di Stefano Vernole
“La questione del Kosovo si risolverà in altre condizioni geopolitiche che si verificheranno dopo la fine del conflitto tra Occidente e la Russia. La Russia non sta conducendo una guerra contro l’Ucraina, bensì è in conflitto con l’Occidente sul territorio dell’Ucraina. La sicurezza europea nel suo complesso dipenderà dall’esito di tale conflitto. Siamo convinti che si stabilirà un nuovo ordine internazionale multipolare in cui l’Occidente non giocherà più un ruolo decisivo” (Ambasciatore russo a Belgrado Aleksander Bocan-Kharchenko)1.
“La nostra politica estera mira a porre fine al monopolio occidentale. I tentativi di isolare Mosca sono falliti. Il nuovo concetto di politica estera della Russia si concentrerà sulla necessità di porre fine al monopolio dell’Occidente nel determinare le relazioni internazionali” (Sergej Lavrov. Ministro degli Esteri della Federazione Russa)2.
La prima era lunare è stata definita dalla geopolitica. I vincitori della prossima saranno coloro che sapranno trionfare nella competizione economica e nella definizione delle regole. Il ritorno del multipolarismo ricreerà un mondo in cui l’Eurasia conterrà diverse grandi potenze di diversa forza.3
Sarebbero forse sufficienti queste tre recenti affermazioni per capire il vero significato dell’Operazione Militare Speciale lanciata dalla Russia in Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022. Questa considerazione apre anche una nuova prospettiva su un conflitto che si annuncia almeno decennale e le cui conseguenze geostrategiche rimangono ancora tutte da scoprire.
La de-dollarizzazione globale prosegue a pieno ritmo
È risaputo il modo in cui gli Stati Uniti usano il loro peso economico per raggiungere gli obiettivi di politica estera. Il mondo, però, ha visto gli Stati Uniti spesso imporre sanzioni ai Paesi che non si allineano ai suoi interessi. Il ruolo dominante del petrodollaro nell’economia globale offre anche l’opportunità di esercitare un’influenza significativa su altre economie.
Tuttavia, ora sempre più Paesi nel mondo si stanno unendo alla campagna di de-dollarizzazione lanciata dalla Russia dopo la sua esclusione dal sistema di pagamenti swift sotto controllo americano. La de-dollarizzazione è il processo di riduzione del dominio del dollaro nei mercati globali con il quale si intende sostituire il dollaro USA come valuta utilizzata per il commercio di petrolio e/o altre materie prime, necessaria per le riserve forex, accordi commerciali bilaterali e altre attività internazionali.
Le principali economie come l’India, la Cina e potenzialmente il blocco dell’Unione Europea sono già attori più importanti in questo processo. Ora sembra che anche l’Africa non voglia essere lasciata indietro, visto che l’Algeria ha presentato alla fine del 2022 domanda di adesione ai BRICS1.
In uno sviluppo significativo, l’Egitto ha ora aderito alla Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS, creata nel 2014 dai cinque Paesi fondatori del gruppo. Pertanto, l’Egitto diventa il secondo Paese africano a far parte della BRICS New Development Bank, mentre alcuni Stati sono già passati alle valute locali al fine di ridurre la loro dipendenza dal dollaro USA e dall’euro2.
Il Gruppo dei BRICS sta lavorando allo sviluppo di una propria infrastruttura finanziaria, compresa una rete di pagamento congiunta. In questo contesto, l’Egitto che si unisce finanziariamente al blocco euroafroasiatico, non fa che aumentarne ulteriormente il volume.
La pandemia di Covid-19 e successivamente la guerra Russia-Ucraina hanno insegnato al mondo l’importanza dell’autosufficienza.
Mentre Russia e Cina stanno guidando l’iniziativa di de-dollarizzazione – grazie alla loro rivalità geopolitica con Stati Uniti – anche India, Brasile e Sudafrica hanno sostenuto questa strategia volta a modificare il sistema finanziario globale secondo i propri interessi.
La de-dollarizzazione è guidata dal desiderio di isolare le banche centrali dei Paesi membri dai rischi sistemici geopolitici. Attualmente, circa il 60% delle riserve valutarie delle banche centrali e circa il 70% del commercio globale vengono espressi utilizzando il petrodollaro. Per circa il 20% della produzione economica mondiale, tuttavia, più della metà di tutte le riserve valutarie globali e del commercio sono in dollari. Ma ora ci sono preoccupazioni su come gli Stati Uniti abbiano usato il dollaro come arma per proteggere i propri interessi. Il potere della finanza viene utilizzato dagli Stati Uniti per prendere di mira persone, entità, organizzazioni o un intero Paese attraverso sanzioni.
In nazioni come la Nigeria e la Somalia il dollaro forte è responsabile dell’impennata dei prezzi di cibo, carburante e medicinali importati. Inoltre, non è di buon auspicio per Paesi oppressi dal debito come l’Egitto e il Kenya, poiché questi vengono spinti verso il fallimento a causa del rafforzamento della moneta verde, impennatasi dopo diversi rialzi decisi dalla Federal Reserve Bank.
Il Ghana sta attraversando una crisi senza precedenti che è caratterizzata da difficoltà del debito, svalutazione della valuta e riduzione delle riserve valutarie. In una situazione del genere, il Governo di Accra ha scelto di agire per ridurre la sua dipendenza dai dollari USA. Ciò potrebbe alterare la storia economica della nazione africana. La Banca Centrale del Ghana ha predisposto misure di soccorso per le banche che partecipano allo scambio del debito interno nel tentativo di placare le loro preoccupazioni sul suo potenziale impatto. Il Paese dell’Africa occidentale sta attraversando la peggiore crisi economica della sua nascita e, in conseguenza di ciò, ha recentemente lanciato un piano per scambiare le sue obbligazioni locali con nuove date di scadenza e nuovi tassi di cedola per aiutare a ripristinare la stabilità macroeconomica.
La nazione ghanese – produttrice di petrolio, oro e cacao – spera di ridurre, così, il suo rapporto debito/PIL dal 100% al 55% entro il 2027 mentre lotta per pagare gli interessi che, secondo il Ministro delle Finanze di Accra, ora rappresentano una quota che va dal 70% al 100% del prodotto interno lordo.
