di Lorenzo Borghi
SpecialEurasia published the third report of our project “Geopolitics of Nuclear Energy in Eurasia” titled “Il programma nucleare francese e la Force de Frappe” in partnership with ASRIE Analytica and CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo.
Nell’autunno del 2021 Macron ha illustrato il progetto Francia 2030 mettendo al centro del piano il nucleare e l’approvvigionamento energetico autonomo. L’analisi qui presente si pone l’obiettivo di illustrare come la Force de Frappe si è sviluppata dal secondo dopoguerra sino ad oggi e quali eventi internazionali ne hanno determinato i vari obiettivi.
Last autumn Macron showed France 2030 project by putting nuclear power and autonomous energy supply at the center of the plan. The main focus of this analysis bases on an illustration how the Force de Frappe has developed from the second post-war period up to today and which international events determined its various objectives.
Da sempre le vicende geopolitiche agiscono da cornice negli scambi commerciali e gli avvenimenti degli ultimi mesi. L’approvvigionamento di gas naturale dalla Russia all’Europa tramite il gasdotto Yamal-Europe ne costituisce un ulteriore esempio. Per questi motivi, per i Paesi europei il fattore energia nucleare rappresentato dalla Francia (definita da una analisi di Politico come l’unica potenza nucleare dell’Unione Europea1) può e deve assolutamente giocare un ruolo significativo in materia di approvvigionamento energetico alternativo al gas naturale russo. Infatti, la questione dell’attuale crisi energetica del gasdotto Yamal-Europe è dettata sia da decisioni prettamente commerciali di Gazprom che dalla crisi dei migranti lungo il confine tra la Polonia e la Bielorussia, ove il Presidente bielorusso Lukashenko, alleato del leader russo Putin, ha minacciato, e continua tutt’ora, a bloccare le importazioni di gas verso l’Europa come rappresaglia alle sanzioni imposte dall’UE.
Per questi motivi, la Francia e la sua Force de Frappe2 possono svolgere un ruolo significativo in ambito di produzione energetica all’interno dell’Unione Europea, garantendo un continuativo approvvigionamento da parte degli Stati maggiormente colpiti dalle perpetue crisi geopolitiche euroasiatiche.
Le tappe del nucleare in Francia dal secondo dopoguerra
Nonostante i danni e le sconfitte patite dai francesi durante la Seconda guerra mondiale e la progressiva perdita delle colonie sparse in tutto il globo, la Francia, sin da subito, ha cercato di ambire a porsi allo stesso livello di Stati Uniti e Unione Sovietica in ambito nucleare. In prima istanza, vi è stato un tentativo multilaterale con i Paesi europei di avviare un accordo comunitario in materia di difesa e di energia nucleare. Per quanto ne concerne la difesa, la CED del 1952 (Comunità Europea di Difesa) non venne ratificata, due anni dopo, dal Parlamento francese nel 1954 per diversi motivi politici: la morte di Stalin, le rivoluzioni anticoloniali in Indocina (ex colonia francese) e la paura di un riarmo tedesco. Per ovviare a questo fallimento, la Francia ripose le proprie risorse e speranze di ottenere nel più breve tempo possibile il nucleare grazie all’EURATOM (Comunità Europea per l’Energia Atomica), trattato approvato successivamente a Roma nel 1958. Però, come sostenuto da De Gaulle ad alcuni suoi collaboratori, l’EURATOM veniva di fatto, pian piano sepolto. In realtà, già al momento della firma, tale trattato aveva perso molto del suo interesse per il Governo francese. In effetti, il progetto originario intendeva, attraverso la comunità atomica europea, rompere l’isolamento internazionale della Francia in ambito nucleare, approfittando dei capitali e del potenziale scientifico tecnico e industriale dei cinque partner. In particolare, l’EURATOM avrebbe sostenuto il finanziamento del programma civile, permettendo al Comité pour l’energie atomique francese di concentrarsi sul programma militare, che sarebbe rimasto puramente francese. Durante i negoziati, i partner europei avevano accettato di firmare il trattato sull’EURATOM come controparte dell’accettazione da parte della Francia del Mercato comune, al quale essi erano molto più interessati. Per l’appunto, essi avevano cercato di limitare il più possibile le pretese francesi al controllo sull’EURATOM: accettarono che la Francia potesse sviluppare indipendentemente un proprio programma nucleare militare, ma limitarono le sue mire al possesso di materie prime e rifiutarono la costruzione della fabbrica isotopica voluta dalla Francia3. Nonostante l’accordo raggiunto tra la Francia e gli Stati Uniti l’8 novembre 1958 nel quadro dell’EURATOM, si era quindi evidenziato come il trattato non fosse più d’attualità4.
