Articolo originale pubblicato su YOUNG DIPLOMATS, partner del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo
Il 15 settembre 2021, Australia, Regno Unito e Stati Uniti d’America hanno firmato un patto di sicurezza trilaterale dopo che l’Australia ha abbandonato la Francia: l’Australia, infatti, aveva un accordo da 90 miliardi di dollari australiani con la Francia che richiedeva a Parigi di fornire agli australiani 12 sottomarini nucleari. L’Australia ha annullato l’accordo e si, così, è unita al Regno Unito e agli Stati Uniti. La Francia ha richiamato bruscamente i suoi ambasciatori dall’Australia e dagli Stati Uniti e ha definito il nuovo accordo come una “pugnalata alla schiena”.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, dal canto suo, ha definito l’accordo un atto irresponsabile e ha affermato che l’accordo mina la stabilità e la pace regionali.
L’accordo consente all’Australia di diventare il secondo paese dopo il Regno Unito a utilizzare la tecnologia dei sottomarini nucleari statunitensi; così, i tre alleati coopereranno nel campo dell’intelligenza artificiale, miglioreranno le loro capacità informatiche, le tecnologie quantistiche e i sistemi sottomarini.
Oltre a ciò, Stati Uniti e Regno Unito aiuteranno l’Australia a costruire almeno 8 sottomarini a propulsione nucleare.
Il primo ministro australiano Scott Morrison ha sottolineato al Sydney Dialogue dell’Aspi che AUKUS consentirà ai tre alleati di far progredire le loro tecnologie nucleari e le capacità congiunte, il che li aiuterà a prepararsi per le sfide imminenti nel 21° secolo.
Xi Jinping si è rivolto al capo degli stati della SCO e ha sottolineato che gli stati regionali devono resistere e non consentire alle potenze straniere di interferire negli affari interni della regione e li ha esortati a tenere saldamente ed esclusivamente nelle loro mani il futuro, il progresso e lo sviluppo dei propri Paesi.
Scott Morrison deve aver calcolato che la Grande Strategia applicata da tre alleati fornirà la profondità strategica nella regione dell’Indo-Pacifico e che i cinesi staranno seduti in silenzio, si guarderanno intorno e lasceranno loro fare qualunque cosa le loro ambizioni dettano.
I principi di base della politica estera cinese prevedono di non entrare a far parte di nessun blocco di potere, il che significa non fare alcuna alleanza basata sulla concorrenza strategica e isolare gli altri Stati. Uno dei pilastri principali della politica estera cinese è, infatti, quello di non partecipare alla politica di potere e non cercare l’espansionismo ma, al contrario, cercare di mantenere relazioni amichevoli con gli Stati vicini promuovendo il commercio e incoraggiando le attività economiche, non interferire negli affari interni degli Stati sovrani e non lasciare che altri Stati interferiscono negli affari cinesi sfidandone la sovranità.
Se uno Stato persegue una politica espansionistica, il suo comportamento aggressivo potrebbe indurre altri Stati a formare una coalizione di contro-bilanciamento.
Se un avversario mostra militarmente i suoi muscoli più dei suoi bisogni per la sua difesa, l’altro Stato si vendicherà per fermare i suoi progetti espansionistici.
Ebbene, l’accordo AUKUS ha già spruzzato benzina sul campo e la Cina si è vendicata mostrando la sua supremazia nel Mar Cinese Meridionale. Il 16 novembre 2021 le navi della guardia costiera cinese hanno bloccato due barche di rifornimento delle Filippine che si trovavano all’interno della Zona Economica Esclusiva (ZEE) del Paese nel Mar Cinese Meridionale e hanno anche sparato con cannoni ad acqua sulle barche.
Queste azioni dimostrano che la Cina è disposta a mostrare la sua supremazia soprattutto nelle isole che la Cina afferma di essere la sua parte chiamata la “linea dei nove trattini”.
Se uno Stato incrementa la sua potenza militare e aumenta la sua difesa per proteggersi dall’aggressione degli avversari, allora l’avversario farà lo stesso e creerà un dilemma di sicurezza nell’altro Stato, così come sta accadendo con la Cina. AUKUS ha creato un dilemma di sicurezza in Cina ed è per questo che Pechino ha iniziato a reagire.
