PANDEMIE DI CORONAVIRUS, TECNOLOGIE 5G HUAWEI, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E OPERAZIONI PSICOLOGICHE

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di Evgeny N. Pashentsev*

Introduzione

Gli Stati Uniti stanno poco alla volta perdendo il primato nel progresso scientifico e tecnologico a favore della Cina. Uno degli ultimissimi esempi di ciò: l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale, che sovrintende a un sistema condiviso tramite cui gli Stati riconoscono reciprocamente i propri brevetti, ha detto che l’anno scorso 58.990 moduli sono stati depositati dalla Cina, superando gli Stati Uniti, che ne hanno depositati 57.840. I numeri cinesi sono aumentati di 200 volte in soli 20 anni. Gli Stati Uniti avevano consegnato il maggior numero di moduli al mondo ogni anno sin da quando il Trattato di cooperazione in materia di brevetti fu istituito nel 1978 (Nebehay, 4 luglio 2020).

Il principale Paese dell’Alleanza Atlantica ha modificato in molti modi i propri strumenti di politica estera (Roberts, 1995; Garten, 1995; Anderson, 2015). Dalla fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti si sono focalizzati sempre di più sull’applicazione extraterritoriale del diritto nazionale, una cosa diversa dal minacciare con le armi nucleari o dal promettere miliardi di dollari in aiuti economici che ha caratterizzato il modo con cui raggiunsero gli obiettivi di politica estera di lungo periodo durante la Guerra Fredda (Yerkey, 7 agosto 1996; US Code, 1994). Inoltre, dato il rilevante indebitamento e il crescente debito estero, praticare iniezioni finanziarie multimiliardarie non è possibile (o redditizio) – nemmeno nei punti chiave della rivalità geopolitica.

Le campagne globali atte a screditare i propri rivali sono diventate la norma della politica estera statunitense, la cui attenzione, ovviamente, è rivolta al principale rivale economico e geopolitico: la Cina, con le sue maggiori aziende. Secondo l’OMPI, la cinese Huawei è la più grande produttrice al mondo di attrezzature per le telecomunicazioni ed è stata per il terzo anno consecutivo il maggior depositante di brevetti aziendali. Gli Stati Uniti hanno richiesto/invitato gli altri Paesi a bandire le apparecchiature Huawei dalle nuove reti di telefonia mobile sostenendo che tale tecnologia potrebbe usata dalla Cina per compiere azioni di spionaggio. Huawei nega che la propria tecnologia costituisca un pericolo per la sicurezza (Nebehay, 7 aprile 2020).

La forte competizione per ottenere influenza e risorse nel mondo moderno crea uno stato d’animo di ansia e un’atmosfera di sfiducia reciproca che, purtroppo, possono essere efficacemente utilizzati in operazioni psicologiche, per esempio attaccando i rivali che stanno sviluppando e rafforzando la propria statura internazionale.

Le catene di controllo della comunicazione nella guerra psicologica

Di fonte ad una crisi, è facile provocare sfiducia e rabbia nelle persone in risposta sia ai rischi reali quali la sopravvalutazione del tempo che ci vuole affinché le tecnologie avanzate siano pienamente integrate nella società (ad esempio, “domani” gli automi sostituiranno metà degli impiegati), sia alle positive opportunità che il progresso tecnologico offre. Tutto ciò può essere promosso usando strumenti professionali che possono provocare una certa azione (o inazione) delle persone a seconda degli interessi dell’operatore nell’operazione psicologica in esame. Per ottenere la reazione appropriata da parte del pubblico si possono utilizzare le valutazioni degli esperti (che possono esprimere i punti di vista sinceri dell’autore, ma sono anche convenienti per gli operatori di operazioni psicologiche, anche se altre opzioni sono disponibili). Queste valutazioni possono poi essere divulgate ampiamente, per esempio attraverso le reti sociali delle celebrità (artisti, atleti famosi, ecc.). Pur senza escludere il deliberato pregiudizio delle singole celebrità, alcune di loro possono essere prive di spirito critico nei confronti di certe valutazioni in una crisi, permettendo che dichiarazioni avventate si diffondano attraverso le reti sociali. Le loro dichiarazioni non sono mai ignorate dai media tradizionali ed hanno un impatto su ampi settori del pubblico.

Il presente articolo analizza un esempio di guerra psicologica ad alta tecnologia, ovvero le catene di controllo della comunicazione (CCC) create da vari attori nel quadro della guerra psicologica. Le CCC si organizzano come se fossero una catena di eventi o pseudo-eventi (fatti inventati) che, attraverso i media, i canali di comunicazione informali (ad esempio, un passaparola) o entrambi, esercitano un potere di controllo sul pubblico o su individui chiave.

La serie di eventi susseguenti un atto terroristico che ha causato morti e distruzioni in una località affollata in una grande capitale, magari europea, è un esempio lampante. La serie provoca sempre determinate azioni o condizioni: i politici interrompono i loro affari di routine o addirittura annullano importanti visite internazionali e tornano a casa, rilasciano sempre furenti dichiarazioni dirette verso i terroristi, promettono di fare tutto il possibile per trovare i colpevoli, porgono le proprie condoglianze alle famiglie e ai parenti delle vittime. Agli atti terroristici seguono sempre dei rafforzamenti delle misure di sicurezza pubblica, le quali vengono trasmesse alla coscienza pubblica attraverso i media e la comunicazione informale. In una società democratica, si alzano sempre critiche ai singoli funzionari o alle autorità nel loro complesso per non aver adottato misure di sicurezza adeguate (Pashentsev, 2019).

Gli effetti dell’impatto delle CCC sono molteplici: si va dal rallentamento nei parlamenti dei processi di approvazione di leggi sullo sviluppo delle tecnologie avanzate (a causa dei timori, nutriti dai legislatori, che gli elettori potrebbero “non capire” la questione) alle proteste e finanche azioni illegali. Queste azioni si basano su uno stato d’animo di paura e panico spesso dominante nella coscienza pubblica e che è particolarmente intenso in un contesto di crisi su larga scala quale, ad esempio, una pandemia di coronavirus. L’interpretazione particolare del panico popolare diventa parte dell’operazione psicologica, che, a sua volta, può costituire il tassello di una campagna psicologica a lungo termine nel quadro di una strategica guerra psicologica. La guerra psicologica è una parte integrante del confronto strategico tra Stati (anche nella fase latente di tale confronto), soprattutto nel caso di conflitti su problemi fondamentali e antagonismi a lungo termine, la cui risoluzione non si prevede quindi entro il medio termine.

