IL SOCIALISMO CON CARATTERISTICHE CINESI PER UNA NUOVA ERA

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di Marco Costa

Al fine di delineare un quadro generale delle dinamiche politico-istituzionali attualmente in vigore nella RPC, nei due articoli precedenti ci siamo cimentati prima nel descrivere l’assetto organizzativo del PCC ed in seguito nel fornire un quadro generale dell’assetto istituzionale della Cina. Compito altrettanto essenziale ai nostri fini, è quello del delineare almeno sommariamente lo scenario ideologico in cui il PCC si muove, ovvero descrivere nei suoi fondamenti generali quello che è il pensiero guida adottato dalla leadership del Presidente Xi Jinping, cioè quell’insieme di nozioni ideologiche definite come “Socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”.

Senza dubbio l’anno 2018 ha sancito una svolta – sia pure nella continuità – nella storia contemporanea cinese, analogamente al 1949, che ha determinato la nascita della “nuova Cina” con la proclamazione della RPC e l’avvio della politica rivoluzionaria maoista, e al 1978, anno del lancio della “politica di riforma e apertura” e del processo di modernizzazione, attuato da Deng Xiaoping, che ha avviato il successo dell’economia cinese nei decenni successivi. Nel 2018 si assiste, infatti, all’avvio ufficiale della cosiddetta “nuova era” di Xi Jinping, che la prima sessione della XIII Assemblea nazionale del popolo cinese (ANP), riunita a Pechino a partire dal 5 marzo, ha decretato, riprendendo peraltro la precedente risoluzione del Partito adottata alla sesta sessione plenaria del XIX CC del PCC nel novembre del 2011. Tra le modifiche approvate ve ne erano alcune di particolare rilevanza. Tra queste, l’inserimento del “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” (Xi Jinping xin shidai Zhongguo tese shehuizhuyi sixiang), già entrato nello Statuto del partito in occasione del XIX Congresso riunito nell’ottobre del 2017, a fianco al pensiero di Mao Zedong, alla teoria di Deng Xiaoping, all’importante “pensiero delle tre rappresentanze” e alla “visione di sviluppo scientifico” (eredità ideologica rispettivamente di Jiang Zemin e Hu Jintao, rappresentanti della terza e quarta generazione di dirigenti cinesi). Straordinariamente rilevante è stata la proposta di eliminare il limite dei due mandati per le cariche del Presidente e del vicepresidente, previsto all’articolo 79, comma 3 della Costituzione. Entrambi gli emendamenti, ratificati l’11 marzo, hanno rafforzato la leadership del Presidente cinese, facendone l’unico leader, oltre a Mao Zedong, a vedere inserito il proprio nominativo nello Statuto del Partito mentre è ancora in vita e pienamente in carica (da qui il paragone con il Grande Timoniere, il cui pensiero era stato iscritto come ideologia guida del partito già nel 1945, in occasione della riunione del VII Congresso).

Qual è, in definitiva, l’ideologia guida del PCC ai giorni nostri? Forse la domanda dovrebbe essere posta in termini più articolati, per catturare la complessità dinamica del partito egemone cinese. Infatti, più che di ideologia monolitica, è a nostro avviso più corretto parlare di sintesi tra ideologie che si sono succedute in continuità nelle varie epoche a partire dal 1949, offrendo un vero e proprio continuum politico e ideologico fino ai giorni nostri, in cui ciascun leader si è posto come sviluppatore o adattatore dei fondamenti socialisti alla rispettiva epoca e alle rispettive sfide interne ed internazionali.

Questa sintesi ideologica è frutto di un percorso in cui nell’ultimo settantennio si sono sedimentate nella cultura e nella visione del PCC il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Zedong, la Teoria di Deng Xiaoping, la Teoria delle Tre Rappresentanze e la Prospettiva scientifica dello sviluppo, fino ad arrivare al pensiero di Xi Jinping riguardante il Socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era.