Un think tank con sede a Washington ha pubblicato un rapporto intitolato “Pulling Back the Curtain on China’s Maritime Militia” in cui si afferma che 100 barche della milizia sono state schierate dalla Cina vicino all’isola di Thitu occupata dalle Filippine nel 2018 e 200 a Whitsun Reef nella primavera del 2021; si è anche affermato che in un dato giorno circa 300 navi delle milizie marittime cinesi stazionavano nei pressi delle isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale poiché Pechino ha rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale e vuole che diventino parte integrante della Cina.
La Interim National Security Strategic Guidance resa pubblica da Washington nel marzo 2021 ha affermato chiaramente le intenzioni degli Stati Uniti di proteggere le democrazie dei suoi alleati dall’aggressione cinese. Washington ha anche promesso che si assicurerà che saranno gli Stati Uniti, non la Cina, a stabilire l’ordine globale e l’agenda internazionale e, per questo e per proteggere i propri interessi e contrastare le minacce alla sicurezza collettiva, difenderà e coopererà con i suoi alleati in ogni settore.
Gli Stati Uniti si sono anche impegnati a sostenere gli Stati vicini alla Cina che stanno affrontando minacce esistenziali dalla potenza asiatica, in particolare Taiwan. Sia il Giappone che la Cina hanno rivendicazioni territoriali sulle isole Senkaku e le considerano parte integrante del loro territorio, ma la posizione degli Stati Uniti d’America è che le rivendicazioni della Cina sono infondate e non si adattano ai principi del diritto internazionale.
Dopo aver affrontato la sconfitta sotto forma di ritiro delle forze statunitensi e alleate dall’Afghanistan, le ferite statunitensi sono ancora fresche, ma una superpotenza è chiamata superpotenza quando ha una sfera di influenza oltre i suoi confini.
Sembra che la competizione delle grandi potenze si sia spostata verso l’Indo-Pacifico con l’obiettivo principale del contenimento della Cina. Le potenze mondiali sono ancora una volta in una corsa per sopraffarsi a vicenda. Questa volta gli Stati Uniti si sono resi conto che devono elaborare una nuova Grande Strategia perché la presenza cinese nell’Indo-Pacifico, in particolare nel Mar Cinese Meridionale, rappresenta una minaccia per i loro interessi vitali. Per aumentare la propria influenza gli Stati Uniti hanno così scelto questa volta i loro alleati europei trascinandoli nella rivalità delle grandi potenze.
Xi Jinping ha parlato al vertice annuale della Cooperazione Economica Asia-Pacifico e ha avvertito che le recenti azioni nell’Asia Pacifico potrebbero riportarci nella mentalità della guerra fredda. Xi Jinping era favorevole all’accordo AUKUS tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia. Ma l’accordo – soprattutto per la questione dei sottomarini a propulsione nucleare – si sta rivelando un incubo per la Cina ed è per questo motivo che la Cina sta mostrando così tanta aggressività.
La differenza tra sottomarini convenzionali e sottomarini a propulsione nucleare è che entrambi sono usati per difendersi dagli attacchi dei nemici, ma i secondi sono più avanzati nella tecnologia e possono rimanere sott’acqua per molto tempo senza essere scoperti.
Xi Jinping aveva ragione nel senso che con l’accordo e le alleanze come AUKUS ci sarà uno stato di disordine nella regione indo-pacifica perché possiamo assistere a una corsa agli armamenti in cui gli Stati si affretteranno nel dotarsi di sottomarini a propulsione nucleare. Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Francia e India hanno già sottomarini a propulsione nucleare. Secondo i dati statistici dell’Hindustan Times, gli USA ne hanno 68, Russia 29, China 12, UK 11, France 8, India 1 e ora anche l’Australia è in gara.
Lo scenario attuale porterà ad un disordine nella regione dal momento che se l’Australia sta acquisendo sottomarini a propulsione nucleare oggi, il resto degli Stati, in particolare la Cina, per sua difesa aumenteranno in futuro la tecnologia dei sottomarini nucleari e quindi sempre più soldi saranno spesi dagli Stati per aumentare le loro capacità di difesa con conseguente incertezza nella regione.
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