A cura di Silvia Boltuc
SpecialEurasia published the sixth report of our project “Geopolitics of Nuclear Energy in Eurasia” titled “Geopolitica del programma nucleare dell’Arabia Saudita” in partnership with ASRIE Analytica and CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo.
Introduzione1
Per anni gli idrocarburi hanno rappresentato la voce principale delle entrate nazionali dell’Arabia Saudita e l’industria petrolchimica ha consentito alla famiglia saudita di distribuire sussidi che gli sono valsi la fedeltà della popolazione. Il benessere ottenuto a partire dalla scoperta dei primi giacimenti che ha permesso di ridisegnare il profilo del paese traghettandolo nell’era moderna ha negli ultimi anni subito una battuta d’arresto, tanto che Riad si è trovata a dover tagliare il bilancio nazionale per far fronte alla riduzione degli introiti del settore petrolchimico. A seguito della crisi del prezzo del petrolio nel 2014 e della contrazione del mercato l’Arabia Saudita ha registrato un deficit del 15% del PIL al punto da dover attingere alle riserve nazionali per far fronte alla spesa pubblica. Di recente, a seguito della pandemia di Covid-19 e della guerra dei prezzi con Mosca, Riad si è trovata a dover fronteggiare un nuovo shock del mercato petrolifero. La mancanza di fiducia nel settore da parte degli investitori dovuta all’instabilità degli ultimi anni, la progressiva transizione verso le energie rinnovabili che contribuirà a rendere i prezzi fortemente volatili e, infine, i prezzi a ribasso che consentono l’entrata nel mercato a nuovi attori (benché l’Arabia Saudita all’interno dello stesso cartello Opec vanti la produzione al minor prezzo e quindi una certa resilienza e potere di condizionare il mercato) hanno costretto Riad ad affrontare il problema della diversificazione energetica.
Sommario
Il crescente benessere del paese che si è tradotto nella realizzazione di moderne infrastrutture, la crescita della popolazione e la necessità di far fronte alla produzione di acqua dissalata hanno aumentato notevolmente la domanda interna di idrocarburi, riducendo le quantità destinabili all’export necessarie per coprire il bilancio nazionale. Va altresì sottolineato che, come le altre monarchie del Golfo, l’Arabia Saudita tenta non solo di essere al passo con la modernità ma ancor più di essere pioniera, come dimostrato dall’ambizioso progetto Saudi Vision 2030 presentato nel 2016 e il progetto della città futuristica NEOM.
Il tentativo di far fronte alla necessità di diversificazione energetica trovando fonti alternative affidabili e con un tasso di produzione sostenuto e soprattutto costante, oltre che in linea con i progetti di transizione ecologica a cui sempre più governi prendono parte, si è tradotto nello sviluppo di un programma nucleare all’interno del piano di impiego di energie pulite.
Programma Nucleare Saudita
I paesi del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (GCC) hanno cominciato a nutrire interesse per le tecnologie militari già alla fine del secolo scorso. Nel dicembre 2006 hanno annunciato il loro interesse a sviluppare un programma nucleare civile congiunto e hanno chiesto assistenza all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) per uno studio di fattibilità.2 Tuttavia, questo formato si è rivelato inefficace, tanto che nel 2009 in maniera del tutto indipendente, il Regno saudita aveva annunciato il proprio programma per lo sviluppo dell’energia nucleare e nell’aprile 2010 è stato emesso un decreto reale sull’istituzione del King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy (KACARE),3 che supervisiona tutte le attività nucleari nel paese, gestisce l’Istituto di Ricerca sull’Energia Atomica e la formazione di specialisti nel settore nucleare oltre ad agire come rappresentante dell’Arabia Saudita presso l’AIEA.
Sotto la guida di bin Salman è stato lanciato il progetto Saudi Vision 2030 in seno al quale il Regno saudita ha adottato il “National Transformation Program” che prevede la produzione di idrogeno e petrolio di scisto utilizzando tecnologie che non danneggino l’ambiente e lo sviluppo di un programma nucleare.4
Esistono un serie di accordi di cooperazione tra Riad e l’AIEA, compresa l’applicazione di salvaguardie in relazione al Trattato di non Proliferazione delle Armi Nucleari siglato nel 2019.5
Nel 2018, il Ministero degli Affari Esteri del Regno aveva annunciato l’approvazione da parte delle autorità saudite di un programma nazionale per lo sviluppo dell’energia nucleare per usi pacifici ed una gara d’appalto che vide la partecipazione della russa Rosatom, per la realizzazione della prima centrale nucleare del paese.