Risulta utile a questo punto, prima di soffermarci sull’ultima evoluzione ideologica proposta da Xi Jinping, almeno per sommi capi riassumere le fasi precedenti dell’ideologia del PCC, se non altro a partire dall’avvio del processo riformatore introdotto sotto la guida di Deng Xiaoping, avviate dalla seconda metà degli anni ’70. Oltretutto la fase maoista, sia per complessità che per importanza, meriterebbe senz’altro un capitolo a parte. Peraltro va ricordato – al di là di molte semplificazioni storiche che sono state spesso proposte – che lo stesso Deng si pone certamente su un piano di riforma rispetto a Mao, ma preserva anche forti elementi di continuità con il suo predecessore. Infatti, per il “Piccolo Timoniere” il pensiero maoista doveva essere preservato quale cardine della cultura politica cinese, poiché gli errori commessi sarebbero stati correggibili alla luce del suo stesso pensiero. Fra questi errori, vi era quello di avere «danneggiato gravemente la legalità socialista» durante il periodo controverso della Rivoluzione Culturale, ma anche il merito di essersi posto nella storia del marxismo-leninismo avendone ideato e organizzato la sua variante cinese: «È giusto non dire che il pensiero di Mao Zedong è uno sviluppo del marxismo-leninismo in tutti i suoi aspetti e che rappresenta una nuova fase del marxismo. Ma dobbiamo riconoscere che il pensiero di Mao Zedong è l’applicazione e lo sviluppo del marxismo leninismo in Cina».1 E da questi presupposti nascono le due teorie propriamente denghiane: le quattro modernizzazioni e i quattro principi cardine, entrambe improntate ad introdurre un processo di riforme e di modernizzazioni economico-sociali senza favorire in alcun modo i falsi e fuorvianti principi del liberalismo occidentale, anzi ribadendo il saldo ruolo del PCC nella vita politica cinese. Infatti, i quattro principi cardine vennero formulati da Deng nel modo seguente: 1. Mantenere la via del socialismo 2. Sostenere la dittatura del proletariato 3. Sostenere la direzione del Partito Comunista 4. Sostenere il marxismo-leninismo e il pensiero di Mao Zedong. In buona sostanza qui si afferma una assoluta continuità con l’eredità rivoluzionaria precedente. Ma, tale continuità sarebbe stata rinvigorita e adattata alla nuova fase con le modernizzazioni economiche: 1. L’agricoltura 2. L’industria 3. La scienza e la tecnologia 4. La difesa nazionale. È proprio da rintracciare in quella svolta la transizione verso un modello definito di socialismo di mercato, per spiegare oggi gli eccezionali risultati economici raggiunti dalla Cina negli ultimi anni. Proprio per superare la precedente fase ed avviarsi verso l’apertura internazionale e l’efficientamento produttivo, nel gennaio del 1980 Deng ha espresso con una formula la sintesi del nuovo corso, affermando che bisogna essere al contempo rosso ed esperto, intendendo con questa metafora che pensare che sia sufficiente l’intransigenza ideologica senza adeguate competenze tecniche e scientifiche è un atteggiamento irrazionale e soggettivistico, così come avere solo queste ultime senza una adeguata base ideologica porterebbe all’errore opposto, ovvero quello del liberalismo borghese.

Nella fase successiva a cavallo tra i due secoli – in epoca Jang Zemin – il socialismo con caratteristiche cinesi avrebbe vissuto un’ulteriore evoluzione, che si è incarnata nella cosiddetta Teoria delle tre rappresentanze. Questa, venne elaborata dal Segretario Generale del PCC Jiang Zemin; secondo tale dottrina, il prestigio e la legittimità del PCC derivavano dal fatto che esso era l’unico soggetto in grado di rappresentare le esigenze delle forze produttive più avanzate del Paese, di dare voce a più avanzati orientamenti culturali e di garantire gli interessi dei più ampi strati della popolazione.

Jiang Zemin espose per la prima volta la sua formulazione teorica il 25 febbraio 2000 durante una visita a Maoming, nella provincia del Guangdong. In tale occasione, cercò di fare una sintesi globale dell’esperienza storica del Partito e di elaborare un metodo per adattare le politiche alle nuove situazioni e ai nuovi obiettivi: «Una revisione della storia plurisettantennale del nostro Partito porta ad un’importante conclusione: il nostro Partito ha ottenuto l’appoggio del popolo durante gli storici periodi della rivoluzione, costruzione e riforma perché ha sempre rappresentato i requisiti per lo sviluppo delle forze produttive avanzate della Cina, l’orientamento della cultura avanzata della Cina e gli interessi fondamentali della maggioranza del popolo cinese. Il Partito ha ottenuto il sostegno popolare anche perché ha combattuto senza sosta per realizzare gli interessi fondamentali del Paese e del popolo formulando una linea, principi e politiche corretti. Oggi, l’umanità è ancora una volta all’inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio. Il modo in cui il nostro Partito può applicare le Tre rappresentanze nelle nuove condizioni storiche, è un problema importante che tutti i compagni del Partito, in particolare nei quadri più alti, devono considerare profondamente».2

