di Andrea Turi
Il 16 ottobre 2022, nella relazione tenuta al XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese dal titolo Tenere alta la grande bandiera del socialismo con caratteristiche cinesi e unirsi per costruire un Paese socialista moderno sotto tutti gli aspetti, Xi Jinping non poteva non riservare qualche passaggio del suo intervento alla “questione Taiwan”; tema, questo, tornato con sempre maggiore insistenza e frequenza nel discorso politico internazionale a partire dalla sconsiderata e inopportuna decisione della speaker della Camera dei Rappresentanti statunitensi, la democratica Nancy Pelosi, di visitare l’isola lo scorso mese di agosto: decisione che a Pechino hanno giudicato come un’inopportuna quanto non necessaria ingerenza negli affari interni di un Paese sovrano quale è la Cina.
Non è un caso, quindi, se in apertura della sua relazione ai delegati del Partito Comunista, il Presidente abbia sostenuto che “in risposta alle attività separatiste volte alla “indipendenza di Taiwan” e alle grossolane provocazioni di ingerenze esterne negli affari di Taiwan, abbiamo risolutamente combattuto contro il separatismo e contrastato le interferenze, dimostrando la nostra determinazione e capacità di salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale della Cina e di opporci alla “indipendenza di Taiwan”. Abbiamo rafforzato la nostra iniziativa strategica per la completa riunificazione della Cina e consolidato l’impegno per il principio di “una sola Cina” all’interno della Comunità Internazionale. Di fronte a cambiamenti drastici nel panorama internazionale, in particolare ai tentativi esterni di ricattare, contenere, bloccare ed esercitare la massima pressione sulla Cina, abbiamo messo al primo posto i nostri interessi nazionali, ci siamo concentrati sulle preoccupazioni politiche interne e abbiamo mantenuto una ferma determinazione strategica. Abbiamo mostrato uno spirito combattivo e una ferma determinazione a non cedere mai al potere coercitivo. Durante questi sforzi, abbiamo salvaguardato la dignità e gli interessi fondamentali della Cina, e ci siamo mantenuti ben posizionati per perseguire lo sviluppo e garantire la sicurezza”1.
Nel procedere della relazione, Xi Jinping ha indicato quale sia la via scelta da Pechino nella risoluzione dell’annosa questione relativa alla provincia ribelle di Taiwan: “Abbiamo sostenuto la politica di “Un Paese, Due sistemi”, in base alla quale il popolo di Hong Kong amministra Hong Kong e il popolo di Macao amministra Macao, entrambi con un elevato grado di autonomia. Abbiamo aiutato Hong Kong a entrare in una nuova fase in cui ha ristabilito l’ordine ed è pronta a prosperare, e abbiamo visto sia Hong Kong che Macao mantenere un buono slancio per la stabilità e lo sviluppo a lungo termine. Abbiamo proposto un quadro politico generale per risolvere la questione di Taiwan nella nuova era e permettere scambi e cooperazione facilitati attraverso lo Stretto. Ci siamo opporti risolutamente alle attività separatiste volte alla “indipendenza di Taiwan” e all’ingerenza straniera. Abbiamo così mantenuto l’iniziativa e la capacità di guidare le relazioni attraverso lo Stretto”. Nel capitolo XIII della relazione – Sostenere e migliorare la politica di “Un Paese, Due Sistemi” e promuovere la riunificazione nazionale – si tornerà diffusamente sull’argomento individuando nella politica di “Un Paese, Due Sistemi” come di una “grande innovazione del Socialismo con caratteristiche cinesi. Si è dimostrato il miglior accordo istituzionale per garantire prosperità e stabilità durature a Hong Kong e Macao dopo il loro ritorno nella madrepatria. […] Assicureremo sia la giurisdizione del Governo centrale che un elevato grado di autonomia nelle regioni amministrative speciali, […] faremo in modo che il sistema capitalista e lo stile di vita rimangano invariati a lungo termine a Hong Kong e Macao, e lavoreremo per promuovere la prosperità e la stabilità a lungo termine nelle due regioni”. I riferimenti sono ai successi ottenuti a Macao e Hong Kong ma gli orizzonti della leadership di Pechino si allargano fino ad estendere la bontà delle disposizioni della teoria politica “Un Paese, Due Sistemi”anche a Taiwan: “Risolvere la questione di Taiwan e realizzare la completa riunificazione della Cina è, per il Partito, una missione storica e un impegno incrollabile. È anche un’aspirazione condivisa di tutti i figli e le figlie della nazione cinese e un’esigenza naturale per realizzare il ringiovanimento della nazione cinese. Attueremo la politica generale del nostro Partito per risolvere la questione di Taiwan nella nuova era, manterremo l’iniziativa e la capacità di guidare le relazioni attraverso lo stretto e avanzeremo fermamente nella causa della riunificazione nazionale. Le politiche di riunificazione pacifica e “Un Paese, Due Sistemi” sono il modo migliore per realizzare la riunificazione attraverso lo Stretto di Taiwan; questo serve al meglio gli interessi del popolo cinese su entrambi i lati dello Stretto e dell’intera nazione cinese. Aderiremo al principio di una “sola Cina”e al Consenso del 1992. Su questa base condurremo consultazioni ampie e approfondite sulle relazioni attraverso lo stretto e sulla riunificazione nazionale con tutte le persone di tutti i partiti politici, settori e strati sociali a Taiwan e lavoreremo con loro per promuovere lo sviluppo pacifico delle relazioni lungo lo Stretto e portare avanti il processo di pacifica riunificazione della Cina. […] Salvaguarderemo gli interessi generali della nazione cinese e adotteremo misure risolute per opporci alla “indipendenza di Taiwan” e promuovere la riunificazione.
Scolpito nella roccia è il caposaldo che “Taiwan è della Cina” così come il monito lanciato da Xi Jinping dal palco del XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese per cui “risolvere la questione di Taiwan è una questione che spetta ai cinesi, una questione che deve essere risolta dai cinesi. Continueremo a lottare per una pacifica riunione con la massima sincerità e il massimo sforzo, ma non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie”. Quello che i media occidentali hanno sbandierato come la volontà precisa di Pechino di invadere nottetempo Taiwan per riprenderne il possesso ha, nelle parole di Xi Jinping, un destinatario molto preciso – omesso, però, dai resoconti giornalistici: “questo è diretto esclusivamente all’interferenza di forze esterne e dei pochi separatisti che cercano l’indipendenza di Taiwan e le loro attività separatiste; non è affatto mirato ai nostri compatrioti di Taiwan. Le ruote della Storia stanno girando verso la riunificazione della Cina e il ringiovanimento della nazione cinese. La riunificazione del nostro Paese deve essere realizzata, e può, senza dubbio essere realizzata!”.
Nell’agosto del 2022 l’Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato, insieme con l’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato hanno reso pubblico un white paper dal titolo “La questione di Taiwan e la riunificazione della Cina nella nuova era”, il terzo dopo quello del 1993 – The Taiwan question and reunification of China – e quello del 2000 – The One-China principle and the Taiwan Issue; un documento che delinea le linee guida sulla questione relativa alla provincia cinese ribelle e che, sin dalle prime righe del testo, identifica la risoluzione della questione di Taiwan e la realizzazione della completa riunificazione della Cina come una missione storica del Partito Comunista Cinese, del Governo cinese e del Popolo Cinese; un libro bianco pubblicato per ribadire ancora una volta il fatto che Taiwan fa parte della Cina e rendere note le posizioni politiche del Partito e del Governo cinese nella nuova era.
Il primo pilastro è il fatto indiscutibile che Taiwan fa parte della Cina sin dai tempi più antichi2 e che, conseguentemente, esiste una sola Cina. Tali dati di fatto inconfutabili sono stati sanciti nell’ottobre del 1971 dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel corso della sua 26esima sessione con l’approvazione della Risoluzione 2758 con la quale si impegnava il più importante organo internazionale a “ripristinare tutti i diritti della Repubblica Popolare Cinese e a riconoscere i rappresentanti del suo Governo come gli unici legittimi rappresentanti della Cina presso le Nazioni Unite, e a espellere immediatamente i rappresentanti di Chiang Kai-Shek dal posto che occupano illegalmente presso le Nazioni Unite e in tutte le organizzazioni ad esse collegate”. La Risoluzione 2758 ha anche precisato in modo chiaro che la Cina ha un solo seggio presso le Nazioni Unite e che, dunque, non esistono “Due Cine” oppure “Una Cina, una Taiwan”. Il white paper sottolinea come: “Le agenzie specializzate delle Nazioni Unite hanno successivamente adottato ulteriori risoluzioni ripristinando il seggio legale della Repubblica Popolare Cinese ed espellendo i rappresentanti dell’autorità di Taiwan. Una di queste è la Risoluzione 25.1 adottata alla 25esima Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 1972. Nei pareri legali ufficiali dell’Office of Legal Affairs del Segretariato delle Nazioni Unite era chiaramente affermato che “le Nazioni Unite considerano Taiwan un provincia della Cina senza status separato” e “le autorità di Taipei non sono considerate […] godere di alcuna forma di status di Governo”. All’ONU l’isola è chiamata “Taiwan, Provincia della Cina”.
“Ci sono innegabili fatti storici, un solido diritto internazionale e un ampio consenso internazionale che confermano la verità di fondo: c’è una sola Cina al mondo e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese”, ha scritto Xin Ping, esperto di relazioni internazionali, sul Global Times. Come ricordato dallo stesso Xin, la Risoluzione 2758 non è l’unico documento che attesta la validità della politica di “una sola Cina”: sia la Dichiarazione del Cairo del 1943 che la Proclamazione di Potsdam del 1945, affermavano già lo status giuridico di Taiwan come parte inalienabile della Cina, prevedendo la restituzione di tutti i territori cinesi occupati dai giapponesi nel corso della Seconda guerra mondiale, compresa l’isola in questione.