Si prevedeva allora la creazione di 16 reattori nucleari con una capacità totale di 17,6 GW nei successivi 25 anni, con una spesa di 80 miliardi di dollari, per la generazione di elettricità e la desalinizzazione. In occasione dell’annuncio Riad aveva anche espresso la speranza di un sostegno statunitense all’interno di un quadro di accordi che vigilasse sull’impiego esclusivamente civile del nucleare. 6
Nonostante il Regno saudita abbia garantito di aderire agli standard di sicurezza internazionali e di sviluppare il programma nucleare per scopi civili,7 vi sono state già diversi anni fa dichiarazioni che lasciavano presagire la possibilità di un impiego diverso. Infatti, nel 2018, in una intervista rilasciata alla CBS, il principe Mohammed bin Salman dichiarò che benché Riad non percepisse l’Iran come un concorrente dell’Arabia Saudita (il suo esercito non era tra i cinque più potenti del mondo musulmano e l’economia saudita era più forte di quella iraniana), era sua opinione che Khamenei fosse “un nuovo Hitler” che mirava all’espansione del suo impero in Medio Oriente, ragion per cui affermò che la monarchia saudita si sarebbe munita il prima possibile di una bomba nucleare qualora l’Iran avesse fatto altrettanto.8 A queste dichiarazioni fecero eco quelle del Ministro degli Esteri Adel Al-Jubeir che in una intervista alla CNN confermò l’intento.9 Se da un lato gli Stati Uniti erano appena usciti dall’accordo sul nucleare sotto la presidenza Trump e quindi il timore della reazione di Teheran era forte, dall’altro, va sottolineato che già nel 2003 il defunto re saudita Abdullah Bin Abdul Aziz aveva manifestato lo stesso intento.
A differenza dell’Iran, l’Arabia Saudita ha risorse di uranio nel suo deserto e ha adottato un piano di estrazione all’interno del progetto Saudi Vision 2030. Secondo The Guardian il paese sarebbe in grado di produrre più di 90.000 tonnellate di uranio all’anno,10 volume sufficiente non solo per fornire al Regno energia atomica, ma anche per l’implementazione di armi nucleari. Riad rifiuta di accettare le stesse restrizioni imposte agli Emirati Arabi Uniti in base all’Accordo 123 (l’accordo prevede che un paese rinunci all’arricchimento dell’uranio o al riprocessamento del plutonio, che sono due meccanismi per implementare armi nucleari). Abu Dhabi ebbe il via libera di Washington rispetto al suo programma nucleare, a patto di non arricchire l’Uranio in loco ma di importarlo11.
Ciononostante, va ricordato che in quanto membro del NPT, la monarchia saudita è legalmente obbligato a non perseguire mai lo sviluppo di armamenti nucleari e ad adoperarsi per la loro eventuale eliminazione. Riad ha anche partecipato ai negoziati per il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari e ha votato a favore della sua adozione. In una dichiarazione alle Nazioni Unite, l’Arabia Saudita ha riaffermato che:
“la sicurezza e la stabilità in nessuna regione possono essere raggiunte attraverso il possesso di armi di distruzione di massa”.12
Un dato negativo, invece, è la mancata sottoscrizione del protocollo aggiuntivo con l’AIEA, il che limita il potere investigativo internazionale nei suoi impianti nucleari.
