di Stefano Vernole
Introduzione alla “Nuova Frontiera”
Lo Xinjiang è una regione della Cina nordoccidentale tra le più grandi del Paese: si trova tra Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la Regione Autonoma del Tibet e le province del Qinghai e del Gansu. Lo Xinjiang, ceduto dal Guomindang all’Esercito Popolare di Liberazione nel 1949, ha acquisito lo status di autonomia nel 1955 per la presenza sul territorio della minoranza uigura, uno dei cinquantasei gruppi etnici riconosciuti da Pechino.
I tratti antropometrici simili a quelli delle popolazioni dell’Asia Centrale con le quali condivide anche le tradizioni culturali, la confessione religiosa (Islam sunnita) e la lingua turcofona fanno del gruppo uiguro una delle minoranze etniche cinesi maggiormente distinta dall’etnia maggioritaria del Paese, quella Han.
Se la Regione Autonoma dello Xinjiang occupa circa 1/6 del territorio cinese, la minoranza degli Uighuri rappresenta meno dell’1% dell’intera popolazione della Repubblica Popolare: circa 12 milioni su 1,4 miliardi di abitanti del Paese.
Si tratta di un territorio immensamente più ricco del Tibet, che ha conosciuto uno sviluppo considerevole a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo. Le attività industriali si concentrano principalmente nei centri urbani del nord, attirando mano d’opera specializzata dal resto della Cina; la parte sud, a maggioranza uigura, è ancora relativamente agricola e basata sull’allevamento1.
Come conseguenza del decollo economico ha conosciuto l’immigrazione degli Han e di altre etnie cinesi attirati dalle possibilità occupazionali; la capitale, Urumqi, si è notevolmente modernizzata, sono state realizzate diverse linee ad alta velocità ferroviaria, nuovi aeroporti e la popolazione è cresciuta di almeno il 40% tra il 1990 e il 2010.
Quello del notevole incremento demografico è uno degli aspetti chiave per smontare le accuse che vengono periodicamente rivolte nei confronti del Governo di Pechino dal mainstream occidentale; al contrario della maggioranza Han, la popolazione uighura non è stata mai obbligata alla “politica del figlio unico” adottata dalla Repubblica Popolare Cinese2. Attualmente si calcola che sugli attuali 24 milioni di abitanti dello Xinjiang, il 46% siano Uiguri e il 39% Han.
La lingua ufficiale della regione è l’uiguro, anche se ovviamente i suoi cittadini vengono invitati a studiare anche il cinese mandarino per una migliore integrazione nel Paese; i luoghi di culto islamici e le tradizioni locali sono decisamente rispettati, alla pari degli altri culti riconosciuti: il taoismo, il buddismo, il cattolicesimo e il protestantesimo. Le moschee in Cina sono circa 35.000 e i musulmani Hui dispongono anch’essi di una regione autonoma, il Ningxia (al confine con la Mongolia Interna, è una delle regioni vinicole più attive), dove le donne possono indossare il hjiab se lo desiderano e i ristoranti halal abbondano.
Vi è tuttavia una parte minoritaria della popolazione dello Xinjiang, abbastanza localizzata, che ha coltivato l’idea di costituire uno Stato indipendente, il cui nome dovrebbe essere Turkestan orientale. Alcuni partiti indipendentisti si sono quindi formati a tale scopo, tra di essi il più violento è il Partito Islamico del Turkestan (o Movimento Islamico del Turkestan Orientale), divenuto una vera e propria struttura militare che è stata inserita nella lista delle organizzazioni terroriste dalla Cina e da numerose altre nazioni tra le quali gli Stati Uniti (Donald Trump l’ha ritirata da questa lista verso la fine del suo mandato presidenziale).
I necessari programmi di deradicalizzazione delle tendenze estremiste avviati dal Governo di Pechino rimangono quindi volutamente mal interpretati e distorti dalla propaganda di alcuni Paesi, ONG e mass media occidentali allo scopo di destabilizzare la Repubblica Popolare Cinese3.