Il Governo ghanese ha inoltre dichiarato che sta pensando di adottare una strategia per cui pagherà i prodotti petroliferi con l’oro invece che con i dollari Usa. Le restanti riserve in dollari USA del Paese (da 9,7 miliardi di dollari alla fine del 2021 a 6,6 miliardi di dollari a settembre 2022) non sono adeguate a coprire le spese di importazione di petrolio per più di tre mesi.
La misura mira a contrastare il calo delle riserve di valuta estera del Ghana e a ridurre la domanda di dollari degli importatori, fattore che sta contribuendo al deprezzamento del cedi (la moneta ghanese) e alla crisi economica che l’accompagna; la valuta locale si sta indebolendo e il costo della vita sta, invece, aumentando a causa della contrazione delle riserve di valuta estera e della necessità di dollari da parte degli importatori di petrolio.
La nuova politica avrebbe, quindi, un impatto fondamentale sulla bilancia dei pagamenti e ridurrebbe notevolmente la persistente erosione della valuta ghanese.
Senza dubbio, il dollaro USA ha dominato a lungo il sistema finanziario mondiale. A seconda delle norme nazionali, le banche centrali conservano in dollari circa il 60% delle loro riserve valutarie. Esso serve come base per più della metà di tutti i prestiti internazionali e titoli di debito mondiali. Nel tentativo di frenare l’inflazione globale, la Federal Reserve statunitense ha alzato i tassi di interesse all’inizio di quest’anno. Secondo l’Amministrazione Biden, questa azione scoraggerà le imprese, i governi e le famiglie dall’assumere più debiti, il che, secondo il piano varato a Washington, aiuterà a ridurre l’inflazione.
Questa decisione ha avuto effetti negativi sull’Africa poiché le sue banche centrali sono state costrette ad aumentare i tassi di interesse per evitare che le loro valute nazionali si deprezzassero ulteriormente e rendessero più costoso per i Paesi africani l’acquisto di dollari.
La valuta del Ghana si sta infatti deprezzando a causa dei blitz per l’acquisto di dollari. Secondo la banca d’affari statunitense JP Morgan, la mossa della FED ha schiacciato il mercato della valuta locale aggravando, in tal modo, la svalutazione del cedi. Così la moneta ghanese ha perso almeno il 52% rispetto al dollaro (al 20 ottobre 2022), diventando così la peggiore delle 148 valute monitorate da “Bloomberg”.
Esistono perciò sforzi per la possibile introduzione di un nuovo sistema di pagamento Russia-Cina, per bypassare il sistema SWIFT ed armonizzare il SPFS (Sistema per il trasferimento di messaggi finanziari) russo con il CIPS (Sistema di pagamento interbancario transfrontaliero) cinese.
La Russia ha anche ridotto la sua quota di attività denominate in dollari a circa il 16% nel 2021, così come la sua quota di scambi effettuati in USD dando la priorità alle valute nazionali nel commercio bilaterale. L’utilizzo di dollari nelle esportazioni della Russia verso i BRICS è crollato a meno del 10% nel 2020 da circa il 95% nel 2013.
Anche l’India ha esplorato piani per ridurre la sua dipendenza dal dollaro. Nel 2012, il Ministero del Commercio e dell’Industria indiano ha riunito una task force per analizzare l’idea di utilizzare la rupia indiana nel proprio commercio bilaterale, in particolare per commerciare con i Paesi esportatori di petrolio come la Russia.
Sebbene sia troppo presto per concludere se una tale coalizione sarà efficace nella de-dollarizzazione dell’economia globale, date le preoccupazioni geopolitiche dei rispettivi Paesi, nei tempi del cambiamento globale la de-dollarizzazione è diventata una priorità condivisa da un numero crescente di Stati che vogliono affrontare l’egemonia del dollaro USA e ridurre gli shock valutari causati dall’azione della FED3. Molti altri Paesi come Argentina, Algeria, Iran, Indonesia, Turchia e Arabia Saudita stanno dimostrando interesse a far parte del blocco BRICS.
L’accordo tra le Banche Centrali di Russia, Iran e Cina
Tecnicamente, dal 29 gennaio 2023, cinquantadue banche iraniane che già utilizzano il SEPAM, il sistema di telecomunicazione interbancario del Paese, si collegheranno con centosei banche che utilizzano lo SPFS, l’equivalente russo del sistema di messaggistica bancaria occidentale SWIFT.
Oltre all’Iran, anche Russia e Cina stanno cercando da anni di interfacciare i loro sistemi di messaggistica bancaria. Il CBIBPS (Cross-Border Inter-Bank Payments System) cinese è considerato di prim’ordine. Il problema è che Washington ha minacciato direttamente di espellere le banche cinesi da SWIFT se si interconnettono con le banche russe.
Il successo di SEPAM-SPFS potrebbe consentire a Pechino di rischiare il tutto per tutto – soprattutto ora, dopo la durissima guerra dei semiconduttori e la grottesca farsa del palloncino. In termini di sovranità, è chiaro che la Cina non accetterà restrizioni da parte degli Stati Uniti su come muovere i propri fondi.
Parallelamente, i BRICS nel 2023 approfondiranno lo sviluppo di un sistema di pagamenti finanziari reciproci e di una propria valuta di riserva. Ci sono non meno di tredici nazioni candidate e che desiderano entrare a far parte dei BRICS+, comprese le medie potenze asiatiche come Iran, Arabia Saudita e Indonesia.
Tutti gli occhi saranno puntati sul fatto se – e come – gli Stati Uniti, indebitati per oltre 30 trilioni di dollari, minacceranno di espellere i BRICS+ da SWIFT.
È indicativo ricordare che il rapporto debito/PIL della Russia è solo del 17%., quello della Cina è del 77%. Gli attuali BRICS senza la Russia sono al 78%, i BRICS+, compresa la Russia, potrebbero avere una media del 55%. Una forte produttività in futuro verrà da un BRICS+ sostenuto da una valuta basata sull’oro e/o sulle materie prime e da un sistema di pagamento diverso che escluda il dollaro USA. Una moneta non più basata sulla speculazione ma sull’economia reale, mentre l’Occidente annega nella recessione.
Naturalmente ci vorrà del tempo, ma questo treno finanziario ad alta velocità ha già lasciato la stazione4.
Come ammesso dal governatore della Banca Centrale egiziana, si svilupperà un nuovo indicatore valutario per riformulare l’idea che la sterlina egiziana o altre valute dovrebbero essere ancorate al dollaro USA; poiché un dollaro forte è diventato un pericolo per l’economia globale, le economie di tutto il mondo hanno realizzato l’urgenza della de-dollarizzazione.