Le CCC (Pashentsev, 2019) possono entrare in sinergia con le fobie della massa o paure reali oppure, a seconda delle circostanze, sorgere spontaneamente e possono essere leggermente “spinte” dall’operatore della guerra psicologica. Per questo motivo, è difficile ottenere prove di prima mano circa l’intenzionale creazione di una catena di controllo se si opera esclusivamente sui dati pubblici. Tuttavia, esiste una conferma indiretta di questo meccanismo. Quando si registrano sia ripetute convergenze nel tempo e nel luogo di interesse sia azioni unidirezionali da parte di vari attori apparentemente non correlati, si può supporre che se una catena di controllo non è stata creata intenzionalmente, essa funziona comunque nell’interesse di almeno uno degli attori. La convergenza casuale delle azioni dei vari soggetti in questa fase è ancora possibile e può essere causata da attori terzi. Tuttavia, se tale convergenza di azioni non avviene in modo tempestivo, essa potrebbe allertare e provocare l’ostilità di attori statali e non statali, che la considererebbero una combutta ai danni dei propri interessi. Le conseguenze negative che ne derivano includono inevitabili costi di reputazione. Azioni parallele unidirezionali da parte di attori non correlati eseguite nello stesso momento e in un Paese diverso saranno percepite da una parte significativa del pubblico come sincrone e reciprocamente condizionate. Una illustrativa rottura di tale connessione tra lo Stato (uno dei possibili attori) nella fase di ampia diffusione delle idee di un altro attore (un gruppo cospirativo) risulterà tardiva e non porterà a nessun successo. Inoltre, essa può rafforzare il sostegno all’idea che il punto di vista “vero, giusto e progressivo” venga soppresso.

Oggi, un esempio più convincente della CCC è la rapida ed efficace disseminazione in molti Paesi dell’idea che la tecnologia 5G minacci la salute e finanche la vita delle persone. Per chiarire questo punto, il presente articolo ricorre alle ultime e più inquietanti notizie sul coronavirus.

La pandemia di coronavirus, che ha già causato molte sofferenze e difficoltà, è stata testimoniata da molti esempi di reciproca assistenza tra i popoli in lotta conto il pericolo comune. Tuttavia e purtroppo, ci sono state anche numerose manifestazioni di egoismi “nazionali”, in realtà corporativi, e di desideri volti a fermare i propri concorrenti ad ogni costo. Uno degli esempi più eclatanti è il continuo sforzo da parte dell’Amministrazione Trump volto ad escludere l’azienda tecnologica cinese dai propri sistemi di telecomunicazione 5G, insistendo sul fatto che i prodotti di Huawei costituirebbero una minaccia alla sicurezza degli acquirenti qualora la Cina li sfruttasse a fini spionistici.

Perché il 5G e la tecnologia Huawei sono diventati il bersaglio principale degli attacchi degli Stati Uniti?

“5G” si riferisce alla quinta generazione di accesso a Internet senza fili. Esso è il prossimo aggiornamento alle reti che permettono a dispositivi quali il cellulare personale o il computer portatile di accedere a internet senza doversi collegare tramite un filo. Il 5G offrirà velocità di navigazione molto più elevate e connessioni più stabili rispetto a quelle attuali. Di conseguenza, è visto come una condizione d’obbligo per il futuro del cosiddetto “Internet delle cose”. Esso richiede però un maggior numero di antenne rispetto alle reti attualmente esistenti, e la sua installazione richiede sia tempo che denaro (Connolly, 2020.02.11). Huawei è la più potente azienda in un gruppo sempre più ristretto di fornitori di apparecchiature di telecomunicazione, il cui settore necessita di soluzioni a lungo termine – non semplicemente per ragioni di sicurezza ma per assicurarsi di non diventare commercialmente dipendenti da una sola singola azienda. Dei più di una dozzina di fornitori esistenti un decennio fa rimangono ora solo Ericsson, Nokia, Huawei e la sua compatriota cinese ZTE e la sudcoreana Samsung; e questo nonostante il fatto che il mercato delle apparecchiature 5G probabilmente sarà enorme. Si stima che esso avrà un valore di circa 22,93 miliardi di dollari (17.55 miliardi di sterline) entro il 2025 (Cogley e Cook, 2020): un mercato che si caratterizza per la forte competizione e in cui gli Stati Uniti stanno chiaramente perdendo. Ma il 5G è anche qualcosa in più che una semplice sfera della comunicazione o un semplice traffico più veloce di dati: il 5G si sovrapporrà all’intelligenza artificiale, che è la tecnologia cruciale del XXI secolo.

Dal 5G deriverà il bisogno di avere ancora più informazioni disponibili nei cloud e quindi nascerà anche una piattaforma che soddisferà questo bisogno. Come spesso accade, le tecnologie si rafforzano a vicenda (Namaste UI, 22 febbraio 2018). In questo momento, le IA sono sviluppate per eseguire compiti semplici, come ad esempio un riconoscimento facciale o l’identificazione di oggetti. Ma l’“intelligenza artificiale forte”, che in questo momento esiste solo in ambito teorico, è in grado di passare da un compito all’altro proprio come facciamo noi e di prendere decisioni complesse basate sulle più disparate fonti di informazione. Perché una intelligenza artificiale forte funzioni, essa dev’essere in grado di riconfigurare rapidamente l’intera infrastruttura che circonda la soluzione in tempo reale. Con il 5G non solo si ottiene una maggiore larghezza di banda e sicurezza, ma le reti stesse si virtualizzeranno, ciò significa che sarà possibile addurre grandi cambiamenti nel flusso del traffico, nelle cose connesse dalle reti e nelle operazioni a cui si dà priorità e finanche apportare modifiche ai sensori 5G distribuiti in tutto l’ecosistema che probabilmente servirà anche altri scopi (Cogley and Cook, 2020).

È curioso vedere i rapidi e drastici cambiamenti nella consapevolezza delle potenziali minacce derivate dall’uso dell’IA da parte dell’autorità statale e degli enti per la sicurezza statunitensi. In un documento della Casa Bianca pubblicato nel 2016 dall’uscente Amministrazione Obama sono scritte le seguenti valutazioni da parte degli esperti:

“Con ‘intelligenza artificiale forte’ ci si riferisce ad un futuro sistema di intelligenza artificiale fittizio che mostra un comportamento apparentemente intelligente tanto quanto una persona nell’intera gamma dei compiti cognitivi. Sembra che un enorme abisso separi l’attuale intelligenza artificiale dalle difficoltà che pone l’intelligenza artificiale forte. Secondo quanto generalmente ritenuto dagli esperti, e con cui il Comitato per la tecnologia dell’NSTC concorda, è che non si raggiungerà lo stadio dell’intelligenza artificiale forte prima di alcuni decenni…” (Executive Office of the President, National Science and Technology Council, and Committee on Technology, 2016, p 7 – 8).”

Due anni più tardi, tra gli organi di sicurezza nazionale degli Stati Unti c’è stata una rivalutazione dell’eventuale minaccia posta dall’intelligenza artificiale forte. Il rapporto GAO 2018 (US Government Accountability Office (GAO), 2018, p. 8) si focalizza sulle minacce emergenti nel lungo periodo: quelle che potrebbero verificarsi approssimativamente non prima di cinque o più anni. Esse sono state individuate dal Dipartimento della Difesa (DOD), Dipartimento di Stato (Stato), Dipartimento della Sicurezza Nazionale (DHS) e Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale (ODNI). Il rapporto in esame è la versione pubblica di un rapporto segreto che il GAO ha rilasciato il 28 settembre 2018 e che omette informazioni ritenute riservate e sensibili.