Lo Xinjiang: perno economico d’Eurasia
Considerato “il cuore dell’Eurasia”, lo Xinjiang (in cinese Nuova Frontiera) è con i suoi 1.660.000 chilometri quadrati di superficie – oltre cinque volte l’Italia – la più estesa divisione amministrativa del Regno di Mezzo. Si tratta di un territorio prevalentemente arido, contraddistinto perlopiù da deserto, steppa e povero di vegetazione, abitabile solo per il 10%; vi si trova il punto della Terra maggiormente lontano dal mare nel deserto Dzoosotoyn Elisen, a 2648 km in linea d’aria dalla più vicina costa marittima4. Ma nella sua vasta estensione non è privo di imponenti foreste di conifere, di belle praterie e di vallate, che la rendono una regione affascinante e piena di contrasti.
Quello del fiume Tarim è il bacino idrografico più grande del mondo e ricchissimo di beni. Le difficili condizioni climatiche e geografiche, la lontananza dal resto della Repubblica Popolare Cinese complicano naturalmente lo sfruttamento delle ingenti risorse energetiche del suo sottosuolo, petrolio e gas naturale innanzitutto; qui si trovano anche immensi giacimenti di minerali e di carbone.
Soprattutto dallo Xinjiang parte o passa un corridoio di iniziative commerciali e condotte di idrocarburi che lo collegano agli alleati della RPC quali la Russia, alcune Repubbliche dell’Asia Centrale e il Pakistan. Per comprenderne appieno l’importanza geografica è sufficiente menzionare queste tre rotte: la Nuova Via della Seta è destinata a connettere le regioni costiere orientali della Cina con l’Europa settentrionale attraverso lo Xinjiang e la zona speciale di Khorgos in Kazakhstan; il corridoio Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale-Europa Meridionale (CCAWAEC), che parte da Urumqi per raggiungere il Vicino Oriente e il porto del Pireo in Grecia; il corridoio Cina-Pakistan-Mar Arabico (CPEC), fra la città-oasi di Kashgar (nella parte occidentale dello Xinjiang) e il Mar Arabico (porto di Gwdar in Pakistan), con accesso diretto alle zone marittime verso il Kenya, lo Sri Lanka e l’Europa.
Lo Xiniang ha fatto parte dell’Impero fin dai tempi remoti e la presenza cinese vi risale alla Dinastia Han (202-220 d.C.), circa 1.300 anni fa; gli attuali confini sono stati ereditati proprio dai precedenti assetti politico-territoriali5. Secondo la storica Virginia Vacca, i musulmani cinesi, come quelli indiani, erano concentrati in poche province, isolati dal rimanente mondo islamico allora piuttosto arretrato per istruzione e ricchezza, ma non rappresentavano ancora strumenti di nessuna dominazione straniera e godevano di particolare prestigio per il forte contributo dato all’esercito, in ciò favoriti dalla tolleranza buddista e confuciana6.
L’area corrispondente all’attuale Regione Autonoma, insieme ad alcuni territori confinanti, è rimasta in mano all’Impero Russo e poi all’Unione Sovietica per decenni; nel 1944 era stata fondata la II Repubblica del Turkestan Orientale, finchè nel 1949 l’Esercito Popolare di Liberazione non ne ha assunto il controllo. Negli anni successivi si trovano tracce di resistenza islamista nel nord dello Xinjiang, ricomposte grazie ad un paziente lavoro di tessitura da parte della dirigenza politica di Pechino.
La Costituzione della Repubblica Popolare Cinese ha sancito l’uguaglianza di tutti i gruppi etnici (art. 4), come ribadito dalla legge sull’autonomia etnica regionale dello Stato e da dettagliati regolamenti in materia. Questo principio è basato su tre punti fondamentali: le popolazioni hanno pari dignità e vanno rispettate a prescindere dalla dimensione numerica, per storia, territorio di residenza, lingua, religione, costumi e tradizioni; i gruppi etnici della R.P.C. godono non solo dei medesimi diritti politici ma anche dei benefici sociali, culturali ed economici; i cittadini di tutti i gruppi etnici sono uguali per la legge, in termini di diritti e doveri7. La legge riconosce inoltre alle minoranze etniche la possibilità di amministrare i propri affari interni, compatibilmente con i principi di eguaglianza, unità e prosperità della nazione, come asse portante del socialismo cinese. L’art. 31 della legge sull’autonomia etnica regionale autorizza le regioni autonome a sviluppare programmi di scambi commerciali con nazioni confinanti, sia pure con l’approvazione del Consiglio di Stato cinese. Gli articoli 36 e 37 statuiscono che le aree di autonomia etnica possono decidere i propri piani scolastico-educativi e concedono la possibilità di utilizzare libri scritti nella lingua locale, mentre l’art. 47 ingiunge alla corte e alle procure, nell’esercizio delle loro attività istruttorie e investigative, l’uso delle lingue locali e il ricorso a personale in grado di soddisfare questa esigenza.
