Russia in Africa: collegare i continenti con il soft power

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di Matthew Ehret

Articolo pubblicato in lingua inglese su THE CRADLE

Piuttosto che continentale, lo sviluppo infrastrutturale russo e cinese in Africa dovrebbe essere visto come parte di un più ampio progetto di integrazione afroasiatica.

La rivendicazione occidentale, spesso ripetuta, dell’isolamento della Russia come stato paria sta iniziando a indebolirsi. Mentre la comunità transatlantica può seguire lealmente le direttive per tagliare i legami con la Russia – nonostante il contraccolpo economico sui propri cittadini – altre nazioni, tra cui la maggior parte dell’Asia e dell’Africa, non sembrano prendere questa chiamata molto sul serio.

Il 19 luglio , a Teheran, il presidente russo Vladimir Putin ha condotto con successo un incontro trilaterale con i suoi omologhi iraniani e turchi; incontro che ha dimostrato un grado di coerenza nelle agende di politica estera tra le tre potenze strategiche (compreso un membro della NATO relativamente rinnegato).

Due giorni dopo, Putin ha fatto seguito a quell’incontro tripartito con un’importante telefonata con il principe ereditario dell’Arabia Saudita, pochi giorni dopo che Joe Biden aveva concluso la sua infruttuosa missione nel Regno.

Poco dopo, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dato il via a un tour diplomatico di quattro giorni nelle nazioni africane, a cominciare dall’Egitto il 24 luglio , seguito dalle visite nella Repubblica Democratica del Congo, in Uganda e in Etiopia. 

Questi viaggi hanno posto le basi per il prossimo II Vertice russo-africano che si terrà entro la fine dell’anno ad Addis Abeba.

Oltre a rassicurare i partner africani sulle spedizioni garantite di grano russo e ucraino e di altri beni di cui il continente ha così disperatamente bisogno, il tour di Lavrov ha delineato un’ampia strategia di sviluppo dell’Africa e del sud-ovest asiatico che vedrà la creazione di vaste zone di libero scambio per facilitare estensioni della Nuova Via della Seta e dei corridoi di trasporto nord-sud finanziati sempre più al di fuori di un ordine occidentale in bancarotta. 

Va notato che 40 dei 55 stati africani (compresa l’Unione africana) hanno firmato memorandum d’intesa con la Belt and Road Initiative (BRI) cinese, unendosi così a 20 stati arabi.

Lavrov e la Lega Araba

Durante la prima fase del suo viaggio, Lavrov è stato accolto calorosamente dai rappresentanti permanenti di 23 nazioni presso il quartier generale della Lega Araba al Cairo; in questa occasione sono stati discussi un’ampia gamma di questioni relative a questioni alimentari, economiche, diplomatiche e di sicurezza. 

Durante il suo discorso alla Lega Araba, che qui può essere ascoltato integralmente , Lavrov ha dichiarato:

Siamo all’inizio di una nuova era, un movimento verso un vero multilateralismo, non verso il multilateralismo che l’Occidente cerca di imporre sulla base del ruolo eccezionale della civiltà occidentale nel mondo moderno. Il mondo è molto più ricco della semplice civiltà occidentale. Chi, ma non molti di voi rappresentanti delle antiche civiltà, dovrebbe saperlo? E penso che il movimento sia inarrestabile. Cercare di metterlo in pausa va contro il processo oggettivo della storia. Questo ritarderebbe solo per qualche tempo l’eventuale formazione del vero mondo democratico multipolare”.

S. Lavrov

ZES e nuove zone di libero scambio

L’Egitto è visto dalla Federazione Russa come una porta d’accesso all’Africa capace di collegare i mondi dell’Asia occidentale, dell’Africa e dell’Europa. Negli ultimi anni Mosca ha lavorato instancabilmente per garantire un rapporto strategico con il Cairo a più livelli; lavoro che giocherà un ruolo sempre più importante nella battaglia che va avanti.

Per prima cosa, l’Egitto ha firmato una serie di accordi con la Russia per la costruzione di Zone Economiche Speciali (ZES), con la più grande individuata a Port Said, dove, in un’area di 7,23 chilometri quadrati sulla punta del Canale di Suez, saranno prodotte parti destinate al settore automobilistico. Queste ZES (che la Russia ha costruito anche in Mozambico e Namibia) presentano numerosi vantaggi strategici ed economici.

In primo luogo, aiutano a bypassare le sanzioni che impediscono alle case automobilistiche europee di garantire forniture alla Russia; così, invece, vengono inviante alle ZES africane dove vengono assemblate prima di essere inviate come prodotti finiti in Russia.

In secondo luogo, forniscono un maggiore incentivo per la riduzione dei costi del lavoro. 