Il DOD, lo Stato, il DHS e l’ODNI hanno individuato le emergenti minacce per gli Stati Uniti o per i loro interessi di sicurezza nazionale. L’analisi delle minacce è risultato in un elenco di 26 minacce che rientrano in quattro macrocategorie: 1) Progressi politici e militari degli avversari; 2) Tecnologie a doppio uso; 3) Armi; e 4) Eventi e cambiamenti demografici.

Tra le tecnologie a doppio uso, la prima nella lista del rapporto del GAO è l’IA, seguita dalla informatica quantistica, dall’Internet delle cose (IC), dai sistemi autonomi e senza equipaggio e dalla biotecnologia. Non è per nulla improbabile che tutte queste minacce saranno sviluppate, potenziate ed eventualmente coordinate dalla prima minaccia nella lista – l’IA –, la quale potrebbe persino sviluppare le minacce elencate nelle altre tre categorie. Inoltre, gli unici due esempi di minacce poste dall’intelligenza artificiale che sono stati pubblicati sono profondamente interconnessi: 1) Sviluppo dell’IA da parte di enti statati e non-statali; 2) Sistemi intelligenti dotati di intelligenza artificiale forte.

Analizzando i dati sul rapido sviluppo qualitativo dell’IA negli Stati Uniti e negli altri Paesi, il rapporto del 2018 del GAO fa riferimento a nuove realtà emergenti. È improbabile che i funzionari delle agenzie di sicurezza abbiano messo al primo posto le minacce delle tecnologie a doppio uso senza che vi sia un qualche collegamento con l’intelligenza artificiale forte, la quale, secondo il documento del 2016 della Casa Bianca, “non si raggiungerà per almeno qualche decennio”.

In Cina l’IA occupa un ruolo importante nel progetto pechinese “Made in China 2025”. La Cina vuole ottenere il primato mondiale nel settore entro il 2030; essa ha raggiunto un tangibile vantaggio in termini di documenti accademici, brevetti e finanziamenti, sia transfrontalieri che globali, concernenti l’IA. Nel 2017 la Cina ha pubblicato il suo “Piano di sviluppo dell’intelligenza artificiale di prossima generazione”, il quale delinea l’intenzione cinese di ottenere, appunto, il primato mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale e di ottenere una fetta del valore di quasi 150 miliardi di dollari. La Cina è diventata il maggior finanziatore nel campo dell’intelligenza artificiale nel 2017; il 48 percento del finanziamento azionario totale, a livello globale, alle imprese emergenti nel campo dell’intelligenza artificiale viene dalla Cina; il 38 percento è finanziato dagli Stati Uniti e il 13 percento dal resto del mondo. Ciò costituisce un salto significativo dall’11,3 percento che caratterizzava i finanziamenti globali cinesi del 2016 (Robles, 1 ottobre 2018).

Riassumendo quanto detto, si può assumere che la pressione esercitata dagli Stati Uniti su Huawei non è né solo né tanto dovuta a dei semplici timori concernenti la crescita delle capacità cinesi nel campo dello spionaggio. E, naturalmente, tale pressione non è esercitata perché Huawei fosse sotto inchiesta per ipotetiche violazioni delle sanzioni statunitensi contro l’Iran (“The Victoria Post”, 7 dicembre 2018). Gli Stati Uniti avrebbero potuto, non senza un buon motivo, esporre tali considerazioni ai propri alleati molto tempo prima, ma non lo hanno fatto in nessuna forma categorica. Gli Stati Uniti non imposero sanzioni o altre misure radicali, ma il generale deterioramento delle relazioni sino-statunitensi; la prospettiva che la Cina vincesse la lotta per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha cambiato il quadro generale e ha portato a misure più rigorose contro Huawei.

L’arresto di Meng Wanzhow, direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore del colosso cinese nelle telecomunicazioni, a Vancouver il 1 dicembre 2018 su esplicita richiesta delle autorità statunitensi è una delle insolite misure di pressione adottate dagli Stati Uniti. L’arresto si è registrato in un momento delicato delle relazioni sino-statunitensi, in uno stato di guerra commerciale in cui le due nazioni si stavano imponevano reciprocamente dazi del valore di miliardi di dollari e che è infine coinciso con le scelte di limitare la tecnologia Huawei nei Paesi occidentali. Tuttavia, si può ora supporre che la prospettiva di utilizzare le tecnologie 5G, che stanno facendo progressi, dell’ambizioso programma cinese per l’intelligenza artificiale (soprattutto per l’intelligenza artificiale forte), potrebbe aver giocato un ruolo piuttosto importante nella decisione di arrestarla.

L’assenza di una società nazionale competitiva nel campo del 5G costituisce una diretta minaccia al primato degli Stati Uniti per quanto concerne l’uso e lo sviluppo della maggiore tecnologia: l’intelligenza artificiale. Tale minaccia è diventata chiara in seguito ai rapidi progressi in questo settore e agli ambiziosi piani cinesi di diventare il leader nello sviluppo dell’IA, in tutti i suoi sensi. I produttori europei di apparecchiature tele-comunicative (in particolare i dirigenti di Nokia ed Ericsson) all’inizio di marzo 2020 sono andati a Washington per assicurare alla classe dirigente statunitense che le proprie apparecchiature 5G costituiscono una valida alternativa alle apparecchiature del gigante cinese Huawei (Reardon, 4 marzo 2020).

Gli Stati Uniti, apparentemente a causa dell’importanza strategica del 5G per quanto riguarda i progressi nel campo delle comunicazioni e nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, sono pronti a considerare papabili le opzioni di acquistare Nokia ed Ericsson, nonostante la cosa comporti notevoli difficoltà. Nel febbraio 2020 il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e il principale consigliere economico della Casa Bianca hanno declinato l’insolito suggerimento del procuratore generale degli Stati Uniti William Barr, il quale aveva sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero cercare di ottenere il controllo sui due principali rivali stranieri della cinese Huawei Technologies Co Ltd. Barr, un ex consigliere generale di Verizon Communication Inc, ha detto che gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero considerare la possibilità di ottenere una “partecipazione alla gestione” della finlandese Nokia e della svedese Ericsson per contrastare il dominio di Huawei nel campo della tecnologia 5G senza fili di prossima generazione (Shepardson, 7 febbraio 2020). Il consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow ha successivamente aggiunto che gli Stati Uniti stavano lavorando a stretto contatto con Nokia ed Ericsson, sostenendo che le attrezzature delle due aziende erano essenziali per costruire le infrastrutture 5G, ma ha aggiunto che “gli Stati Uniti non comprano aziende, siano esse nazionali o straniere” anche se “non c’è nulla che proibisca alla aziende tecnologiche statunitensi di acquistarle”. Pence ritiene che gli Stati Uniti possano espandere il 5G “sfruttando il potere del libero mercato e delle aziende statunitensi” (Shepardson, 7 febbraio 2020).