Ad oggi, i documenti ufficiali dell’ONU riconoscono Taiwan “come una provincia della Cina senza uno status separato”, e affermano che “le autorità di Taipei non godano di alcuna forma di status di governo”. La denominazione ufficiale di Taiwan è infatti “Taiwan, provincia della Cina”, o, in forma abbreviata “Taiwan (Cina)”. Nonostante il sostegno degli Stati Uniti, dal 1993 l’ONU ha respinto diverse richieste per la partecipazione di Taiwan all’organizzazione, e nel 1997 fu l’Organizzazione Mondiale della Sanità a respingere l’ingresso di Taiwan come membro osservatore. Nel documento che attesta il rifiuto del 1993, si afferma che “le province o le suddivisioni amministrative interne di uno Stato membro non sono eleggibili per diventare membri dell’organizzazione”, facendo chiaramente intendere come Taiwan non sia altro che una provincia cinese.
“Il ripristino della sede legale della Nuova Cina alle Nazioni Unite è stato un evento epocale per il mondo e le Nazioni Unite. È stato il risultato degli sforzi congiunti di tutti i Paesi amanti della pace che si sono schierati per la giustizia nel mondo. Ha segnato il ritorno del popolo cinese, ovvero di un quarto della popolazione mondiale, sulla scena delle Nazioni Unite”, ha ricordato il presidente Xi Jinping lo scorso 25 ottobre, in occasione del 50° anniversario della Risoluzione 2758.
Anziché attenersi al diritto internazionale e al parere della quasi totalità della Comunità Internazionale, gli Stati Uniti stanno sfidando questi principi con l’unico fine di espandere le proprie mire egemoniche nella regione dell’Asia-Pacifico e di contrastare lo sviluppo della Cina. Washington dovrà però scontrarsi con la maggioranza dei governi mondiali, compresi quelli di alcuni alleati degli USA nella regione, tutti concordi nel condannare la recente visita di Nancy Pelosi a Taiwan come pericolosa provocazione che mette a repentaglio la sicurezza regionale e mondiale3.
Per capire i pilastri su cui si fonda la forte rivendicazione del principio di Una Cina può aiutare un breve excursus storico – documentale: nel 1684 fu istituita un’amministrazione della prefettura di Taiwan sotto la giurisdizione della provincia di Fujian; nel 1885, lo status di Taiwan è stato aggiornato divenendo, così, la ventesima provincia della Cina. Nel luglio 1894, il Giappone lanciò una guerra di aggressione contro la Cina che vide, meno di un anno dopo, il Governo Qing sconfitto costretto a cedere all’impero del Sol Levante Taiwan e le isole Penghu. Durante la guerra popolare cinese di resistenza contro l’aggressore giapponese (1931-1945), i comunisti cinesi chiesero la restituzione di Taiwan. Parlando con il giornalista statunitense Nym Wales, Mao Zedong affermò che l’obiettivo della Cina era quello di ottenere una vittoria finale nella guerra, una vittoria che avrebbe permesso il recupero dei territori cinesi occupati nel nord-est della Cina e a Sud del Passo Shanhai, e assicurare la liberazione di Taiwan4.
Il 9 dicembre 1941 la Cina ha emesso una dichiarazione di guerra contro il Giappone e ha proclamato decaduti o abrogati tutti quei trattati, convenzioni, accordi, contratti stipulati e conclusi tra le parti dichiarando, inoltre, che avrebbe recuperato sia Taiwan che le isole Penghu.
Il 1 dicembre 1943 a Il Cairo, Egitto, il Presidente statunitense Roosevelt, il generalissimo Chiang Kai-Shek e il primo ministro britannico Winston Churchill diramarono tale dichiarazione: “Le diverse missioni militari hanno concordato future operazioni militari contro il Giappone. I Tre Grandi Alleati hanno espresso la loro determinazione a esercitare una pressione incessante contro i loro brutali nemici via mare, terra e aria. Questa pressione sta già aumentando.
I Tre Grandi Alleati stanno combattendo questa guerra per frenare e punire l’aggressione del Giappone. Non bramano alcun guadagno per sé stessi e non hanno alcun pensiero di espansione territoriale. È loro scopo che il Giappone venga spogliato di tutte le isole del Pacifico che ha conquistato o occupato dall’inizio della Prima guerra mondiale nel 1914, e che tutti i territori che il Giappone ha rubato ai cinesi, come Manciuria, Formosa e Le Pescadores, saranno restituiti alla Repubblica di Cina. Espulso da tutti gli altri territori che ha conquistato con la violenza e l’avidità. Le suddette tre grandi potenze, memori della schiavitù del popolo della Corea, sono determinate che a tempo debito la Corea diventerà libera e indipendente”.
Con questi obiettivi in vista i tre Alleati, in armonia con quelli delle Nazioni Unite in guerra con il Giappone, continueranno a perseverare nelle serie e prolungate operazioni necessarie per procurare la resa incondizionata del Giappone”.
Le disposizioni contenute in quella che è passata alla Storia come Dichiarazione del Cairo saranno riconosciute anche dalla Dichiarazione di Postdam, firmata il 26 luglio 1945 da Stati Uniti, Regno Unito, Cina e successivamente riconosciuta dall’Unione Sovietica e con la quale si ribadiva che “i termini della Dichiarazione del Cairo devono essere rispettati”.
Non ci sono, dunque, dubbi sul riconoscimento storico della sovranità cinese dell’isola di Formosa. Il 25 ottobre 1945, il governo cinese annunciò la ripresa dell’esercizio della sovranità su Taiwan e si tenne a Taipei la cerimonia di accettazione della resa del Giappone; da quel momento in poi, la Cina aveva recuperato Taiwan, de jure e de facto, e la piena sovranità cinese sull’isola si fondava adesso su una serie di documenti ufficiali con effetti legali internazionali.
Il 1 ottobre 1949 fu fondata la Repubblica Popolare Cinese che divenne il successore della Repubblica Cinese (1912 – 1949) e il Governo Centrale divenne l’unico governo legittimo dell’intera Cina. Il nuovo governo ha sostituito il precedente regime del Kuomintang in una situazione in cui la Cina, in quanto soggetto di diritto internazionale, non è cambiata e la sovranità e il territorio intrinseco su cui esercitarla non hanno subito cambiamenti. Risultato naturale di tale processo, il governo della neonata Repubblica Popolare Cinese avrebbe dovuto godere ed esercitare la piena sovranità della Cina, che include la sua sovranità piena sull’isola di Taiwan.
Taiwan, invece, è divenuto un bastione della parte perdente e anticomunista sostenuto dagli americani in una guerra civile sospesa dall’intervento degli Stati Uniti ma non terminata. Come risultato della guerra civile e dell’interferenza di forze esterne, le due sponde dello Stretto sono cadute in uno stato di prolungato confronto politico che a tutt’oggi persiste. Spinto verso l’artificiosa contesa geopolitica oggi è un principio che, invece, dovrebbe rimanere chiaro: la sovranità e il territorio della Cina non sono mai stati divisi e non saranno mai divisi così come lo status di Taiwan come parte integrante del territorio cinese non è mai cambiato e mai potrà cambiare.
Tale principio è stato inserito nel proemio della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, adottata alla Quinta Sessione del V Congresso Nazionale del Popolo tenutosi nel dicembre del 1982: “Taiwan è parte del territorio sacrosanto della R.P.C. Completare la grande opera dell’unione della patria è un obbligo sacrosanto dell’intero popolo cinese, compresi i compatrioti di Taiwan”.
Il principio di una “Una Cina”, quindi, rimane l’architrave cui poggia il consenso universale della Comunità Internazionale: gli estensori del Libro Bianco informano il lettore che, ad oggi, 181 Paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti d’America hanno stabilito relazioni diplomatiche con Pechino sulla base di questo assunto coerente con tutte le norme fondamentali delle relazioni internazionali.
Già il primo storico comunicato congiunto del 28 febbraio 1972, noto come Comunicato di Shanghai, seguito alla storica visita del Presidente statunitense Richard Nixon in Cina su invito del Primo Ministro Cinese Chou En-lai, asseriva al punto 11 che “la parte cinese riafferma la sua posizione: […] il Governo della Repubblica Popolare di Cina è il solo Governo legale della Cina; Taiwan è una provincia della Cina da tempo restituita alla madrepatria; la liberazione di Taiwan è un affare interno della Cina in cui nessun altro Paese ha il diritto di interferire; e tutte le forze e le installazioni militari statunitensi devono essere ritirate da Taiwan. Il Governo cinese si oppone fermamente a qualsiasi attività che miri alla creazione di “una Cina, una Taiwan”, “una Cina, due governi”, “due Cine”, una “Taiwan indipendente” o sostiene che “lo status di Taiwan resta da definire”. La posizione di Washington è esplicata – con il classico gioco delle sfumature lessicali che rimandano tutto al campo dell’ambiguità – al punto 12 del comunicato: “Gli Stati Uniti riconoscono che tutti i cinesi su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan sostengono che esiste una sola Cina e che Taiwan fa parte della Cina. Il Governo degli Stati Uniti non contesta tale posizione. Riafferma il suo interesse per una soluzione pacifica della questione di Taiwan da parte degli stessi cinesi. Con questa prospettiva in mente, afferma l’obiettivo finale del ritiro di tutte le forze e installazioni militari statunitensi da Taiwan. Nel frattempo, ridurrà progressivamente le sue forze e installazioni militari a Taiwan man mano che la tensione nell’area diminuisce5.
Il secondo dei tre comunicati congiunti USA – Cina, Comunicato congiunto sull’istituzione delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Popolare Cinese, del 1 gennaio 1979, redatto sotto la Presidenza di Jimmy Carter, ribadisce le basi sulle quali le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono costruite, stavolta con meno ambiguità linguistica: “Gli Stati Uniti d’America riconoscono il Governo della Repubblica popolare cinese come unico governo legale della Cina. In questo contesto, il popolo degli Stati Uniti manterrà relazioni culturali, commerciali e altre relazioni non ufficiali con il popolo di Taiwan.
[…] Il Governo degli Stati Uniti d’America riconosce la posizione cinese secondo cui esiste una sola Cina e Taiwan fa parte della Cina.
[…] Non intraprendiamo questo importante passo per ragioni tattiche o espedienti transitorie. Riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese, che è l’unico governo cinese, stiamo riconoscendo la semplice realtà. Ma in questa decisione è coinvolto molto di più del semplice riconoscimento di un fatto.