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Durante altre ispezioni nelle province di Jiangsu, Zhejiang e Shanghai nel maggio successivo, Jiang enfatizzò ulteriormente il ruolo della sua teoria come parte delle fondamenta del PCC; ancora nell’ottobre del 2000, in occasione della V Sessione plenaria del XV Comitato centrale del Partito, Jiang Zemin affermò che la realizzazione delle “Tre rappresentanze” doveva essere il principale obiettivo da raggiungere e tutte le scelte avrebbero dovuto essere orientate a conseguire tale scopo. La teoria di Jiang rappresentava secondo il PCC la continuazione delle ideologie ufficiali nel contesto cinese del XXI secolo e fu definita come “il marxismo per la Cina contemporanea”. Il XVI Congresso promosse tale dottrina nella Costituzione del Partito Comunista Cinese, avendo come scopo fondamentale la valorizzazione e la promozione a elementi cardine dei tre seguenti fattori: 1. Le direzioni e le richieste di sviluppo delle forze produttive avanzate 2. Gli orientamenti di una cultura avanzata 3. Gli interessi fondamentali della maggior parte del popolo cinese. In questa ottica, il PCC avrebbe quindi dovuto basare il suo lavoro sullo sviluppo della produttività, elevandolo continuamente, al fine di liberare le forze produttive, facilitarne lo sviluppo, rendere più performante l’economia nazionale e migliorare il tenore di vita della popolazione, in particolar modo della classe lavoratrice. Il PCC sarebbe stato dunque chiamato a promuovere la propria cultura socialista nazionale e la scienza per rendere più moderno il Paese, continuando ad aderire ai principi del marxismo ma assimilando contemporaneamente le conquiste culturali e tecnologiche degli altri Paesi sviluppati. Infine, tutto il lavoro dei quadri dirigenti sarebbe stato rivolto allo scopo di servire incondizionatamente il popolo, agendo secondo gli interessi concreti del popolo cinese e garantendone il benessere economico, la pace e il progresso. Se tra Mao e Deng elementi di continuità e di riforma si equivalevano, le medesime circostanze sarebbero valse tra Deng e Jiang. Infatti, tra le risoluzioni che vennero approvate nel corso del XVI Congresso del PCC, una delle più significative è stata senza dubbio la modifica dello Statuto del Partito, attuata attraverso una serie di emendamenti ratificati dai delegati il 14 novembre 2002. Tali emendamenti sono di fatto il risultato di un lungo processo di riflessione del Partito sull’esperienza storica di più di venti anni di riforme e sul proprio ruolo nella società, alla luce delle profonde trasformazioni del Paese. Nel nuovo programma generale dello statuto si legge: «Il Partito comunista cinese è l’avanguardia sia della classe operaia che del popolo cinese e delle sue diverse nazionalità. Esso è il centro direttivo per la realizzazione del socialismo con caratteristiche cinesi e rappresenta le esigenze di sviluppo delle forze produttive più avanzate, gli orientamenti della cultura più avanzata e gli interessi fondamentali della larga maggioranza della popolazione».

Quest’ultima espressione, ovvero il riferimento alle “forze produttive più avanzate” e alla “cultura più avanzata”, costituisce un richiamo diretto ai nuovi strati emergenti e ai più dinamici settori dell’economia che si rendono maggiormente protagonisti del processo di modernizzazione in atto nella Cina di fine millennio; ciò rispecchia fedelmente la formulazione del cosiddetto pensiero delle Tre rappresentanze enunciato dal Segretario Generale dell’epoca – Jiang Zemin – e alla cui elaborazione e sistematizzazione hanno partecipato gli ideologi della scuola centrale del Partito vicini a Zeng Qinghong e Huang Ju, entrambi eletti tra i nove membri del Comitato Permanente dell’Ufficio Politico. È evidente come già due decadi orsono gli elementi di innovazione e di conservazione fossero ampiamente sovrapponibili nella visione politica del PCC: «Il Partito Comunista Cinese considera come ideologia guida il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Zedong, la teoria di Deng Xiaoping e l’importante pensiero delle Tre rappresentanze». In tal modo è stata riconosciuta ufficialmente l’importanza di questa elaborazione teorica, che è da considerarsi parte integrante del cosiddetto pensiero di Jiang Zemin: l’ex Segretario Generale è stato così elevato allo stesso status dei suoi predecessori, Deng Xiaoping e Mao Zedong, mentre il pensiero delle “Tre rappresentanze” è ormai considerato ufficialmente come il contributo al marxismo di Jiang, secondo il quale è necessario «liberare il pensiero dai ceppi di nozioni e modelli antiquati e superati, dalle interpretazioni errate e dogmatiche del marxismo, dalle catene del soggettivismo e della metafisica. Nell’attenersi ai principi basilari del marxismo bisogna aggiungere a essi nuovi contributi teorici. Nello sviluppare la tradizione rivoluzionaria, bisogna acquisire nuove esperienze». Quello delle Tre rappresentanze è presentato come «continuazione e sviluppo del marxismo-leninismo, del pensiero di Mao Zedong e della teoria di Deng Xiaoping».3 Di quest’ultimo Jiang raccoglierebbe ufficialmente l’eredità ideologica, riallacciandosi direttamente al suo insegnamento: il pensiero delle “Tre rappresentanze” svilupperebbe ulteriormente e approfondirebbe dal punto di vista dottrinale proprio la teoria attribuita a Deng, quella della “costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi”. Jiang sembrerebbe quindi essere stato così elevato a un rango non solo equivalente, ma forse persino superiore a quello del suo predecessore: pur non potendo forse essere definito ufficialmente come vera e propria teoria innovativa in ambito marxista, il suo contributo, in quanto ulteriore e più compiuta elaborazione teorica, potrebbe essere ritenuto addirittura maggiore da un punto di vista pragmatico a quello di Deng nell’interpretazione del “Socialismo con caratteristiche cinesi”.