Detto altrimenti, taluni credono che un ruolo più attivo dello Stato sia necessario per concentrare le risorse e gli sforzi in tutte le sfaccettature della lotta per il primato nell’intelligenza artificiale (come fu, per esempio, nei confronti della sfida spaziale sovietica), aspetti particolari (quali le tecnologie 5G) compresi. Talaltri ritengono che sia possibile vincere grazie agli sforzi del capitale privato, anche se sostenuto dallo Stato.

In ogni caso, per gli Stati Uniti la lotta per il primato mondiale nelle tecnologie 5G è un elemento cruciale se vogliono ottenere la supremazia nella tecnologia chiave del XXI secolo: l’intelligenza artificiale. La Cina, dimostrando un approccio strategico, cerca, innanzitutto e per questi motivi, di avere il primato nelle tecnologie 5G, a cui va aggiunto che comunque anche i semplici profitti economici nei mercati delle comunicazioni sono altresì di grande importanza per la Cina. Gli Stati Uniti, che non mostrano alcun approccio strategico, stanno cercando di compensare la crescente incapacità dei propri circoli dirigenti, che rimangono prigionieri del vecchio modello socio-economico, con vari mezzi, tra cui i metodi della guerra psicologica.

È opportuno ricostruire il tempo e il luogo degli attacchi effettuati contro Huawei e le tecnologie 5G sfruttando l’esempio del Sud Africa e del Regno Unito durante il periodo pandemico del COVID-19.

Pandemie di coronavirus e tecnologie Huawei 5G

Sud Africa

Sfondo storico. Nel 2018 gli Stati Uniti lanciarono una campagna contro Huawei, la quale era riuscita a diventare un’avanguardia nello sviluppo del 5G. Gli Stati Uniti richiesero ad altri Paesi di interrompere la loro acquisizione della tecnologia 5G. Un venerdì il presidente del Sud Africa accusò gli Stati Uniti essere invidiosi di Huawei, la società di telecomunicazioni cinese che si era ritrovata al centro di una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. “Sono chiaramente invidiosi del fatto che una società cinese chiamata Huawei li abbia superati. E poiché sono stati superati decidono ora di punire questa azienda”, ha detto Cyril Ramaphosa nel suo discorso di apertura ad una conferenza sull’economia digitale a Johannesburg nel luglio nel 2019. Huawei firmò un contratto col Sud Africa per creare la prima rete commerciale 5G sul continente africano. Secondo Cobus van Staden, un ricercatore presso l’Istituto di Affari Internazionali Cina-Africa, Huawei ha costruito il 70 percento delle reti 4G del continente (EFE, 2019).

26 febbraio 2020. La sudafricana Rain annuncia di aver collaborato con Huawei per costruire una rete di trasporto 5G utilizzando una connessione incrociata-ottica (optical cross-connect, OXC) e il 200G di Huawei, sfruttando il più recente prodotto “switching all-optical”di Huawei (OXC, P32), per costruire una rete ottica di trasporto metropolitana. Rian si impegna per gettare le reti a banda larga mobile (MBB) in Sud Africa e a diventare il primo operatore a distribuire reti 5G in Sud Africa (Huawei, 26 febbraio 2020).

12 marzo 2020. Il parere degli esperti. Al vertice del Health And Human Rights a Rucson, in Arizona, il giorno 12 marzo il dottor Thomas Cowan ipotizza che il 5G potrebbe aver causato il coronavirus (Huawei, 2020). Il dottor Tom Cowan iniziò la sua carriera mentre insegnava giardinaggio come volontario dei Corpo di Pace in Swaziland, in Sud Africa, e successivamente è diventato vice presidente dell’Associazione dei Medici per la Medicina Antroposofica ed è un membro fondatore del consiglio della Fondazione Weston A. Price. Le sue affermazioni sono state ampiamente sfatate online, ma le varie discussioni concernenti le sue ipotesi hanno attratto molti sostenitori su diverse piattaforme. La cosa è comprensibile, se avviene in un ambiente caratterizzato da un crescente panico e se le affermazioni sono attivamente sostenute da una parte significativa dei media e delle reti sociali.

In Sud Africa l’ipotesi originale di Tom Cowan causa un’accesa discussione sui media, le reti sociali e non solo in Africa. Più di 4.000 persone firmano una petizione su www.change.org per interrompere l’installazione del 5G a Città del Capo (“Independent Online”, 2020). Dal mese di aprile l’accesso a tali siti internet comincia ad essere limitato, ma è improbabile che tale limitazione riesca a fermare i sostenitori delle idee di Thomas Cowan.

Non indagheremo qui il nocciolo degli argomenti del dottor Cowan, ma è difficile non credere che i suoi approcci e le sue valutazioni sul rapporto tra coronavirus e tecnologie 5G siano diventati, indipendentemente dalle sue intenzioni, uno strumento in una lotta competitiva. Huawei è la prima indiscussa azienda per il 5G in Sud Africa, luogo dove le campagne condotte contro il 5G bersagliano quasi esclusivamente l’azienda cinese. È improbabile che la campagna di informazione riscuota un successo immediato, ma se la pandemia di coronavirus peggiora e, quindi e inevitabilmente, si ripercuote sulla situazione socio-ecomonica del Paese, non sono da escludere peggioramenti.

Gran Bretagna

Sfondo storico. Huawei ha fatto molto di più che vendere semplicemente apparecchiature di telecomunicazione di alta qualità e poco costose ai fornitori di telefonia mobile della Gran Bretagna. Essa si è costituita come parte del tessuto ingegneristico delle telecomunicazioni britanniche a partire dal 2011, quando ha assunto il Direttore della sicurezza informatica inglese, John Suffolk, in veste di capo della propria attività. La relazione dell’azienda con il Regno Unito è la migliore che vi sia che non con qualsiasi altro Paese occidentale. Il GCHQ, cioè la controparte britannica della National Security Agency, criticò continuamente per quattro anni il codice di Huawei, molte volte richiedendo che si apportassero miglioramenti; i quali furono sempre prontamente apportati dall’azienda cinese. (Goldman, 2020).

Gennaio 2020. Il Governo britannico annuncia che permetterà ai “venditori a rischio elevato”, quali il gigante cinese delle comunicazioni Huawei, un ruolo, seppur limitato, nella costruzione delle proprie reti 5G. Nel gennaio 2020 gli alti funzionari statali degli Stati Untiti hanno riferito ai ministri britannici che usare la tecnologia Huawei nelle reti 5G del Regno Unito metterebbe a serio rischio la condivisione transatlantica delle informazioni di intelligence, avvertendo che garantire un accesso all’azienda cinese sarebbe “niente meno di una follia”. Il singolare ultimatum statunitense è stato consegnato nello stesso momento in cui una delegazione speciale guidata dal vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Donald Trump Matt Pottinger presentava un dossier incendiario che, a quanto si dice, contiene ulteriori prove circa i rischi alla sicurezza dovuti all’affidarsi, per le future reti telefoniche, alla tecnologia Huawei (Sabbagh, 2020).