E infine, fungono da stimolo più ampio per un boom industriale africano che è stato a lungo ostacolato dai finanzieri occidentali i quali preferiscono mantenere l’Africa povera e in guerra, quindi, più facilmente sfruttabile.

De-dollarizzare l’Africa

Una componente importante di questa strategia riguarda la riuscita attuazione dell’Accordo di libero scambio continentale africano (AfCFTA), entrato in vigore nel gennaio 2021.

Fino a poco tempo fa, la mancanza di standard economici, unita alla mancanza di infrastrutture praticabili, ha tenuto l’Africa in guerra con sé stessa.

Tutto ciò è cambiato con l’attuazione dell’accordo AfCFTA, che ha eliminato il 95 per cento delle tariffe sul commercio interafricano. Inoltre, nell’ambito dell’Africa Development Agenda 2063 è stato istituito anche un passaporto unificato per i viaggi tra le nazioni africane.

In congiunzione con i sistemi di pagamento alt-SWIFT istituiti da Russia e Cina, è interessante notare che a partire dal 13 gennaio 2022 è stato creato un sistema panafricano di pagamenti e regolamenti che consente alle nazioni africane di regolare i propri saldi commerciali in valute locali anziché in dollaro USA .

Tornando in Egitto, la ZES sponsorizzata dalla Russia e dalla Cina  di Port Said diventerà il punto di maggiore concentrazione per l’approvvigionamento unificato delle merci prodotte in tutta l’Africa e destinate all’esportazione in Russia – e anche per le merci russe (soprattutto il grano) destinate all’Africa.

L’Egitto è nelle fasi finali dei negoziati per un accordo di Unione economica di libero scambio egiziano-eurasiatica (accordo che ha richiesto sette anni di lavoro); l’Egitto ha anche reso nota la sua intenzione di aderire ai BRICS (insieme ad Arabia Saudita e Turchia ) il 14 giugno di questo anno.
Nel 2021, l’Egitto è diventato un membro a pieno titolo della BRICS Development Bank.

Dal punto di vista dello sviluppo economico, Mosca ha reso ampiamente noto a tutte le nazioni africane che l’accesso all’energia nucleare avanzata prodotta da Rosatom (il gigante nucleare di stato russo) sarà una priorità assoluta. 

Ciò è particolarmente significativo dal momento che le potenze occidentali hanno sostanzialmente bandito la tecnologia nucleare dall’Africa “nera” per generazioni, nell’ambito di una politica di apartheid tecnologico.

Avanza una rinascita ferroviaria africana

Sul tema dei trasporti e della connettività, l’Egitto ha avviato la costruzione di una ferrovia ad alta velocità di 1000 km che collegherà il Mediterraneo e il Mar Rosso che partendo da Ain Sokhna, ad est, nel Golfo di Suez, attraversando la nuova capitale amministrativa (in costruzione con il grande contributo di Cina, situata a 45 km a est del Cairo), terminerà al porto di El Alamin sul Mediterraneo.

Altre tappe di questo sviluppo vedranno il principale porto del Mar Rosso collegato con Alessandria e il porto di Matrouh Gargoub, seguito da un collegamento tra le città di Hurghada e Safaga con Qena e Luxor. L’ultima fase vedrà il collegamento di Six October City con Luxor e Assuan.

Questo è uno dei pochi progetti ferroviari al mondo a non essere finanziato direttamente dalla Cina; la Russia fornisce i vagoni, mentre le compagnie ferroviarie tedesche ed egiziane costruiscono le linee ferroviarie. 

Una volta completato, questo sistema dimezzerà i tempi di viaggio e ridurrà il traffico di merci congestionato del Canale di Suez di almeno il 15%.

Un accordo per costruire la tanto attesa ferrovia Egitto-Sudan di 570 km , proposta per la prima volta nel 2010, è stato finalmente firmato nell’aprile 2021; sarà costruita da compagnie egiziane e kuwaitiane. Questa linea ferroviaria collegherà Assuan in Egitto al Wadi Halfa in Sudan e ospiterà il traffico passeggeri e merci, favorendo la crescita industriale in entrambe le nazioni. 

Sebbene i piani per costruire una più ampia rete ferroviaria tra Egitto e Sudan di 6000 km fosse all’ordine del giorno nel 2019, il colpo di stato che ha rovesciato l’ex presidente Omar al-Bashir ha congelato quell’iniziativa. Non c’è motivo, però, per cui questo programma più audace non possa essere rianimato se nel prossimo futuro l’Unione africana adottasse meccanismi di finanziamento su modello cinese.

Nonostante le tensioni causate dalla Grand Renaissance Dam (GERD) dell’Etiopia che i governi sudanese ed egiziano temono irrazionalmente riduca la loro disponibilità di acqua, la cooperazione per l’integrazione dell’Africa orientale sta avanzando rapidamente.