Al fine di affrontare gli impatti di ricaduta della politica monetaria rafforzata degli Stati Uniti sulle altre economie, molti Paesi in tutto il mondo hanno iniziato la loro esplorazione della de-dollarizzazione in vari modi, incluso l’uso di accordi valutari bilaterali e multilaterali per regolare le transazioni nell’ambito del commercio internazionale, promuovendo la diversificazione delle riserve valutarie, e, al contempo, la riduzione delle partecipazioni del Tesoro statunitense.
La de-dollarizzazione non è solo una scelta volontaria fatta da Paesi come l’Egitto, ma una risposta forzata all’utilizzo del dollaro come arma. La forte politica del dollaro USA sta aggravando la già grave inflazione, causando la svalutazione delle valute nazionali, oltre al deflusso di capitali dai Paesi in via di sviluppo. Per evitare di essere trascinati in una crisi, la de-dollarizzazione è diventata una priorità crescente per queste nazioni.
Certo, permangono ancora incertezze negli sforzi di questi Paesi per far fronte agli attuali problemi finanziari, in quanto devono affrontare sfide crescenti su come mantenere la stabilità del mercato finanziario e del commercio estero e adottare misure adeguate per evitare una crisi.
Secondo il Ministro degli esteri cinese, Wang Yi, la fine dell’egemonia del dollaro non è un obiettivo facile, ma il processo è già iniziato e lo slancio diventerà più evidente e più forte nel tempo. Visto che sempre più Paesi si uniscono a tale processo, è necessario coordinare gli sforzi per affrontare la sfida comune all’egemonia del dollaro USA e mantenere la stabilità del sistema monetario mondiale mentre la de-dollarizzazione accelera5.
Nel giugno 2022, in una riunione congiunta dei membri, la Russia ha proposto di promuovere lo sviluppo di una valuta di riserva basata sul paniere di valute BRICS.
Già nel 2019, Germania, Regno Unito e Francia hanno istituito il sistema INSTEX per aiutare le aziende europee a eludere gli accordi in dollari USA per commerciare con l’Iran e ora sempre più Paesi hanno aderito al sistema.
In Asia, la Banca Centrale indiana ha lanciato un meccanismo di regolamento in rupie per il commercio internazionale; cinque economie dell’ASEAN hanno raggiunto un consenso a luglio per pianificare la creazione di una rete di pagamento integrata regionale per aggirare il dollaro USA e per il regolamento diretto in valuta estera.
Tuttavia, questo coordinamento è ancora nelle sue fasi iniziali. Vale la pena esplorare come tutte le parti dovrebbero rafforzare il coordinamento globale per la de-dollarizzazione che è fondamentalmente una decisione politica, non economica, per molti Stati. Di fronte al nuovo panorama geopolitico e all’impatto di un dollaro forte, secondo Pechino i Paesi di tutto il mondo dovrebbero adottare una visione a più lungo termine e sforzarsi di rafforzare il coordinamento della de-dollarizzazione.
Nonostante il nuovo Presidente Lula abbia condannato l’intervento militare russo in Ucraina, la Banca Popolare Cinese (PBOC) ha recentemente firmato un memorandum di cooperazione con la Banca Centrale del Brasile per stabilire accordi di compensazione del renminbi nella più grande economia dell’America Latina: “Questi accordi aiuteranno le imprese e le istituzioni finanziarie dei due Paesi a condurre transazioni transfrontaliere utilizzando lo yuan cinese”, ha affermato la PBOC. “Faciliteranno inoltre ulteriormente il commercio e gli investimenti bilaterali”.
Il Brasile è il principale partner commerciale della Cina in America Latina, dove il volume degli scambi bilaterali ha superato i 100 miliardi di dollari per quattro anni consecutivi. Se Pechino è stato il più importante mercato economico di Brasilia per 13 anni consecutivi, il commercio bidirezionale tra Cina e Brasile ha raggiunto i 172 miliardi di dollari nel 2022, secondo i dati delle dogane cinesi6.
Negli ultimi mesi la Cina ha firmato simili accordi di compensazione dello yuan con Pakistan, Kazakistan e Laos, a riprova di una tendenza multivettoriale della sua strategia.
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato al vicepresidente cinese Wang Qishan che il suo Governo è anzi disposto ad espandere le relazioni con il gigante asiatico: “La Cina è il nostro principale partner commerciale e possiamo espandere ulteriormente le relazioni tra i nostri Paesi”, ha detto il leader progressista sui social network dopo un incontro con Qishan, che ha rappresentato il presidente cinese Xi Jinping alla cerimonia di insediamento di Lula.
La Cina ha sostituito gli Stati Uniti quasi un decennio fa come principale partner commerciale del Brasile e negli ultimi anni è diventata una delle principali fonti di investimenti diretti esteri nel Paese.
Secondo i dati diffusi dal Governo, il Brasile ha ottenuto un surplus record nella sua bilancia commerciale di 62,31 miliardi di dollari nel 2022, grazie in parte all’aumento degli scambi con la Cina, principale destinazione delle esportazioni brasiliane lo scorso anno, con vendite per 91,26 miliardi di dollari, e anche la principale fonte di importazioni del Paese, con acquisti per 61,5 miliardi di dollari.
Lo stesso può dirsi dei rapporti con Mosca.Il vice primo ministro russo Aleksandr Novak ha affermato che Russia e Cina hanno promosso accordi nelle loro rispettive valute nazionali diverse dal dollaro USA e dall’euro. Durante una intervista televisiva richiamata da Russia Today, Novak ha precisato che il commercio nel settore energetico tra i due Paesi è in costante crescita, con il dato che è arrivato sino al 64% in termini monetari quest’anno, mentre Pechino e Mosca stanno lavorando per espandere la quota delle valute nazionali nelle transazioni energetiche: “Stiamo passando agli accordi in rubli e yuan per le risorse energetiche fornite”, informando che le valute nazionali sono state utilizzate anche per acquistare vari tipi di attrezzature dalla Cina. Secondo i dati ufficiali, la Cina è il principale partner commerciale della Russia da 12 anni consecutivi7.
La partita geopolitica delle infrastrutture in Eurasia.