Anche con la quarta generazione di leader, corrispondente al mandato del Presidente Hu Jintao (2001-2021), si è assistito ad un’ulteriore evoluzione del socialismo con caratteristiche cinesi. La sua formulazione teorica è conosciuta come Prospettiva scientifica dello sviluppo e si è posta come obiettivo primario quello di creare una “società armoniosa” per la Cina moderna. Semplificando estremamente, potremmo dire che se con la leadership di Deng prima e di Jiang dopo l’accento dello sviluppo cinese è stato posto sugli aspetti economici e quantitativi, a partire dalla fase di Hu la politica, la qualità dello sviluppo e gli aspetti di giustizia sociale sono tornati al centro della visione politica complessiva del PCC.

Infatti, se le precedenti politiche vennero focalizzate sulla crescita economica e sul mercato4, si assistette ad un parziale allontanamento concettuale dal marxismo-leninismo ortodosso, che si tradusse in una impetuosa ma talvolta incontrollata e contraddittoria crescita economica del Paese, che produsse anche disuguaglianze sociali ed una scarsa attenzione alle tematiche ambientali. Date queste premesse, si palesava la necessità di una nuova campagna ideologica per spostare il centro dell’agenda politica dalla crescita economica alla cosiddetta “armonia sociale”.5 Insomma una crescita che non fosse esclusivamente quantitativa ma manche qualitativa.

Nel dettaglio, Hu Jintao durante i lavori del 18° Congresso del PCC definì la sua teoria nel seguente modo: «La prospettiva scientifica sullo sviluppo incorpora il socialismo scientifico, lo sviluppo sostenibile, il benessere sociale, una società umanistica, una maggiore democrazia e, in definitiva, la creazione di una società socialista armoniosa. Tale concetto integra il marxismo con la realtà della Cina contemporanea e con le caratteristiche sottostanti dei nostri tempi, e incarna pienamente la visione del mondo marxista e la metodologia per lo sviluppo».6 In particolare, il richiamo ad una società umanistica ed armoniosa si sarebbero tradotti in quattro punti specifici:

  • Sulla base dello sviluppo economico, migliorare continuamente gli standard di vita materiali e culturali del popolo e gli standard sanitari.
  • Rispettare e proteggere i diritti umani, inclusi i dritti politici, economici e culturali dei cittadini.
  • Migliorare continuamente la qualità morale e ideologica del popolo, la qualità scientifica e culturale e la qualità sanitaria.
  • Creare un ambiente sociale dove il popolo può svilupparsi equamente e poter esprimere la propria intelligenza.

Per quanto riguarda gli aspetti della crescita economica, secondo Hu «Lo sviluppo costituisce la massima priorità del partito nel governo e nel ringiovanimento del Paese, perché è di importanza decisiva per la realizzazione di una società benestante a tutto tondo e accelerare la modernizzazione socialista […] È necessario inoltre implementare meglio la strategia di ringiovanimento del Paese attraverso la scienza e l’istruzione, lo stimolo delle personalità talentuose e la strategia di uno sviluppo sostenibile, rapido, efficiente e di qualità avviato dal socialismo con caratteristiche cinesi. Il Partito deve inoltre insistere sul coordinamento dello sviluppo urbano e rurale assieme a quello armonioso tra uomo e ambiente […] Applicando la teoria della prospettiva scientifica dello sviluppo, il PCC deve impegnarsi a realizzare una società socialista armoniosa basata sulla democrazia, sul diritto, sull’equità e la giustizia, sull’integrità e l’amicizia, sul vigore e la vitalità, sulla stabilità e l’ordine e sull’armoniosa coesistenza tra uomo e natura. Di conseguenza, lo Stato deve cercare di aumentare la ricchezza materiale sociale e migliorare continuamente la vita delle persone attraverso lo sviluppo garantire l’equità e la giustizia sociale e promuovere sempre l’armonia sociale».