La Repubblica Popolare Cinese ha istituito il 1 ottobre 1955 la Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, all’interno della quale vengono ricomprese diverse autonomie locali (una mongola, una hui ed una tagica). In base alla Costituzione cinese, la lingua ufficiale dello Xinjiang è l’uiguro basato sui dialetti del sud e scritto in lettere arabe (mentre l’uiguro parlato nelle vicine Repubbliche dell’Asia Centrale si è formato sui dialetti del nord e utilizza l’alfabeto cirillico)8.
La pratica dell’Islam, garantita costituzionalmente anche alle altre nove “nazionalità” (minzu) musulmane della Cina, ha trovato un valido sostegno nell’Associazione Islamica Cinese che si è occupata dei pellegrinaggi alla Mecca, dei rapporti con le personalità religiose straniere, della formazione degli addetti al culto e delle attività sociali; la sua attività è rimasta sospesa solo durante il periodo della “Rivoluzione Culturale”, per poi riprendere nel 1978 dopo la caduta della “Banda dei Quattro”.
La politica di liberalizzazione avviata da Deng Xiaoping ha messo al centro i musulmani cinesi per migliorare i rapporti e gli scambi economici con i Paesi arabi; essa si è concretizzata in un forte sostegno alla ricerca islamica e ai programmi di studio, alla partecipazione di alcuni loro rappresentanti alla Conferenza Mondiale sulla pace e le religioni9.
Nonostante questi sforzi, dall’agosto 1980 nello Xinjiang si sono verificati altri movimenti di protesta contro gli Han, nuove organizzazioni estremiste hanno ripreso a predicare la “guerra santa” per l’indipendenza in combutta con analoghi gruppi turchi. Dopo alcune manifestazioni contro i test nucleari e le installazioni missilistiche nel Lop Nor (bacino del Tarim), nel novembre 1988 il Governo di Pechino ha convocato nella capitale cinese tutti i segretari generali A.I.C. (Associazione Islamica Cinese) delle province e regioni autonome, insieme ai direttori dei seminari islamici, con l’obiettivo di rendere trasparente l’amministrazione delle moschee, aumentare qualitativamente i seminari di formazione, facilitare ed incrementare l’autonomia finanziaria dell’Associazione10.
Nel 1990 è stata lanciata una campagna governativa, supportata dai circoli religiosi islamici, contro il fondamentalismo (fanatismo) religioso regionale e contro le forze ostili straniere che cercano di fare proseliti e creare tensioni nello Xinjiang.
Un gruppo di jihadisti Uiguri organizzati nel Turkestan Islamic Party of East aveva infatti proclamato la “guerra santa” con l’obiettivo dichiarato di creare uno Stato indipendente; tra il 1990 e il 2001 tale organizzazione ha compiuto oltre 200 atti di terrorismo, provocando almeno 162 morti e 440 feriti. Dopo l’11 settembre 2001 esso si è alleato con il Movimento Islamico dell’Uzbekistan, con i Talebani pakistani e Al Qaeda, compiendo atti terroristici non solo in Cina ma anche in Siria dove collabora attualmente con lo Stato Islamico (IS).
Le difficoltà sono aumentate nel 2008 quando i prezzi degli idrocarburi hanno subito un pesante ridimensionamento a causa della crisi finanziaria globale (il settore petrolifero e petrolchimico rappresentavano il 60% del PIL dello Xinjiang).
Questa regione ha svolto nel corso della storia più volte un ruolo di pivot economico; fin dall’età del bronzo, quando attraverso di essa passavano tutte quelle tecnologie che sono risultate fondamentali allo sviluppo della civiltà cinese. Al tempo della dinastia Han, lo Xinjiang ha veicolato scambi e interazioni tra Cinesi, popolazioni nomadi delle steppe e dell’Asia Centrale, la cui ricchezza etnica e culturale era già allora evidente; in epoca Tang, così come nel periodo mongolo, la “Nuova Frontiera” si trovava al centro di fittissime relazioni commerciali e diplomatiche che hanno coinvolto tutti i grandi imperi11.
