamente tutto il potere nelle mani del primo.
Già prima delle elezioni del 23 luglio, Hun Sen, ormai 71enne, aveva lasciato intendere la sua volontà di non mantenere più l’incarico di capo del governo, cedendo la leadership a suo figlio Hun Manet. Quarantacinquenne generale dell’esercito, Manet ha effettuato i suoi studi negli Stati Uniti e in Inghilterra, conseguendo, nel 2002, il dottorato in economia presso l’Università di Bristol. Nel giugno 2020, Hun Manet ha assunto la direzione della sezione giovanile del Partito Popolare Cambogiano, e, nel dicembre del 2021, per la prima volta suo padre ha annunciato che Hun Manet sarebbe stato il candidato alla sua successione nel ruolo di primo ministro. Inizialmente, si pensava che il passaggio di consegne sarebbe avvenuto dopo le elezioni del 2028, invece, il 26 luglio, Hun Sen ha ufficialmente rassegnato le proprie dimissioni, affermando che il nuovo governo sotto la guida di Hun Manet entrerà in carica dal prossimo 22 agosto.
“Vorrei chiedere comprensione al popolo nel momento in cui annuncio che non continuerò come primo ministro“, ha detto il primo ministro uscente. L’intenzione di Hun Sen è quella di garantire un passaggio di consegne tra la vecchia e la nuova generazione di leader politici, infatti ha poi affermato che dal 22 agosto ci saranno molti cambiamenti anche nelle altre principali cariche dello Stato. Tuttavia, gli analisti prevedono che nel prossimo futuro la figura di Hun Sen resterà ancora molto influente nella politica cambogiana: infatti, si prevede che Hun Sen rimarrà strettamente coinvolto nella gestione della Cambogia e diventerà anche presidente del Senato del Paese, oltre a mantenere la carica di presidente del Partito Popolare Cambogiano.
“Nell’ambito di una continua curva di apprendimento, il primo ministro uscente Hun Sen continuerà a supervisionare gli orientamenti politici, utilizzando la sua vasta esperienza per guidare il suo successore, il generale Hun Manet”, si legge sul Khmer Times, uno dei principali quotidiani cambogiani. Sok Eysan, portavoce del partito di governo, ha affermato che, nonostante abbia lasciato il ramo esecutivo, Hun Sen rimane un’influenza in Cambogia attraverso il suo ruolo nel Partito Popolare: “Rimarrà influente perché è il presidente del partito al governo, e, anche se il partito prende decisioni collettive, agirà come guida“, ha detto. “Continuerà a tracciare la tabella di marcia e ad avviare le piattaforme politiche del partito prima che vengano approvate dopo una decisione collettiva“. Anche se Hun Sen non interferirà nel lavoro del nuovo governo, il governo dovrà seguire le piattaforme politiche del partito. Pertanto, i leader del partito hanno il diritto di monitorare l’attuazione delle politiche del partito.
Eysan, che è un senatore anziano, ha affermato che il partito ha mantenuto circa il 10% dell’attuale gabinetto per garantire un apparato governativo sostenibile dopo che Hun Sen ha consigliato a coloro di età compresa tra 70 e 80 anni che avrebbero lasciato l’incarico insieme a lui di continuare a guidare i giovani successori. Allo stesso tempo, ha aggiunto, coloro che ricoprono funzioni politiche, compresi i segretari di Stato e i sottosegretari di Stato ai ministeri, nonché i consiglieri, saranno ricandidati nel governo di nuovo mandato, a meno che non si dimettano spontaneamente per età o malattia.
Secondo i dati ufficiali, le elezioni legislative del 23 luglio hanno visto una netta vittoria del Partito Popolare Cambogiano, che ha ottenuto l’82,42% delle preferenze e ben 120 seggi sui 125 che compongono l’emiciclo di Phnom Penh. I restanti cinque scranni vanno al Funcipec, che rientra in parlamento dopo cinque anni di assenza con il 9,23% dei consensi, e sarà l’unica forza di opposizione. Le altre sedici formazioni presenti, infatti, non hanno raggiunto il 2% dei consensi e non sono riuscite ad eleggere propri rappresentanti. L’affluenza alle urne è stata pari all’84,58% degli elettori registrati.
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