La campagna dell’ex presidente statunitense Donald Trump nel 2016 divise fortemente il Congresso statunitense. Mentre da un lato il Presidente dichiarava che insistere su politiche di non proliferazione era poco utile giacché era solo questione di tempo prima che gli alleati degli Stati Uniti, inclusa l’Arabia Saudita, acquisissero armi nucleari,13 dall’altro si accusava un trasferimento indebito di know-how senza tener conto delle dovute garanzie. L’allora segretario stampa Sarah Sanders affermò, infatti, che mentre la Casa Bianca era molto impegnata a garantire che l’Iran non disponesse di armi nucleari, non aveva una politica specifica sul fronte saudita.14
Non possedendo il know-how necessario e i professionisti per sviluppare le aspirazioni nucleari, vi sono state diverse speculazioni su possibili attori regionali a cui si sarebbe rivolta Riad per procurarsi armamenti nel breve periodo. Nel 2013, ad una conferenza in Svezia, l’ex capo dell’Intelligence militare israeliana Amos Yadlin affermò che se l’Iran avesse ottenuto la bomba nucleare i sauditi non avrebbero aspettato neanche un mese a fare lo stesso. Al contrario, avevano già pagato per averla e sarebbero andati in Pakistan per ottenere ciò che volevano.15 Le intelligence occidentali stimano che l’Arabia Saudita abbia fornito almeno sette miliardi di dollari per lo sviluppo del programma nucleare del Pakistan, mentre Washington tentava di boicottarlo. Riad era stata considerata il principale finanziatore del progetto della bomba atomica pakistana fondato dall’ex primo ministro pakistano Zulfiqar Ali Bhutto nel 1974. Nel 1999 l’Arabia Saudita ha inviato una squadra di difesa in Pakistan per visitare le sue strutture nucleari segrete e per confrontarsi con Abdul Qader Khan, il capo del programma nucleare pakistano, che in seguito è stato condannato per aver diffuso tecnologia nucleare in Iran, Libia e Corea del Nord. Khan, a sua volta, avrebbe visitato il Regno saudita più di 40 volte16.
Nella primavera del 2006, la pubblicazione tedesca Cicero riportava un articolo in cui dettagliava le accuse secondo cui il Pakistan avrebbe collaborato con l’Arabia Saudita per costruire un “programma nucleare segreto”.17 Nell’articolo si sosteneva che l’Arabia Saudita avesse ricevuto missili nucleari e testate dal Pakistan, tesi supportata dalle immagini satellitari che accompagnavano la pubblicazione e rivelavano una città sotterranea segreta ad al-Sulayil, 500 chilometri a sud di Riad, contenente dozzine di silos missilistici che presumibilmente ospitavano missili pakistani “Ghauri” a medio raggio. Rapporti precedenti affermavano che questo sito era il luogo in cui venivano schierati alcuni dei missili CSS-2 a raggio intermedio che l’Arabia Saudita aveva presumibilmente acquistato dalla Cina alla fine degli anni ’80. L’Arabia Saudita ed il Pakistan negarono ogni accusa.18
Cooperazione con la Cina
Nel 1985, durante il governo di re Fahd, la Cina ha consegnato missili balistici CSS-2 East Wind all’Arabia Saudita19 in un accordo del valore di 3,5 miliardi di dollari e, sebbene questi missili siano ormai quasi obsoleti, una volta erano la componente principale dell’energia nucleare cinese. Questi missili rimasero celati fino alle esercitazioni militari Saif Abdullah20 nel 2014, durante le quali l’Arabia Saudita ne fece sfoggio.21
Secondo l’intelligence israeliana, i missili CSS-2 erano stati schierati in due siti: al-Sulaiyil, a circa 500 km a sud di Riad e al-Joffer, a 100 km a sud di Riad. Ogni sito ospitava da quattro a sei piattaforme di lancio in cemento e immagazzinava circa 60 missili.22 Nel 2007, l’Arabia Saudita ha aggiornato il suo arsenale di missili CSS-2 cinesi a combustibile liquido e li ha sostituiti con missili a combustibile solido CSS-5 più avanzati.
Si può quindi affermare che una collaborazione con la Cina in materia di armi di distruzione di massa, qualora fosse comprovata, non sarebbe una novità.
Nel 2012, il presidente cinese Wen Jiabao firmò un accordo congiunto di cooperazione per l’energia nucleare con il re saudita Abdullah Bin Abdul Aziz per rafforzare la cooperazione tra i due paesi nello sviluppo e nell’uso dell’energia atomica, con particolare attenzione alla manutenzione e allo sviluppo di centrali nucleari e dei reattori, nonché del combustibile nucleare.23
Nel 2017 la China National Nuclear Corp (CNNC), il principale sviluppatore di progetti nucleari statali della Cina, ha firmato un memorandum d’intesa con il Saudi Geological Survey (SGS) per esplorare e valutare le risorse di uranio e torio in Arabia Saudita necessarie a soddisfare il fabbisogno di materiale radioattivo del paese.24
I geologi cinesi hanno stabilito che i depositi di uranio della Giordania si estendono a sud della provincia saudita di Hail e si ritiene che tali giacimenti abbiano riserve fino a 65.000 tonnellate di uranio più il potenziale per estrarre 140.000 tonnellate dai fosfati.