Dopo secoli di declino e nonostante ostacoli non indifferenti, ora lo Xinjiang sembra aver riguadagnato la sua tradizionale posizione di rilievo all’interno dell’Eurasia e del mondo; come accennato in precedenza, buona parte delle materie prime e delle risorse naturali cinesi provengono proprio da questa regione, incluso il cotone per l’industria tessile. Nella zona del Taklamakan si trovano infatti importanti giacimenti di petrolio, gas naturale, carbone, ferro e diversi minerali che hanno favorito la costruzione di una ingegnosa rete infrastrutturale. Il Bacino del Tarim ha goduto in particolare del processo di modernizzazione avviato da Pechino; la canalizzazione di questa area e la costruzione di nuovi impianti di drenaggio delle acque fluviali hanno garantito alla regione un sistema di irrigazione efficace e dinamico12.
Dai primi anni Cinquanta ad oggi, il PIL della regione è cresciuto di oltre 40 volte ad un tasso medio dell’8% annuo, il reddito pro-capite è passato da poco più di 160 a quasi 8000 yuan, il numero delle imprese sul territorio è passato da 400 ad oltre 600013.
Kashgar ed Urumqi, oltre ad essere geograficamente distanti, rappresentano i due volti dell’attuale Xinjiang; la prima, abitata in maggioranza da Uiguri, possiede un centro storico che incarna l’esempio meglio preservato di città islamica tradizionale in Asia Centrale, la seconda, più mista insieme agli Han, con moderni grattacieli e centri commerciali, ha conosciuto uno sviluppo edilizio impressionante che la rende molto simile ad altre città della Repubblica Popolare Cinese.
Tradizionalmente gli Uiguri e gli Hui tendono a svolgere mansioni lavorative rientranti nel settore terziario, gli Han sono ben radicati nel comparto industriale, mentre i Kazaki si occupano perlopiù di agricoltura. Naturalmente a ciascuna occupazione corrisponde una differente remunerazione salariale, un fattore che ha contribuito ad alimentare tensioni ed invidia sociale. Eppure proprio ad Urumqi sta crescendo anche una generazione di giovani Uiguri benestanti, meno interessati alle usanze dei padri ed attratti da uno stile di vita più internazionale, tra i quali è diffusa l’opinione che lo Xinjiang abbia tutto da guadagnare dall’appartenenza alla RPC14.
Alcuni settori, come quello militare e della sicurezza, sono rimasti sostanzialmente fuori dalla discrezionalità degli organi di autogoverno locali. Tra il 1955 e il 1959 le truppe dell’ex esercito della Repubblica del Turkestan Orientale (Ili National Army), prevalentemente formato da Uiguri e Kazaki, sono confluite in parte nell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) e in parte nei gruppi paramilitari del Xinjiang Production and Construction Corps (XPCC).
L’importanza del XPCC nello sviluppo dello Xinjiang fino al 2014
Il Corpo di Produzione e Costruzione dello Xinjiang ha iniziato da zero diversi decenni anni fa e la sua storia merita di essere approfondita.
Dopo la fondazione esso ha compiuto sforzi strenui per adempiere fedelmente alle responsabilità affidategli dallo Stato cinese per coltivare e custodire le aree di confine. Nonostante un ambiente naturale aspro, i lavoratori del XPCC hanno messo radici nello Xinjiang, bonificato oasi ecologiche del desolato deserto del Gobi, avviato la modernizzazione della regione, sviluppato l’agricoltura su larga scala così come le imprese industriali e minerarie, stabilito nuove città e cittadine collaborando con la popolazione locale di tutti i gruppi etnici. Combinando le funzioni di produzione, amministrazione e difesa, secondo le intenzioni del Governo di Pechino, l’XPCC ha fornito un contributo indelebile allo sviluppo dello Xinjiang, promuovendo l’unità tra i gruppi etnici, mantenendo la stabilità sociale e rafforzando la difesa dei confini nazionali15.
Quando lo Xinjiang fu liberato pacificamente nel 1949, la regione si caratterizzava per un’economia naturale, con l’agricoltura e l’allevamento degli animali come pilastri. La produttività era bassa e il modo di produzione arretrato. Lo sviluppo si trovava in fase di stallo e i residenti locali vivevano in povertà. Con l’obiettivo di consolidare la difesa delle frontiere, accelerare lo sviluppo e ridurre l’onere economico per il governo locale e i residenti di tutti i gruppi etnici, nel gennaio 1950 le unità del PLA di stanza nello Xinjiang iniziarono a concentrare i loro sforzi sulla produzione e costruzione. Entro la fine di quell’anno i residenti erano diventati ampiamente autosufficienti per i cereali e completamente indipendenti per olio alimentare e verdure.