Negli ultimi anni, l’ascesa dell’Asia come fulcro geoeconomico e geostrategico non solo ha riallineato la geopolitica globale, ma ha anche riaffermato la necessità di connettività regionale. Ad esempio, l’intensificarsi della concorrenza USA-Cina, in gran parte come risultato dell’influenza assertiva e apparentemente inattaccabile della Cina nell’Indo-Pacifico e oltre, attraverso il suo gigantesco progetto di connettività Belt and Road Initiative (BRI) ha costretto gli Stati Uniti e il suo partner Indo-Pacifico a lanciare le rispettive iniziative infrastrutturali, come il Blue Dot Network (BDN) multi-stakeholder avviato da Stati Uniti, Giappone e Australia, il Global Gateway dell’Unione Europea e il Gruppo dei Sette (G7) guidato da Build Back Better World (B3W). Queste iniziative guidate dall’Occidente sono proiettate come alternative sostenibili e basate su valori universali alla BRI cinese, che è stata calunniata dagli USA con accuse di corruzione, cattiva gestione e intrappolamento degli Stati più poveri in “trappole del debito”8.
Tuttavia, molto prima che l’Occidente iniziasse seriamente ad attingere alla crescita dinamica e alle lacune infrastrutturali dell’Asia, potenze regionali come il Giappone e l’India avevano immaginato di sfruttare le potenziali opportunità di sviluppo attraverso progetti come l’Asia-Africa Growth Corridor, l’Expanded Partnership for Quality Infrastructure (EPQI) del Giappone e l’INSTC (International North-South Transport Corridor) guidato da India e Russia.
L’INSTC, istituito nel 2000, in particolare precede la BRI e quindi non è stato concepito come un contrasto al progetto cinese: per la Russia, era un’alternativa al Corridoio di trasporto Europa-Caucaso-Asia (TRACECA) dell’UE e un mezzo per rafforzare i suoi interessi economici con un’India emergente; per Nuova Delhi, era un mezzo per ottenere l’accesso all’Asia centrale aggirando il Pakistan e creando connessioni in Europa9. I due decenni trascorsi possono aver cambiato irreversibilmente lo scenario geopolitico, in particolare con l’Iran e la Russia sottoposti a intense sanzioni occidentali, ma la necessità di connettività intraregionale è solo aumentata, come evidenziato dalla crescita delle iniziative di connettività.
Alla luce delle crescenti ostilità tra India e Cina dopo la crisi di Galwan e dell’attuale instabilità globale dovuta prima alla pandemia di COVID-19 e ora alla guerra in Ucraina, l’INSTC ha assunto un significato maggiore come veicolo di integrazione transregionale. Allo stesso tempo, in mezzo alla polarizzazione tra “autocrazie e democrazie” che definisce l’attuale era geopolitica, la crescente bonomia della Cina sia con l’Iran che con la Russia, insieme ai legami più stretti dell’India con gli Stati Uniti, ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità e la fattibilità dell’INSTC.
Il 12 settembre 2000, India, Iran e Russia hanno firmato l’accordo intergovernativo sull’INSTC alla seconda Conferenza internazionale euro-asiatica sui trasporti a San Pietroburgo; l’accordo è stato ratificato nel 2002. L’appartenenza al corridoio di trasporto lungo più di 7.000 km da allora si è ampliata fino a includere tredici Stati membri, di cui otto membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), e un osservatore.
L’INSTC è una rete multimodale che comprende rotte marittime, ferroviarie e stradali e fornisce un’alternativa economica e più rapida per collegare parti dell’Europa, Russia, Asia centrale, regione del Golfo e regione dell’Oceano Indiano. In quanto progetto con molti portatori d’interesse, l’INSTC è anche una vera iniziativa di integrazione multilaterale che mira non solo a collegare regioni disparate, ma anche a perseguire lo sviluppo intraregionale di economie diverse, dinamiche e ricche di risorse. Sebbene il progetto INSTC si sia mosso a un ritmo dolorosamente lento e debba ancora raggiungere gli obiettivi desiderati, il suo significato è cresciuto enormemente soprattutto dopo la pandemia di COVID-19, quando la necessità di catene di approvvigionamento alternative per ridurre l’eccessiva dipendenza dalla Cina è diventata schiacciante. Inoltre, la paura dei blocchi marittimi in una regione che ha molteplici punti critici – più recentemente le crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan – e molteplici punti di strozzatura hanno contribuito alla necessità di cercare e investire in nuove rotte. A parte lo stress indotto sui corridoi geopolitici di trasporto, l’incagliamento della nave portacontainer Ever Given nel Canale di Suez nel marzo 2021 – attribuito a condizioni meteorologiche, guasti tecnici o errori umani – che ha bloccato il transito delle merci tra il Mediterraneo e il Mar Rosso per circa una settimana ha provocato un’enorme perdita nel commercio globale, evidenziando che i punti di strozzatura del commercio internazionale hanno un disperato bisogno di diversificazione.
Allo stesso tempo, all’indomani della guerra in Ucraina, ci sono anche affermazioni secondo cui la Russia intende utilizzare l’INSTC come “una via di fuga economica potenzialmente vitale” nella più ampia regione asiatica per aggirare le sanzioni occidentali che impediscono l’ingresso di merci russe in Europa. La rinnovata urgenza nelle operazioni dell’INSTC sembra convalidare questa tesi: a partire da ottobre, diversi treni merci russi diretti in India hanno attraversato l’Iran.
Nel luglio 2022, l’INSTC ha iniziato le operazioni attraverso il suo ramo orientale, che va dalla Russia attraverso il Kazakistan, il Turkmenistan e l’Iran fino all’India. Il primo carico con trentanove container sarebbe stato trasportato al porto di Bandar Abbas nel sud dell’Iran via ferrovia e poi al porto indiano di Nhava Sheva via mare.
Inoltre, il primo trasporto pilota Intermodal Digital Transports Internationaux Routiers (TIR) tra India e Iran, che consente il passaggio transfrontaliero senza soluzione di continuità e senza documenti cartacei di prodotti coperti dalla garanzia doganale del sistema TIR, è stato ufficialmente segnalato dall’India nel settembre 2022, a dimostrazione dell’immenso crescita della verticale meridionale INSTC nell’ultimo anno. Lo sviluppo del sistema globale di trasporto su strada basato su TIR ha un impatto positivo significativo sui meccanismi commerciali regionali, facilitando il flusso commerciale transfrontaliero, soprattutto perché si è dimostrato un modello efficace per ridurre i costi delle transazioni commerciali e promuovere una maggiore crescita dei trasporti intra/interregionali su scala globale.