Il Ministro degli Esteri saudita Adel bin Ahmed al-Jubeir ha affermato come sviluppare l’energia nucleare è vitale per diversificare l’economia del paese e preservare il suo potenziale petrolifero. Il Ministro dell’Energia Abdulaziz bin Salman Al Saud ha affermato alla World Mining Conference che si è svolta a gennaio 2022 a Riad che l’Arabia Saudita ha enormi riserve di uranio e le userà per fini commerciali. A questo scopo, il Regno intende attrarre investimenti stranieri con l’aiuto di Saudi Arabia Mining.25 Il ministro dell’Industria e delle Risorse Minerarie Bandar al-Hurayf ha assicurato alla conferenza che il settore minerario diventerà il terzo pilastro dell’industria nazionale. Il paese prevede di aumentare la quota nel PIL di questa industria da 17 miliardi di dollari a 64 entro il 2030.
Un anno dopo l’annuncio di Mohammad Bin Salman circa l’intento di sviluppare un programma nucleare in risposta alla minaccia iraniana, il fratello del principe ereditario e ministro dell’Energia, il principe Abdulaziz bin Salman Al Saud, ha dichiarato al Congresso Mondiale dell’Energia che l’Arabia Saudita era impegnata a stabilire un ciclo nucleare completo.26
Secondo fonti locali e internazionali, l’Arabia Saudita ha collaborato con Pechino per la realizzazione di un impianto situato in un’area desertica vicino alla città di Al-Uyain (30 km a nord-ovest di Riad) adatto alla produzione della torta gialla di uranio. Questa polvere concentrata non rappresenta una minaccia fino a quando non viene convertita in esafluoruro di uranio e non costituisce di per sé la violazione di alcun accordo internazionale.
Complice il deterioramento dei rapporti tra Riad e Washington a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001 (15 dei 19 attentatori erano sauditi), della minaccia del programma nucleare iraniano e delle preoccupazioni saudite rispetto all’assenza di qualsiasi pressione internazionale su Israele che si stima essere in possesso di circa 200 ordigni nucleari,27 l’Arabia Saudita resiste alle pressioni statunitensi e non è incline a rinunciare alla possibilità di arricchire l’uranio sul suo territorio.
Gli interessi sauditi-cinesi convergono su più fronti. Mohammad bin Salman è co-presidente del Comitato congiunto di alto livello (HLJC), il comitato direttivo per la partnership strategica globale con il vicepremier cinese Han Zheng e i due si incontrano ogni anno per coordinare la cooperazione bilaterale. Durante i loro incontri sono stati firmati 35 accordi commerciali e di investimento per un valore di 28 miliardi di dollari.28 La Cina mira ad espandere la propria influenza in Medio Oriente per contrastare la presenza e la politica estera degli Stati Uniti oltre che trarre vantaggi economici. La Belt and Road Initiative (BRI) collega nazioni e mercati in tutta l’Eurasia e nella regione dell’Oceano Indiano. Saudi Vision 2030 è un programma di diversificazione economica dipendente dall’esterno per investimenti e competenze e quindi i due progetti (Saudi Vision 2030 e BRI) sono perfettamente complementari.
Parlando di cooperazione militare, la Cina ha copiosamente investito in programmi di energia nucleare nazionali ed esteri. Il Paese possiede diverse centinaia di testate nucleari (la Cina mira ad averne 1.000 entro il 2030) e punta a diventare un centro di diffusione pacifica dell’energia nucleare a scopo di lucro. Pertanto, l’Arabia Saudita è considerato un altro mercato in cui esportare le sue tecnologie.