Nel 1953 il distretto militare dello Xinjiang riorganizzò le sue truppe in due divisioni: alcune di difesa e altre di produzione. Ai tempi queste ultime potevano contare su 43 aziende agricole e di allevamento del reggimento e 77.260 ettari di terreno agricolo. Le truppe di produzione istituirono anche imprese industriali, di trasporto, edile e commerciali, nonché istituzioni pubbliche di scienza e tecnologia, istruzione, salute e cultura, aprendo così la strada alla fondazione del Corpo di produzione e costruzione.
Nell’ottobre 1954 il Governo centrale ordinò la smobilitazione della maggior parte della Seconda, della Quinta e della Sesta Armata dell’Esercito Popolare di Liberazione e di tutto il 22° Gruppo dell’esercito nello Xinjiang, così come la loro separazione dalle strutture delle forze di difesa nazionale per formare il Corpo di produzione e costruzione del Distretto Militare dello Xinjiang del PLA, soggetto alla doppia leadership del Distretto Militare regionale e del Sotto-ufficio Xinjiang del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Le missioni del XPCC consentivano di svolgere compiti sia di produzione che di milizia, quindi di coltivare e sorvegliare le aree di confine. Perciò l’XPCC iniziò ufficialmente a costruire aziende agricole e di allevamento statali e trasformò la produzione militare volta all’autosufficienza ad attività imprenditoriale vera e propria, incorporata nella pianificazione nazionale. L’XPCC contava su una dotazione iniziale di 175.500 persone, in seguito accresciuta da un gran numero di giovani, personale militare smobilitato, intellettuali, scienziati e tecnici. A partire dal maggio 1956, l’XPCC è stato subordinato alla doppia leadership del Ministero per la bonifica dei terreni e della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang.
Nel 1962 alcuni residenti locali a Ili e Tacheng dello Xinjiang attraversarono la frontiera. Per ordine dello Stato, l’XPCC inviò più di 17.000 funzionari e lavoratori in queste due località per mantenere l’ordine pubblico e prendersi cura dei terreni agricoli e del bestiame di coloro che erano fuggiti. I Corpi hanno rapidamente creato una cintura di fattorie reggimentali che vanno da 10 a 30 chilometri di larghezza lungo i confini di oltre 2.000 chilometri di Ili, Tacheng, Altay, Hami e la prefettura autonoma mongola di Bortala. Hanno svolto un ruolo cruciale nel mantenere la stabilità nello Xinjiang, salvaguardare la sicurezza del confine nazionale e migliorare la posizione strategica della Cina nella difesa del confine nord-occidentale. Alla fine del 1966, il Corpo possedeva 158 fattorie agricole e di allevamento del reggimento, con una popolazione di 1.485.400 abitanti.
Durante la “rivoluzione culturale” (1966-1976), l’XPCC ha subito gravi debilitazioni nell’adempimento della sua missione di coltivazione e protezione delle aree di confine, fino ad essere sciolto nel marzo 1975. Nel dicembre 1981 il Governo centrale ha però deciso di ripristinare il sistema organizzativo del Corpo di Produzione e Costruzione, il quale ha così ripreso il suo lavoro pionieristico.
Negli ultimi 40 anni, l’XPCC ha introdotto numerose riforme accelerando il sistema di responsabilità contrattuale generale ed aziendale, creando imprese agricole domestiche dei lavoratori; esso ha anche sviluppato diversi settori dell’economia, promosso lo sviluppo industriale e stabilito nuove città e paesi, progredendo notevolmente nel suo tentativo di coltivare e proteggere le aree di confine.