Oltre ai temi già richiamati della giustizia sociale e dell’equità dello sviluppo, viene posto un particolare accento sulla tematica ecologica: «Il concetto scientifico dello sviluppo enfatizza maggiormente il ruolo dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile: la futura civiltà cinese deve risparmiare le risorse naturali e rispettare l’ambiente». Ma oltre a queste innovazioni, la teoria di Hu Jintao si è posta ancora una volta largamente in continuità con quelle promosse dai suoi predecessori. Infatti, a proposito del lungo cammino delle riforme, il Presidente Hu adottò la formula “Un centro, due punti fondamentali”, secondo cui il Partito avrebbe costantemente dovuto tenere a mente questi due punti: «Il centro è la costruzione economica, ovvero la chiave per il ringiovanimento del Paese e il requisito fondamentale per la prosperità e la stabilità a lungo termine del nostro Partito e del nostro Paese; i due punti fondamentali sono la riforma e l’apertura, ovvero la via per un Paese forte e la fonte di vitalità per lo sviluppo e il progresso del Partito e della Cina».7

Non è un caso che Hu Jintao espose per la prima volta la teoria della “Prospettiva scientifica dello sviluppo” nel settembre 2003 in occasione di una visita nello Jiangxi, all’epoca una delle province cinesi meno sviluppate e prevalentemente agricole. Hu visitò inoltre i siti storici relativi ai primi anni di attività del Partito Comunista Cinese, ed elogiò lo spirito di Mao Zedong e dei rivoluzionari cinesi. In tale occasione, ammise la necessità di cercare un nuovo modello di sviluppo maggiormente sostenibile per l’economia socialista di mercato, con lo scopo di mitigare prima e rimuovere poi definitivamente il divario sociale ed economico tra le province, per avanzare con coerenza nella realizzazione del socialismo con caratteristiche cinesi.

Ancora una volta, con la quinta generazione di leader e la Presidenza di Xi Jinping, gli elementi di continuità ed innovazione rispetto al passato paiono essere confermati, anche e soprattutto nelle formulazioni ideologiche cardine del PCC ai giorni nostri.

L’ultima teoria adottata del PCC, che affianca, affina e rinnova le precedenti, venne adottata ufficialmente il 24 ottobre del 2017, nel corso dei lavori del 19° Congresso Nazionale del Partito, in cui venne approvata una risoluzione in forma di emendamento alla Costituzione del Partito Comunista Cinese, in cui si iscriveva il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” nella Costituzione stessa del Partito. Da allora, il pensiero di Xi Jinping è diventata la quinta ideologia guida costituente, ma la terza a prendere direttamente il nome da un leader dopo il pensiero di Mao Zedong e la teoria di Deng Xiaoping (infatti la teoria di Jiang appare ufficialmente come teoria delle “Tre rappresentanze” e quella di Hu come teoria della “Prospettiva dello sviluppo scientifico”).

Questa teoria, sistematizzata ormai da un quinquennio, è in realtà un corpo teorico abbastanza complesso che si articola nel tentativo di dipanare le principali sfide politiche, economiche e sociali della Cina contemporanea e ridefinisce i compiti del suo Partito guida, il PCC; in definitiva una nuova strategia per governare la nazione di fronte alle sfide del XXI secolo.

