Russia: Putin ha firmato il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche del Donbass

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di Giulio Chinappi

Il presidente Vladimir Putin ha ufficialemente firmato i decreti che riconoscono l’indipendenza della Repubblica Popolare di Lugansk e della Repubblica Popolare di Doneck

Dopo le insistenti richieste formulate in modo trasversale dalla Duma di Stato, e con particolare enfasi dal Partito Comunista della Federazione Russa (Коммунистическая партия Российской Федерации, КПРФ; Kommunističeskaja partija Rossijskoj Federacii, KPRF), il presidente Vladimir Putin ha finalmente firmato i decreti che riconoscono l’indipendenza della Repubblica Popolare di Lugansk (RPL) e della Repubblica Popolare di Doneck (RPD), i due territori che si erano autoproclamati indipendenti già nel 2014, in seguito al colpo di Stato in Ucraina.

Per coloro che hanno la memoria corta, il colpo di Stato che ha avuto luogo in Ucraina nel febbraio 2014, con la conseguente deposizione del presidente legittimo Viktor Janukovyč, portò successivamente alla nascita di un governo nazionalista antirusso, che impose forti restrizioni e pesanti disciminazioni alla popolazione di etnia e lingua russa. Fu allora che, il 7 aprile, la Repubblica Popolare di Doneck dichiarò unilateralmente la propria indipendenza, seguita, il 12 maggio, dalla Repubblica Popolare di Lugansk. In precedenza, l’11 marzo, anche la Repubblica Autonoma di Crimea aveva proclamato l’indipendenza, per poi entrare a far parte della Federazione Russa in seguito all’esito del referendum organizzato il 16 marzo.

Dopo aver firmato i due decreti, Putin ha anche chiesto all’Assemblea Federale di sostenere questa decisione e quindi di ratificare i trattati di amicizia e mutuo soccorso con entrambe le repubbliche. Nell’annunciare questa decisione, il presidente ha espresso fiducia nel sostegno dei cittadini russi e di tutte le forze patriottiche nel paese, riporta l’agenzia stampa russa TASS.

Successivamente, Putin ha incontrato i leader della RPD e della RPL, rispettivamente Denis Pušilin Leonid Pasečnik, e ha firmato con loro i trattati di amicizia, cooperazione e mutuo soccorso tra la Russia e le due repubbliche. Questi trattati implicano la possibilità di un intervento diretto di Mosca nel caso in cui il governo ucraino passasse all’invasione armata dei territori delle due repubbliche. La cerimonia si è svolta nella Sala di Santa Caterina del Cremlino, che ha ospitato la riunione del Consiglio di sicurezza russo.

In precedenza, il presidente federale russo si era già lasciato andare ad alcuni commenti che facevano presagire questa decisione. “I negoziati sul Donbass sono in corso già da otto anni, ma questo processo è arrivato a un punto morto”, aveva detto Putin sempre di fronte al Consiglio di sicurezza. La soluzione pacifica alla questione del Donbass doveva essere basata sugli Accordi di Minsk concordati nel febbraio 2015, che prevedevano cessate il fuoco, ritiro delle armi, amnistia, ripresa dei legami economici e una profonda riforma costituzionale in Ucraina. Tuttavia il governo ucraino, al di là delle parole, non ha mai fatto nulla per attuare gli accordi.

La decisione del presidente russo è stata una conseguenza anche dalla minaccia di un eventuale ingresso dell’Ucraina nella NATO. “Se la Russia deve affrontare una minaccia come l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza del Nord Atlantico, alla NATO, allora le minacce al nostro Paese aumenteranno di molte volte“, ha detto Putin, ricordando l’articolo 5 del Trattato “secondo il quale è chiaro che tutti i Paesi dell’alleanza devono combattere dalla parte di uno dei loro membri se un alleato è considerato sotto attacco“. Al momento, due ex repubbliche sovietiche, l’Ucraina e la Georgiahanno firmato un memorandum che rappresenta il primo passo per la loro adesione all’alleanza militare a guida statunitense.

Anche il leader comunista russo Gennadij Zjuganov ha espresso la propria soddisfazione per la decisione del presidente Putin di riconoscere l’indipendenza di questi territori abitati per la grande maggioranza da popolazione russa. “Non si tratta di violare gli accordi di Minsk, ma di proteggere il diritto dei nostri popoli a vivere in pace e amicizia”, ha commentato il segretario del KPRF. “La cosa più tragica, ovviamente, è che tutto ciò che sta accadendo può dare il via a una grande guerra nel nostro Paese. Pertanto, ora è necessario che tutti si mobilitino il più possibile e facciano di tutto per fermare questa frenesia e illegalità”.

Zjuganov ha proseguito attaccando in maniera molto dura, seppur indiretta, il governo ucraino di Volodymyr Zelens’kyj: “Quando si dice che questa è una guerra tra russi e ucraini, è sbagliato. Ci sono russi e ucraini nel Donbass, e in Crimea ci sono tre lingue – russo, ucraino, tataro. Questa sarà una lotta contro i nazisti, i contro i provocatori, contro i bastardi che non hanno nulla a che fare con la nostra storia o cultura”. “In generale, questo è un crimine contro l’Ucraina, ogni famiglia, ogni persona, ogni madre. Devono capire che il popolo ucraino deve, prima di tutto, insorgere contro questa illegalità”.

Come spiegato da Zjuganov, il riconoscimento delle repubbliche popolari del Donbass da parte della Russia non è solamente un gesto simbolico, bensì una mossa in grado di cambiare le carte in tavola e di portare numerosi vantaggi: “Ciò significa che dichiariamo ufficialmente che i nostri cittadini risiedono nei territori di queste due repubbliche – ci sono circa 700.000 nostri cittadini lì. E proteggeremo con ogni mezzo i nostri compatrioti che vivono lì. Se necessario, utilizzeremo le Forze Armate”.

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