di Enrico Vigna, 24 marzo 2022
“Ho appena dato mandato al comandante supremo delle forze alleate in Europa, il generale Clark, di avviare le operazioni d’aria (ndt: bombardamenti aerei…) sulla Repubblica Federale di Jugoslavia…Tutti gli sforzi per raggiungere una soluzione politica negoziata alla crisi del Kosovo sono falliti e non ci sono alternative all’intraprendere l’azione militare…”
Così, il 23 marzo 1999, l’allora Segretario generale della NATO J. Solana, davanti ai mass media del mondo, decretava l’inizio della fine della “piccola” Jugoslavia e del popolo serbo in particolare.
Questa aggressione è stata la prima guerra sul suolo europeo condotta dalla fine della seconda guerra mondiale. Mentre le bombe e i missili lanciati dalla più potente macchina militare nella storia della civiltà, erano impegnati a distruggere un piccolo paese europeo, hanno anche distrutto il sistema di sicurezza europeo e globale, basato sulla Carta delle Nazioni Unite, l’Atto fondante dell’OSCE e la Carta di Parigi. Ancora oggi l’Europa e il mondo subiscono le gravi conseguenze di quella distruzione. Nel processo, la NATO si alleò con il cosiddetto UCK, una formazione separatista-terrorista, come corpo di fanteria, alimentando così il separatismo e il terrorismo.
L’inizio dell’aggressione della NATO del 1999 contro la piccola Jugoslavia (la RFJ), è un’altra occasione per ricordare i crimini e le atrocità documentate e per ricordare ai popoli, in particolare ai giovani, gli orrori e i danni causati dall’aggressione, nonché le conseguenze di cui molti aspetti devono ancora essere risolti oggi. Quel precedente di aggressione eseguita senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU è poi stato riutilizzato nelle successive aggressioni in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria. L’aggressione della NATO contro la RFJ nel 1999 è stata un trampolino di lancio per dare vita alla strategia di espansione militare verso est, sempre più vicino ai confini russi, circondandola di basi militari, che è la causa principale della crisi ucraina.
È cinismo portato all’estremo, accusare altri paesi di crimini che i principali stati della NATO hanno continuamente commesso negli ultimi 30 anni. Sarebbe meglio invece di accusare gli altri, si fermassero un momento e ricordassero i propri misfatti, si pentissero e rimediassero a tutte le ingiustizie che hanno fatto in Jugoslavia e in tutti gli altri paesi, in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Yemen e altri.
Oggi, mentre il mondo si avvicina ancora una volta al rischio di un conflitto nucleare, sarebbe più importante che mai, che l’opinione pubblica occidentale, comprenda e rifiuti le politiche auto distruttive e non pacificatorie dei propri governi, che rischiano di trascinare il mondo in un abisso. Potrebbe essere utile per capire alcune strategie, citare Macchiavelli, il quale in tempi lontani già considerò: «Non colui che per primo imbraccia le armi è istigatore di un disastro, ma colui che lo costringe».
Per avere un futuro degno di essere vissuto, c’è bisogno, oggi più che mai, di politiche volte ad eliminare le cause dei conflitti nel mondo. Il presupposto per fare questo sta nel perseguire un ordine di pace multipolare, in cui provocazioni, complotti e accordi segreti non devono essere pianificate e avere posto.
Oggi ci auguriamo in una riduzione dell’escalation militare il prima possibile. Ma ciò sarà possibile solo se la storia e gli avvenimenti internazionali ed i loro conflitti dal 1990, saranno indagati con onestà intellettuale e storica.
Anche Max K. E. L. Planck, fondatore della fisica quantistica, può aiutare e darci alcuni ammonimenti: “Il pericolo più grande oggi, sono coloro che non vogliono ammettere, che l’epoca che sta nascendo è profondamente diversa dal passato. Con i concetti tradizionali non saremo in grado di far fronte a questa nuova situazione. Il fallimento del concetto tradizionale di guerra, attacco e difesa è evidente. Senza ripensamenti, non c’è via d’uscita dal pericolo.”
L’aggressione alla Repubblica Federale di Jugoslavia/ Serbia…fu motivata dalla necessità di fermare una “pulizia etnica”, un “genocidio” e ripristinare i “diritti umani” nella provincia kosovara. Perché queste furono le tre basi fondanti su cui la cosiddetta Comunità Internazionale: cioè gli otto paesi più ricchi della Terra, cioè il loro braccio armato, la NATO (in quanto i governi dei 2/3 dell’umanità tra voti contrari e astensioni, erano contrari alla guerra) hanno decretato l’aggressione alla Jugoslavia il 24 marzo 1999.
La realtà storica sul campo è esattamente il contrario delle verità ufficiali raccontate dalla NATO, dall’UNMIK, dall’OSCE o dalla cosiddetta Comunità Internazionale.
Dopo 22 anni ancora non sono stati documentati e provati la cosiddetta “pulizia etnica”, il “genocidio”, “le fosse comuni” con le decine di migliaia di albanesi kosovari dentro!