Nell’adempimento della sua missione, l’XPCC ha aderito al principio di “non competere per i benefici con la popolazione locale”, ha bonificato i terreni agricoli e successivamente costruito fattorie agricole e di allevamento del reggimento nel deserto del Gobi a nord e a sud delle montagne di Tianshan e nell’aspro ambiente naturale delle desolate aree di confine. L’XPCC ha gradualmente istituito un sistema industriale multisettoriale che comprende trasformazione alimentare, industria leggera, tessile, ferro e acciaio, carbone, materiali da costruzione, elettricità, prodotti chimici e macchinari. Il Corpo ha anche ottenuto progressi significativi nei settori dell’istruzione, della scienza e della tecnologia, della cultura, della salute e di altri settori pubblici. Alla fine del 2013, l’XPCC poteva contare su 176 reggimenti, 14 divisioni, un’area di 70.600 chilometri quadrati sotto la sua amministrazione, inclusi 1.244.770 ettari di terreno agricolo e una popolazione di 2.701.400 persone, pari all’11,9% del totale dello Xinjiang16.
Nel suo tentativo di proteggere le aree di confine, l’XPCC ha rafforzato la difesa del confine mantenendo l’unità nazionale e la stabilità sociale dello Xinjiang, proteggendo e reprimendo le attività di sabotaggio criminale da parte delle forze terroristiche. Specie dagli anni ’80, quando le forze separatiste ed estremiste religiose sono divenute una grave minaccia.
Nel 1990 il Governo centrale ha approvato il collocamento della pianificazione economica dell’XPCC sotto la diretta supervisione dello Stato, perciò mentre il Corpo rimane una componente importante della Regione Autonoma Uigura è contemporaneamente soggetto alla giurisdizione di Pechino. L’adozione di un tale sistema di doppia leadership ha significato una riforma innovativa nella subordinazione amministrativa del Corpo, facilitando il coordinamento tra i diversi livelli di governo e l’adempimento delle loro responsabilità, nonchè migliorando i rapporti tra il XPCC e i dipartimenti competenti delle autorità centrali.
Nel corso degli anni, Pechino ha concesso sostegno politico e finanziamenti al Corpo nei settori dei servizi pubblici, della sicurezza, dell’istruzione, della scienza e della tecnologia, della cultura, della salute, dell’agricoltura, della silvicoltura e della tutela dell’acqua, fornendo energia e nuova vitalità al suo sviluppo economico e sociale.
L’XPCC gestisce un sistema amministrativo speciale con ruoli unificati di partito, governo, esercito e impresa. Organizzazioni di partito sono state istituite a ogni livello del Corpo per esercitare la leadership su tutte le loro iniziative. L’XPCC dispone di organi amministrativi e giudiziari per gestire i propri specifici affari burocatici e giudiziari, in quanto organizzato in una struttura gerarchica di divisioni, reggimenti e compagnie, i cui comandanti hanno titoli militari corrispondenti.
La sua divisione e le fattorie del reggimento, le imprese subordinate e le istituzioni pubbliche, amministrate dal Corpo in un modello dall’alto verso il basso di autorità e gestione verticale, sono ampiamente distribuite nelle prefetture, città e contee della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang. Nelle aree di bonifica che rappresentano importanti posizioni strategiche, distribuzione concentrata di fattorie reggimentali, notevole forza economica e grande potenziale di sviluppo, l’XPCC ha istituito sette divisioni/città a livello di contea amministrate direttamente dalla stessa Regione e cinque reggimenti/città, che sono diretti dal Corpo a diversi livelli. Ogni divisione/ città o reggimento/città ha funzioni di direzione del partito e amministrazione di governo integrate in un’unità.
Per comprendere i risultati, possiamo ricordare che il valore della produzione totale dell’XPCC nel 2013 è stato di 149,987 miliardi di RMB, 220 volte quello del 1954 rispetto al periodo in cui è stato istituito, con una crescita annua del 9,6% e 22,9 volte quella del 1981 quando esso fu ripristinato, con una crescita annua del 10,4%. La posizione dell’agricoltura quale fondamento dell’economia si è rafforzata, la modernizzazione è accelerata con l’industria predominante e il settore terziario è diventato sempre più importante nello sviluppo economico: nel 2013 la loro proporzione era rispettivamente di 29,0; 41,8; 29,2.
Tra le altre, l’XPCC ha costruito le sette città a livello di contea, quelle di Alar, Tiemenguan, Tumushuke, Shuanghe, Wujiaqu, Shihezi e Beitun, più le cinque città amministrative di Jinyinchuan, Caohu, Wutong, Caijiahu e Beiquan, formando così un layout urbano con le città al centro, circondate da paesi in aree di bonifica oppure costruiti su terreni agricoli da reggimenti e zone di residenza aziendale. Questo complesso è gradualmente divenuto un centro economico e culturale regionale con un insieme di popolazione, capitale, industria, risorse umane, cultura, istruzione e risorse mediche e sanitarie che ha stimolato notevolmente il processo di urbanizzazione dello Xinjiang. L’ONU ha classificato Shihezi nel 2000 come Città Modello per il Miglioramento dell’Ambiente Residenziale e nel 2002 lo Stato l’ha designata Città Giardino Nazionale.