[…] Come affermarono gli Stati Uniti nel Comunicato di Shanghai del 1972, emesso in occasione della storica visita del Presidente Nixon, continueremo ad avere interesse nella risoluzione pacifica della questione di Taiwan. Ho prestato particolare attenzione a garantire che la normalizzazione delle relazioni tra il nostro Paese e la Repubblica popolare non metta a repentaglio il benessere del popolo di Taiwan. La gente del nostro paese manterrà le nostre attuali relazioni commerciali, culturali, commerciali e di altro tipo con Taiwan attraverso mezzi non governativi. Molti altri Paesi nel mondo lo stanno già facendo con successo. Queste decisioni e queste azioni aprono un nuovo e importante capitolo della storia del nostro Paese e anche delle vicende mondiali.
Nel terzo Comunicato congiunto della Repubblica popolare cinese e degli Stati Uniti d’America, del 17 agosto 1982, Washington dichiara di riconoscere il governo della Repubblica popolare della Cina come unico governo legale della Cina oltre a riconoscere “la posizione cinese secondo cui esiste una sola Cina e Taiwan fa parte della Cina. In tale contesto, le due parti hanno convenuto che il popolo degli Stati Uniti avrebbe continuato a mantenere relazioni culturali, commerciali e altre relazioni non ufficiali con il popolo di Taiwan. Su questa base, le relazioni tra Cina e Stati Uniti sono state normalizzate. “Il rispetto della reciproca sovranità e integrità territoriale e la non interferenza negli affari interni dell’altro costituiscono i principi fondamentali che guidano le relazioni Cina-Stati Uniti. Questi principi sono stati confermati nel Comunicato di Shanghai del 28 febbraio 1972 e riaffermati nel Comunicato congiunto sull’instaurazione di relazioni diplomatiche entrato in vigore il 1° gennaio 1979. Entrambe le parti affermano con enfasi che questi principi continuano a governare tutti gli aspetti delle loro relazioni”.
Al punto (4) “il Governo cinese ribadisce che la questione di Taiwan è un affare interno della Cina. Il messaggio ai compatrioti di Taiwan emesso dalla Cina il 1° gennaio 1979 ha promulgato una politica fondamentale di lotta per la riunificazione pacifica della madrepatria. La proposta in nove punti pubblicata dalla Cina il 30 settembre 1981 ha rappresentato un ulteriore grande sforzo nell’ambito di questa politica fondamentale per lottare per una soluzione pacifica alla questione di Taiwan” mentre al punto (5) del comunicato si dice che “il Governo degli Stati Uniti attribuisce grande importanza alle sue relazioni con la Cina e ribadisce che non ha alcuna intenzione di violare la sovranità cinese e l’integrità territoriale, né di interferire negli affari interni della Cina, né di perseguire una politica delle “due Cine” o “una Cina, una Taiwan”. Il Governo degli Stati Uniti comprende e apprezza la politica cinese di lottare per una risoluzione pacifica della questione di Taiwan, come indicato nel messaggio della Cina ai compatrioti di Taiwan emesso il 1° gennaio 1979 e nella proposta in nove punti avanzata dalla Cina il 30 settembre 1981 La nuova situazione emersa in merito alla questione taiwanese fornisce anche condizioni favorevoli per la risoluzione delle divergenze Cina-Stati Uniti sulla vendita di armi da parte degli Stati Uniti a Taiwan.
Nonostante le giravolte diplomatiche statunitensi, capaci di invertire la rotta delle relazioni diplomatiche con Pechino a puro soddisfacimento delle proprie ambizioni geopolitiche, imperialiste, egemoniche e unipolari cui si piega anche le disposizioni del diritto internazionale ridotto sempre più a puro e semplice strumento di potere volto al mantenimento di una potenza ormai in decadenza, il fatto indiscutibile, sostenuto dalla Storia e dal Diritto, è esiste una sola Cina di cui Taiwan fa parte; Taiwan non è mai stato uno Stato né a tale status può essere elevato; lo status della provincia di Taiwan è quello – inalterabile – di essere parte integrante del territorio nazionale della Repubblica Popolare Cinese.
Il recente XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese che ha visto accordare un terzo mandato a Xi Jinping ha visto modificare anche emendare la Costituzione del Partito in questo senso: “il Partito lavorerà continuamente per rafforzare l’unità di tutto il popolo cinese, compresi i compatrioti nelle regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao e a Taiwan, nonché i cinesi d’oltremare. Promuoverà la prosperità e la stabilità a lungo termine a Hong Kong e Macao, si opporrà risolutamente e scoraggerà i separatisti che cercano “l’indipendenza di Taiwan” e realizzerà la riunificazione della madrepatria attuando pienamente, fedelmente e con risolutezza la politica di “Un Paese, Due Sistemi6”.
Nel 1978, dopo la Terza Sessione Plenaria dell’XI Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, Deng Xiaoping definì le linee guida fondamentali per la riunificazione del territorio nazionale; una riunificazione che avrebbe dovuto soddisfare gli interessi vitali del Paese e del Popolo e che si sarebbe dovuto realizzare seguendo il concetto innovativo di “Un Paese, Due Sistemi”, adottato per la prima volta per risolvere le questioni relative al ritorno alla madrepatria di Macao (ex colonia portoghese) e di Hong Kong (ex colonia britannica), ma concepito anche per poter guidare la pacificazione e la riunificazione con la provincia ribelle di Taiwan. Così, nel 1984, il leader delle aperture, Deng Xiaoping parlò della politica “Un Paese, due sistemi”: “Il governo cinese è fermo nella sua posizione, nei suoi principi e nelle sue politiche su Hong Kong. Abbiamo affermato in molte occasioni che – dopo che la Cina avrà ripreso l’esercizio della sua sovranità su Hong Kong nel 1997 – gli attuali sistemi sociali ed economici di Hong Kong rimarranno invariati, il suo sistema giuridico rimarrà sostanzialmente invariato, il suo stile di vita e il suo status di porto franco e centro commerciale e finanziario internazionale rimarranno invariati e potrà continuare a mantenere o stabilire relazioni economiche con altri paesi e regioni. Abbiamo anche affermato ripetutamente che, a parte lo stazionamento di truppe in luogo, Pechino non assegnerà funzionari al Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong. Anche questa politica rimarrà invariata. Metteremo lì truppe per salvaguardare la nostra sicurezza nazionale, non per interferire negli affari interni di Hong Kong. Le nostre politiche nei confronti di Hong Kong rimarranno invariate per 50 anni, e lo intendiamo sul serio.
Stiamo perseguendo una politica di “un Paese, due sistemi”. Più specificamente, ciò significa che all’interno della Repubblica Popolare Cinese, la terraferma con il suo miliardo di persone manterrà il sistema socialista, mentre Hong Kong e Taiwan continueranno sotto il sistema capitalista. Negli ultimi anni, la Cina ha lavorato duramente per superare gli errori della “sinistra” e ha formulato le sue politiche riguardanti tutti i campi di attività in linea con il principio di procedere dalla realtà e cercare la verità dai fatti. Dopo cinque anni e mezzo le cose stanno cominciando a riprendere. E’ in questo contesto che abbiamo proposto di risolvere i problemi di Hong Kong e Taiwan consentendo la coesistenza di due sistemi in un unico Paese.
Abbiamo discusso più di una volta della politica di “un Paese, due sistemi”. È stato adottato dal Congresso nazionale del popolo. Alcune persone sono preoccupate che possa cambiare. Io dico di no. Il nocciolo della questione, il fattore decisivo, è se la politica è corretta. Se non lo è, cambierà; altrimenti non lo farà. Inoltre, c’è qualcuno che può cambiare l’attuale politica cinese di apertura al mondo esterno e rinvigorire l’economia interna? Se fosse cambiato, il tenore di vita dell’80% della popolazione cinese diminuirebbe e perderemmo il sostegno della gente. Se siamo sulla strada giusta e godiamo del sostegno della gente, la politica non cambierà.
La nostra politica nei confronti di Hong Kong rimarrà la stessa per molto tempo a venire, ma ciò non influenzerà il socialismo sulla terraferma. La parte principale della Cina deve continuare sotto il socialismo, ma un sistema capitalista sarà permesso di esistere in alcune aree, come Hong Kong e Taiwan. L’apertura di un certo numero di città sulla terraferma lascerà entrare alcuni capitali stranieri, che serviranno come supplemento all’economia socialista e contribuiranno a promuovere la crescita delle forze produttive socialiste. Ad esempio, quando il capitale straniero viene investito a Shanghai, certamente non significa che l’intera città sia diventata capitalista. Lo stesso vale per Shenzhen, dove prevale ancora il socialismo. La parte principale della Cina rimane socialista.
Il concetto di “un Paese, due sistemi” è stato formulato secondo le realtà della Cina e ha attirato l’attenzione internazionale. La Cina non ha solo il problema di Hong Kong da affrontare, ma anche il problema di Taiwan.
Qual è la soluzione a questi problemi? Per quanto riguarda il secondo, spetta al socialismo inghiottire Taiwan, o ai “Tre Principi del Popolo” predicati da Taiwan inghiottire la terraferma? La risposta è nessuna delle due. Se il problema non può essere risolto con mezzi pacifici, allora deve essere risolto con la forza. Nessuna delle due parti ne trarrebbe beneficio. La riunificazione della madrepatria è l’aspirazione di tutta la nazione. Se non può essere realizzato in 100 anni, sarà in 1.000 anni. A mio avviso, l’unica soluzione consiste nell’applicare due sistemi in un Paese.
Il mondo si trova di fronte alla scelta tra mezzi pacifici e non pacifici per risolvere le controversie. In un modo o nell’altro, devono essere risolti. I nuovi problemi devono essere risolti con nuovi mezzi. La soluzione positiva della questione di Hong Kong può fornire elementi utili per la soluzione delle questioni internazionali.
Qualche governo nella storia del mondo ha mai perseguito una politica così generosa come quella cinese? C’è qualcosa riportato nella storia del capitalismo di un paese occidentale che fa qualcosa di simile? Quando adottiamo la politica “un Paese, due sistemi” per risolvere la questione di Hong Kong, non stiamo agendo d’impulso o giocando brutti scherzi, ma stiamo procedendo dalla realtà e tenendo pienamente conto delle circostanze passate e presenti di Hong Kong.
