di Lorenzo Salimbeni
Una situazione che sta rientrando nei binari della normalità, un nuovo governo sensibile alle richieste delle regioni economicamente svantaggiate ed una pianificazione capace di rimediare alle difficoltà originate dai rincari del gas e dalle ripercussioni sociali della pandemia. È questo il quadro del Kazakistan che emerge dal briefing che ha tenuto l’Ambasciatore Yerbolat Sembayev al fine di fornire informazioni ufficiali e sicure riguardo la situazione nel paese eurasiatico dopo i disordini verificatisi ad inizio gennaio.
Sulle proteste originate dai rincari energetici e da richieste di carattere economico si sono poi innestati gruppi terroristici che hanno approfittato della situazione per cercare di destabilizzare la Repubblica del Kazakistan. Le indagini in corso verificheranno se si è trattato di gruppi affiliati all’integralismo islamico o di fazioni separatiste, ma quel che è certo è che tra i facinorosi sono stati arrestati cittadini provenienti da altri Stati e che si è trattato di operazioni ben pianificate e sviluppate da soggetti esperti in tecniche di guerriglia e di combattimento in area urbana.
Le proteste sono iniziate nelle regioni occidentali del Paese (quelle in cui vi sono i principali giacimenti di idrocarburi e pertanto i rincari dei prezzi sono stati percepiti con particolare disappunto), però è stata l’ex capitale Almaty l’epicentro delle manifestazioni più violente. Dopo che il Presidente Qasym-Jomart Tokayev aveva imposto una moratoria sui prezzi, sciolto il governo e aperto spiragli di dialogo con i leader dei dimostranti, la protesta è stata invece infiltrata e strumentalizzata arrivando ad una situazione tale per cui è stato proclamato lo stato di emergenza. Attacchi contro uffici della pubblica amministrazione e comandi di polizia, incursioni contro basi militari e assalti ad uffici pubblici sono culminati in un attentato al sindaco di Almaty in cui è stato ucciso il suo autista, per cui Tokayev ha consentito alle forze dell’ordine di usare le armi da fuoco, cosa che inizialmente era stata vietata per non surriscaldare la situazione. Nell’imperversare dei disordini (saccheggi a negozi e centri commerciali, rapine in banca e occupazione dell’aeroporto di Almaty nonché di varie redazioni giornalistiche), morti e feriti si sono registrati tanto tra le forze dell’ordine quanto tra i manifestanti, sicché Astana ha fatto appello agli alleati dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Russia, Armenia, Bielorussia, Kirgizistan e Tagikistan), i quali sono intervenuti con un contingente di circa 3.500 uomini che hanno contribuito soprattutto a presidiare alcuni siti strategici.
Il 10 gennaio era stata proclamata una giornata di lutto nazionale e l’indomani il nuovo esecutivo ha ricevuto dal Presidente kazako l’incarico di avviare riforme sociali e politiche finalizzate a combattere le disuguaglianze economiche. Numerosi arrestati sono stati rilasciati, l’aeroporto di Almaty ha ripreso a funzionare regolarmente ed il sistema bancario è tornato pienamente operativo, anche nelle operazioni con l’estero, anche se la stima dei danni deve essere ancora completata.
Essendosi ristabilita la calma, Sua Eccellenza Sembayev ha quindi comunicato che le truppe alleate hanno terminato il ritiro dal Kazakistan e che le attività estrattive di petrolio e gas naturale, eccezion fatta per alcuni giorni di sciopero all’inizio delle proteste, non hanno subito ritardi o danni significativi e perciò le forniture ai partner stranieri continueranno con regolarità. Analogamente le relazioni commerciali ed istituzionali con l’Italia e l’Unione Europea proseguiranno nel rispetto dei contratti stipulati e degli accordi di partenariato con i quali Astana ha voluto ufficializzare i suoi buoni rapporti con l’Ue.
Il CeSE-M sui social