Per via di questi motivi e di una paura complottistica che aleggiava all’interno del partito di De Gaulle e sostenuta da Debré5, secondo cui la creazione di una Comunità europea avrebbe ridimensionato le ambizioni di politica estera francesi a causa dell’alleanza della Germania dell’Ovest con gli Stati Uniti, il Governo gollista decise di avviare autonomamente il proprio progetto nucleare. La prima decisione fu quella di costruire un impianto a Pierrelatte nel 1959 per la produzione di uranio altamente arricchito, elemento base per un ordigno nucleare. Infatti, si stima che nel 1965-66 la Francia fu in grado di disporre di dispositivi atomici6. Ad ogni modo, a livello tecnico e di produzione nucleare energetica, si osserva come la Francia si dotò di inizialmente di reattori a gas/graffite di tipo UNGG sviluppati dal Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives (CEA), acquistando in concomitanza un reattore americano PWR da circa 300 MW. Negli anni successivi, per quanto riguarda quest’ultimo, la Électricité de France (EDF) decise di dotarsi di questa tipologia di reattori, i quali, per via del fatto che sono ad acqua pressurizzata, sostituirono i GCR (reattori nucleari a gas), notevolmente più dispendiosi.
Dopo la crisi energetica del 1973, la Francia decise di puntare intensamente sulla produzione nucleare, preferita rispetto alle altre tipologie produttive per via della volontà di ridurre al minimo le importazioni, del costo del combustibile nucleare esiguo rispetto al costo totale elettrico e di raggiungere un elevato standard di sicurezza energetica. Il piano nucleare francese degli anni ’70 prevedeva la costruzione di reattori nucleari che utilizzassero uranio impoverito e, con l’obiettivo di garantire l’approvvigionamento nazionale di più di 100 centrali elettriche, venne costruita nel 1979 la centrale di Tricastin nell’area della Valle del Rodano. Nonostante l’utilizzo di EDF, ovvero reattori ad acqua pressurizzata, a livello nazionale si preferì l’utilizzo di reattori nucleari autofertilizzanti (surrégénérat), ossia progettati per lavorare con una conversione media di fissili in rapporto maggiore di uno con la quantità fissionata, cioè progettato per produrne più di quanti ne consumi durante la vita di una carica.
Nel giro di circa 10-20 anni dal primo progetto, le capacità tecnologiche francesi in ambito nucleare hanno subito un repentino e notevole miglioramento. Infatti, la prima ricerca risalente al 1958 prevedeva l’utilizzo di un reattore sperimentale a 40 MW. Nel 1968, la Francia si dotò del reattore Phénix da 250 MW e negli anni Ottanta del reattore Super Phénix da 1200 MW7. Questo avanzamento tecnologico permise quindi alla Francia di rendersi ulteriormente indipendente tramite l’abbandono dei reattori americani PWR, per i quali vennero inevitabilmente prediletti i reattori nucleari autofertilizzanti di diretta produzione nazionale.
La politica energetica francese basata sull’energia nucleare determinò un avanzamento gerarchico della Francia all’interno della fazione statunitense del sistema bipolare proiettandosi per gli anni Novanta al secondo posto (con 66 installazioni nucleari) nella classifica denominata Nuclear Installed Energy Capacity8, posizionandosi dietro soltanto agli Stati Uniti (142 installazioni)e davanti rispettivamente a Giappone (32), Germania occidentale (25) e Gran Bretagna (11).
Per il nuovo millennio le politiche nucleari francesi decisero di basarsi su tre principali cardini: protezione ambientale, nuova gestione dei rifiuti radioattivi e maggior sicurezza nell’approvvigionamento energetico. Questa visione fu attuata in sinergia con le nuove politiche europee in materia di energia nucleare. All’interno dei dibattiti in seno alla Commissione europea9 emerse la volontà francese di aumentare la produzione dei reattori EPR, come confermato successivamente dal consiglio della società francese EDF quando approvò l’ampliamento della centrale nucleare di Flamanville. Inoltre, il progresso e le ambizioni francesi in ambito nucleare vennero ampliate con la presidenza Sarkozy, quando nel 2009 Parigi confermò l’acquisizione di un ulteriore reattore EPR per la centrale nucleare di Penly.
Con l’inizio del decennio 2010-2020, le presidenze Hollande, prima, e Macron, dopo, hanno confermato le ambizioni francesi di inizio millennio e, le vicende geopolitiche connesse al commercio di gas naturale hanno evidenziato ulteriormente come per la Francia sia necessaria una politica nucleare in grado di poter garantire l’approvvigionamento energetico autonomo, senza dover essere limitato da conflitti internazionali a lei distanti. Per questi motivi, la Force de Frappe di Macron insieme al suo Reinventer le nucléaire devono rappresentare il baluardo francese degli Stati europei.