Dovremmo avere fiducia nei cinesi di Hong Kong, che sono perfettamente in grado di amministrare i propri affari. L’idea che i cinesi non possano gestire gli affari di Hong Kong in modo soddisfacente è un residuo della vecchia mentalità coloniale. Per più di un secolo dopo la guerra dell’oppio, il popolo cinese è stato guardato dall’alto in basso e umiliato dagli stranieri. Ma l’immagine della Cina è cambiata dalla fondazione della Repubblica Popolare. L’immagine moderna della Cina non è stata creata dal governo della tarda dinastia Qing, né dai signori della guerra del nord, né da Chiang Kai-shek e suo figlio. E’ la Repubblica popolare cinese che ha cambiato l’immagine della Cina. Tutti i cinesi hanno almeno un senso di orgoglio per la nazione cinese, non importa quali vestiti indossino o quale posizione politica prendano. I cinesi di Hong Kong condividono questo senso di orgoglio nazionale. Hanno la capacità di gestire bene gli affari di Hong Kong e dovrebbero esserne fiduciosi. La prosperità di Hong Kong è stata raggiunta principalmente dai residenti di Hong Kong, la maggior parte dei quali sono cinesi. I cinesi non sono meno intelligenti degli stranieri e non sono affatto meno talentuosi. Non è vero che solo gli stranieri possono essere buoni amministratori. Noi cinesi siamo altrettanto capaci. L’opinione secondo cui la popolazione di Hong Kong non ha fiducia in sé stessa non è realmente condivisa dagli stessi abitanti di Hong Kong. […] Siamo convinti che il popolo di Hong Kong sia in grado di gestire bene gli affari di Hong Kong e vogliamo vedere la fine del dominio straniero. Gli stessi cittadini di Hong Kong non saranno d’accordo su niente di meno. Alcuni requisiti o qualifiche dovrebbero essere stabiliti per quanto riguarda l’amministrazione degli affari di Hong Kong da parte del popolo di Hong Kong. Deve essere richiesto che i patrioti formino il corpo principale degli amministratori, cioè del futuro governo della regione speciale di Hong Kong. Naturalmente dovrebbe includere anche altri cinesi, così come gli stranieri invitati a servire come consulenti. Cos’è un patriota? Un patriota è colui che rispetta la nazione cinese, sostiene sinceramente la ripresa della sovranità della madrepatria su Hong Kong e desidera non compromettere la prosperità e la stabilità di Hong Kong. Coloro che soddisfano questi requisiti sono patrioti, sia che credano nel capitalismo o nel feudalesimo o persino nella schiavitù. Non chiediamo che siano a favore del sistema socialista cinese; chiediamo loro solo di amare la madrepatria e Hong Kong. Mancano 13 anni al 1997. Dovremmo iniziare a lavorare ora per realizzare gradualmente una transizione senza intoppi. In primo luogo, occorre evitare gravi fluttuazioni o battute d’arresto e mantenere la prosperità e la stabilità di Hong Kong. In secondo luogo, devono essere create le condizioni per una regolare acquisizione del governo da parte dei residenti di Hong Kong. Spero che persone di ogni ceto sociale a Hong Kong lavoreranno per questo scopo”
Stando, però, a quanto sostiene Yihu Li, ricercatore della Scuola di Studi Internazionali alla Università di Pechino nel suo articolo The one country, two systems solution to Taiwan: two comparative analyses5, la versione da considerarsi standard ed esplicativa della proposta in sei punti per la riunificazione di Taiwan con la madrepatria è quella spiegata durante il colloquio con il professor Winston Yang Li Yu della Seton Hall University, South Orange, New Jersey, Stati Uniti. Reso pubblico con il titolo di “Un’idea per la riunificazione pacifica della Cina continentale e di Taiwan”6, il testo afferma quanto segue: “La questione più importante è la riunificazione della madrepatria. La riunificazione pacifica è diventata l’obiettivo comune del Kuomintang e del Partito Comunista. L’idea non è che una parte debba inghiottire l’altra. Speriamo che le due parti lavorino insieme per la riunificazione nazionale ed entrambe contribuiscano alla nazione cinese. Non approviamo la “completa autonomia” di Taiwan. Ci devono essere limiti all’autonomia, e dove ci sono limiti, nulla può essere completo. Riconosciamo che il governo locale di Taiwan può avere una propria serie separata di politiche per gli affari interni. E anche se, come regione amministrativa speciale, Taiwan avrà un governo locale, differirà dai governi locali di altre province, comuni e regioni autonome. A condizione che gli interessi nazionali non siano compromessi, godrà di alcuni poteri propri che gli altri non possiedono. Dopo la riunificazione con la madrepatria, la regione amministrativa speciale di Taiwan assumerà un carattere unico e potrà praticare un sistema sociale diverso da quello della terraferma. Godrà di un potere giudiziario indipendente e non ci sarà bisogno di andare a Pechino per il giudizio finale. Inoltre, può mantenere un proprio esercito, a condizione che non minacci la terraferma. La terraferma non manterrò nessuno a stazionare a Taiwan. Né le truppe né il personale amministrativo andranno lì. I sistemi di partito, governo e militare di Taiwan saranno amministrati dalle stesse autorità di Taiwan. Un certo numero di posti nel governo centrale sarà messo a disposizione di Taiwan.
La riunificazione pacifica non significa che la terraferma inghiottirà Taiwan. Inutile dire che ciò non significa che Taiwan inghiottirà nemmeno la terraferma. Non è realistico chiedere “la riunificazione della Cina sotto i Tre Principi del Popolo”. La riunificazione deve avvenire in modo adeguato. Questo è il motivo per cui proponiamo di tenere colloqui tra le due parti su un piano di parità per raggiungere un terzo round di cooperazione Kuomintang-Comunista, piuttosto che colloqui tra il governo centrale e locale. Una volta che le due parti hanno raggiunto un accordo, può essere formalmente proclamato. Ma in nessun caso permetteremo a nessun paese straniero di interferire. Un’interferenza straniera significherebbe semplicemente che la Cina non è ancora indipendente, e ciò porterebbe a problemi senza fine.
[…] Abbiamo raggiunto un’autentica stabilità e unità. Il nostro principio di riunificazione pacifica della madrepatria è stato formulato dopo la Terza Sessione Plenaria dell’Undicesimo Comitato Centrale del Partito. Le relative politiche sono state gradualmente definite. Noi vi ci atterremo. C’è stato qualche miglioramento nel rapporto sino-statunitense, relazioni recenti. Tuttavia, coloro che sono al potere negli Stati Uniti non hanno mai rinunciato alla loro politica delle “due Cine” o delle “una Cina e mezza”. Gli Stati Uniti si vantano del loro sistema politico. Ma i politici dicono una cosa durante un’elezione presidenziale, un’altra dopo essere entrati in carica, un’altra alle elezioni di medio termine e un’altra ancora con l’avvicinarsi delle prossime elezioni presidenziali. Eppure, gli Stati Uniti dicono che le nostre politiche mancano di stabilità. Rispetto alle loro politiche, allora, le nostre sono davvero molto stabili.
Le osservazioni manifestate da Deng Xiaoping in quell’occasione furono in seguito chiamate “Le sei concezioni di Deng Xiaopingsulla questione di Taiwan” – conosciute anche con il titolo di “Sei Punti” – che possono essere riassunte come segue: (1) il nocciolo della questione di Taiwan è che la riunificazione è diventata l’aspirazione comune sia del Partito comunista che del Kuomintang e ha quindi costituito la base per la terza cooperazione tra le due parti. (2) Pur mantenendo la politica di Una Sola Cina, le due parti possono adottare sistemi diversi, ma la Repubblica Popolare Cinese dovrebbe essere l’unico rappresentante della Cina nella comunità internazionale. (3) L’autonomia assoluta di Taiwan non è consentita. L’autonomia assoluta significa in realtà due Cine. Ci dovrebbero essere alcune restrizioni all’autonomia, e la linea di fondo è che l’interesse di uno Stato unificato non deve essere danneggiato. (4) Dopo la riunificazione, come regione amministrativa speciale, Taiwan può adottare sistemi diversi da quelli sulla terraferma e gode di privilegi, che altre province e regioni autonome non possono condividere. La regione può avere i poteri di una legislatura, di un potere giudiziario e di un giudizio finale. La regione può anche avere un proprio esercito purché non rappresenti una minaccia per la terraferma. Il Governo centrale non invierà funzionari. Gli affari relativi ai partiti politici, al governo e all’esercito di Taiwan saranno gestiti da Taiwan stessa, mentre il Governo centrale riserverà alcune posizioni a Taiwan. (5) La riunificazione pacifica non significa che la terraferma inghiottirà Taiwan, o viceversa. Riunificare la Cina con i “Tre Principi del Popolo” non è pratico. (6) Il modo corretto per la riunificazione pacifica è quello di condurre negoziati tra il Partito comunista e il Kuomintang su un piano di parità. Dopo che le due parti raggiungono un accordo, può essere fatto un annuncio ufficiale. Non si può permettere alle potenze straniere di interferire in questa vicenda, perché altrimenti significherebbe che la Cina non ha raggiunto l’indipendenza e si servirebbe solo di infiniti problemi futuri”7.
In questo modo Deng Xiaoping ha elaborato, in modo completo, concreto e sistematico quel concetto di “Un Paese, due sistemi” che informerà i tentativi di riunificazione dei due lati dello Stretto di Taiwan dei leader che si sono succeduti al vertice del potere a Pechino; Deng manifestava il sentito bisogno di portare a termine ciò che i loro grandi predecessori avevano iniziato, invitando i nuovi vertici del Kuomingtang a muoversi così da garantire per sé stessi un posto nella storia; si può notare, dunque, come l’interesse a che la riunificazione della Cina avvenga in modo pacifico non sia direttamente rispondente ad esigenze di tipo strategico e basate su qualche calcolo geopolitico, bensì storico e derivante dal ricordo indelebile della sanguinosa guerra civile9.
Nel suo dialogare con il professor Yan Li Yu, il leader cinese Deng Xiaoping invita le autorità di Taiwan a prendere come riferimento al fine di imbastire un accordo sulla riunificazione tra le due sponde dello Stretto due documenti, i nove punti proposti da Ye Jianying nel settembre 1981 e il discorso di apertura di Deng Yingchao alla prima sessione plenaria della sesta conferenza consultiva politica del popolo nel giugno 1983.