Febbraio 2020. Funzionari statali statunitensi affermano, durante la conferenza sulla sicurezza di Monaco, che la Gran Bretagna deve “pensare attentamente” e riconsiderare la propria decisione di garantire l’accesso alla propria rete 5G alla società cinese Huawei (Wintour, 2020). A metà di febbraio il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti avverte che il 5G di Huawei metterebbe in grave rischio la condivisione di informazioni (Wintour, 2020). Un gruppo bipartisan di senatori statunitensi esorta il Regno Unito a riconsiderare la decisione di approvare l’uso delle apparecchiature della cinese Huawei per la rete 5G. In una lettera inviata alla Camera dei Comuni nella giornata di martedì, 20 senatori repubblicani e democratici esprimono la contrarietà statunitense al piano (Musil, 2020).

Marzo 2020. Coinvolgimento delle celebrità e delle reti sociali. Le reti sociali si riempiono di persone che evidenziano come la teoria del 5G si stia diffondendo attraverso una lunga nota vocale di WhatsApp. Le celebrità, Gason Gardier1 e Callum Best compresi, sono state reclutate per diffondere la teoria cospirativa e sostengono che il 5G può avere un impatto sul sistema immunitario (Christodoulou, 2020). Anche il pugile Amir Khan pubblica una serie di video bizzarri in cui incolpa la costruzione delle “torri 5G” circa la diffusione del coronavirus (Winter, 2020). Il produttore musicale ha sostenuto in una chat Instagram Live con Charlamagne Tha God che il virus si diffonda tramite le torri cellulari. Anche altre celebrità, tra cui il rapper M.I.A. e l’attore Woody Harrelson hanno condiviso informazioni false sulle proprie piattaforme sociali. E così la teoria cospirativa sul 5G si è diffusa rapidamente (Finley, 2020). La cantante rock statunitense Keri Hilson, che ha 4,2 milioni di sèguiti su Twitter, ha condiviso una serie di cinguettii contenenti salva-immagini e video che sostengono che la creazione del servizio cellulare 5G sia direttamente collegata alla diffusione del COVID-19.

“Hanno cercato di avvertirci per ANNI riguardo al 5G. Petizioni, organizzazioni, studi… quello che stiamo vivendo sono gli affetti [sic] delle radiazioni”, ha cinguettato la Hilson nella sera di domenica 15 marzo. “5G lanciato in CINA. 1 novembre 2019. Le persone sono morte. Guardate l’allegato e andate alle mie storie di IG per saperne di più. SPEGNETE il 5G disattivando l’LTE!!!” (Finley, 2020).

Aprile 2020. All’inizio di aprile 2020 il ministro britannico Michael Gove parla al 10 di Downing Street di Londra dell’epidemia di coronavirus (COVID-19) in una conferenza stampa digitale. Alla domanda di un giornalista sulla cosiddetta “teoria” secondo cui le antenne di telecomunicazione 5G potrebbero giocare un ruolo nella diffusione della malattia, Michael Gove risponde: “È solo una sciocchezza, una pericolosa sciocchezza” (Faulconbridge e Holton, 2020). Si calcola che dall’inizio di aprile almeno 20 antenne di telefonia mobile siano state incendiate o vandalizzate nel Regno Unito (Waterson e Hern, 2020). Un attacco incendiario a Birmingham ai danni di una torre di proprietà della BT, la più grande società di telecomunicazioni della Gran Bretagna, causa danni ingenti. L’antenna forniva servizi 2G, 3G e 4G a migliaia di persone e nemmeno disponeva di capacità 5G (Faulconbridge e Holton, 2020).

Un gruppo di pressione degli operatori telefonici del Regno Unito – tra cui EE, O2, Vodafone e Tre – afferma di essere a conoscenza delle false voci che collegano il 5G all’epidemia e che il proprio personale era stato minacciato (Smith, 2020). Quindi, in un contesto di pandemia di coronavirus, simili attacchi possono destabilizzare ulteriormente un Paese.

La Food and Drug Administration e la Federal Communication Commition negli Stati Uniti insistono che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Le aziende sostengono che la maggior parte degli studi non ha trovato nessun legame tra i segnali di radiofrequenza dei telefoni cellulari e le malattie (“Indipendent Online”, 2020). Mentre molti gruppi di Facebook di lunga data si oppongono al lancio della tecnologia 5G, la rete sociale cancella diverse pagine che incoraggiavano di vandalizzare la rete telefonica (Waterson e Hern, 2020). Le reti sociali etichettano tali voci come “false” e affermano che sono “pericolose”. YouTube sostiene che rimuoverà i video che collegano tra di loro il coronavirus e il 5G. Un portavoce di Facebook ha detto:

“Stiamo implementando azioni energiche per fermare la diffusione sulle nostre piattaforme di disinformazione e contenuti dannosi e per collegare gli utenti a informazioni precise riguardo al coronavirus” (Waugh, 2020).

I funzionari statali condannano e le reti sociali promettono di rimuovere certi contenuti e cominciano effettivamente a farlo. Tuttavia, secondo la legge delle situazioni di crisi, i provvedimenti implementati dalle autorità nell’ottica di censurare un’opinione piuttosto polare può solo aumentare il numero dei suoi sostenitori. Era necessario agire ragionevolmente e rapidamente, quando, il 12 marzo, il dottor Tom Cowan presentò la sua ipotesi e il video del suo discorso diventò rapidamente e ampiamente disponibile sulla rete Internet (Martino, 2020) (mentre scriviamo questo articolo, in data 16 aprile il video è ancora disponibile in Rete). Anche i siti web progettati professionalmente e in cui vi è esposta l’interpretazione cospirativa degli eventi sono ancora disponibili (“The Millennium Report”, 2020).

Conclusione

In ogni caso, l’ipotesi del dottor Cowan è diventata parte integrante degli sforzi dell’informazione globale atta a screditare la Cina e, in particolar modo, a screditare la cinese Huawei 5G Technologies; anche altre aziende non cinesi ma dotate di una buona tecnologia e inserite nel mercato 5G potrebbero soffrirne. Ma mentre le principali aziende soffrono, gli Stati Uniti guadagnano tempo prezioso per raggiungere i propri rivali.

La competizione con la Cina si sta registrando nel momento in cui la crescita del reddito dell’élite statunitense è di molte volte superiore al reddito (a lungo stagnante) della maggior parte della popolazione statunitense. Questa disuguaglianza nel reddito causa feroci dibattiti in tutto il mondo e non mancano proposte che vogliono risolvere il problema. E mentre i miliardari mondiali pagano un quadro di Da Vinci anche 450,3 milioni di dollari, negli Stati Uniti l’1% dei più ricchi ha visto la propria quota di reddito nazionale aumentare, approssimativamente, dall’11% del 1980 al 20% del 2014 (Rothwell, 2017; vedi anche: Pashentsev, 2020, p. 263). Tale tendenza, insieme ad una lenta crescita della produttività, ha creato tenori di vita stagnanti alla maggior parte degli statunitensi.

“Crediamo che sia opportuno fare un passo in avanti e pensare alle eventualità che una estrema disuguaglianza politica comporta una enorme influenza politica da parte di un numero molto ristretto di individui estremamente ricchi. Noi crediamo che si meglio pensare al sistema politico statunitense nei termini di un’oligarchia”, concludono i professori statunitensi Winters e Page (2009).