La nuova Force de Frappe macroniana e come “Reinventer” il nucleare francese
“Perché mettere il nucleare al primo posto? Perché la prima questione è la produzione di energia. Per produrre energia, e in particolar modo elettricità, noi abbiamo una possibilità, il nostro modello storico: il nucleare”10
Dopo un periodo di assestamento e le promesse elettorali di Macron di dismettere 14 dei 58 reattori nucleari presenti in Francia e di ridurre dal 75% al 50% entro il 2035 la percentuale di elettricità prodotta con le centrali nucleari. Queste premesse e, soprattutto, promesse hanno dovuto fare i conti con la realtà dei fatti (Pandemia Covid, Crisi energetica, rivolta in Kazakistan, crisi migratoria Bielorussia-Polonia); una realtà tragica ma dalla quale si possono ottenere brillanti risultati in grado di migliorare il recente passato. Per l’appunto, il primo leader europeo ad accorgersi di queste opportunità è stato proprio il presidente francese.
L’ottobre scorso, Macron ha riunito all’Eliseo circa 200 esponenti del mondo industriale francese presentando ad essi e ha tutto il mondo il progetto “Francia 2030”, sintetizzato dalle parole stesse del leader francese “Comprendere meglio, vivere meglio, produrre meglio”11. Il piano prevede investimenti totali pari a 30 miliardi di euro. Di questi, 8 miliardi saranno destinati alla ricerca e all’innovazione nel campo energetico. Lo scopo primario, definito da Macron stesso come il primo obiettivo, è quello di rendere la Francia leader dell’idrogeno verde. Per realizzare questo piano, il leader francese prevede la costruzione di due gigafactory per l’idrogeno verde per facilitare la decarbonizzazione dell’industria. L’idea primaria è quella di contribuire all’avvento di un’industria meno inquinante.
Recenti studi e dichiarazioni dei principali esponenti istituzionali europei hanno dimostrato come l’idrogeno verde prodotto dal nucleare venga considerato un prodotto a bassa emissione di CO212. Per via degli ultimi 50 anni di ricchi investimenti nel settore nucleare da parte dei governi e delle società francesi, la Francia si posiziona inevitabilmente in una posizione di vantaggio, in quanto non necessità di una totale importazione dell’energia prodotta dal nucleare. Infatti, dei 30 miliardi di euro previsti, 1 miliardo è destinato al settore nucleare. Le implicazioni sono notevoli. L’utilizzo di idrogeno verde, prodotto dalle proprie centrali nucleari, può favorire il raggiungimento degli altri obiettivi di Francia 2030: sostituzione delle energie fossili con l’idrogeno verde per l’industria dell’acciaio, del cemento e della produzione chimica; alimentazione alternativa di camion, bus, aerei (costruzione del primo aereo a basse emissioni di carbonio) e treni; produzione di 2 milioni di veicoli elettrici e ibridi.
Al centro di Francia 2030, come già evidenziato poc’anzi, vi è il nucleare e le parole di Macron, riportate anche qui sopra, ne sono la dimostrazione. Di conseguenza, addentrandoci all’interno e confrontandoci con il passato, si nota come le future spese francesi saranno indirizzate alla costruzione di sei nuovi reattori modulari di piccola taglia (SMR – Small Nuclear Power Reactors). Essi, a differenza con il passato costituito da reattori da 1200 MW come il Super Phénix di metà anni Ottanta, avranno una potenza energetica massima di 300 MW13. La decisione di optare per dei reattori di piccola taglia è stata dettata dalla necessità di averli a disposizione in breve tempo, così da raggiungere gli obiettivi fissati dal piano Francia 2030, e il miliardo messo a disposizione sarà investito per tale realizzazione.
Quindi, si è osservato come la Force de Frappe francese abbia subito delle variazioni nel corso degli anni, a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo sino ad arrivare ai giorni nostri. Si evidenzia come la necessità di raggiungere gli obiettivi il prima possibile, abbia portato ad investire su più reattori ma con meno potenza energetica massima, a dimostrazione del fatto che l’”estetica” dell’avere reattori più potenti è ormai in secondo piano, e che adesso il punto focale sia il raggiungimento degli obiettivi.
