Considerazioni sul Vertice di Samarcanda

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di Patrizio Antonini

I media occidentali si sono occupati del Vertice di Samarcanda dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai presentandolo in modo sbrigativo, come una coalizione autoritaria e anti-occidentale, oppure evidenziandone aspetti penalizzanti per Putin, dove viene ipotizzato che il presidente russo abbia ricevuto un “freno” da India e Cina salvo tuttavia “rimproverare” in maniera contraddittoria questi stati per non aver dato abbastanza peso alla crisi Russia-Ucraina.

Questi sono aspetti che tratteremo solo marginalmente, dato che si trovano a riguardo opinioni per “tutti i gusti” nei media italiani.

L’ Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), come ben sappiamo  è un organo sovrannazionale fondato nel 1996 da Russia, Cina, Kazakhistan, Kirghizistan e Tagikistan. Nel 2001 si è aggiunto l’Uzbekistan e nel 2017 anche India e Pakistan firmarono l’adesione al Vertice di Astana come membri a pieno titolo.

Successivamente, nel Vertice di Ekaterinburg la Bielorussia è stata inclusa come partner e nel 2015 è stata elevata al ruolo di stato osservatore.

Nel 2021 Afghanistan e Iran sono stati nominati Paesi osservatori.

Quest’anno Armenia, Azerbagian e Turchia hanno ricevuto accoglienza con il ruolo di “partner“.

É ormai confermato che anche Arabia Saudita, Egitto e Qatar stiano valutando un avvicinamento anch’essi a titolo di “partner“.

Si è più volte sottolineato – soprattutto dai media turchi più importanti – che Ankara sta avendo un ruolo importante in questi dialoghi internazionali, e ciò alimenta una cooperazione con Russia, Iran e Cina che prende corpo sempre di più.

Si ritiene giusto – come accennato in premessa – evidenziare brevemente che i media occidentali hanno sollevato molte critiche al recente Vertice di Samarcanda, additandolo come una sorta di “covo anti-occidentalista” e di alleanza di “stati autoritari“, oltre che dipingerlo come una scappatoia per le sanzioni occidentali. Inoltre viene rimproverato a questi stati di aver salutato positivamente Putin senza dare peso alla guerra in Ucraina. In sostanza, per esser chiari, viene rinfacciato a queste nazioni di non aver tenuto il broncio alla Russia e gran parte dei giornali cartacei e online occidentali non sono mancati nel redarguire la coalizione per la “colpa” di volersi affrancare dall’occidente e di trovare un modo “furbetto” per rendere inutili le “punizioni” e i “castighi” , vale a dire le sanzioni degli stati occidentali; un discorso assolutamente fuori dalla realtà, già solo per il fatto che si considera scontato che l’occidente possa – ad oggi – punire questi stati a prescindere, sulla base della sua superiorità morale.

Si potrebbe commentare l’assurdità di questi toni da parte dei media occidentali ancora a lungo, e parlare di un distacco assoluto dalla realtà verso una sorta di metaromanzo fantapolitico globale, ma non è questo il tema che ci interessa oggi, anche perché, purtroppo, i mainstream media occidentali si commentano da soli.

Pur riconoscendo pertanto piuttosto riduttive, svilenti e parziali le critiche di molti giornali europei e anglosassoni riguardo alla coalizione e allo specifico appuntamento di Samarcanda, si può senza dubbio dire che quest’ultimo è un forum finalizzato anche a ridurre il ruolo degli Stati Uniti in Asia Minore e in Asia Centrale, ma ancor prima di questo, una tappa per la creazione di un ordine mondiale multipolare in antitesi con il mondo unipolare previsto dalla visione degli Stati Uniti; in questo senso diventano significative anche le parole di Sergei Kuzhugetovich Shoigu che ammette che la guerra non è propriamente contro l’Ucraina, bensì contro l’occidente, sebbene tale esternazione sia stata pronunciata in tutt’altro contesto.

Si è già parlato in passato del dumping del dollaro, sia qui tra le pagine del CeSem, nel 2020 e ancor prima altrove, nel 2016 ed è un discorso certamente da tenere presente con costanza. Tenendo conto dei progressi in questi anni fatti registrare dalla EEU (Unione Economica Eurosiatica) e del gruppo BRICS è opportuno sottolineare gli affari che la Turchia porta avanti con la Russia, e l’uscita della stessa Turchia dal programma degli F 35 statunitense, nonché il suo intento di approcciare verso un partenariato solido con Russia, Pakistan, Iran, Bielorussia e Cina. Da considerare, inoltre, che il ruolo della Bielorussia crea un precedente enorme e incredibilmente sottostimato, utile a comunicare che anche uno stato “puramente europeo” può esser parte della Cooperazione di Shangai.

La Federal Reserve non ha cessato certamente di esercitare la sua politica endemica e basata sulla “dottrina dello shock” anche perché il Dollaro cercherà di rafforzarsi nei confronti dell’Euro – come in parte sta già facendo e ha già fatto –  aumentando i tassi sui fondi federali e frenando quindi l’inflazione.

Dato che nei mercati energetici globali lo scambio è generalmente in dollari mantenere la forza della valuta statunitense è essenziale per Washington, ma questo comporta anche un maggior costo energetico nelle altre valute, basti vedere la sofferenza attuale dell’Euro e dello Yen giapponese.