In un altro studio condotto da Gilens e Page (2014), i ricercatori confrontano 1800 politiche statunitensi implementate tra il 1981 e il 2002 con il tipo di preferenze politiche dello statunitense medio e ricco o da gruppi di interesse speciali.

“L’analisi multivariata indica che le élite economiche e i gruppi organizzati che proteggono gli interessi commerciali esercitano un sostanziale impatto sulla politica degli Stati Uniti, mentre i cittadini medi e i gruppi di interesse della massa esercitano poca o nessuna influenza” (Gilens e Page, 2014, p. 564).

“Riteniamo che se il processo legislativo è dominato da potenti organizzazioni imprenditoriali e da un piccolo gruppo di cittadini benestanti, allora l’idea che gli Stati Uniti costituiscano una società democratica è poco credibile” (Gilens e Page, 2014m p. 577; Pashentsev, 2020, p. 264).

La parte dominante delle élite statunitensi è chiaramente pronta a spingersi oltre e ad aggravare ulteriormente la situazione internazionale. Una impegnativa “guerra fredda” con una Cina che è in cerca di profitti e vuole ottenere il primato mondiale richiede non solo risorse finanziarie, economiche e militari, ma anche la loro mobilitazione a spese della maggior parte dei cittadini: essa necessita di un riquadro ideologico che funga da modello di mobilitazione. Il motto “America First” non sarà sufficiente questa volta. A contrario di quanto taluni sostengono, gli Stati Uniti non sono una dittatura nazista. La maggior parte della popolazione è chiaramente insoddisfatta dell’attuale situazione (anche senza considerare le gravi conseguenze economiche dovute alla pandemia di coronavirus). Gli statunitensi non moriranno per difendere i profitti aziendali. Molti di loro non nutrono nessuna fiducia nelle autorità statali o sono politicamente immobili. Ma le élite necessitano di coinvolgerli all’interno del loro confronto con la Cina; ecco vengono ufficialmente diffuse versioni quali: “se le cose ci vanno male è perché la Cina ruba i nostri segreti”, “se le cose ci vanno male è perché Pechino ha nascosto e successivamente minimizzato lo scoppio dell’epidemia di coronavirus”, ecc. (che ciò sia vero o meno non è importante, ciò che conta è la logica dietro la campagna denigratoria).

Nella logica di una generale campagna psicologica ai danni della Cina, azioni parallele e autonome sono permesse, le quali non sono necessariamente o direttamente collegate alla campagna ufficiale, ma raggiungono il medesimo obiettivo: preparare il Paese ad un lungo e impegnativo confronto, alle difficoltà ed a sopportare dei sacrifici. Negli Stati Uniti sono state proposte una moltitudine di interpretazioni panicate dei fatti e sviluppate innumerevoli versioni cospirative per quanto concerne la pandemia di coronavirus.

Per esempio, il 28 gennaio 2020 il professore di Harvard Charles Lieber fu arrestato e accusato di aver rilasciato alle autorità federali una dichiarazione falsa su dei finanziamenti ricevuti dalla Cina. L’arresto di Lieber fu una sorpresa tra i circoli accademici; ma quando gli utenti di internet hanno notato che il presunto finanziamento proveniva da un’università di Wuhan, in Cina, cioè dal centro del focolaio di un nuovo coronavirus, una speculazione selvaggia prese piede e furono tracciate infondate connessioni tra Lieber e la teoria cospirativa secondo cui il coronavirus fosse un’arma biologica creata in laboratorio (Evon, 2020).

Il risultato è che sia all’interno degli Stati Uniti che ben oltre i suoi confini il numero di persone che, seppur magari non sostengono l’attuale Governo e non simpatizzano per l’élite statunitense, agiscono, insieme all’élite statunitense, nella direzione di un confronto con la Cina, aumenta. Alcuni di loro si stanno comportando in modo addirittura più sconsiderato del cittadino medio dalla mentalità sobria (e si ricordi che molte antenne di comunicazione mobile sono state danneggiate in Inghilterra negli ultimi giorni). Il ragionamento fatto da queste persone è semplice e chiaro, ma fondato su una falsa promessa:

Siccome Huawei e altre compagnie simili installano torri con tecnologie 5G, allora si è verificata una pandemia di coronavirus, i miei cari sono morti (o moriranno), io devo prevenire nuove vittime/vendicarle/preparare ed eseguire azioni appropriate. È sempre possibile trovare qualcuno che sostenga tali azioni.

Il traditore Lieber ha venduto armi biologiche alla Cina, è comparsa la pandemia di coronavirus, i miei cari sono morti (o moriranno), devo prevenire nuove vittime/vendicarle/preparare ed intraprendere risposte appropriate. Promotori di tali azioni esisteranno sempre, ecc.

In realtà, tutto ciò rappresenta un flusso costante di “moduli” autonomi di disinformazione che costruiscono una matrice di percezione della realtà su basi anti-cinesi.

Si può solo essere d’accordo con Richard Stengel, che ha prestato servizio al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti dal 2013 al 2016 ed è autore di “Guerre d’informazioni: come abbiamo perso la battaglia mondiale contro la disinformazione e cosa possiamo fare”, che sottolinea il ruolo negativo della disinformazione.

“La disinformazione è un’arma asimmetrica che non incontra barriere. Con un costo molto inferiore rispetto ad un F-35, le nazioni cercheranno di inserire la propria versione nell’ecosistema dell’informazione globale. Essa funziona perché le informazioni erronee possono generare, anche dopo che le informazioni sbagliate sono state sfatate, degli “echi di credenza”, cioè un senso assillante che suggerisce che perlomeno una parte di quelle informazioni deve essere giusta. Gli psicologi lo chiamano “il dividendo del bugiardo”: il germe del dubbio che permane anche dopo che una falsità è stata scovata” (Stengel, 2020).

Sotto l’influenza delle parole e delle azioni della classe dirigente statunitense, del lavoro dei mezzi d’informazione e quindi anche di una latente integrazione delle interpretazioni fornite dal panico all’interno della generale campagna anti-cinese, gli statunitensi hanno rivolto parte della loro ira bipartisan nei confronti del COVID-19 verso Pechino. Secondo un sondaggio della Harris Poll pubblicato nell’aprile 2020, quasi il 90 percento dei repubblicani crede che la Cina, cioè il luogo dove il coronavirus ha avuto la propria origine, sia responsabile della sua diffusione. Anche due terzi dei democratici intervistati ha sostenuto la stessa cosa (O’Donnell, 2020).

Così, tra gli statunitensi si sta formando un potente supporto informativo e psicologico nell’ottica di un confronto con la Cina. Le autorità statunitensi stanno cercando di spostare le ragioni dell’ampia diffusione dell’infezione di coronavirus verso la Cina e di eliminare le responsabilità dei propri grossolani errori. Questi errori sono stati notati sia dal personale medico che dai politici e finanche dai media (Daily Sabah, 2020; Zheng, 2020; Diamond, 2020; Lahut, 2020; Yahoo News, 2020). Tuttavia, sarebbe avventato ritenere che le carenze nelle risposte implementate nei confronti del coronavirus siano un fenomeno privato: esse riflettono il declino generale di un intero Paese. Invece di cercare energie interne utili al progresso scientifico e tecnologico e per accelerare lo sviluppo nazionale, una nazione dotata di un enorme potenziale intellettuale e risorse produttive sta ristagnando a causa della sua élite.