Conclusioni
Come abbiamo potuto analizzare, le decisioni dell’establishment francese in materia nucleare è sempre stata vincolata alle vicende di politica internazionale. Nella prima fase vi era l’intenzione di una cooperazione regionale con la Germania, l’Italia e il Regno Unito con il beneplacito statunitense; nella seconda fase, successiva al fallimento dei discorsi europei della prima fase, la Francia di De Gaulle ha avviato un proprio piano per rendersi indipendenti a livello nucleare ed energetico, così da tentare di ergersi come alternativa valida per i Paesi europei rispetto al bipolarismo dell’epoca degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Con la caduta del muro di Berlino e lo scioglimento dell’URSS si è osservata una propensione “estetica” nei confronti del nucleare, come dimostrato dal reattore da 1200MW Super Phénix. La prima decade del XXI secolo è stata segnata dalla dispendiosa conseguenza bellica della caduta delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001 e, soprattutto, dallo scoppio della crisi economica-finanziaria del 2007-08. Questi avvenimenti hanno determinato l’avvio di una politica più comunitaria in materia nucleare ed energetica da parte della Francia, così come osservato dai dialoghi della Commissione europea di quegli anni. La nuova spinta individuale è arrivata proprio ora, in uno dei momenti più drammatici della storia contemporanea, colpita dalla pandemia COVID. La pandemia ha “donato” ai Paesi dell’Unione Europea il Recovery Plan, mentre l’attuale crisi energetica dettata dalla crisi migratoria lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia e le insurrezioni interne al Kazakistan stanno indirettamente favorendo la necessità francese di trovare approvvigionamenti energetici e nucleari direttamente dalle proprie centrali.
Infatti, l’attuale aumento dei combustibili fossili ha comportato un aumento del prezzo del gas e dell’elettricità in Italia, il fallimento di nove piccole società fornitrici di energia in Gran Bretagna e la Cina ha dovuto rallentare, se non addirittura interrompere, la produzione industriale di alcuni settori14.
In conclusione, dalla nostra analisi emerge come la produzione di energia elettrica tramite centrali nucleari permette ai cittadini francesi di pagare l’elettricità meno degli altri Paesi europei, e di potersi autoprodurre l’energia elettrica quando i costi sul mercato salgono, come sta succedendo oggi con la crisi energetica15. Quindi, Francia 2030 rappresentalo strumento politico tramite il quale la Francia potrà far fronte alle eventuali future crisi energetiche o a scontri internazionali per il controllo dei combustibili fossili, potendo approvvigionarsi tramite le proprie centrali, che nel corso dei prossimi anni andranno incontro a una rivoluzione green con una diminuzione dei costi di produzione.
NOTE AL TESTO
1 Momtaz R., Emmanuel Macron, think-tanker-in-chief, “Politico”, 19 novembre 2020. https://www.politico.eu/article/emmanuel-macron-think-tanker-in-chief/. Ricordiamo che alla base della decisione russa c’è la decisione indotta a diversi Paesi dalla Commissione Europea di rinegoziare per motivi geopolitici i contratti in essere con le compagnie energetiche di Mosca tramutandoli da “lungo termine” a “spot”. Cfr. Demostenes Floros, Guerra e pace dell’energia, Diarkos, Rimini, 2019.
2 Traduzione dal francese all’italiano: Forza d’urto
3 Guillen P., La France e la négociation du traité d’Euratom, “Relations Internationales”, n. 44, 1985, pp. 391-41
4 Bossuat G., L’Europe des Français, pp. 362-363; Jouve E., Le général de Gaulle et la construction de l’Europe, pp. 412-422.
5 Debré M., L’intégration européenne, “La Revue Administrative”, settembre-ottobre 1957, pp. 443-448
6 Albonetti A., L’Era Nucleare e l’Europa: Regno Unito, Francia, Germania e Italia, “Giornale Diplomatico”, ottobre 2020, https://www.giornalediplomatico.it/Laera-nucleare-e-laEuropa-Regno-Unito-Francia-Germania-e-Italia.htm
7 Boyle M. e Robinson M., French Nuclear Energy Policy, “Geographical Association”, Vol. 66 No. 4, novembre 1981, pp. 302-303
8 Boyle M. e Robinson M., French Nuclear Energy Policy, “Geographical Association”, Vol. 66 No. 4, novembre 1981, p. 301 fig. tab. 2
9 Le nucléaire resurgit, “Le Soir”, novembre 2016
10 Dall’account ufficiale di Twitter di Emmanuel Macron: https://twitter.com/EmmanuelMacron/status/1447883007705104384?s=20
11 Presentazione ufficiale del progetto Francia 2030 su Youtube: https://youtu.be/v9mQlu-EQ-I
12 Taylor K, traduzione di Martiny F., L’idrogeno prodotto dal nucleare sarà considerato “a bassa emissione, Euroactiv.com, novembre 2020
13 Descrizione tecnica de World Nuclear Association, aggiornato a dicembre 2021: https://www.world-nuclear.org/information-library/nuclear-fuel-cycle/nuclear-power-reactors/small-nuclear-power-reactors.aspx
14 “Alla Francia non dispiacciono le sue centrali nucleari”, Il Post, 13 ottobre 2021. https://www.ilpost.it/2021/10/13/francia-energia-nucleare-crisi-energetica/
15 Ibidem
Lorenzo Borghi, collaboratore presso il CeSEM. Laureato alla triennale in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee presso la Statale di Milano, attualmente frequenta la magistrale di Relazioni Internazionali curriculum in Diplomazia e Organizzazioni Internazionali, sempre presso La Statale di Milano.
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