Quando, secondo i documenti CIA, FBI, OSCE, Unmik, NATO….a tutt’oggi: sono stati ritrovati 2108 corpi di tutte le etnie; secondo l’UNCHR i primi profughi sono stati registrati il 27 marzo 1999, cioè 3 giorni dopo l’inizio dei bombardamenti; sono stati uccisi dal giugno ’99 in poi 3.000 serbi, rom, albanesi jugoslavisti, e di altre minoranze; sono stati rapiti 1300 serbi; oggi si sa (tramite le memorie della ex procuratrice del tribunale dell’Aja per la Yugoslavia, Carla Del Ponte) che loro sapevano dei 300 serbi rapiti dalle forze terroriste dell’UCK portati in Albania per estirpare loro gli organi ad uno ad uno.
24 marzo 2022 – Anniversario dell’aggressione della NATO alla Repubblica Federale Jugoslava
Il 24 marzo, ricorrono 23 anni dall’inizio dell’aggressione NATO alla Repubblica Federale di Jugoslavia. Durante questa aggressione, che è durata 78 giorni, migliaia sono state le vittime, un gran numero sono state feriti e resi invalidi permanentemente.
Durante l’aggressione NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia dal 24 marzo al 10 giugno 1999, l’aviazione della NATO ha effettuato migliaia di attacchi, bombardando civili e obiettivi non militari.
Molti bambini sono periti durante questi attacchi, e sono anche morti molti malati ricoverati negli ospedali, passanti, persone nelle strade, nei mercati, nelle colonne dei profughi.
Sono stati distrutti ospedali, abitazioni, scuole, ponti, chiese, monasteri.
Questi attacchi sono stati cinicamente definiti dagli ufficiali della NATO come danni collaterali, benché si trattasse di attacchi il cui obiettivo era di distruggere il morale della popolazione con l’intimidazione intenzionale come strumento.
Come esseri umani e come persone coscienti, abbiamo un obbligo morale di rendere omaggio a queste vittime e a tutte le altre vittime dell’aggressione.
In questa lunga lista di vittime menzioniamo la piccola Milica Rakic, una bimba di 2 anni della periferia di Belgrado, così come le piccole vittime del bombardamento della sezione infantile dell’ospedale Misovic a Belgrado e molti altri.
La rete stradale e ferroviaria furono distrutte, altrettanto un gran numero di fabbriche, di scuole, ospedali, installazioni petrolchimiche, di monumenti e siti culturali.
Il danno diretto è stato stimato in 100 miliardi di dollari americani.
Intere regioni della Serbia e in particolar modo, il Kosovo sono stati inquinati a causa dell’uso dell’uranio impoverito, provocando tutt’oggi decine di migliaia di morti, compresi centinaia di soldati italiani.
Le conseguenze per la popolazione e soprattutto per i nuovi nati si manifestano in malformazioni che si acutizzano con il passare del tempo. Decine di migliaia di serbi resistenti, continuano a vivere in enclave, tuttora protetti per evitare violenze ed assalti.
L’aggressione della NATO contro la R.F. di Jugoslavia ha rappresentato un colpo senza precedenti all’ordine giudiziario internazionale, ai principi delle relazioni internazionali e alla carta delle Nazioni Unite.
A seguito delle motivazione e delle sue conseguenze, quest’aggressione ha rappresentato il primo avvenimento globale più importante dopo la Seconda Guerra Mondiale, poi abbiamo visto con le aggressioni a seguire ad altri popoli, che fu un laboratorio.
Quella aggressione contro la Jugoslavia ha lastricato la strada per l’utilizzo unilaterale della forza nelle relazioni internazionali ed ai successivi attacchi all’Afghanistan, all’Iraq, alla Siria, alla Libia e in questi mesi i venti di guerra sono in Ucraina, ai confini della Russia.
Durante quella aggressione fu realizzata una stretta alleanza tra la NATO e l’organizzazione terroristica, chiamata Armata di Liberazione del Kosovo (UCK), garantendo a questi ultimi la trasformazione da terroristi a governanti dell’attuale stato fantoccio del Kosovo.
Le conseguenze di questa alleanza si sono continuate a manifestare fino ad oggi, attraverso la continuazione di forme di intimidazione e terrorismo contro la popolazione serba ed ogni altra popolazione non albanese in Kosovo e Metohija; tra cui anche attacchi e distruzioni di monumenti della cultura cristiana, antifascista e jugoslavista.
Perché l’Europa è indifferente nei confronti di tutto ciò ? I Balcani, la Serbia e i paesi della regione necessitano di pace, di stabilità e di sviluppo, ma pretendono anche verità e giustizia.
Tutto ciò è possibile solo nel rispetto delle risoluzioni dell’ONU, sancite tra le parti nel 2000, alla cessazione dei bombardamenti, in particolare la Risoluzione 1244 che assicurava le garanzie ed i diritti uguali per tutte le popolazioni dell’area.
MA ESSA E’ TUTTORA CALPESTATA E RIMOSSA.
Enrico Vigna
è il portavoce del Forum Belgrado per un mondo di Eguali – Italia e Presidente di SOS Yugoslava – SOS Kosovo Metohija Italia
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