Avendo iniziato dalla lavorazione di prodotti agricoli e secondari, l’XPCC ha gradualmente formato un sistema industriale basato sul ruolo dominante del tessile e dell’industria leggera, ma che comprende anche ferro e acciaio, carbone, materiali da costruzione, elettricità, ingegneria chimica e produzione di macchinari, ponendo una solida base per la moderna industrializzazione dello Xinjiang. Dall’adozione della Strategia di sviluppo occidentale all’inizio del 21° secolo, l’XPCC ha sviluppato industrie pilastro, come alimentare e farmaceutica, tessile e abbigliamento, industria chimica nel cloro, alcali e carbone, lavorazione di risorse minerali speciali, prodotti petrolchimici, nuovi materiali da costruzione e produzione di attrezzature. È leader del Paese sia nella produzione che nell’economia di scala di attrezzature per l’irrigazione a risparmio idrico, prodotti a base di pomodoro e fusi in tessuto di cotone. Nel 2013 il valore aggiunto industriale dell’XPCC è stato di 42,661 miliardi di RMB, con un aumento del 27,8% rispetto all’anno precedente, pari al 28,5% del valore totale della produzione del Corpo.
Pur aderendo alla strada della modernizzazione agricola, l’XPCC ha introdotto, assorbito, studiato e promosso in modo massiccio tecnologie di produzione avanzate e continua a costruire fattorie statali su larga scala, meccanizzate e modernizzate. In particolare, esso ha compiuto passi avanti nell’introduzione e nella ricerca sull’irrigazione a risparmio idrico, sui macchinari agricoli, sull’allevamento e la coltivazione di piante, sull’allevamento del bestiame e sulle tecnologie di alimentazione che hanno applicato in tutto lo Xinjiang. Grazie alla sua innovazione tecnologica e alla forza di una produzione su larga scala ben organizzata, il Corpo ha compiuto ampi progressi nell’ammodernamento agricolo. Nel 2013 le aree di irrigazione che applicavano misure ad alta tecnologia per il risparmio idrico hanno assorbito il 74,4% del totale, il livello di meccanizzazione globale ha raggiunto il 92%, l’area seminata con capacità di perforazione precise e semi-precise ha totalizzato 857.200 ettari e il terreno testato per la fertilizzazione ha superato i 682.330 ettari. L’XPCC ha costruito basi di produzione nazionali chiave per materie prime di qualità e la frutta locale. La produzione totale di cotone nel 2013 è stata di 1.4652 milioni di tonnellate, pari al 41,6% dello Xinjiang e al 23,2% del totale nazionale. La resa per unità, il tasso di meccanizzazione e la disponibilità pro capite di cotone rimangono le migliori nel Paese da anni. La coltivazione di prodotti agricoli come pomodori, datteri, mele, pere, uva, noci e lavanda ha raggiunto risultati importanti, 91 di questi sono stati riconosciuti come prodotti di marca o ben noti marchi dello Xinjiang e della Cina.
La maggior parte delle fattorie dell’XPCC vengono costruite lungo i confini di deserti e frontiere come prima difesa per proteggere le oasi dello Xinjiang contro le tempeste di sabbia. Per anni, il Corpo ha piantato alberi e realizzato progetti di conservazione dell’acqua per inibire i venti e riparare la sabbia, controllare la salinizzazione del suolo e sviluppare l’irrigazione a risparmio idrico, dando la priorità alla costruzione eco-ambientale locale. Piantando alberi ed erba su 800.000 ettari di deserto, l’XPCC ha gradualmente creato due zone ecologiche verdi che circondano il deserto del Taklimakan e il deserto di Gurbantunggut, formando una rete completa di alberi, arbusti e praterie. Una rete economica di oasi ecologiche è stata completata nel vasto deserto desolato. La promozione di tecnologie per il risparmio idrico come irrigatori e sistemi di microirrigazione e gocciolamento ha consentito di risparmiare oltre un miliardo di metri cubi di acqua irrigua annua, aumentando così il volume di acqua che scorre a valle del fiume. I laghi che si restringono, a volte prosciugati, iniziano a mostrare segni di rinnovamento e l’ambiente ecologico al confine con il deserto è migliorato, dando vita ad un miracolo in cui la desertificazione è stata prevenuta attraverso gli sforzi umani. Nel 2013 l’XPCC aveva costruito un totale di quasi tre milioni di ettari di oasi artificiali, con un tasso di copertura forestale del 20%. La maggior parte dei terreni agricoli è stata circondata da reti di alberi, ponendo oltre l’80% dei terreni agricoli sotto la loro efficace protezione.