L’Arabia Saudita ha una notevole influenza politica, economica e religiosa in Medio Oriente. Mantenendo un rapporto puramente economico, la Cina può continuare a raccogliere i frutti dell’alleanza tra sauditi e Stati Uniti, che garantisce l’ordine regionale, senza dover contribuire agli alti costi della messa in sicurezza del Golfo Persico. L’Arabia Saudita ha tre caratteristiche indispensabili per i progetti cinesi: una posizione geostrategica, il suo ruolo di superpotenza energetica e la sua preminenza nell’Islam globale. Geograficamente, il Regno saudita si presta perfettamente per la connettività marittima della BRI: è un grande stato che occupa circa l’80% della penisola arabica ed è l’unico paese con accesso costiero sia al Golfo Persico che al Mar Rosso. Considerando la minaccia della chiusura dello Stretto di Hormuz e di Bab el-Mandeb, l’Arabia Saudita rappresenta una perfetta alternativa di transito. Infine, il Paese si trova al centro del Medio Oriente, dove confina con otto stati ed è, quindi, un attore chiave.
Un secondo aspetto che deve essere preso in considerazione e non può essere tralasciato in secondo piano è il fatto che l’Arabia Saudita è una superpotenza petrolifera le cui riserve accertate di petrolio greggio sono le seconde al mondo. Considerando che la Cina ha bisogno di forniture energetiche continue e prendendo in considerazione l’impatto che le sanzioni statunitensi imposte all’Iran hanno avuto nel mercato energetico, le esportazioni dell’Arabia Saudita in Cina sono quasi raddoppiate tra agosto 2018 e luglio 2019.
L’Islam è il terzo aspetto. Il Regno saudita ospita la Mecca, Medina e altri luoghi sacri dell’Islam nel suo territorio. Questo fa sì che i sauditi abbiano una grande influenza nella ummah (comunità) mondiale. La Cina ha una popolazione musulmana di circa 22 milioni e pertanto il ruolo dell’Arabia Saudita nel plasmare le norme e le pratiche islamiche può influenzare la politica interna cinese. La cooperazione con l’Arabia Saudita sugli affari islamici aiuta la Cina a rafforzare la sua legittimità agli occhi della popolazione musulmana aspetto fondamentale se si pensa alla questione degli uiguri dello Xinjiang.
Neanche gli “scandali mediatici internazionali” come il caso Kashoggi hanno scalfito il rapporto tra Pechino e Riad: a tal proposito, Xi Jin Ping ha affermato che “la Cina è un buon amico e partner dell’Arabia Saudita” a differenza di quanto fatto dall’alleato storico statunitense. Considerando che Washington dopo gli Accordi di Abramo e a seguito del disimpegno militare dall’Afghanistan e dall’Iraq ha dimostrato un minore interesse nelle dinamiche mediorientali e del contesto arabo-musulmano preferendo concentrarsi nello scontro con la Russia, nell’Asia-Pacifico e nelle dinamiche dell’America Latina, Pechino sta divenendo un attore sempre più importante per diversificare le relazioni internazionali ed economiche saudite con le potenze extraregionali. In questa ottica possono essere considerate le numerose joint venture sino-saudite localizzate sia in Arabia Saudita che in Cina come, ad esempio, la collaborazione tra la Saudi Aramco e la Norinco o l’accordo di Huawei con i ministeri sauditi.
Infine, il principio di non interferenza nella politica interna dei paesi partner rende i cinesi dei partner commerciali attraenti per l’Arabia Saudita in un momento storico in cui la presidenza statunitense fa pressioni riguardo le violazioni dei diritti umani a Riad.
L’unico rischio che potrebbe minare i rapporti tra Riad e Pechino è il ruolo di Teheran all’interno dei progetti della Nuova Via della Seta. L’Iran ha una posizione geografica tra Europa e Asia all’incrocio dei corridoi nord-sud ed est-ovest. Inoltre, la rete ferroviaria di 2.300 km che collega Urumqi a Teheran è per la Cina la porta terrestre verso l’Europa.
Un dettaglio interessante che potrebbe spingere i sauditi maggiormente verso la Cina sono i forti legami che la Repubblica Popolare Cinese ha con il Pakistan il cui programma nucleare, come precedentemente sottolineato, è stato finanziato da Riad. Secondo il Consiglio di sicurezza nazionale israeliano il Pakistan rimane un alleato strategico dell’Arabia Saudita. Infatti, tramite il porto pakistano a guida cinese di Gwadar, Riad potrebbe ottenere un avamposto strategico vicino allo stress di Hormuz dove monitorare le attività iraniane.
