di Giulio Chinappi
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Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha avuto parole durissime nei confronti dell’Occidente, che sta adottando un modo di fare ricattatorio nei confronti del suo Paese, sfruttando la situazione del Kosovo e minacciando il conflitto armato.
Il continente europeo è molto vicino all’apertura di un nuovo fronte bellico al proprio interno, questa volta a causa delle crescenti tensioni tra la Serbia e il governo dell’autoproclamato Kosovo. Come nella crisi ucraina, l’Occidente atlantista a guida statunitense sta giocando un ruolo di primo piano nell’acuire le tensioni tra le parti, dimostrando ancora una volta la propria natura bellicista.
A denunciare la situazione è stato direttamente il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, che può godere di un ampio sostegno popolare, al contrario della maggioranza dei leader politici occidentali. Il capo di Stato ha respinto ogni forma di interferenza da parte di potenze straniere, denunciando il ricatto che l’Occidente sta mettendo in essere contro la Serbia: “Come se ne avessero il diritto, vengono dall’Occidente e ci minacciano, chiedendo che vengano rimosse le barricate“. “È importante sapere che tutto ciò che volete è il conflitto, volete che i serbi vengano uccisi perché per voi è più importante riconoscere la cosiddetta sovranità del cosiddetto Kosovo di quanti serbi vengono uccisi. Lo metto in termini semplici in modo che tutti possano vedere la verità“, ha aggiunto Vučić.
Nel suo discorso, Vučić ha ricordato molte delle violazioni commesse dal governo kosovaro nei confronti della popolazione serba presente sul territorio dell’autoproclamata repubblica. Secondo il presidente, Priština ha promesso alla popolazione serba di istituire una Comunità dei comuni serbi, ma hanno poi negato loro il diritto di voto ai referendum e alle elezioni. Il presidente ha chiesto che venga rispettata la firma dell’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen ai sensi degli accordi di Bruxelles. In base a questi accordi, il Kosovo non potrebbe dotarsi di un esercito, ma in realtà le potenze occidentali stanno palesemente violando gli accordi, promuovendo la costruzione di un esercito kosovaro.
Nella giornata di ieri, il ministro della Difesa serbo, Miloš Vučević, ha annunciato che le forze armate serbe sono state messe in allerta per il combattimento su ordine del comandante in capo e presidente Aleksandar Vučić. Il ministro ha aggiunto che l’esercito è pronto a proteggere l’integrità territoriale e la sovranità della Serbia e dei suoi cittadini. La decisione del presidente Vučić rappresenta unicamente una risposta alle azioni del governo kosovaro, visto che già il 26 dicembre il quotidiano serbo Večernje Novosti aveva rivelato che le autorità del Kosovo avevano messo le proprie truppe in piena allerta al combattimento preparandosi per un’operazione di smantellamento delle barricate nel nord del Kosovo, con il serio rischio di provocare una vera e propria guerra.
Il primo ministro Ana Brnabić ha puntato il dito contro il suo omologo kosovaro, Albin Kurti, affermando che costui vorrebbe effettuare una pulizia etnica di tutti i serbi presenti in Kosovo. Il capo del governo di Belgrado ha fatto notare come Priština abbia violato tutti gli accordi presi in precedenza, in particolare penetrando con le proprie forze armate nelle regioni settentrionali del Kosovo, dove la popolazione è prevalentemente serba. Lo scorso 8 dicembre, infatti, circa 350 poliziotti del Kosovo in auto blindate hanno fatto irruzione nel Kosovo settentrionale e hanno bloccato la parte settentrionale del distretto di Kosovska Mitrovica. Il 10 dicembre, la polizia del Kosovo ha arrestato Dejan Pantić, un ex poliziotto serbo, con accuse pretestuose. In risposta, la popolazione serba ha eretto barricate lungo l’autostrada in diverse località ed è scesa in piazza per protestare.
Aleksandr Bocan-Charčenko, ambasciatore russo a Belgrado, è tornato a sua volta a fare il punto sulla delicata situazione dei Balcani. “L’incapacità dell’UE di tenere qualsiasi negoziato produttivo che produca qualche tipo di risultato è un completo fallimento dei colloqui di Bruxelles“, ha osservato il diplomatico russo. In effetti, aggiungiamo noi, le capacità diplomatiche dell’Unione Europea si sono già dimostrate nulle in occasione della crisi ucraina, visto che i leader politici del nostro continente sono troppo occupati a prendere ordini da Washington piuttosto che ad evitare lo scoppio di una guerra generalizzata su tutta l’Europa.
Secondo il diplomatico russo, la Serbia e la repubblica non riconosciuta del Kosovo sono in uno stato di aperto confronto: “Priština sta aumentando la sua presenza armata e, naturalmente, il compito che è stato assegnato a Priština e che è consentito dall’Occidente, vale a dire mettere sotto controllo le aree popolate dai serbi del Kosovo, viene svolto“, ha affermato in un’intervista al canale televisivo serbo Zvezda. L’ambasciatore ha sottolineato come la situazione sia molto grave, con il serio rischio di un conflito armato diretto trale due parti.
La situazione rischia di aggravarsi ulteriormente soprattutto in quanto le principali potenze occidentali hanno confermato il proprio sostegno nei confronti di Albin Kurti. Il 25 dicembre, gli ambasciatori di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno chiesto al presidente serbo di rimuovere le barricate erette nel nord del Kosovo entro 24 ore. I diplomatici hanno inviato una lettera con questo ultimatum al leader serbo, minacciando che altrimenti non avrebbero ostacolato i tentativi del primo ministro kosovaro Albin Kurti di risolvere la situazione da solo.
Kurti, dal canto suo, ha rincarato la dose sottolineando che lo smantellamento delle barricate nel nord del Kosovo “non esclude la possibilità di vittime“, a dimostrazione di come l’intenzione deliberata di Kurti e dei suoi mandanti sia quella di aprire un nuovo fronte bellico nel continente.
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