Il primo, sono le elaborazioni del Presidente del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, il generale Ye Jiangying sulla politica riguardante il ritorno di Taiwan alla madrepatria e la riunificazione pacifica, meglio conosciute come Proposta in Nove Punti: il giorno di Capodanno del 1979, il comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo ha emesso un messaggio ai compatrioti di Taiwan, in cui ha proclamato la politica di sforzo per riunificare pacificamente la madrepatria. Il messaggio ha ricevuto un caloroso sostegno e una risposta attiva da parte delle persone di tutte le nazionalità in tutta la Cina, compresi i compatrioti di Taiwan, Xianggang (Hong Kong) e Aomen (Macao), e quelli residenti all’estero. Un’atmosfera rilassata si è instaurata attraverso lo Stretto di Taiwan. Ora, vorrei cogliere l’occasione per approfondire la politica riguardante il ritorno di Taiwan alla madrepatria per la realizzazione dell’unificazione pacifica [proclamata il giorno di Capodanno 1979]: 1) Al fine di porre fine quanto prima alla sfortunata separazione della nazione cinese, proponiamo che si tengano colloqui tra il Partito Comunista Cinese e il Kuomintang [Partito Nazionalista] della Cina su base reciproca, in modo che le due parti cooperino per la terza volta per realizzare la grande causa dell’unificazione nazionale. Le due parti possono prima inviare persone a incontrarsi per uno scambio di opinioni approfondito; 2) Proponiamo che le due parti prendano accordi per facilitare lo scambio di servizi postali, commerciali, aerei e marittimi e le visite di parenti e turisti, nonché scambi accademici, culturali e sportivi, e raggiungano un accordo al riguardo. 3) Dopo la riunificazione del Paese, Taiwan può godere di un alto grado di autonomia come regione ad amministrazione speciale e può mantenere le sue forze armate. Il Governo centrale non interferirà con gli affari locali a Taiwan. 4) L’attuale sistema socio-economico di Taiwan rimarrà invariato, così come il suo stile di vita e le sue relazioni economiche e culturali con l’estero. Non ci sarà alcuna violazione dei diritti di proprietà e del diritto legittimo di eredità su proprietà privata, case, terreni e imprese, o sugli investimenti stranieri. 5) Le persone in autorità e i rappresentanti di vari ambienti a Taiwan possono assumere posti di leadership negli organi politici nazionali e partecipare alla gestione dello Stato. 6) Quando le finanze locali di Taiwan saranno in difficoltà, il Governo centrale può sovvenzionarle in base alle circostanze. 7) Per le persone di tutte le nazionalità e personaggi pubblici di vari ambienti di Taiwan che desiderano venire a stabilirsi sulla terraferma, è garantito che saranno presi accordi adeguati per loro, che non ci saranno discriminazioni nei loro confronti e che avranno la libertà di entrare e uscire. 8) Gli industriali e gli uomini d’affari di Taiwan sono invitati a investire e impegnarsi in varie imprese economiche sulla terraferma, e i loro diritti, interessi e profitti legali sono garantiti. 9) L’unificazione della madrepatria è responsabilità di tutti i cinesi. Diamo sinceramente il benvenuto a persone di tutte le nazionalità, personaggi pubblici di tutti gli ambienti e tutte le organizzazioni di massa a Taiwan per fare proposte e suggerimenti riguardanti gli affari di stato attraverso vari canali e in vari modi.
Il ritorno di Taiwan all’abbraccio della patria e il compimento della grande causa dell’unificazione nazionale è una grande e gloriosa missione che la storia ha lasciato in eredità alla nostra generazione. […] Speriamo che le autorità del Kuomintang mantengano la loro posizione di una sola Cina e la loro opposizione alle “due Cine” e che mettano gli interessi nazionali al di sopra di ogni altra cosa, dimentichino la cattiva volontà precedente e si uniscano a noi nel realizzare la grande causa dell’unificazione nazionale e il grande obiettivo di rendere la Cina prospera e forte, in modo da conquistare gloria ai nostri antenati, portare beneficio ai nostri posteri e scrivere una nuova e gloriosa pagina nella storia della nazione cinese!8
L’altro riferimento di Deng Xiaoping, invece, è quello che rimanda al discorso inaugurale tenuto da Deng Yingchao, nel giugno 1983, in occasione della prima sessione del sesto comitato nazionale del Chinese People’s Political Consultative Conference (CPPCC) in cui la Presidente dichiarò che – resoconto del Bejing Review – “La pacifica riunificazione della madrepatria è una comune aspirazione della popolazione cinese delle più varie nazionalità e un glorioso e storico obiettivo per noi. Noi rispettiamo le Storia e rispettiamo la realtà. Diamo piena considerazione ai desideri delle persone di tutte le nazionalità a Taiwan e alle condizioni delle autorità taiwanesi. Dopo la riunificazione della Madrepatria, il Partito Comunista e il Kuomintang sopravviveranno, coopereranno e coesisteranno per ancora molto tempo a venire. E Taiwan, come regione amministrativa speciale, potrà praticare un sistema differente da quello della madrepatria, in modo che i due sistemi si possano completare e supportare l’un l’altro». [Deng Yiangchao] ha poi specificato che la questione relativa a Taiwan è un affare interno alla Cina, questione sulla quale non è tollerata alcuna interferenza straniera9”.
Prima di questi tre passaggi che racchiudono l’essenza teorica del principio “Un Paese, Due Sistemi”, nel 1979, il primo giorno dell’anno, un messaggio fu inviato dal Comitato Permanente della Quinta Assemblea Nazionale del Popolo ai compatrioti di Taiwan: il messaggio – noto come “Messaggio ai Compatrioti di Taiwan” – è il primo documento in cui si pone sul piatto della bilancia della riunificazione pacifica il mantenimento dello status di Taiwan a fronte del riconoscimento dell’esistenza di una sola Cina e di un solo governo legittimo che possa rappresentarla: “Taiwan è stata una parte inalienabile della Cina sin dai tempi antichi. La Nazione cinese ha grande vitalità e coesione. Nel corso della storia, le invasioni straniere e i conflitti interni non sono riusciti a dividere la nostra nazione in modo permanente. La separazione di Taiwan dalla madrepatria per quasi 30 anni è stata artificiale e contraria ai nostri interessi e alle nostre aspirazioni nazionali, e questo stato di cose non deve continuare. Ogni cinese, a Taiwan o sulla terraferma, ha una responsabilità impellente per la sopravvivenza, la crescita e la prosperità della nazione cinese. L’importante compito di riunificare la nostra patria, da cui dipende il futuro dell’intera nazione, è ora davanti a tutti noi; è un problema che nessuno può eludere o dovrebbe cercare di fare. Se non ci impegniamo rapidamente a porre fine a questa disunione in modo che la nostra patria sia riunificata in tempi brevi, come possiamo rispondere ai nostri antenati e spiegare ai nostri discendenti? Questo sentimento è condiviso da tutti. Chi tra i discendenti dell’Imperatore Giallo vuole passare alla storia come un traditore?
Negli ultimi 30 anni si sono verificati cambiamenti radicali nello status della Cina nel mondo. Il prestigio internazionale del nostro Paese è in costante aumento e il suo ruolo internazionale diventa sempre più importante. I popoli e i governi di quasi tutti i Paesi ripongono enormi speranze in noi nella lotta contro l’egemonismo e nella salvaguardia della pace e della stabilità in Asia e nel mondo intero. Ogni cinese è orgoglioso di vedere la crescente forza e prosperità della nostra patria. Se riusciremo a porre fine all’attuale disunione e unire presto le forze, non ci sarà fine ai nostri contributi al futuro dell’umanità. La riunificazione anticipata della nostra patria non è solo il desiderio comune di tutto il popolo cinese, compresi i nostri compatrioti a Taiwan, ma il desiderio comune di tutti i popoli e Paesi amanti della pace in tutto il mondo.
La riunificazione della Cina oggi è in consonanza con il sentimento popolare e la tendenza generale dello sviluppo. Il mondo in generale riconosce solo una Cina, con il Governo della Repubblica Popolare Cinese come unico Governo legale. La recente conclusione del Trattato di pace e amicizia Cina-Giappone e la normalizzazione delle relazioni tra Cina e Stati Uniti mostrano ancora più chiaramente che nessuno può fermare questa tendenza. La situazione attuale nella madrepatria, di stabilità e unità, è migliore che mai. Le persone di tutte le nazionalità sulla terraferma stanno lavorando duramente con una volontà per il grande obiettivo delle quattro modernizzazioni. È nostra fervida speranza che Taiwan ritorni presto all’abbraccio della madrepatria, in modo da poter lavorare insieme per la grande causa dello sviluppo nazionale. I nostri capi di stato hanno fermamente dichiarato che terranno conto delle realtà attuali nel realizzare la grande causa della riunificazione della madrepatria e rispetteranno lo status quo di Taiwan e le opinioni delle persone di tutti i ceti sociali e adotteranno politiche e misure ragionevoli per risolvere la questione della riunificazione in modo da non causare perdite al popolo di Taiwan. D’altra parte, persone di tutti i ceti sociali a Taiwan hanno espresso il loro desiderio per la loro patria e vecchi amici, hanno dichiarato il loro desiderio di identificarsi e ricongiungersi ai loro parenti e hanno sollevato diverse proposte che sono espressioni della loro sincera speranza di un rapido ritorno all’abbraccio della madrepatria. Poiché tutte le condizioni ora sono favorevoli alla riunificazione e tutto è pronto, nessuno dovrebbe andare contro la volontà della nazione e contro l’andamento della storia. Riponiamo speranze nei 17 milioni di abitanti di Taiwan e anche nelle autorità di Taiwan. Le autorità di Taiwan hanno sempre assunto una posizione ferma nei confronti di una sola Cina e si sono opposte a una Taiwan indipendente. Abbiamo questa posizione in comune ed è la base della nostra cooperazione. La nostra posizione è sempre stata che tutti i patrioti appartengono a un’unica famiglia. La responsabilità di riunificare la patria spetta a ciascuno di noi. Ci auguriamo che le autorità di Taiwan facciano tesoro degli interessi nazionali e diano un prezioso contributo alla riunificazione della madrepatria10”.