La pressione statunitense sugli altri Paesi volta ad impedire a Huawei di sviluppare il 5G, anche se supportata solo da un piccolo numero di Paesi, può avere un impatto negativo su molti Stati, i quali stanno inconsapevolmente diventando vittime del confronto sino-statunitense. Gli Stati Uniti hanno a lungo fatto pressione all’India per farle bandire l’azienda cinese per quanto concerne lo sviluppo e la diffusione del 5G giustificando la cosa con delle ragioni di sicurezza vis-a-vis la sorveglianza cinese esercitata su queste reti (“Odisha TV”, 2019; Farhan, 2019; “Business Standard”, 2019). I ritardi nell’introduzione del 5G comporteranno implicazioni economiche negative e vari ritardi nello sviluppo tecnologico del Paese. Anche se ci sono state alcune preoccupazioni sulla possibilità di permettere agli operatori di rete cinesi di partecipare ai collaudi, nel dicembre 2019 il ministro Ravi Shankar Prasad disse che il Governo aveva deciso di consentire a tutti gli investitori di mostrare casi di uso 5G in India, comprese le reti con sede in Cina quali Huawei e ZTE (Rawat, 2019).

Nel frattempo l’amministratore delegato indiano di Huawei, Jay Chen, ha rivelato che l’azienda stava lavorando per applicare ciò che aveva imparato dalla sua esperienza cinese per aiutare. Nell’attuale situazione di crisi l’azienda cinese vuole aiutare tramite le nuove tecnologie, quali ad esempio il monitoraggio in remoto della temperatura e le immagini termiche 5G+, la quale si è rivelata utile in Cina per contenere la diffusione del virus, poiché è in grado di monitorare con precisione e in tempo reale la temperatura di un oggetto in movimento. L’azienda sta proponendo di usare la tecnologia 5G per tenere teleconferenze di potenza, che potrebbero aiutare gli esperti e i medici a trattare i pazienti anche se non sono fisicamente presenti. Ci sono innumerevoli altre funzionalità che si possono ottenere sfruttando il 5G, come diagnosi mediche per immagini fatte in remoto o automi medici che funzionano con il 5G e altro ancora. Purtroppo, tutte queste soluzioni non potranno che godere di un’applicazione molto limitata per via della mancanza di un adeguato campo 5G in India. L’India non ha ancora cominciato la propria corsa verso il successivo standard di rete e la serrata di 21 giorni sta anche ritardando i corrieri che volevano scommettere sulla nuova rete (Lancaster, 2020).

Il processo decisionale indiano sulla questione davvero complessa concernente lo sviluppo delle tecnologie 5G richiede un’analisi equilibrata dei rischi e delle opportunità e non un’analisi inquinata da pressioni esterne. Queste ultime potrebbero danneggiare molti cittadini indiani, soprattutto nel contesto della pandemia di coronavirus e ciò vale anche per le decine di altri Paesi che stanno subendo la diretta pressione di Washington.

La campagna anti-cinese, a sua volta, è connessa ai tentativi di sfruttare la pandemia di coronavirus per acquisizioni su larga scala. Non si tratta del “più debole che viene mangiato dal più forte” acquistando a basso prezzo dei beni che saliranno di valore una volta terminato il periodo di crisi, ma anche del rafforzamento della posizione degli Stati Uniti sui mercati mondiali. È improbabile che la Cina rimanga indifferente a questa sfida.

Non senza qualche buon motivo, il 25 marzo la Commissione Europea ha pubblicato delle linee guida speciali concernenti l’attuazione di nuove norme con l’obiettivo di impedire che investimenti diretti esteri minaccino la sicurezza nazionale. In aggiunta ai segni di crescente allarmismo, l’Italia ha detto che potrebbe ampliare le proprie difese contro acquisizioni ostili (DNyuz, 2020). La Germania ha deciso di rafforzare la protezione che offre da acquisizioni straniere, mentre la pandemia di coronavirus che inghiotte l’economia globale causa preoccupazioni concernenti la vulnerabilità dei settori strategici. “Stiamo per implementare queste norme in modo da proteggere le nostre infrastrutture cruciali in un modo più sicuro rispetto a quanto abbiamo fatto in passato”, ha detto il Ministro dell’Economia Peter Altmaier a Berlino. Senza identificare i potenziali acquirenti, Altmaier ha detto che le autorità statali stanno già indagando un tentativo di acquistare una società tedesca coinvolta nella “produzione medica” ed esaminando altri casi. “Stiamo monitorando molto attentamente numerosi casi”, ha detto. Se i Governi dei Paesi più grandi e sviluppati dell’UE sono preoccupati dalle acquisizioni, non è difficile supporre che nei Paesi meno sviluppati queste acquisizioni e la corruzione possono diventare la norma in seguito ad una catastrofica recessione economica.

Secondo i dati forniti da Cooley durante la crisi finanziaria del 2008, il numero di lotte per procura era aumentato del 14 percento rispetto all’anno precedente e il numero di transazioni non amichevoli era quasi raddoppiato (le transazioni amichevoli rappresentano il 23% delle operazioni pubbliche annunciate nel 2018 rispetto al 12% delle operazioni eseguite nel 2007). Le ragioni sottostanti alla volatilità del mercato sono, questa volta, diverse rispetto a quelle del 2008 e le aziende e gli attivisti possono risultare più insofferenti verso i possibili rischi data la generale incertezza concernente la durante e la portata dell’impatto del COVID-19 (Cooley M&A, 2020).

Nei 10 anni successivi alla crisi finanziaria il debito totale dei mutuatari di tutto il mondo è aumentato di tre quarti – da 97 trilioni di dollari a 169 trilioni di dollari – il 43% di questo debito è costituito da prestiti statali, mentre il resto è costituito da prestiti e obbligazioni privati e aziendali. In questo e nei prossimi due anni i mutamenti aziendali dovranno rimborsare circa 2 trilioni di dollari in obbligazioni ogni anno. Anche nell’eventualità di un 2018 tranquillo, una ricerca condotta da McKinsey & Company ha mostrato che, come minimo, dal 10 al 25% di queste obbligazioni (di valore medio, a seconda dei Paesi) sono state emesse da società con posizioni finanziarie deboli (Tutykhin, 9 aprile 2020). Ovviamente la situazione è drammaticamente peggiorata con lo scoppio della pandemia di coronavirus.