Entro il 2030, si prevede che l’INSTC sarà in grado di gestire fino a quasi 14,6-24,7 milioni di tonnellate di merci all’anno; ciò equivale a oltre il 70% di tutto il traffico di container tra l’Eurasia, la regione del Golfo e l’Asia meridionale. Inoltre, secondo un rapporto INSTC del Governo indiano del 2014, l’INSTC è significativamente più economico (30%) e più veloce (del doppio) rispetto alla tradizionale rotta del Canale di Suez.
Riducendo drasticamente i tempi e i costi di trasporto, l’INSTC aiuterà anche l’India a soddisfare il proprio fabbisogno energetico, soprattutto dopo che il meccanismo di pagamento in rupie abilitato dalla Reserve Bank of India nel commercio globale dovrebbe facilitare non solo il commercio con la Russia ma anche le importazioni di petrolio dall’Iran, con cui l’India aveva ridotto i rapporti economici a causa delle sanzioni statunitensi contro Teheran.
L’INSTC può essere la chiave della politica indiana di Collegare l’Asia centrale, soprattutto se vista in combinazione con l’Accordo di Ashgabat, corridoio orientale del progetto attraverso India, Oman, Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan. Questo slancio è evidenziato dagli sforzi dell’India per raggiungere la regione. Ad esempio, il 27 gennaio 2022 l’India ha ospitato il primo vertice India-Asia centrale, segnando tre decenni di relazioni diplomatiche, che comprendeva i presidenti di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan; la connettività e la collaborazione commerciale sono emerse come principali aree di discussione. Tale rinnovata attenzione all’Asia centrale nell’ultimo anno ha quindi rivitalizzato la politica dell’India Connect Central Asia.
Oltre alla impellente necessità di diversificazione per evitare potenziali blocchi nei punti di strozzatura vulnerabili o dipendenze dalle catene di approvvigionamento cinesi, la maggiore concorrenza tra l’Unione economica eurasiatica (EAEU) dominata dalla Russia e l’Unione Europea sull’integrazione economica dell’Europa orientale è anche un fattore di maggiore interesse per l’INSTC, soprattutto per Mosca.
D’altra parte, l’Accordo di libero scambio con la UE si propone di rilanciare la già fiorente economia indiana, rafforzare il raggio d’azione verso l’Eurasia e smorzare l’influenza della Cina nella regione centro-asiatica10.
Inoltre, vista la crescente presenza della BRI in Asia centrale e in Europa, l’INSTC potrebbe essere utilizzato come bilanciatore commerciale o leva. Nel complesso, l’INSTC trarrà vantaggio dagli attuali riallineamenti geopolitici, anche se una serie di sfide alla sicurezza, incluso l’uso di queste rotte per il terrorismo o il traffico di droga/armi, e la minaccia delle sanzioni occidentali continuano ad offuscare questa risorsa.
L’INSTC è strategicamente cruciale per l’India perché il percorso del corridoio aggira il Pakistan e fornisce a Delhi l’accesso all’Asia centrale e all’Afghanistan, fornendo un valido contrasto al corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) della BRI che l’India sostiene violi la sua sovranità. Sviluppare il porto iraniano di Chabahar come centro commerciale regionale, consentirebbe una rotta terra-mare alternativa per il commercio con l’Asia centrale ed è quindi parte integrante dell’INSTC. Tuttavia, il riavvicinamento dell’India con gli Stati Uniti, la conseguente adesione al blocco delle importazioni di petrolio dall’Iran e il suo potenziale coinvolgimento nel “corridoio transarabo” (TAP) guidato da Israele, in tandem con i crescenti legami della Cina con l’Iran, sono stati importanti ostacoli a tale cooperazione. La firma della partnership Iran-Cina nel 2020, in concomitanza con lo sviluppo del porto di Gwadar operato da Pechino come parte del CPEC, ha particolarmente smorzato le prospettive, favorendo le speculazioni secondo cui l’India sarebbe stata “abbandonata”. Tuttavia, nel 2021 l’India ha affermato ufficialmente di rimanere impegnata con l’Iran sulle “modalità di attuazione del progetto ferroviario Chabahar-Zahedan (vicino al confine con l’Afghanistan) e altri progetti di sviluppo”.
Un fattore importante negli allineamenti geopolitici regionali è il vuoto di potere in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe statunitensi che ha provocato una perdita di influenza per l’India a fronte di crescenti guadagni per la Cina. Mentre i Talebani hanno ripreso il potere a Kabul, la Cina ha già avviato colloqui sull’espansione del CPEC in Afghanistan, che minaccerà ulteriormente la proiezione di influenza dell’INSTC.
Naturalmente, la Cina riconosce che l’INSTC renderà più facile per l’India entrare nei mercati emergenti e fornire una spinta alle ambizioni di proiezione del potere di quest’ultima. Ad esempio, la digitalizzazione della connettività commerciale migliorerà lo sviluppo di sistemi comuni di condivisione delle informazioni e aumenterà la dipendenza dall’India. Inoltre, la creazione di parchi industriali e di zone economiche speciali (ZES) per la crescita di industrie come quella farmaceutica e agricola aggiungerebbe un valore commerciale sostanziale al corridoio di connettività.
L’INSTC offrirà inoltre all’India l’opportunità di colmare il divario tra domanda e offerta di energia e di accedere a mercati non sfruttati. Il commercio elettronico transfrontaliero sarà un altro settore con il massimo da guadagnare grazie al miglioramento dell’accesso a Internet tra i Paesi membri dell’INSTC e la più ampia regione del corridoio. Tali fattori evidenziano che l’intensità della concorrenza tra l’INSTC e la BRI cinese non farà che crescere, tanto più che quest’ultima non intende perdere la presa che ha creato nell’ultimo decennio sull’Asia centrale.
I tentativi della Cina di rafforzare la propria presenza nella regione sono stati evidenti attraverso le visite del consigliere di Stato cinese e ministro della Difesa nazionale Wei Fenghe in Kazakistan, Turkmenistan, Iran e Oman all’inizio del 2022. Questi viaggi assumono un significato maggiore poiché l’INSTC ha acquisito un elemento operativo sulla scia della guerra in Ucraina e delle sanzioni occidentali contro la Russia; e la Cina, in quanto principale rivale dell’Occidente, non vorrebbe essere messa da parte dai suoi partner ideologici, economici e di sicurezza nel cogliere le opportunità offerte dalla regione ricca di risorse.