Conclusioni
Il primo reattore nucleare del Golfo è stato realizzato nel deserto, a 200 chilometri da Abu Dhabi, su un progetto sudcoreano che sfrutta tecnologia statunitense.
L’Arabia Saudita da un lato aderisce ai progetti internazionali di transizione energetica che prevedono l’impiego di risorse alternative ai combustibili fossili, dall’altro deve far fronte alla crescente domanda energetica interna che riduce i volumi da destinare all’export e all’industria di desalinizzazione dell’acqua. Tali necessità si sono tradotte nello sviluppo di tecnologia nucleare e nell’implementazione dell’intero ciclo del combustibile atomico.
Da decadi le intelligence di diversi paesi sospettano che il Regno saudita sia entrato in possesso di armi di distruzione di massa e oggi si teme che Riad possa produrre armamenti nucleari in casa. Ad avvalorare tale teoria vi sono le affermazioni del principe ereditario e di diversi ministri sauditi che sostengono che una tale possibilità sarebbe vagliata in risposta al programma nucleare iraniano, in quello che gli esperti definiscono un equilibrio di terrore e deterrenza con Teheran. Come ulteriore prova che supporti un uso improprio della tecnologia nucleare vi è la previsione sui costi di realizzazione dell’intero ciclo nucleare in loco.
Attualmente, infatti, nel mondo sono attivi circa 442 reattori nucleari concentrati in 29 stati. Tuttavia, solo pochi paesi sono in grado di costruire centrali nucleari e le rispettive componenti: Russia, Stati Uniti e Francia sono fra i principali produttori. Di norma, i paesi e le aziende costruttrici concordano con i clienti la fornitura di combustibile nucleare29 e la manutenzione del reattore dopo la sua messa in servizio, poiché la costruzione di impianti di arricchimento di uranio è un processo di gran lunga più costoso. Inoltre, un ciclo nucleare completo è considerato redditizio se ci sono almeno 10-15 centrali nucleari nel paese. Per questa ragione, in contrasto con quello che sarebbe un vantaggio economico, si ritiene che l’Arabia Saudita sviluppi l’intero processo sul proprio suolo per il rapido sviluppo di armi nucleari in caso di uno scontro con potenze nucleari ritenute ostili come l’Iran.
All’interno di questo quadro è interessante sottolineare il ruolo preponderante di uno dei principali attori internazionali emergenti, la Cina. Pechino ha fatto dell’esportazione del suo know-how sul nucleare una delle politiche di penetrazione regionale, tanto da aver collaborato a vario titolo nello sviluppo dei programmi nucleari sia iraniano che saudita. Inoltre, questa cooperazione garantisce alla Cina la sicurezza delle forniture petrolifere saudite e riduce l’influenza degli Stati Uniti nel paese.
Gli Stati Uniti hanno avuto una politica discontinua in Arabia Saudita e in generale nella Penisola arabica che ha permesso a Pechino di insinuarsi nella regione. Benché la Central Intelligence Agency (CIA) abbia rilasciato sotto l’amministrazione Biden un report che implicava gli alti vertici del Regno nell’omicidio Khashoggi, l’Arabia Saudita non è stata trasformata in uno stato paria come invece il presidente statunitense aveva palesato nel corso della sua campagna elettorale. In effetti, Riad rimane un alleato necessario nella regione in ottica mediorientale e anche nell’export dell’industria bellica: non va infatti dimenticato che nel corso degli anni i sauditi hanno acquistato armi statunitensi per miliardi di dollari e fornito basi militari a Washington.
Gli accordi di Abramo hanno portato ad un cambiamento radicale nell’intero paradigma della regione mediorientale. Ciononostante, gli attori regionali in possesso di tecnologia nucleare continuano a guardare con sospetto ai rispettivi vicini in una escalation che può portare ad una proliferazione incontrollata di armamenti di distruzione di massa nell’area. Tra le potenze euroasiatiche, il TNP non è stato firmato da India, Pakistan, e Israele.
Anche l’Iran non è immune dal rischio a cui i programmi nucleari delle potenze regionali espongono il paese. Nel 2019 Ali Shamkhani, segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale Supremo iraniano, ha accusato le potenze regionali di impiegare i loro petrodollari in progetti nucleari sospetti facendo seguito alle parole di Mohammad Javad Zarif, a suo tempo Ministro degli Esteri dell’Iran, che lamentava l’ipocrisia degli Stati Uniti nel boicottare il programma nucleare iraniano e al contempo vendere tecnologia militare all’Arabia Saudita.