A succedere a Deng Xiaoping alla guida del Partito e del Paese, Jiang Zemin che incanalò la sua linea politica sulla questione Taiwan nell’alveo delle linee guida delineate dal suo predecessore, avanzando otto proposte per lo sviluppo delle relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan e la riunificazione pacifica della Cina; il 30 gennaio 1995, durante una cerimonia in occasione della Festa di Primavera tenuta dall’Ufficio per gli affari di Taiwan del comitato centrale del PCC e dall’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato, il presidente cinese Jiang Zemin presentò la sua Proposta in otto punti per la riunificazione della patria, con i seguenti contenuti: “1) L’adesione al principio di una Cina è la base e il prerequisito per una riunificazione pacifica. La sovranità e l’integrità territoriale della Cina non devono mai subire divisioni. Dobbiamo fermamente opporci a qualsiasi dichiarazione e azione per creare “l’indipendenza di Taiwan”; e dobbiamo anche opporci risolutamente alle proposizioni di dividere il Paese e governare sotto regimi separati, due Cine per un certo periodo di tempo, ecc., che sono contrarie al principio di una Cina.
2) Non abbiamo obiezioni allo sviluppo di legami economici e culturali non governativi tra Taiwan e altri Paesi. Secondo il principio di una Cina e i caratteri delle organizzazioni internazionali interessate, Taiwan ha aderito alla Banca asiatica di sviluppo, al Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico e ad altre organizzazioni economiche internazionali nel nome di “Taipei cinese”. Tuttavia, ci opponiamo alle attività di Taiwan di espandere il proprio spazio vitale a livello internazionale, volte a creare “due Cine” o “una Cina, una Taiwan”. […]
3) È stata nostra costante posizione tenere negoziati con le autorità di Taiwan sulla riunificazione pacifica della madrepatria. I rappresentanti di tutti i partiti e gruppi politici di entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan possono essere invitati a partecipare ai negoziati per la riunificazione pacifica. Ho detto nel mio rapporto al 14° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese tenutosi nell’ottobre 1992: “Premesso che esiste una sola Cina, siamo pronti a parlare con le autorità di Taiwan su qualsiasi questione, compresa la forma che ufficialmente i negoziati dovrebbero assumere una forma accettabile per entrambe le parti”. Con “a condizione che esista una sola Cina, siamo pronti a parlare con le autorità di Taiwan su qualsiasi questione”, intendiamo, naturalmente, che sono incluse tutte le questioni che interessano le autorità di Taiwan. Abbiamo ripetutamente proposto di tenere negoziati per porre fine ufficialmente allo stato di ostilità tra le due parti e realizzare passo dopo passo una riunificazione pacifica. Anche qui propongo solennemente che si tengano tali negoziati. Propongo che, come primo passo, si tengano negoziati e si raggiunga un accordo per porre fine ufficialmente allo stato di ostilità tra le due parti in base al principio che esiste una sola Cina. Su questa base, le due parti possono assumersi le responsabilità insieme, mantenere la sovranità e l’integrità territoriale della Cina, nonché pianificare il futuro sviluppo delle relazioni tra le due parti separate dallo Stretto. Per quanto riguarda il nome, il luogo e la forma di questi colloqui politici, si può certamente trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti, purché si possano tenere presto consultazioni su un piano di parità.
4) Faremo del nostro meglio per ottenere la riunificazione pacifica della Cina poiché i cinesi non dovrebbero combattere i cinesi. Non promettiamo di non usare la forza. Se usata, la forza non sarà diretta contro i nostri compatrioti a Taiwan, ma contro le forze straniere che intervengono nella riunificazione della Cina e promuovono “l’indipendenza di Taiwan”. Siamo pienamente fiduciosi che i nostri compatrioti a Taiwan, Hong Kong e Macao e coloro che risiedono all’estero capiranno la nostra posizione di principio.
5) Di fronte allo sviluppo economico mondiale nel 21° secolo, non risparmieremo alcun effetto per sviluppare lo scambio economico e la cooperazione tra le due parti separate dallo Stretto di Taiwan in modo che entrambe le parti godano di un’economia fiorente e l’intera nazione cinese ne tragga beneficio. Riteniamo che il disaccordo politico non debba impedire la cooperazione economica tra le due sponde dello Stretto di Taiwan. Continueremo, per un lungo periodo, ad attuare una politica di incoraggiamento degli investimenti taiwanesi sulla terraferma e ad applicare la legge della Repubblica Popolare Cinese sulla protezione degli investimenti da parte dei compatrioti di Taiwan. In ogni circostanza, proteggeremo tutti i legittimi diritti e interessi degli investitori taiwanesi in modo concreto e incoraggiamo continuamente scambi e contatti attraverso lo Stretto di Taiwan che promuovono la comprensione reciproca. Poiché i collegamenti diretti per i servizi postali, aerei, marittimi e commerciali tra le due parti sono requisiti oggettivi per il loro sviluppo economico e contatti in vari campi, e poiché sono nell’interesse delle popolazioni di entrambe le parti, è assolutamente necessario adottare misure pratiche per accelerare l’instaurazione di tali collegamenti diretti. […]
- La splendida cultura di 5000 anni creata dai figli e dalle figlie di tutte le etnie della Cina è diventata un legame che tiene a cuore l’intero popolo cinese e costituisce una base importante per la riunificazione pacifica della madrepatria. Le persone di entrambe le parti dovrebbero ereditare e portare avanti congiuntamente le belle tradizioni della cultura.
7) I 21 milioni di taiwanesi, nati lì o in altre province, sono cinesi e della nostra stessa carne e sangue. Gli stili di vita dei nostri compatrioti di Taiwan e il loro desiderio di essere padroni del proprio Paese dovrebbero essere pienamente rispettati. Tutti i loro legittimi diritti e interessi devono essere tutelati. Tutti i dipartimenti competenti del nostro Partito e del nostro governo, comprese le agenzie di stanza all’estero, devono migliorare le loro relazioni con i nostri compatrioti di Taiwan, ascoltare le loro opinioni e richieste, mostrare preoccupazione e prendersi cura dei loro interessi e fare tutto il possibile per aiutare a risolvere i loro problemi. Ci auguriamo che l’isola di Taiwan goda di stabilità sociale, crescita economica e benessere. Ci auguriamo inoltre che tutti i partiti politici di Taiwan adottino un atteggiamento ragionevole, lungimirante e costruttivo e promuovano l’espansione delle relazioni tra le due parti. Diamo il benvenuto a tutti i partiti politici e personaggi di diversi ceti sociali a Taiwan per scambiare opinioni con noi sulle relazioni tra le due parti e sulla riunificazione pacifica. Anche le loro visite sulla terraferma sono benvenute. Tutti i personaggi dei vari ambienti che hanno contribuito alla riunificazione della Cina passeranno alla storia per le loro gesta.
8) Diamo il benvenuto ai leader di Taiwan che visiteranno la terraferma nel loro giusto status. Siamo anche pronti ad accettare inviti a visitare Taiwan. Potremmo prima discutere di affari di Stato o scambiare opinioni su determinate questioni. Anche una semplice visita di lato sarà utile. Gli affari del popolo cinese dovrebbero essere gestiti da noi, cosa che non richiede un’occasione internazionale per essere realizzata. Le persone su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan non vedono l’ora di incontrarsi e di potersi scambiare liberamente visite. Le suddette otto proposizioni incarnano pienamente la coerenza e la continuità del Partito Comunista Cinese e del Governo cinese sulla questione di Taiwan; incarnano la loro determinazione e sincerità per sviluppare le relazioni attraverso lo stretto e promuovere la riunificazione della madrepatria. […]11
Lo stesso Jiang Zemin, segretario generale del comitato centrale del Partito Comunista Cinese, il 12 ottobre 1992 aveva rilevato che: “Rispettando fermamente l’orientamento di ‘Un paese, Due sistemi’, promuoveremo la riunificazione della patria”. Diventa, allora, evidente come i contenuti fondamentali di tale orientamento includano quattro principi inderogabili e non negoziabili, quali: 1) Una sola Cina. Esiste un’unica Cina al mondo, Taiwan è una parte inalienabile della Cina, il Governo centrale si trova a Pechino. Questa disposizione rappresenta la premessa della soluzione del problema di Taiwan.
2) Con la premessa di una sola Cina, la possibile coesistenza di due sistemi, ossia, il socialismo del continente cinese ed il capitalismo di Taiwan coesisteranno a lungo termine e si svilupperanno congiuntamente.
3) Previsione di un’alta autonomia. Dopo la riunificazione, Taiwan diventerà una regione ad amministrazione speciale che, godendo di un’alta autonomia, sarà diversa dalle comuni province e regioni cinesi.
4) Negoziati pacifici, condotti sulla base dei principi di rispetto e complementarità reciproci e mutuo vantaggio; la cooperazione economica e gli scambi nei vari settori tra le due sponde, procedano a scambi bilaterali, creando, così, le condizioni per la riunificazione pacifica del Paese.
Entro questo canovaccio si muoverò anche Hu Hintao, succeduto a Jiang Zemin alla carica di Segretario Generale del Partito Comunista Cinese dopo il XVI Congresso del novembre 2002, il quale ha sempre sottolineato l’importanza di sviluppare pacifiche relazioni attraverso lo Stretto; nel dicembre del 2008, in occasione di un discorso tenuto per commemorare il 30° anniversario del “Messaggio ai Compatrioti di Taiwan”, Hu Hintao affermò che: “La terraferma è disposta a discutere con Taiwan un accordo adeguato e ragionevole per la partecipazione di Taiwan alle organizzazioni internazionali, purché ciò non crei uno scenario di “Due Cine” o “Cina e Taiwan”.
Sebbene le due sponde dello Stretto siano state divise dal 1949 da una guerra civile, il confronto politico tra loro non ha cambiato il fatto che appartenevano a un’unica Cina, ha detto.
“Sotto una comprensione comune di ‘Una Cina’, tutto può essere discusso tra le due parti, tutto ciò che è favorevole allo sviluppo pacifico attraverso lo Stretto, lo promuoveremo grandemente; ci opporremo fermamente a qualsiasi cosa che la danneggi”.
Hu propose anche che le due parti avrebbero potuto parlare di un accordo di cooperazione economica globale e di un patto per l’istruzione e gli scambi culturali12”.