Alcune fonti informate hanno detto a Reuters che negli stessi Stati Uniti i principali prestatori in tutto il Paese si stanno preparando a diventare operatori nel settore del petrolio e del gas in modo da evitare perdite sui prestiti alle compagnie energetiche che potrebbero fallire. JPMorgan Chase & Co, Wells Fargo & Co, Bank of America Corp e Citigroup Inc. stanno tutti creando società indipendenti per possedere beni quali petrolio e gas. Si stima che il settore sia in debito di più di 200 miliardi di dollari ai prestatori attraverso prestiti garantiti dalle riserve di petrolio e gas. Quando le entrate sono crollate e i beni sono diminuiti di valore, alcune compagnie hanno cominciato a dire che non erano capaci di ripagare. Whiting Petroleum Corp è il primo produttore a presentare istanza di fallimento, in data 1 aprile. Altri, tra cui Chesapeake Energy Petroleum Co, hanno assunto dei consulenti sul debito (French and Moise, 10 aprile 2020), poiché, se i produttori di scisto fallissero, ci sarebbe una maggiore probabilità che le banche sequestrino i loro beni.

La reazione ipertrofica alla pandemia di coronavirus, avvenuta sotto l’influenza dei mezzi d’informazione di lingua inglese e dei gruppi transnazionali che li spalleggiano, non è affatto causale. Essa contribuisce alla riformattazione della debole economia e all’ulteriore concentrazione dei beni nelle mani dell’élite oligarchica globale, che, naturalmente, non corregge le contraddizioni presenti all’interno delle proprie file.

Andrea Kluth nota che i disordini sociali stavano già aumentando in tutto il mondo prima ancora che la SARS-CoV-2 cominciasse il proprio viaggio. Si sono registrate circa 100 grandi proteste antigovernative dal 2017. Circa 20 di queste rivolte hanno rovesciato la classe dirigente, mentre altre sono state soppresse da brutali repressioni e molte altre ancora sono tornate a sobbollire fino al prossimo scoppio. L’effetto immediato del Covid-19 è di interrompere la maggior parte delle sommosse, poiché sia i Governi democratici che quelli autoritari obbligano le proprie popolazioni a permanere in uno stato di confinamento che impedisce loro di scendere in strada o di riunirsi. Ma in generale, meno soldi si guadagnano e meno possibilità si ha di poter lavorare a distanza. Le differenze che intercorrono tra le varie nazioni sono ancora più marcate. Per chi vive in una baraccopoli in India o in Sud Africa non esiste nessuna cosa denominata “distanziamento sociale”, perché tutti i membri della famiglia dormono nella medesima stanza. Lavarsi maggiormente le mani è certamente un buon consiglio – a meno che non si disponga della propria acqua corrente (Kluth, 2020).

L’Organizzazione Mondiale del Lavoro (OML) considera la crisi attuale come la più grave dalla Seconda guerra mondiale. Le misure di blocco totale o parziale stanno attualmente colpendo 2,7 miliardi di lavoratori, i quali rappresentano circa l’81% della forza lavoro mondiale. l’OML stima che 1,25 miliardi di lavoratori, che rappresentano quasi il 38% della forza lavoro globale, sono impiegati in settori che stanno affrontando un grave declino della produzione e un alto rischio di spostamento della forza lavoro (“International Labour Organization”, 2020). L’Associated Press (AP) ha rilevato che un aumento di 10 punti percentuali del tasso di disoccupazione in un quartiere si traduce in una perdita di circa un anno e mezzo nelle aspettative di vita (Foster, 2018).

Secondo uno studio di Till von Wachter della Columbia University e di Daniel Sullivan della Federal Reserve di Chicago, la disoccupazione a lungo termine può diminuire di 18 mesi l’aspettativa di vita: i tassi di mortalità dell’anno successivo sono del 50-100% più alti di quanto sarebbero stati altrimenti. L’effetto dei rischi di mortalità diminuisce bruscamente nel tempo, ma può diminuire anche venti anni dopo il licenziamento.

È possibile che, nel corso del tempo e sulla base del malcontento di massa, si registri una crescita dei movimenti di protesta radicali. Tuttavia, senza un programma costruttivo che risponda meglio alle nuove realtà e opportunità del XXI secolo, tale protesta si trasformerebbe in anarchia o in dittature poco promettenti e instabili di vari orientamenti. Sì, ci sono tentativi di sfruttare la pandemia di coronavirus, magari non per creare una nuova Grande Depressione, ma per lo meno per lucrare sulle sue conseguenze. Tuttavia, non bisogna dimenticare che la Grande Depressione non ha evitato, ma in qualche modo ha accelerato la maturazione delle condizioni che portarono alla Seconda guerra mondiale.

Cosa bisogna fare per impedire gli scenari negativi? Prima di tutto, servono cambiamenti radicali negli stessi Stati Uniti nel senso di una transizione verso un modello sociale di sviluppo sia negli Stati Uniti che negli altri Paesi. È una cosa estremamente negativa per il mondo intero che il potenziale di una nazione così dotata ed energica non venga utilizzato pienamente. L’alternativa non è il vigente modello cinese, né un modello semplicemente “cinese” o “statunitense” o di qualcun altro. Il vigente modello cinese è un modello di transizione che serve per mettersi alla pari, ma la Cina non otterrà il primato mondiale con esso, ma bensì tramite una integrazione dell’uso di tecnologie promettenti e con il ruolo guida dell’intelligenza artificiale quale elemento cruciale dello sviluppo economico: base per la ristrutturazione tecnologica e sociale dell’intera società. Gli elementi più alti della classe dirigente cinese sembrano essere abbastanza chiaramente consapevoli che il balzo in avanti potrebbe essere talmente netto e rapido che le contraddizioni di oggi (compresi i conflitti interstatali) scomparirebbero rapidamente per lasciare dialetticamente il posto alle contraddizioni della futura società globale. Nei fatti, prima di questa opportunità, l’élite sovietica non riuscì a raggiungere i risultati voluti, l’élite statunitense sta barcollando verso l’abisso e l’élite cinese è sul punto di cominciare una difficile ascesa verso un livello qualitativamente nuovo. Quale sarà lo sviluppo della storia, quale Paese sarà in grado di salire per primo in alto, è una cosa che scopriremo in un futuro non troppo lontano.

Certamente, esiste una varietà di modelli di sviluppo sociale basati su tecnologie avanzate (Pashentsev, 2020), compresi anche modelli che contemplano opzioni molto disumane. Dobbiamo sempre tenere a mente che nella scalata verso una alta vetta è presente il rischio tangibile di una caduta rovinosa; caduta che, nel nostro caso, potrebbe essere l’ultima di tutta l’umanità. Questa ascesa non si può più interrompere. La pandemia di coronavirus, le tecnologie Huawei 5G, l’intelligenza artificiale e le operazioni psicologiche – pur nella eterogeneità qualitativa di questi fenomeni – sono interconnessi e sono i fattori di questa ascesa, alla quale, naturalmente, non si limita.

*Professor Evgeny N. Pashentsev, esperto russo in Comunicazione Strategica e Guerra Psicologica dell’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa

Il Paper del Prof. Pashentsev è tratto da Coronavirus Pandemics, Huawei 5G Technologies, Artificial Intelligence and Psychological Operations, Volume III, May 2020, A publication of ASRIE Analytica, Online ISSN: 2532-845X, Editor: Giuliano Bifolchi.

Traduzione per il CeSEM di: Marco Ghisetti

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