In conclusione, la tecnologia nucleare ha la doppia valenza di leva geopolitica ed elemento di deterrenza. I recenti colloqui fra Iran ed Arabia Saudita lasciano sperare in una de-escalation ed il mancato impiego di armamenti di distruzione di massa in scenari condivisi come lo Yemen. Ciononostante, la rivalità ideologica e militare delle superpotenze della regione, cui si aggiunge Tel Aviv, spinge Riad ad armarsi.
NOTE AL TESTO
1 Questa ricerca è stata ultimata nel febbraio 2022 precedentemente lo scoppio del conflitto in Ucraina.
2 Hassan M. Fattah (2006) Arab nations to start joint nuclear energy program, New York Times. Link: https://www.nytimes.com/2006/12/11/world/middleeast/11nuke.html
3 King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy (KACARE) Official Website. Link: https://www.energy.gov.sa/en/about/Pages/royalorder.aspx
4 National Transformation Program, Saudi Vision 2030 Official Website. Link: https://www.vision2030.gov.sa/v2030/vrps/ntp/
5 International Atomic Energy Agency, factsheets: Country list. Link: https://www.iaea.org/resources/legal/country-factsheets
6 Dimitry Salov (2018) СаудовскаяАравияприняланациональнуюатомнуюпрограмму, Anna-News.info. Link: https://anna-news.info/saudovskaya-araviya-prinyala-natsionalnuyu-atomnuyu-programmu/
7 Asharq Al-Awsat (20219 Saudi Arabia Stresses Commitment to Peaceful Use of Nuclear Energy. Link: https://english.aawsat.com/home/article/3200751/saudi-arabia-stresses-commitment-peaceful-use-nuclear-energy
8 CNN (2018) محمد بن سلمان: إذا طورت إيران قنبلة نووية سنفعل الشيء نفسه (Muhammed bin Salman: se l’Iran sviluppa una bomba atomica noi faremo lo stesso) . Link: https://arabic.cnn.com/middle-east/2018/03/15/saudi-mbs-nuclear-bomb
9Muhammad al-Nijar (2018) القنبلة النووية السعودية.. تصنيع أم شراء؟ (La bomba nucleare saudita… Fabbricazione o acquisto?), Al-Jazeera. Link: https://www.aljazeera.net/news/reportsandinterviews/2018/5/القنبلة–النووية–السعودية–تصنيع–أم
10 Emma Graham-Harrison, Stephanie Kirchgaessner and Julian Borger (2020) Revealed: Saudi Arabia may have enough uranium ore to produce nuclear fuel, The Guardian. Link: https://www.theguardian.com/world/2020/sep/17/revealed-saudi-arabia-may-have-enough-uranium-ore-to-produce-nuclear-fuel.
11 Al-Maydeen (2018) ولي العهد السعودي قد يبني مملكة نووية (Il principe ereditario saudita potrebbe costruire un regno nucleare). Link: https://www.almayadeen.net/press/foreignpress/919917/ ولي–العهد–السعودي–قد–يبني–مملكة–نووية
12 Abdallah Y. Al-Mouallim (2015) Statement of the Kingdom of Saudi Arabia Before 2015 Review Conference of the Parties to the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons, United Nations, New York. Link: https://www.un.org/en/conf/npt/2015/statements/pdf/SA_en.pdf
13Robert Windrem, William M. Arkin (2016) What Does Donald Trump Really Think About Using Nuclear Weapons?, NBC News. Link: https://www.nbcnews.com/news/us-news/what-does-donald-trump-really-think-about-using-nuclear-weapons-n655536
14 Evan O. Lisman (n.d.) Reinforcing Saudi Arabia’s Non-Proliferation Obligations, Center for Arms Control and Non-Proliferation. Link: https://armscontrolcenter.org/reinforcing-saudi-arabias-non-proliferation-obligations/
15 Mark Urban (2013) Saudi nuclear weapons ‘on order’ from Pakistan, BBC. Link: https://www.bbc.com/news/world-middle-east-24823846
16 Simon Henderson (2013) The Nuclear Handshake, Foreign Policy. Link: https://foreignpolicy.com/2013/11/08/the-nuclear-handshake/
17 Al-Bawaba (2006) مجلة المانية تزعم ان السعودية تعمل على برنامج نووي سري (La rivista tedesca afferma che l’Arabia Saudita sta lavorando a un programma nucleare segreto). Link: https://www.albawaba.com/ar/ أخبار/مجلة–المانية–تزعم–ان–السعودية–تعمل–على–برنامج–نووي–سري
18 Arab News (2006) Kingdom Denies Nuke Report. Link: https://www.arabnews.com/node/282643
19 Joseph A. Kéchichian (2016) Saudi Arabia and China: The Security Dimension, Middle East Institute (MEI). Link: https://www.mei.edu/publications/saudi-arabia-and-china-security-dimension#:~:text=The%20first%20concrete%20manifestation%20of%20Sino-Saudi%20security%20cooperation,Wind%E2%80%9D%20intermediate-range%20ballistic%20missiles%20%28IRBMs%29%20and%20nine%20launchers.