I “sei punti” delineati nel discorso da Hu Jintao – che lo hanno fatto passare alla Storia con la “Proposta in sei punti” – non sono molto dissimili dagli otto punti proposti dal suo predecessore: 1) ferma adesione al principio “una sola Cina”; 2) rafforzamento dei legami commerciali, compresa la negoziazione di un accordo di cooperazione economica; 3) promozione degli scambi di personale; 4) sottolineare i legami culturali comuni tra le due parti; 5) consentire la “ragionevole” partecipazione di Taiwan alle organizzazioni globali 6) negoziare un accordo di pace”13.
Questo discorso tenuto da Hu Hintao rappresentò, simbolicamente, il primo tentativo del Governo cinese di iniziare un dialogo con il partito pro-indipendenza di Taiwan, il PPD, guidato da Tsai Ing-wen, a condizione però che venisse accettato il principio di “una sola Cina”. Tsai Ing-wen sin da subito ritenne del tutto anti-democratico accettare di dialogare con la Cina in cambio della rinuncia ai propri principi14.
A Hu Hintao succedette Xi Jinping e durante questi ultimi quasi dieci anni di mandato – rinnovato nel corso dei lavori dell’ultimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese – il Presidente Xi ha avuto occasione di occuparsi della questione Taiwan. Dopo la conclusione del XVIII Congresso Nazionale, nel 2012, il Partito Comunista ha seguito il suo nuovo leader nell’adozione di un approccio olistico alle relazioni tra le due parti dello Stretto di Taiwan, in linea con le mutate e mutevoli circostanze, ridefinendo e sviluppando una rinnovata linea politica generale volta alla risoluzione dell’annosa questione di Taiwan nella nuova era: al Congresso successivo, il XIX, tenutosi nell’ottobre del 2017, il Partito Comunista Cinese ha, così, riaffermato la politica di base di sostenere il principio “Un Paese, Due Sistemi” e di promuovere la pacifica riunificazione nazionale, sottolineando la determinazione a non consentire mai a nessuna personalità, organizzazione o partito politico, in qualsiasi momento o in qualsiasi forma, di separare qualsiasi parte del territorio cinese dalla Cina15.
Il 2 gennaio 2019, in occasione del 40esimo anniversario dallla pubblicazione del “Messaggio ai Compatrioti a Taiwan”, Xi Jinping, Segretario Generale del Partito Cominista Cinese e Presidente della Repubblica Popolare Cinese, ha tenuto un discorso in cui sono state proposte importanti politiche per la promozione dello sviluppo pacifico delle relazioni tra la terraferma e l’isola-provincia ribelle. “La Cina deve essere riunita e sarà riunificata, è una conclusione storica tratta nei 70 anni di sviluppo delle relazioni tra le due sponde dello Stretto, e un must per il grande ringiovanimento della nazione cinese nella nuova era”, ha detto Xi parlando alla Grande Sala del Popolo, chiedendo, inoltre, sforzi congiunti per promuovere una pacifica riunificazione nazionale. Le differenze politiche di lunga data non possono essere trascinate di generazione in generazione. La questione di Taiwan è nata dalla debolezza e dal disordine nazionale e dura da 70 anni. Xi ha affermato che dal 1949 il PCC, il Governo cinese e il popolo cinese hanno sempre preso fermamente la risoluzione della questione di Taiwan per realizzare la completa riunificazione della Cina come un compito storico. Ha espresso la fiducia che la questione di Taiwan finirà definitivamente con il pieno compimento dell’obiettivo del ringiovanimento nazionale. Il 1 gennaio 1979, il Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo emise il famoso “Messaggio ai compatrioti di Taiwan”, considerata una dichiarazione della politica della terraferma per la riunificazione pacifica. Fu proposto di fermare gli scontri militari, sono state promosse visite, sviluppo di una rete di trasporti attraverso lo Stretto, servizi postali e scambi economici e culturali. In quell’occasione, una pagina nelle relazioni tra le due sponde dello Stretto è stata voltata. “Il 2 gennaio Xi ha presentato una proposta in cinque punti per una riunificazione pacifica. Ha affermato che i principi di “riunificazione pacifica” e “Un Paese, Due Sistemi” sono l’approccio migliore per realizzare la riunificazione nazionale. Ha proposto che la terraferma e Taiwan conducano consultazioni democratiche sulle relazioni tra le due sponde dello Stretto e sul futuro della Nazione e stabiliscano un accordo istituzionale per lo sviluppo pacifico delle relazioni tra le due sponde dello Stretto. Ha detto, anche, che sulla base di garantire la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo della Cina, il sistema sociale e lo stile di vita a Taiwan saranno pienamente rispettati e la proprietà privata, le credenze religiose e i diritti e gli interessi legittimi dei compatrioti di Taiwan saranno pienamente protetti anche dopo che si è realizzato il ricongiungimento pacifico. Il presidente ha promesso “la massima sincerità e il massimo impegno” per la prospettiva di una riunificazione pacifica e ha affermato che a Taiwan sarà garantita una pace duratura dopo la riunificazione.
“Siamo tutti della stessa famiglia”, ha detto Xi Jinping e, pur sottolineando che “i cinesi non combattono i cinesi”, ha affermato che “non promettiamo di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo l’opzione di prendere tutti i mezzi necessari. Questo prende di mira solo l’interferenza di forze esterne e il numero molto piccolo di separatisti “indipendentisti di Taiwan” e le loro attività”, ha aggiunto16.
La proposta di Xi Jinping è stata presentata con criptico linguaggio riassuntivo giornalistico come proposta in cinque punti, riassumubili come segue: 1) lavorare insieme per promuovere il ringiovanimento della Cina e la sua riunificazione pacifica; 2) creare una soluzione a due sistemi alla questione di Taiwan e compiere sforzi innovativi verso la riunificazione pacifica; 3) rispettare il principio di “Una sola Cina”e salvaguardare le prospettive di una riunificazione pacifica; 4) integrare ulteriormente lo sviluppo attraverso lo Stretto e consolidare le basi per la riunificazione pacifica; 5) stringere legami più stretti di cuore e mente tra le persone su entrambi i lati dello Stretto e rafforzare l’impegno congiunto per la riunificazione pacifica17.
Conclusioni
Possiamo, adesso, riassumere i contenuti fondamentali dell’orientamento basato sulla teoria “Un Paese, Due Sistemi”: 1. Una Sola Cina, per cui esiste una sola Cina al mondo di cui Taiwan è parte inalienabile e il cui Governo Centrale si trova a Pechino. Questa è la premessa della soluzione della questione relativa a Taiwan; 2. coesistenza di due sistemi, ossia con la premessa di una sola Cina, il socialismo cinese ed il capitalismo di Taiwan coesisteranno a lungo termine e si svilupperrano congiuntamente; 3. Alta autonomia: dopo la riunificazione, Taiwan assumerà lo status di Regione ad amministrazione speciale. 4. Negoziati pacifici.
La riunificazione nazionale con mezzi è pacifici è, quindi, da sempre la prima scelta del Governo di Pechino poiché rappresenta la scelta che meglio asseconda gli interessi della Nazione e il principio di “Un Paese, Due Sistemi” è un importante strumento istituzionale creato perché si giunga alle condizioni necessarie per raggiungere la completa riunificazione nazionale. Importante componente dell’impresa teoretica di Deng Xiaoping, il concetto “Un Paese, Due Sistemi”è diventato in modo naturale un elemento fondamentale del socialismo con caratteristiche cinesi, con esso si è evoluto e ha giocato un ruolo attivo nella costruzione del socialismo avanzato con caratteristiche cinesi. Tale impianto politico – scrive Leng Tiexun, ricercatore e professore associato al One Country, Two Systems Research Center presso la Macao Polytechnic Institute – “è stato proposto interamente sulla base della realtà cinese. La sua elaborazione, con un occhio volto alla risoluzione della questione di Taiwan, si è basata sulla realtà delle rispettive condizioni presenti da entrambi i lati dello Stretto di Taiwan e la situazione internazionale. Il suo obiettivo era di rispettare il forte desiderio della popolazione di Taiwan di essere padrone dei propri affari e di veder salvaguardati i loro interessi, immediati e di lungo periodo, nel processo evolutivo della riunificazione nazionale; si basava, cioè, su considerazioni così pragmatiche che Deng Xiaoping propose inequivocabilmente che Taiwan potesse mantenere il suo sistema capitalista esistente e il suo modo di vivere dopo la riunificazione e che questo approccio potesse essere applicato anche nella risoluzione delle questioni relative ad Hong Kong e Macao. D’altra parte, la politica di “Un Paese, Due Sistemi” favorisce anche lo sviluppo della Cina sotto il socialismo con caratteristiche cinesi. Per la Cina continentale, infatti, con tale concetto teorico che diventa gradualmente una realtà concreta, si potrebbe creare un ambiente pacifico e stabile per la riforma, l’apertura e la modernizzazione. Allo stesso tempo, inoltre, con la riunificazione pacifica raggiunta attraverso l’approccio “Un Paese, due sistemi”, anche Taiwan, Hong Kong e Macao potrebbero trarre grandi benefici sia in ambito politico che economico. Il regolare ritorno di Hong Kong e Macao alla Cina e il loro sviluppo da allora hanno ampiamente dimostrato questo punto. Se le autorità taiwanesi accettassero e adottassero il concetto “Un Paese, due sistemi”, la forza complessiva della nazione cinese sarebbe notevolmente accresciuta e la nazione cinese proietterebbe un’immagine completamente nuova tra le nazioni del mondo.18
La teoria “Un Paese, Due Sistemi”rappresenta, quindi, il più importante pensiero strategico che ha accomunato – continua a farlo – generazioni di leader del Partito Comunista Cinese riguardo alle condizioni uniche di Hong Kong, Macao e Taiwan; i successi ottenuti con l’applicazione di tale teoria nella gestione dei ritorni alla Madrepatria delle ex colonie britannica – Hong Kong – e portoghese – Macao – non devono far pensare che “Un Paese, Due Sistemi”sia un qualcosa di compiuto e preconfezionato applicabile senza distinzioni a varie realtà differenti tra loro. Quello che si rende necessario è l’elaborazione di una proposta politica, una forma specifica di integrazione, per riunire la terraferma con la sua provincia ribelle, creando una dimensione ad hoc per Taiwan che, ovviamente, differirà da quelle elaborate nelle due precedenti attuazioni a Hong Kong e Macao, realtà che presentano sviluppo storico specifico e caratteristiche specifiche poco conciliabili tra loro.