Per quanto sia allettante vedere l’asse Est-Ovest della BRI come un esercizio di sviluppo transregionale complementare all’INSTC (come invece avviene tra la BRI cinese e il progetto russo “Razvitie”), è improbabile che i due progetti infrastrutturali vedano una convergenza, in gran parte a causa delle obiezioni intrinseche dell’India alla BRI come “strumento opaco e unilaterale di espansione”. Pertanto, l’INSTC fungerà da controincentivo alla BRI: controllerà in modo significativo il potere cinese in Asia centrale, Asia occidentale ed Eurasia. Inoltre, il corridoio ha il potenziale per espandersi fino al Baltico, al Nord e persino all’Artico, il che modererà la presenza della Cina in queste regioni.
L’INSTC offre anche un’opportunità per gli obiettivi infrastrutturali dell’India di diventare globali, con le società statali che guidano la carica e aprono la strada alle imprese private, che è stato il mandato di Xi Jinping tramite la BRI. Inoltre, poiché la Russia è il partner dell’India nell’INSTC, il loro rafforzamento bilaterale in una certa misura controbilancia il vantaggio di Pechino nella sua “amicizia senza limiti” con la Russia, dando a Mosca un valido incentivo a perseguire gli obiettivi dell’INSTC.
Il Cremlino, in particolare, ha salutato il collegamento di connettività come chiave per i legami India-Russia e, a sua volta, come collegamento commerciale con il resto del mondo (“un progetto veramente ambizioso” nelle parole di Putin)11.
Tuttavia, diversi problemi e preoccupazioni hanno evidenziato la tenuità del progetto: i collegamenti rafforzati della Cina in Asia centrale; il proseguimento delle sanzioni statunitensi contro l’Iran; debilitanti sanzioni occidentali e ostilità diplomatica contro la Russia; divergenze tra i partecipanti all’INSTC, inclusa la guerra in corso tra due importanti membri come Russia e Ucraina; terrorismo, traffico di droga, instabilità politica come minacce persistenti; progetti di connettività concorrenti, oltre alla BRI, il collegamento ferroviario trans-afghano (Pakistan-Afghanistan-Uzbekistan) e il Quad Regional Support for Afghanistan guidato dagli Stati Uniti.
Secondo Paul McNamara, considerato a Londra il principale gestore delle strategie obbligazionarie e valutarie dei mercati emergenti: “Quando BRICS e INTSC controllano la valuta e le rotte commerciali, il modo per mettere in ginocchio un Paese è tagliare la catena di approvvigionamento, allora hai ottenuto il controllo del mondo. BRICS e INTSC devono essere affrontati ORA, altrimenti ogni Paese sarà in ginocchio”12.
Analisi condivisa dall’ex consigliere della Central Intelligence Agency (CIA), James Rickards, il quale ha affermato che le sanzioni anti-russe costringeranno gradualmente il mondo intero a rinunciare al dollaro. In un articolo scritto per “Daily Calculation”, Rickards ha descritto il desiderio di altri Paesi di commerciare con Mosca come uno dei principali fattori del fallimento delle sanzioni occidentali, in particolare americane, contro la Russia: “Le quattro maggiori economie emergenti del mondo (Cina, India, Russia e Iran) hanno un PIL combinato più elevato rispetto agli Stati Uniti. Quando i prossimi tre paesi (Brasile, Messico e Indonesia) vengono inclusi in questa economia emergente del G7, il divario con gli Stati Uniti si allarga di altri 4,6 trilioni di dollari. Presi insieme, sono troppo grandi per essere ignorati”, ha detto l’ex consigliere della CIA. Rickards ha aggiunto che se questi Paesi in via di sviluppo non aderiranno alle sanzioni, la Russia avrà troppi partner commerciali perché le sanzioni siano efficaci13.
Tenendo conto delle sfide, l’India in qualità di leader del Sud del mondo e attuale canale tra Oriente e Occidente dovrà gestire abilmente la sua politica estera stabilendo forti legami commerciali e di connettività tramite l’INSTC, che comprende due Stati non amati dall’Occidente, pur non apparendo troppo tenero con i “regimi autoritari”. A lungo termine, l’INSTC necessita di un meccanismo strutturato e digitalizzato che faciliti la collaborazione e la congruenza delle politiche, catalizzando così un’integrazione regionale significativa.
Un altro aspetto sarebbe quello di includere Stati con un’esperienza di sviluppo credibile come osservatori o partner di dialogo. Ad esempio, inserire il Giappone – la sua assistenza ufficiale allo sviluppo nel 2021 è stata di 17,6 miliardi di dollari – in qualche modo sarebbe degno di nota; anche se, in quanto partner stabile degli USA, la mossa sembra al momento improbabile, mentre il fattore Cina potrebbe rivelarsi prezioso in futuro14.
Conclusioni
All’atto pratico, più che a placare le fiammate inflazionistiche e le rivendicazioni salariali, l’incremento tendenziale dei tassi varato dalla Federal Reserve sembra rispondere alla necessità tassativa che gli Usa hanno di richiamare capitali dall’estero per finanziare i loro squilibri strutturali. Gli Stati Uniti hanno chiuso il 2022 con un disavanzo commerciale pari a 1.181 miliardi di dollari, un deficit di bilancio pari a 1.400 miliardi di dollari e un debito federale pari a 31.420 miliardi di dollari. Ma non è tutto. Dopo esser migliorata, passando da 18.124,293 a 16.285,837 miliardi di dollari di passivo (-1.838,456 miliardi) tra il quarto trimestre del 2021 e il secondo trimestre del 2022, la loro posizione finanziaria netta è tornata a peggiorare rapidamente, giungendo a 16.710,798 miliardi di dollari di passivo nel terzo trimestre 2022 (+424,961 miliardi), nonostante l’immane deflusso di capitali dalla sponda europea a quella americana dell’Atlantico verificatosi in seguito alla degenerazione del conflitto russo-ucraino.