A guidare questa dinamica positiva di cooperazione tra l’Etiopia ed i suoi vicini settentrionali è una nuova ferrovia a scartamento normale di 1522 km che collega Addis Abeba, Khartoum e Port of Sudan sul Mar Rosso.

Dal colpo di stato, il Sudan ha visto l’attuazione di un programma ferroviario da 640 milioni di dollari, con la maggior parte dei finanziamenti provenienti dalla società cinese di ingegneria edile statale, dalla Banca africana di sviluppo e da diverse società del Golfo Persico. 

Questa iniziativa non solo riabiliterà i 4725 km della rete ferroviaria sudanese (metà della quale è caduta in completo disuso), ma collegherà Port of Sudan al Darfur e quindi al Ciad più a ovest.

Il caso dell’Etiopia

Sotto il Sudan, l’Etiopia è stata la più attiva (e la più sovrana) di tutte le nazioni che si affacciano sul Mar Rosso.

Essendo sopravvissuta valorosamente a una rivoluzione colorata guidata dalla CIA tramite i delegati terroristi del Tigray nel nord, e avendo stabilito un importante accordo di pace con la vicina Eritrea, l’Etiopia ha mostrato negli ultimi anni la più grande capacità di autodirezione di tutti gli stati africani.

L’Etiopia non solo è riuscita a raggiungere le fasi finali di una Grand Renaissance Dam (GERD) autofinanziata da 6200 MW, ma ha anche firmato accordi di cooperazione militare ed economica con la Cina, che è il principale investitore nei 480 km di scartamento normale Addis Abeba-Gibuti, ferrovia completata nel 2017 [vedi mappa].

Linee ferroviarie nel continente africano

La Russia è stata determinante nell’aiutare a risolvere la controversia GERD tra Egitto, Sudan ed Etiopia, e il 12 luglio 2021 è stato finalizzato un accordo che garantisce la tecnologia e l’addestramento russi all’esercito etiope.

Nel gennaio 2022, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha annunciato il sostegno di Pechino a una massiccia estensione della ferrovia Mombasa-Nairobi di 578 km dal Kenya all’Uganda, al Sud Sudan e alla Repubblica Democratica del Congo. In base a questo progetto, che dovrebbe costare 5,2 miliardi di dollari, la ferrovia sarà collegata alla linea di Addis Abeba, e quindi a Gibuti e all’Eritrea.

Ci sono molti cluster simili di corridoi ferroviari ed energetici in costruzione in tutta l’Africa e molti critici continuano a trattare erroneamente questi cluster di integrazione regionale come se fossero semplicemente progetti frammentari scollegati da qualsiasi visione più ampia e coerente.

Eppure questo miope errore è tanto sciocco quanto sbagliato.

Sebbene la Russia, la Cina e gli stati partner del mondo arabo e africano debbano tenere le carte strette al petto sapendo che dichiarare apertamente i propri obiettivi comporterà maggiori possibilità di sabotaggio da parte dell’Occidente, una chiara visione strategica per la profonda integrazione dell’Africa nella nuova Via della Seta diventa visibile quando ci si avvicina da una prospettiva dall’alto verso il basso. Uno dei programmi più stimolanti che unisce queste migliaia di progetti è la ferrovia transafricana, spesso trascurata.

Integrazione continentale completa

Nel dicembre 2018 , la Commissione intergovernativa Russia-Sudan ha concordato la partecipazione di Mosca alla costruzione della ferrovia transafricana che si estende per 8600 km tra Dakar, Port Sudan e Gibuti.  Una volta completata, questa linea passerà direttamente attraverso dieci nazioni africane, la maggior parte delle quali senza sbocco sul mare (Senegal, Mali, Niger Ciad, Burkina Faso, Nigeria, Camerun, Sudan, Etiopia e Gibuti). 

La Cina ha già iniziato con una fase uno del programma da 2,2 miliardi di dollari, con aggiornamenti a 1228 km di ferrovia che collegano Dakar, in Senegal, con Bamako, in Mali.

La ferrovia transafricana fornirà una spina dorsale per la rete ferroviaria africana integrata ad alta velocità (AIHSRN) molto più ampia, delineata per la prima volta nell’Agenda di sviluppo 2014 dell’Unione africana per il 2063.

All’interno di questo programma per la connettività continentale totale, nove collegamenti ferroviari (alcuni ad alta velocità e altri a scartamento normale) unirebbero ogni nazione in una modalità di trasporto coerente ed efficiente, stimolando così la crescita di nuove industrie, fornitori di componenti, settori manifatturieri e accademie di formazione.

Verrebbero, inoltre, costruiti centinaia di ponti, tunnel, porti e nuove strade, incluso il sistema di 56.600 km di autostrade transafricane che ha già visto nascere decine di migliaia di chilometri di strade asfaltate e autostrade dove non molto tempo fa esistevano solo strade sterrate o aree selvagge.