All’aumentare dei prezzi dell’energia e delle materie prime corrisponde un conseguente e naturale aumento degli altri prodotti e il virus dell’inflazione diventa così pandemico, ma l’eccezione è il dollaro stesso che, mantenendosi forte, permetterà agli Stati Uniti di importare prodotti in modo più economico.

Il dominio del dollaro combinato ai continui allentamenti monetari della Federal Reserve comportano il pericolo di “pandemizzare” la crisi dell’inflazione, diventa quindi naturale e addirittura salvifico per altri paesi commerciare petrolio o prodotti energetici in generale in valute diverse dal dollaro, per evitare di essere travolti dalla crisi e dall’inflazione. A questo proposito è significativo il fatto che  l’Arabia Saudita prenda in considerazione con la Cina il commercio del petrolio in yuan al posto dei dollari, – come riportato a marzo da molti media – ma questo non è certo l’unico esempio fattibile.

Nel ritornare quindi sul discorso dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, a tutto questo, è da aggiungere che l’ingresso dell’Iran in via definitiva desta non poche preoccupazioni al blocco delle potenze occidentali.

Ci aspettiamo che i leader firmino un memorandum sugli impegni dell’Iran ad entrare a far parte dell’organizzazione, dopodiché l’Iran adempirà agli impegni in conformità con le procedure e completerà la sua adesione all’organizzazione” (Zhang Ming, Segretario generale della SCO )

Il 15 settembre arriva infatti anche la firma dell’Iran ad un memorandum per entrare a far parte dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai ed è inevitabile che questo venga visto da Stati Uniti e altri paesi occidentali come l’emergere di un nuovo ordine mondiale ai danni dell’ordine mondiale anglosassone basato sul debito e sulla geopolitica del dollaro. Appare chiaro che l’Iran, forte di queste iniziative finalizzate alla cooperazione, potrebbe sviluppare un ruolo regionale ampio e significativo, in virtù di un dialogo durevole e di alto livello nel futuro con Russia e Cina.

Ora siamo entrati in una nuova fase di vari settori economici, commerciali, di transito, energetici, di cooperazione” (Hossein Amir Abdollahian – Ministro degli Esteri dell’Iran)

Come si è accennato prima, il ruolo della Bielorussia potrebbe essere insospettabilmente importante per creare un precedente che includa stati puramente europei, e non serve certo ricordare che la Turchia, anche grazie alle capacità di Erdogan si stia ritagliando un ruolo da protagonista.

La reputazione dell’Organizzazione di Shangai è notevolmente cresciuta e migliorata dai tempi dello Shangai Five, ed è in grado – e questo è un fatto incontestabile – di invogliare stati non solo come Siria o Iraq che si potrebbero quasi dare per scontati, ma anche Bangladesh e Vietnam , e soprattutto Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

Tutto ciò ci porta a concludere che l’impalcatura sovranazionale, basata sul regionalismo, che questi Paesi sono ad oggi in grado di costruire, è in grado di coprire una notevole percentuale dell’economia mondiale, garantendo sicurezza e dialogo secondo modelli antitetici ma anche concorrenziali al modello sovranazionale UE, meno regionalistico e puramente burocratico. A questo proposito occorre concretizzare infatti una riflessione più sensibile, finalizzata a non sottovalutare la natura del contrasto tra l’ Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e l’ Unione Europea che solo in apparenza è soltanto di pura antitesi.

La prima esercita una retorica regionalistico-paternalista, nel voler somigliare ad una unione di “padri di famiglia” che hanno piena responsabilità del proprio nucleo e il concetto di sicurezza e dialogo che ne deriva scaturisce proprio sull’impegno dell’organizzazione stessa a non interferire mai all’interno della singola famiglia.

Al contrario l’Unione Europea spende una retorica puramente kantiana, espressa sul concetto base di “perpetuazione della pace” ma esiste solo un capo famiglia che può interferire e intromettersi in tutti i nuclei.

L’impegno morale che questo comporta sicché è quello della “responsabilità” e ciò sottrae autonomia ai singoli membri, condizioni svantaggiose in ogni loro scelta e infine austerity. Giunti a questo punto arriviamo di nuovo l’esigenza di sottolineare la presenza della Bielorussia nella Cooperazione di Shangai che crea un precedente significativo e rende ciò che in apparenza è soltanto antitesi anche una perfetta concorrenza.

La Rivoluzione delle Ciabatte scoppiata nel 2020-2021 è avvenuta naturalmente per diverse cause, tutte reciprocamente compenetrate e osmotiche e tra queste vi è quella che vede tali sollevazioni come punto di culmine ultimo in seguito a numerosi tentativi di impedire alla Bielorussia di entrare definitivamente nella Cooperazione di Shangai.

Non è certo da escludersi che in Iran possa avvenire in questi giorni qualcosa di non troppo diverso da ciò che avvenne nel 2020-2021 in Bielorussia. D’altro canto i vari George Floyd, Aleksej Navalny, Sergei Tikhanovsky o Svetlana Tikhanovskaya sono parti sempre molto ambite nell’infinito metaromanzo cinematografico globale.

Cosa potrebbe succedere se qualcuno decidesse di seguire l’esempio della Bielorussia? Cina e Russia hanno già implicitamente dimostrato di essere in grado di valutare qualsiasi proposta.

Note e Riferimenti

Ansa – 16 Settembre

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