La Cina è uno Stato unitario. Con l’evoluzione e l’attuazione dell’approccio “Un Paese, due sistemi”, il regolare ritorno di Hong Kong e Macao e l’istituzione dei due Regioni Amministrative Speciali (SAR), in aggiunta al rapporto tra i Governi centrali e locali all’interno della struttura statale unitaria della Cina, è stato stimolato ed istituito un nuovo rapporto giuridico, cioè quello tra il Governo centrale e le SAR come entità speciali all’interno dell’organizzazione dello Stato. Questo nuovo rapporto è, però, diverso da quelli tra il Governo centrale e membri statali regolari, come province e, municipalità o membri statali speciali come le regioni autonome. È una forma completamente nuova di relazione centro-locale all’interno della struttura statale unitaria della Cina, definita in modo più straordinario da consentire alle RAS di mantenere i loro sistemi socio-politici esistenti pur sostenendo la sovranità nazionale, l’unità e l’integrità territoriale, conferendo, inoltre, alle SAR un alto grado di autonomia e poteri esecutivi, legislativi e giudiziari indipendenti e il potere di giudizio finale19. Quello che deve essere fermato è il concetto che il principiopolitico – istituzionale “Un Paese, Due Sistemi”esiste soltanto all’interno del più ampio riconoscimento del concetto di “Una sola Cina”, presupposto e fondamento dell’instaurazione futura del quadro che prevede “due sistemi”; i “due sistemi”previsti a Pechino sono subordinati e derivanti dalla realizzazione piena di “Un Paese” ed entrambi sono integrati nel riconoscimento del principio generale di “Una Cina”. Come ha detto Xi Jinping nel 2019, “la riunificazione della Cina è necessariaa causa del fatto storico e legale che Taiwan è parte della Cina e che le due sponde dello Stretto appartengono ad una e alla medesimaCina e non può mai essere cambiato da nessuna forza o da nessuno20”.
Il principio “Un Paese, Due Sistemi”implica unità con spazio per la differenza: unità significa unificazione nazionale, mentre differenza permette la coesistenza di due sistemi politici differenti quali socialismo e capitalismo; come ben spiega Lok Wai Kin, professore alla Facoltà di Legge dell’Università di Macao: “la pratica di tale principio è di ricercare un terreno comune accantonando le differenze, e raggiungere l’unità di “un Paese” pur consentendo differenze di “due sistemi; un “un Paese”riunificato può trascendere le differenze relative ai “due sistemi”21.
L’idea “Un Paese” implica quattro nozioni di base: integrità territoriale, sovranità unificata, Costituzione comune e un Governo centrale che eserciti l’autorità sopra le amministrazioni locali e gestisca gli affari di Stato. Questi quattro concetti definiscono gli elementi richiesti perché si possa parlare di Stato a cose normali; se lo Stato dovesse essere diviso piuttosto che unificato sotto la politica “Un Paese, Due Sistemi”, allora l’idea di “Un Paese”sarebbe priva di significato e difficilmente potrebbe essere considerato come un Paese. Per quanta riguarda specificatamente la nozione di “Un Paese”all’interno del principio “Un Paese, Due Sistemi”significa nessun’altra istituzione che la Repubblica Popolare Cinese. Negare questo sarebbe assurdo, contravviene sia alla logica formale che alla realtà dei fatti”22.
La premessa, quindi, della politica “Un Paese, Due Sistemi”una Cina riunificata all’interno della quale il dominante sistema socialista possa convivere con i sistemi incardinati sul capitalismo vigenti a Hong Kong, Macao e Taiwan: il fatto che il capitalismo regoli la vita economica di queste tre regioni – ognuna con le sue caratteristiche – non cambia la natura socialista dello Stato cinese, il socialismo rimane sempre al di sopra dei sistemi capitalistici anche se questo viene tollerato e permesso in piccole regioni e per scopi limitati a queste; il principio “Un Paese, Due Sistemi”, dunque, non è pensato per essere espanso, al sistema capitalista non sarà permesso di espandersi in altre zone del territorio nazionale23.
La coesistenza di due differenti sistemi economici è uno degli aspetti più innovativi della visione concettuale di “Un Paese, due Sistemi”: quando Deng Xiaoping, con molta audacia, avanzò la nozione di “Un Paese, Due Sistemi” per la riunificazione pacifica della Cina e la costruzione di un socialismo con caratteristiche cinesi basato sulla realtà cinese, non fu inibito dall’idea che ci potesse essere un solo sistema sociale all’interno di un Paese socialista, ma piuttosto sottolineò come l’adozione del sistema capitalista in regioni locali di piccole dimensioni non avrebbe influenzato la costruzione socialista cinese e che, invece, tale presenza avrebbe potuto anche essere favorevole allo sviluppo del socialismo. Questa non è solo un’innovazione teorica, ma anche un’innovazione nello sviluppo dei sistemi politici. Questo approccio innovativo dato da “Un paese, due sistemi”, che consente la coesistenza a lungo termine di due diversi sistemi sociali, e ha fornito un valido esempio per tutti i Paesi del mondo che vogliono ricercare la risoluzione pacifica delle questioni storiche e delle controversie internazionali; “Un Paese, due Sistemi” ha quindi un importante significato e risvolto pratico. Deng Xiaoping ha commentato in diverse occasioni che l’approccio “Un Paese, due sistemi” potrebbe essere applicato alla risoluzione pacifica delle controversie internazionali. Ha detto che quando “abbiamo proposto il concetto di ‘Un Paese, due sistemi’, abbiamo preso in considerazione anche le soluzioni necessarie per la risoluzione delle controversie internazionali. Ci sono molti problemi ereditari nel mondo che sono difficili da risolvere. Credo che il nostro approccio fornirà una soluzione praticabile per alcune di queste controversie internazionali. L’essenza è trovare un modo per risolvere un problema che sia accettabile per tutte le parti”. Per questo motivo, il concetto “Un paese, due sistemi” ha attirato l’attenzione e il plauso dei media ed è stato pubblicizzato come un’ottima opzione per risolvere alcuni dei difficili problemi del mondo di oggi. Con il passare del tempo, il valore e il significato dell’approccio “Un Paese, due sistemi” alla pace e alla stabilità mondiale diventeranno sempre più evidenti.24.
NOTE AL TESTO
1Xi Jinping, Tenere alta la grande bandiera del socialismo con caratteristiche cinesi e unirsi per costruire un Paese socialista moderno sotto tutti gli aspetti, Relazione al 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese – Centro Studi Eurasia e Mediterraneo (cese-m.eu).
2 Il libro bianco in questione informa che i primi riferimenti relativi all’appartenenza dell’isola di Taiwan alla Cina si trovano già nel Gazzettino Geografico di Bordo compilato nell’anno 230 da Shen Ying dello Stato di Wu durante il periodo dei Tre Regni.
3 https://www.cese-m.eu/cesem/2022/08/una-sola-cina-la-risoluzione-2758-delle-nazioni-unite-da-ragione-a-pechino
4 Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato e Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, La questione di Taiwan e la riunificazione della Cina nella nuova era, agosto 2022.
5 Yihu Li, The “one country, two systems” solution to Taiwan: two comparative analyses in China International Strategy Review, n. 2, 2020, p. 283.
6 Deng Xiaoping: un’idea per la riunificazione pacifica della Cina continentale e di Taiwan, (marxists.org).
7 Deng Xiaoping’s Six Conceptions for the Peaceful Reunification, 1983, (china-embassy.gov.cn).
8 Proposta in nove punti – Wikisource.
9 Bejing Review, vol. 26, n. 24, 13 giugno 1983, pp. 6 – 7.
10 Messaggio ai connazionali di Taiwan (china.org.cn) oppure Message to the Compatriots in Taiwan – Wikisource, the free online library.
11 Jan 30,1995: President Jiang Zemin puts forward eight propositions on development of relations between two sides of Taiwan Straits – China – Chinadaily.com.cn.
12 Il presidente Hu Jintao offre 6 proposte per lo sviluppo pacifico di relazioni trasversali, (china-consulate.gov.cn).
13 Come scrive Veronica Vuotto nel suo articolo pubblicato dal Centro Studi Eurasia e Mediterraneo, “questo discorso rappresentò simbolicamente il primo tentativo dell’amministrazione cinese di iniziare un dialogo con il partito pro-indipendenza di Taiwan, il PPD, guidato da Tsai Ing-wen, a condizione però che venisse accettato il principio di “una sola Cina”. Tsai Ing-wen sin da subito ritenne del tutto anti-democratico accettare di dialogare con la Cina in cambio della rinuncia ai propri principi. Taiwan e il principio di “Una sola Cina” da Mao e Xi Jinping – Centro Studi Eurasia e Mediterraneo (cese-m.eu).
14 Veronica Vuotto in Taiwan e il principio di “Una sola Cina” da Mao e Xi Jinping – Centro Studi Eurasia e Mediterraneo (cese-m.eu).
15 Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato e Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, La questione di Taiwan e la riunificazione della Cina nella nuova era, agosto 2022.
16 Xi says “China must be, will be reunified” as key anniversary marked, (www.gov.cn).
17 Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato e Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, La questione di Taiwan e la riunificazione della Cina nella nuova era, agosto 2022.
18 Leng Tiexun, On the fundamental characteristics of “One Country, Two Systems” Policy in Academic Journal of “One Country, Two Systems”, vol. I, pp. 49 – 50.
19 Ibidem, p. 52.
20 Yihu Li, The “one country, two systems” solution to Taiwan: two comparative analyses in “China International Strategy Review,” n. 2, 2020.
Da notare che la riunificazione dei due lati dello Stretto rappresenta la fine di una rivalità politica e non riconquistare un territorio o sovranità.
21 Lok Wai Kin, On the foundation and logic of “One Country, Two Systems” Theory in Academic Journal of “One Country, Two Systems”, vol. III, p. 58.
22Ibidem, p. 60.
23 Zhou Yezhong, On the positioning of “One Country, Two Systems” Theory in Academic Journal of “One Country, Two Systems”, vol. III, p. 19.
24 Leng Tiexun, On the fundamental characteristics of “One Country, Two Systems” Policy in Academic Journal of “One Country, Two Systems”, vol. I, pp. 53 – 54.
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