I dati indicano che, tra il settembre e l’ottobre 2022, l’esposizione in buoni del Tesoro statunitensi del Giappone era diminuita da 1.120,2 a 1.064,4 miliardi di dollari; quella della Repubblica Popolare Cinese, da 933,6 a 877,8 miliardi; quella del Regno Unito, da 664,8 a 641,3 miliardi; quella delle Isole Cayman, da 301,5 a 291,5 miliardi; quella del Lussemburgo, da 299,6 a 298,1 miliardi; quella della Svizzera, da 277,7 a 258,4 miliardi; quella dell’Irlanda, da 265,4 a 244,9 miliardi; quella del Brasile, da 226,4 a 220,1 miliardi; quella di Taiwan, da 216,9 a 214,6 miliardi; quella di Singapore, 177,5 a 175,8 miliardi; quella della Corea del Sud, da 105,3 a 98,7 miliardi; quella della Norvegia, da 99,6 a 95,7 miliardi. Complessivamente, il volume delle detenzioni internazionali di Treasury Bond statunitensi era diminuito tra settembre e ottobre di ben 170,9 miliardi di dollari (da 7.302,6 a 7.131,7 miliardi di dollari), che andavano a sommarsi ai 243 miliardi di dollari (da 7.545,6 a 7.302,6 miliardi) di passivo registrati il mese precedente, nonostante la Federal Reserve avesse portato i tassi di interesse dallo 0,25 al 2,5% tra marzo e settembre. Posta di fronte all’evidenza, la Banca Centrale Usa ha quindi impresso una ulteriore accelerata al processo di “normalizzazione monetaria”, con ben sei correzioni che hanno portato i tassi al 4,75% al febbraio 2023 e il volume complessivo degli investimenti internazionali in Treasury Bond a quota 7.273,6 miliardi di dollari ad ottobre. Un incremento su base mensile (141,9 miliardi) piuttosto modesto se rapportato allo sforzo profuso dagli Usa per accumularlo (una stretta creditizia potenzialmente letale per milioni di cittadini statunitensi), che certifica per di più le crescenti difficoltà in cui Washington va imbattendosi nel tentativo di perpetuare il funzionamento del sistema parassitario instaurato con il ripudio degli Accordi di Bretton Woods ad opera dell’amministrazione Nixon15.
Specie a fronte delle allarmanti statistiche fornite dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che in un rapporto redatto nel marzo 2022 ha parlato esplicitamente di “erosione del dominio del dollaro” in riferimento al netto ridimensionamento (dal 71 al 59% tra il 2000 e il 2021) della quota di riserve valutarie mondiali espresse in valuta statunitense dovuto a una migrazione generalizzata verso monete alternative alle tradizionali big four (dollaro, euro, sterlina e yen). Da un altro documento datato dicembre 2022, emergeva che il volume dei crediti espressi in dollari detenuti dalla rete bancaria globale era calato da 7.092,31 a 6.441,65 miliardi di dollari tra il terzo trimestre del 2021 e il terzo trimestre 202216.
Se quindi la tendenza alla de-dollarizzazione è più evidente che mai, non si può però parlare di un processo compiuto verso il multipolarismo geopolitico. Pur ricordando che oltre l’80% degli Stati a livello mondiale non praticano sanzioni economiche contro la Russia e non forniscono armi all’Ucraina, stiamo piuttosto assistendo all’intensificazione di quel processo di “bipolarismo policentrico” iniziato dopo l’intervento militare di Mosca in Siria e l’annuncio del progetto di Pechino della Nuova Via della Seta terrestre e marittima17.
Perciò, come osservato dall’attuale Direttore del Dipartimento di Pianificazione della Politica Estera del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, “il mondo si sta spostando dalla globalizzazione alla formazione di molte piattaforme di civiltà (si possono anche chiamare centri di potere o “poli”) e poi all’interazione e all’integrazione tra di loro. Questo è un lungo processo storico, un’intera epoca in cui stiamo entrando, che ci piaccia o no. Nuovi centri di sviluppo mondiale cercano nel multipolarismo un’opportunità per preservare la sovranità e l’identità socio-culturale e svilupparsi armoniosamente secondo le proprie tradizioni e basandosi sugli interessi nazionali e sulle aspirazioni dei popoli”18.
Un processo che impiegherà probabilmente almeno una decina di anni prima di giungere a compimento.
La vittoria russa in Ucraina ne rappresenta un indispensabile presupposto, eppure si può tranquillamente affermare che in questo caso l’obiettivo militare è subordinato ad una finalità geopolitica ben più ambiziosa, spiegando così anche la maggiore attenzione che la Russia ha riversato in questi mesi alla guerra economica (dalla quale è uscita inaspettatamente vincitrice) rispetto a quella combattuta sul terreno (durante la quale ha subito alcuni rovesci di natura tattica)19.
1 Cfr. Algeri presenta la richiesta di adesione al Brics, “L’Osservatore Romano”, 9 novembre 2022.
2 Michael Mahanta, L’Egitto ha aderito alla campagna di dedollarizzazione dei BRICS, www.cese-m.eu, 23 gennaio 2023.
3 Per la teoria del ciclo del dollaro, si veda il mio precedente articolo su “Eurasia” 4/2022, Conseguenze geoeconomiche del conflitto ucraino.
4 BRICS + Russia avanti tutta. Il SEPAM, sistema di telecomunicazione interbancario iraniano, si collegherà con 106 banche che utilizzano lo SPFS, “Il Faro di Roma”, 18 febbraio 2023.
5 “Focus dedollarizzazione”, www.cese-m.eu.
6 Ibidem.
7 Per stare ai soli dati dei primi due mesi del 2023, la Russia dimostra di essere un Paese strutturalmente forte: l’export di Pechino con Mosca è cresciuto del 19,8%, mentre le importazioni (specialmente di gas) sono aumentate del 31,3%, cfr. Rita Fatiguso, “Il Sole 24 Ore”, 9 marzo 2023. Il surplus commerciale della Cina invece, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è passato da 109 miliardi a 116 miliardi di dollari, cfr. Lorenzo Riccardi nello stesso articolo.
8 Non essendo riusciti a dare concretezza alla B3W, gli Stati Uniti hanno approfittato dei vertici G7 (Elmau, 26-28 giugno) e NATO (Madrid, 28-30 giugno) per ricompattare i loro alleati in Europa e nell’Indo-Pacifico in funzione anticinese. I partecipanti promettono di riversare 600 miliardi di dollari in un piano implicitamente alternativo alla Belt and Road Initiative; allo stesso tempo, la vicenda segnala le difficoltà incontrate dalla Casa Bianca nell’allestire un piano infrastrutturale in armonia con i loro partner, soprattutto quelli europei, che peraltro non vogliono rinunciare completamente ai rapporti economici con la Repubblica Popolare Cinese, cfr. Stefano Vernole, Il confronto Cina-Stati Uniti. Perché la questione di Taiwan è la più sensibile?, www.cese-m.eu, 24 dicembre 2022.