Tuttavia, già prima del 19° Congresso, Xi aveva anticipato alcune delle sue formulazioni; una molto importante – già nel 2013 – riguardava un’analisi storica degli errori attuati dal PCUS, che ne portarono allo scioglimento: «Perché l’Unione Sovietica si è disintegrata? Perché il Partito Comunista dell’Unione Sovietica è caduto dal potere? Un motivo importante era che la lotta nel campo dell’ideologia era estremamente intensa, negando completamente la storia dell’Unione Sovietica, negando la storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, negando Lenin, negando Stalin, creando nichilismo storico e pensiero confuso. Gli organi del Partito a tutti i livelli avevano perso le loro funzioni, l’esercito non era più sotto la guida del Partito. Alla fine, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, un grande Partito, si è disperso, l’Unione Sovietica, un grande Paese socialista, si è disintegrata. Questo è un avvertimento!».8 Emerge in questo passaggio un chiaro richiamo al recupero della tradizione socialista, la condanna del revisionismo e il consolidamento del ruolo guida del Partito rispetto alle nuove sfide che pone la storia. Visione complessiva che è stata richiamata da Xi in innumerevoli altri passaggi, in cui viene ribadita e difesa ulteriormente l’adesione ad una concezione marxista della storia: «L’analisi di Marx ed Engels delle contraddizioni di base nella società capitalista non è superata, né lo è la visione storica materialista secondo cui il capitalismo è destinato a estinguersi e il socialismo è destinato a vincere» e ancora: «Il motivo fondamentale per cui alcuni dei nostri compagni hanno ideali deboli e convinzioni vacillanti è che le loro opinioni mancano di solide basi nel materialismo storico».9 I richiami alla tradizione marxista nei discorsi di Xi Jinping sono davvero innumerevoli e densi di significato, soprattutto nell’ottica di una attualizzazione della teoria socialista; in un recente messaggio, inviato per l’appunto al Forum dei partiti politici marxisti mondiali riunitisi a Pechino, così si è espresso: «Il marxismo è una teoria aperta e in via di sviluppo. Solo quando è adattato alla condizione specifica di ogni Paese può radicarsi in un Paese, e solo quando è al passo con i tempi può essere pieno di vitalità. Ha affermato che il marxismo nel 21° secolo ha aperto nuovi orizzonti e ha mostrato sempre più nuova vitalità, grazie all’ardua esplorazione e agli sforzi concertati dei partiti politici marxisti di tutti i Paesi. Il PCC ha integrato i principi di base del marxismo con le condizioni specifiche della Cina e la raffinata cultura tradizionale cinese, adattando il marxismo al contesto e ai tempi cinesi e avanzando incrollabilmente sulla strada del socialismo con caratteristiche cinesi. Cambiamenti profondi mai visti in un secolo si stanno evolvendo rapidamente in tutto il mondo e l’umanità si trova di nuovo a un bivio nella storia. È responsabilità comune dei partiti politici marxisti rendere il marxismo più pertinente alle condizioni nazionali e ai tempi per illuminare la strada da percorrere per l’umanità con la luce della verità. Il PCC è pronto a rafforzare gli scambi e il dialogo con i partiti politici marxisti in altri Paesi, tenere presente le proprie condizioni nazionali e l’andamento dei tempi e continuare ad arricchire e sviluppare il marxismo, in modo che il marxismo dimostri un maggiore potere di verità nel processo di costruzione congiunta di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità».10 E infine, sempre a proposito del doveroso mantenimento delle radici marxiste per una teoria adatta a spiegare la contemporaneità cinese e mondiale: «Non dovremmo abbandonare il marxismo-leninismo e il pensiero di Mao Zedong, perché abbandonandolo rimarremo privati delle nostre fondamenta. La linfa vitale di una teoria sta nell’innovazione, è perciò un dovere sacro del Partito Comunista Cinese quello di sviluppare il marxismo. Dovremmo rivedere la vivace esperienza acquisita dal popolo sotto la guida del Partito, adattare il marxismo alle condizioni cinesi in modo costante e fare sì che il marxismo contemporaneo splenda ancor di più in Cina».11

Emerge da queste citazioni un primo elemento nella visione di Xi Jinping, ovvero quello di un netto recupero e una piena adesione alla filosofia politica marxista, filosofia che risulta di per sé universale ed universalistica ma che nella fattispecie viene rielaborata nel contesto storico attuale della Cina contemporanea.

Gli altri concetti della teoria di Xi Jinping possono essere individuati in una serie di volumi, “The Governance of China”, pubblicati dalla Foreign Languages Press per il pubblico internazionale. Il primo volume è stato pubblicato nel settembre 2014, seguito dal volume secondo del novembre 2017, seguito poi dal volume terzo del giugno 2020.12 In sostanza, il corpo teorico definitivo del “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, si articola in 13 punti fondamentali:

  1. Garanzia della leadership totale del Partito Comunista Cinese su tutte le forme di lavoro: il PCC deve mantenere la propria integrità politica interna e tutti i membri devono seguire fedelmente il Comitato centrale nel suo pensiero, orientamento politico e modo di agire.
  2. Adozione da parte del Partito Comunista Cinese di un approccio incentrato sul popolo: il popolo rappresenta il cardine della società e della storia cinese e determina il futuro del PCC. Il Partito dovrà quindi garantire lo status principale dei cittadini e agire per il bene comune e negli interessi del popolo, mettendo in pratica la linea di massa in tutti gli aspetti del governo.
  3. Continuazione dell’approfondimento globale delle riforme: secondo Xi Jinping, soltanto con la riforma e l’apertura si può garantire lo sviluppo della Cina, del socialismo e del marxismo. Di conseguenza, il PCC deve continuare il processo di miglioramento del sistema di governo e del socialismo con caratteristiche cinesi, eliminando idee datate e ogni tipo di ostacolo, favorendo la creazione di istituzioni efficienti e rendere giustizia agli sforzi del sistema socialista cinese.
  4. Adozione di una visione per lo sviluppo: il PCC deve promuovere e perseguire nuove idee scientifiche per lo sviluppo innovativo, coordinato, verde, aperto e condiviso del Paese. Il governo deve migliorare il sistema economico dello Stato e il sistema di distribuzione socialista, sostenendo e consolidando il settore pubblico ma al tempo stesso garantire la possibilità di guidare, incoraggiare e sostenere il settore privato. Lo Stato deve comunque avere un ruolo centrale e decisivo nell’allocazione delle risorse e nel mercato.
  5. Considerazione del popolo come padrone del Paese: il PCC conferma il socialismo con caratteristiche cinesi con i cittadini come padroni del Paese. DI conseguenza, il Partito deve migliorare il sistema dei congressi popolari, delle consultazioni politiche e cooperazione all’interno del Fronte Unito, delle autonomie etniche e dell’autogoverno a livello di comunità, nonché consolidare e sviluppare il fronte unito patriottico.
  6. Garanzia dell’aderenza al diritto in ogni dimensione del governo: la Cina deve basarsi sul concetto dello Stato di diritto, e il Partito, in quanto leader assoluto del Paese, deve migliorare il diritto socialista cinese basandosi sulla costituzione nazionale.
  7. Difesa dei valori centrali socialisti: il PCC deve difendere e promuovere le ideologie fondamentali sulle quali si basa il governo della Cina, tra cui il marxismo e il socialismo con caratteristiche cinesi, ed incoraggiare lo studio e la conservazione delle tradizioni e dei valori nazionali cinesi.
  8. Garanzia e miglioramento degli standard di vita attraverso lo sviluppo: il partito deve porre il sostentamento e il benessere delle persone come obiettivo primario dello sviluppo della Cina.
  9. Garanzia dell’armonia tra l’uomo e la natura: il governo deve promuovere la convivenza pacifica con la natura tramite le politiche di “risparmio energetico e protezione ambientale” e il “contributo alla sicurezza ecologica globale”.
  10. Perseguimento di un approccio olistico alla sicurezza nazionale: il governo deve mettere in primo piano gli interessi nazionali e garantire la sicurezza e la protezione del Paese da ostilità nazionali e internazionali.
  11. Conferma della leadership assoluta del Partito sulle forze armate popolari: per giungere ad un ringiovanimento nazionale, agli obiettivi centenari e alla realizzazione di un potente apparato militare, le forze popolari devono obbedire ai comandi del PCC e rimanere fedeli al Partito.
  12. Promozione dell’edificazione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità: per Xi Jinping, il sogno cinese è strettamente collegato con i sogni dei popoli di altre nazioni ed è realizzabile soltanto in un ambiente internazionale pacifico e stabile. La Cina dovrà quindi continuare ad aprirsi al mondo e a partecipare alla salvaguardia della pace internazionale.
  13. Esercitazione di un pieno e rigoroso governo sul Partito: la Costituzione del PCC deve avere un ruolo centrale nelle decisioni politiche e la disciplina deve essere rafforzata tra i membri del partito, in modo da poter garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati.13

Con tale impianto teorico, Xi ha voluto sviluppare un nuovo “socialismo con caratteristiche cinesi” in una “nuova era”; questo termine è molto importante, in quanto marca una differenza epocale rispetto ai precedenti leader del PCC. Nella sua ambiziosa visione, l’attuale Segretario ha il sogno di traghettare la Cina verso una nuova epoca, recuperandone la posizione che le spetterebbe di diritto a livello internazionale, in continuità tanto con il glorioso passato imperiale quanto con il suo più recente passato rivoluzionario. Questo “sogno cinese” e questo tentativo di perseguire un “rinnovamento della nazione cinese”, si pone ad un livello conseguente ma innovativo rispetto tanto all’esperienza di Mao, che ha posto fine a un secolo di umiliazione creando un nuovo Stato unitario, quanto a quella di Deng, che ha avviato un processo di prosperità e ricchezza verso popolazione. Oro sono all’orizzonte nuove sfide sia interne (stabilità e crescita economica) quanto internazionali (ruolo della Cina in un mondo multipolare, sempre più attanagliato da frizioni diplomatiche e scontri militari a livello globale). Nella sua teorizzazione, possiamo affermare che Xi Jinping individui quattro momenti salienti nella storia dello sviluppo del Paese e del Partito: 1) la fondazione di una nuova Cina socialista egualitaria; 2) la costruzione di un Paese socialista con caratteristiche cinesi e prosperità comune; 3) l’adesione e sviluppo di un socialismo con caratteristiche cinesi; 4) la realizzazione del grande rinvigorimento della nazione e del sogno cinese. Questa configurazione storica, come si può notare, ripercorre le tappe principali della Repubblica Popolare Cinese da Mao ad oggi, esprimendo in pieno la visione ideologica che il Partito ha di sé e che desidera comunicare. E ad ognuna di queste fasi corrisponde una generazione di leader e una relativa formulazione teorica ufficiale recepita dalla Costituzione del PCC. Ma la visione di Xi Jinping si distingue dalle precedenti per il fatto di considerare questa stessa innovazione teoretica e ideologica in seno al Partito e alla nazione al fine di adattarsi ai tempi attuali. Nella visione attuale del Presidente, dopo 40 anni di riforme e sviluppo, in uno scenario globale in cui RPC è divenuta la seconda (e in certi settori già la prima) più grande economia del mondo, risulta ormai ad un passo dal compimento di quel processo di rinvigorimento della nazione stessa di cui Xi Jinping parla. Per questo, giunta a questo stadio avanzato di sviluppo socialista, la Cina necessita, più che mai, di una forte base ideologica.