20 Theodore Karasik (2014) Strategic implications of Saudi Arabia’s military parade, Al-Arabiya News. Link: https://english.alarabiya.net/views/news/middle-east/2014/05/04/Saudi-Arabia-flashes-its-might-in-strategic-military-parade
21 Mustafa Kamel (2018) البرنامج النووي السعودي (Programma nucleare saudita), Al-Nahrain Center for Strategic Studies. Link: https://www.alnahrain.iq/post/313
22 Global Security (n.d.) Al Sulayyil Missile Base. Link: https://www.globalsecurity.org/wmd/world/saudi/al-sulayyil.htm#N_1_
23Manohar Parrikar Institute for Defence Studies and Analysis (2013) Saudi Arabia Sings Nuclear Cooperation Agreement with China. Link: https://idsa.in/TWIR/1_1_2012_SaudiArabia https://www.mfa.gov.cn/ce/ceuk//eng/zgyw/t898613.htm
24 China.org.cn (2017) China, Saudi Arabia push forward nuclear energy cooperation. Link: http://www.china.org.cn/business/2017-08/28/content_41489766.htm
25 Atomnaya Energya 2.0 (2022) Саудовская Аравия планирует начать разработку значительных месторождений урана с участием иностранных инвесторов (L’Arabia Saudita prevede di iniziare a sviluppare importanti giacimenti di uranio con la partecipazione di investitori stranieri). Link: https://www.atomic-energy.ru/news/2022/01/12/120902
26 Kapital Zentr Delovoy Informaciy (2019) Саудовская Аравия будет развивать ядерную энергетику (Arabia Saudita svilupperà l’energia nucleare). Link: https://kapital.kz/world/81082/saudovskaya-araviya-budet-razvivat-yadernuyu-energetiku.html
27 Center for Arm Control and Non-Proliferation (n.d.) Israel’s Nuclear Inventory. Link: https://armscontrolcenter.org/wp-content/uploads/2020/03/Israel.pdf
28 MEED (2019) Saudi Arabia and China sign agreements worth $28 billion, Offshore Technology. Link: https://www.offshore-technology.com/comment/saudi-arabia-and-china-sign-agreements-worth-28-billion/
29 Delphi Pages (2020) Gruppo di fornitori nucleari | organizzazioni internazionali. Link: https://delphipages.live/it/politica-diritto-e-governo/relazioni-internazionali/nuclear-suppliers-group
Silvia Boltuc. Analista specializzata in relazioni internazionali, energia e conflitti nello spazio post-Sovietico, in Medio Oriente e Nord Africa. Attualmente è Managing Director di SpecialEurasia e Manager del progetto “Middle East Monitoring”. Svolge l’incarico di responsabile dell’Area Energia e Nuove Tecnologie del CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo e di analista per la testata italiana Notizie Geopolitiche. In passato ha svolto il ruolo di Associate Director di ASRIE Analytica supportando il processo decisionale di partner pubblici e privati attraverso attività di consulenza, risk assessment e pianificazione operativa di missioni in loco. Ha scritto analisi e contributi sia in lingua italiana che in inglese per centri studi e agenzie media nazionali e internazionali come The Defence Horizon Journal, European Affairs Magazine, The Robert Lasing Institute.
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