9 Mher D Sahakyan, REBUILDING INTERCONNECTIONS: RUSSIA, INDIA AND THE INTERNATIONAL NORTH-SOUTH TRANSPORT CORRIDOR, AsiaGlobal On Line, 2020.
10 Durante il mese di giugno 2022 l’UE e l’India hanno rilanciato i negoziati per un accordo globale di libero scambio, con l’obiettivo di arrivare a una positiva conclusione della trattativa entro la fine del 2023.
11 INSTC to Open New Routes for Russian Business Ties: Putin, “Financial Tribune”, 22 febbraio 2023.
12 Paul McNamara, Why a Brics currency is a flawed idea, “Financial Times”, 10 febbraio 2023.
13 Ben Stock, Former CIA adviser Rickards: Sanctions against the Russian Federation will be key to dedollarizing the world, socialbites.ca.
14 Pur avendo aumentato il suo export verso la Russia nel 2022, in seguito alle recenti ed ulteriori pressioni di Washington, Il Giappone ha annunciato una serie di blocchi alle esportazioni in direzione di Mosca. Tra i beni che non potranno essere inviati verso la Russia ci sono anche i vaccini, farmaci, oltre che materiali radioattivi: “In relazione alla situazione ucraina, come contributo agli sforzi internazionali per stabilire la pace e risolvere il conflitto, il Governo giapponese ha deciso di imporre un divieto di esportare verso la Russia di beni che possano rafforzare la capacità militare della Russia”, si legge nella comunicazione. “Le misure – continua – avranno effetto a partire dal 3 febbraio 2023”. Cfr. Askanews, 27 febbraio 2023. Il nuovo percorso ferroviario da San Pietroburgo (in realtà da Murmansk nell’Oceano Artico che collega la rotta del Mare Artico a Shanghai) fino al porto marittimo iraniano è rivoluzionario per gli sviluppi del commercio e della connettività in Asia centrale dall’Artico al Mar Arabico.
15 Proprio l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla FED è stata una delle cause che ha portato al crollo della Silicon Valley Bank e della Signature Bank. “Ma a mettere in guardia le autorità Usa è l’emorragia delle perdite sottese al portafoglio titoli. Ben 21 miliardi classificati come Afs (disponibile alla vendita) che hanno registrato già nel corso del 2022 una minusvalenza per 2,4 miliardi. Cui si sommano le minus sul portafoglio Htm (detenuti fino alla scadenza) per 765 milioni su 7,8 miliardi di bond governativi”, cit. Fabio Pavesi, “Milano Finanza”, 13 marzo 2023.
16 Giacomo Gabellini, Lo stato dell’economia Usa: verso il punto di non ritorno?, “L’Antidiplomatico”, 9 febbraio 2023.
17 Marija Chodynskaja Goleniščeva, Siria. Il tormentato cammino verso la pace, Teti, Roma, 2019.
18 “I seguenti Stati e comunità civili sembrano soddisfare in qualche misura questi criteri: Russia, Cina, India, Sud-Est asiatico (comunità ASEAN), mondo arabo e Umma musulmana, Africa, America Latina e Caraibi, nonché la civiltà occidentale con le sue componenti anglosassone ed europea-continentale. Sono questi i protagonisti che si apprestano a partecipare più seriamente alla definizione della forma di un mondo multipolare: la Maggioranza Mondiale attraverso l’unione delle opportunità e la creazione, l’Occidente (nel suo attuale stato di nichilismo adolescenziale nei confronti di oggettivi processi storici) attraverso la contrapposizione con il resto del mondo”. Cfr. Alexey Drobinin, “L’immagine di un mondo multipolare. Il fattore civiltà e la posizione della Russia nell’ordine mondiale emergente”, articolo pubblicato sul sito internet dell’Ambasciata russa in Italia, 20 febbraio 2023.
19 Secondo il centro di ricerca economica del britannico “Economist”, “Un anno dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, il numero di Paesi che sostengono la Russia è in crescita”, cfr. Russia’s pockets of support are growing in the developing world, 7 marzo 2022. Lo stesso piano in 12 punti presentato dalla Cina per risolvere il conflitto in Ucraina si basa sulla previsione di una vittoria militare russa entro la fine dell’estate, cfr. Tsukasa Hadano, Behind Ukraine peace proposal, China foresees end to war in summer, “Nikkei Asia”, 9 marzo 2023. Stando al Servizio federale delle dogane di Mosca (Fts), nel 2022 la Russia ha registrato un surplus commerciale di 332,4 miliardi di dollari, con un aumento del 68,5% rispetto all’anno precedente.
NOTE AL TESTO
1 Edward P. Joseph, The Kyiv-Kosovo Catalyst: Ukraine’s Recognition of Kosovo Can Affirm Western Order in the Balkans and Across Europe, John Hopkins Foreign Policy Institute, 18 febbraio 2023.
2 Lo ha affermato Sergej Lavrov, nel suo intervento alla Duma di Stato (camera bassa del Parlamento russo): “Nel nostro concetto di politica estera aggiornato, parleremo della necessità di porre fine al monopolio dell’Occidente sulla formazione del quadro della vita internazionale”, ha aggiunto. Questo quadro, secondo il diplomatico russo, “dovrebbe d’ora in poi essere determinato non dagli interessi egoistici dell’Occidente, ma da una base abbastanza universale di un equilibrio di interessi, come richiesto dalla Carta delle Nazioni Unite, che ha sancito il principio dell’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati”. Lavrov ha insistito sul rafforzamento della cooperazione con Cina e altri Paesi amici. “Insieme agli amici cinesi stiamo lavorando vigorosamente per semplificare un partenariato strategico bilaterale che ha raggiunto un livello storicamente senza precedenti”. Inoltre, il diplomatico russo osserva che si stanno sviluppando le relazioni di un partenariato strategico privilegiato anche con l’India, mentre si rafforzano i legami anche con Brasile, Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Turchia, Arabia Saudita e Sudafrica. “I tentativi di isolare la Russia sono falliti, i nostri nemici sono costretti ad ammetterlo”, ha concluso il ministro. Cfr. Il ministro russo Lavrov: “La nostra politica estera mira a porre fine al monopolio occidentale”, “Agenzia Nova”, 15 febbraio 2023.
3 Stephen M. Walt, America is too scared of the multipolar world, “Foreign Policy”, 7 marzo 2023.
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