Ed in questa definizione degli obiettivi, il PCC ha definito la prossima tappa che dovrà essere conseguita: «Entro il 2050 la Cina deve diventare un grande, moderno Paese socialista con una decisiva vittoria nella costruzione di un’economia moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti, conseguente alla nuova era del socialismo con caratteristiche cinesi. Nella fase che si apre oggi, la Cina non intende proseguire da sola. Non chiuderemo le porte al mondo, anzi diventeremo sempre più aperti».14

E come abbiamo più volte ripetuto, questa visione si va ad incasellare in un processo ideologico, in una lunga continuità storica, politica ed economica di cui si è fatto carico per la nazione cinese il PCC nell’ultimo secolo, le cui le innovazioni di Xi Jinping ne sono il compimento in epoca contemporanea: «La natura avanzata di un partito marxista non è scontata, ma piuttosto coltivata attraverso una costante autoriforma. Il Partito è uscito da cento anni di vicissitudini con ancor maggiore vitalità. Il segreto di questo sta nell’impegno del Partito a sostenere la verità e correggere gli errori. Il Partito è grande non perché non commetta mai errori, ma perché ammette sempre i propri errori, si impegna attivamente nella critica e nell’autocritica, ha il coraggio di affrontare i problemi e di riformarsi».15

Ancora una volta, la centenaria esperienza del PCC e l’ultrasettantennale esperienza della RPC guardano al futuro con dinamicità ed innovazione, affondando le proprie radici su basi teoriche solide e lontane.

NOTE AL TESTO

1 Vedi Deng Xiaoping, Socialismo alla cinese. Scritti e interventi 1977-1984, Roma, 1985, pag. 152.

2 https://web.archive.org/web/20040925080450/http://www.idcpc.org.cn/english/policy/3represents.htm

3 Vedi MONDO CINESE N. 113, ottobre-dicembre 2002.

4 Sul concetto di “mercato” in un contesto socialista si rimanda alla lettura dei volumi G. Arrighi, Adam Smith a Pechino, Feltrinelli, Milano, 2008, e del capitolo Considerazioni sui sistemi socialisti in URSS, est Europa e Cina contenuto nel volume G. Cadoppi, Crisi, crollo e rinascita del socialismo, Anteo edizioni, Cavriago, 2018.

5 Per approfondire i cardini teorici di questa teoria si può consultare J. Fewsmith, Promoting the Scientific Development Concept, in China Leadership Monitor, vol. 11, 30 luglio 2004. https://www.hoover.org/sites/default/files/uploads/documents/clm11_jf.pdf

6 Vedi https://archive.ph/4JS5G

7 Discorso di Hu Jintao al 17° Congresso del PCC, dell’ottobre del 2007. Consultabile al sito https://web.archive.org/web/20071017030126/http://news.163.com/07/1015/10/3QRAR0KI0001124J.html

8 Vedi Xi Jinping, Guanyu jianchi he fazhan zhongguo tese shehui zhuyi de jige wenti [Diverse domande sul mantenimento e lo sviluppo del socialismo con caratteristiche cinesi], in Shibada yilai zhongyao wenxian xuanbian [Documenti importanti selezionati dal diciottesimo congresso del partito] vol.1, Pechino, Central Documents Press, 2014, pag. 113.

9 Consulta https://www.palladiummag.com//2019/05/31/xi-jinping-in-translation-chinas-guiding-ideology/

10 Per l’intervento di Xi Jinping consulta http://english.scio.gov.cn/topnews/2022-07/29/content_78346722.htm. Per notizie sul forum mondiale dei partiti comunisti e operai tenutosi a Pechino consulta https://italian.cri.cn/2022/07/30/ARTI8V9wyrOmNQX6EQno2V8j220730.shtml

11 Consulta https://www.marx21.it/internazionale/cina/xi-jinping-e-il-marxismo/

12 Edizione italiana dei primi due volumi: Xi Jinping, Governare la Cina, Volume I-II, Giunti editore, Firenze, 2019.

13 Vedi https://monitoring.bbc.co.uk/product/c1dmwn4r e https://www.straitstimes.com/asia/east-asia/19th-party-congress-xi-jinping-outlines-new-thought-on-socialism-with-chinese-traits

14 Vedi https://www.agi.it/estero/cina_congresso_pcc_xi_jinping_discorso-2265873/news/2017-10-18/

15 Vedi Resolution of the CPC Central Committee on the Major Achievements and Historical Experience of the Party over the Past Century. Disponibile al sitohttps://english.www.gov.cn/policies/latestreleases/202111/16/content_WS6193a935c6d0df57f98e50b0.html

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