La Cina ha già firmato un accordo per riabilitare tutte le ex ferrovie coloniali tra Dakar e Gibuti, la maggior parte delle quali sono cadute in rovina.

Connettività Asia occidentale-Africa orientale

All’interno di questa visione ampia, non è uno sforzo di immaginazione pensare l’estensione di un tratto di ferrovia transafricana attraverso i 29 km dello stretto di Bab el-Mandeb sul Mar Rosso, che attualmente vede il transito del 30% di tutto il carico marittimo a livello globale .

Una ferrovia/autostrada che colleghi Gibuti allo Yemen sarebbe un incredibile motore per una rinascita economica e una pacifica convivenza sia per il mondo africano che per quello arabo.

Linee ferroviarie nella penisola arabica

Rivisitazione del progetto del ponte del Corno d’Africa

Oltre 14 anni fa, gli studi per questo progetto sono stati condotti da Al Nour Investment Holdings e il progetto preliminare era stato approvato dai governi di Gibuti, Arabia Saudita e Yemen con il presidente di Gibuti Ismael Omar Guelleh che aveva concesso 500 chilometri quadrati di terreno per la costruzione di una moderna città chiamata “Al Nour” la cui città gemella (chiamata anch’essa Al Nour) sarebbe stata costruita nello Yemen, situata all’altra estremità del ponte.

Secondo il progetto originale del 2010 , si prevedeva una strada rialzata a sei corsie, con quattro binari della metropolitana leggera, un gasdotto e una conduttura d’acqua dolce. Queste linee avrebbero dovuto attraversare un ponte sospeso di 5 km, misura che lo avrebbe reso il più lungo al mondo; costo di $20 miliardi per la prima fase di costruzione e $200 miliardi una volta completato l’intero progetto, completamento dell’opera prevista per nel…2020!

Era stato previsto, inoltre, che entro il 2025 oltre 50.000 auto e 100.000 passeggeri ferroviari avrebbero percorso questa rotta ogni giorno e il progetto prevedeva che la città di Al Nour nello Yemen avrebbe ospitato 4,5 milioni di cittadini mentre Al Nour di Gibuti 2,5 milioni.

Sfortunatamente, le rivolte arabe hanno fatto deragliare il progetto e dopo lo scoppio della guerra con lo Yemen nel 2015, questo megaprogetto è caduto nel dimenticatoio.

Al momento dell’inizio del “Ponte del Corno d’Africa”, mancavano ancora quattro anni alla nascita della Belt and Road Initiative e la Russia non era ancora sufficientemente forte per svolgere un ruolo significativo nell’ostacolare il programma anglo-americano di regime change che da decenni infiamma il mondo arabo e l’Africa.

Oggi, tuttavia, la BRI e la più ampia integrazione dell’Iran nell’Alleanza Multipolare hanno cambiato radicalmente le regole del gioco e un rinnovo di questo progetto con la partecipazione iraniana sarebbe uno sviluppo positivo. 

Senza un reale sviluppo economico di questo tipo, era impossibile che si rimarginassero le ferite causate da anni di cattivo sangue e morte tra lo Yemen ei suoi vicini del Golfo.

Ferrovia ad alta velocità del Golfo Persico-Mar Rosso

Le recenti scoperte sulla rotta meridionale della Belt and Road Initiative hanno anche fornito un nuovo impulso alla linea ferroviaria ad alta velocità Golfo Persico-Mar Rosso proposta per la prima volta nel 2009.

A partire dal 2021, tutti e sei i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo hanno deciso di attivare questo megaprogetto da 2.100 km di strada ferrata che passa attraverso il deserto arabo dal costo di 200 miliardi di dollari che potrebbe estendersi facilmente nello Yemen e, quindi, sia nell’Africa del sud che a nord verso l’Egitto, paese in cui nel 2016 è stato firmato un accordo per la costruzione di un ponte che colleghi il Regno Saudita con l’Egitto attraverso il Mar Rosso, anche se i fattori internazionali lo hanno finora bloccato.

Oggi, una nuova epoca di corridoi di sviluppo ha preso vita, guidata dal crescente partenariato eurasiatico che non solo ha iniziato a portare un nuovo sistema finanziario praticabile, ma ha presentato a tutta l’umanità una visione interamente basata sull’interesse reciproco di tutti culture, religioni e nazioni nell’impegno di uno sviluppo totale.

I nemici storici dell’Iran tra gli stati arabi sono giunti sempre più a riconoscere che il loro interesse nazionale veniva mantenuto al meglio solo se avessero rotto i loro ruoli di stati fantoccio dell’Occidente. 

Stati come Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Oman e Qatar hanno iniziato, quindi, a ricostruire ponti con l’Iran e altri partner arabi, il che è un’ottima cosa sia per l’integrazione eurasiatica che per la pace mondiale in generale.

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