Dopo anni di sforzi, i mezzi di sussistenza delle persone, compresi i redditi, le condizioni abitative, la sicurezza sociale e il livello di occupazione, sono notevolmente migliorati. Nel 2013 il reddito disponibile pro capite dei residenti urbani dell’XPCC è stato di 23.100 RMB, con un aumento del 17,8% rispetto all’anno precedente; il reddito netto pro capite delle famiglie impegnate nell’agricoltura e nella zootecnia è stato di 14.300 RMB, con un aumento del 18,2% rispetto all’anno precedente; e lo stipendio medio dei lavoratori impiegati era di 44.000 RMB, il 17,4% in più rispetto all’anno precedente. L’XPCC ha investito un totale di 34,78 miliardi di RMB negli ultimi anni per migliorare il sostentamento delle persone, avviando la costruzione di 143.000 unità di alloggi indennizzativi, trasformando baraccopoli urbane che comprendono 72.000 famiglie e completando progetti di alloggi rurali a beneficio di 55.000 famiglie. Ormai più del 70% dei lavoratori si è trasferito in nuove abitazioni. Il Corpo ha ottenuto una copertura assicurativa completa per i residenti urbani, inoltre, è intervenuto per fornire ad oltre 2 milioni di persone una copertura assicurativa medica di base e assistenza medica a più di 200.000 residenti, mentre 94.000 abitanti hanno avuto diritto alle indennità di sussistenza. La sua forza lavoro nel 2013 si attestava a 1.2534 milioni di dipendenti, con 711.100 lavoratori in carica e 85.700 nuovi addetti.
L’XPCC ha stabilito un sistema educativo completo dalla scuola materna all’università, implementando l’istruzione obbligatoria di base di nove anni ed eliminando l’analfabetismo tra i giovani e le persone di mezza età. Alla fine del 2013 questo settore includeva 7 istituti di istruzione superiore, 24 scuole professionali secondarie, 243 scuole medie e 55 scuole primarie che avevano iscritto 481.300 studenti di tutti i gruppi etnici17. Il Corpo disponeva di 18 istituti di ricerca scientifica e tecnologica, come l’Accademia delle scienze per il recupero dei terreni, che impiegavano un totale di 120.000 dipendenti tecnici di diversa estrazione. Ha anche costruito 14 laboratori chiave in diversi campi, 40 centri tecnici per le imprese e 24 centri di ricerca ingegneristica. L’XPCC ha accelerato la costruzione di un sistema di servizi culturali pubblici, un gruppo di strutture che includono teatri, centri culturali, musei, sale commemorative, biblioteche e piazze. Esso ha riguardato compagnie teatrali professionali e centinaia di gruppi artistici amatoriali, 66 siti web e 197 agenzie di trasmissione radiofonica e televisiva con tassi di copertura rispettivamente del 97% e del 98,8%; comprende anche 35 giornali e riviste, mentre ogni anno vengono pubblicati più di 100 titoli di libri nel settore cultura. L’XPCC ha inoltre costantemente incrementato gli input nella salute pubblica, avendo costruito un sistema di servizi sanitari pubblici relativamente completo per contribuire a migliorare le condizioni globali dell’assistenza sanitaria dei lavoratori. Nel medesimo periodo si contavano 1.348 agenzie che impiegavano 24.800 operatori sanitari, con una media di 3,18 medici (assistenti) praticanti, 3,89 infermieri registrati e 10 posti letto ospedalieri ogni mille persone. Nel 2013 il tasso di mortalità era del 4,94 per mille, il tasso di mortalità infantile del 7,56 per mille e l’aspettativa di vita media di 76,79 anni.
Aumentando costantemente il livello di apertura, l’XPCC ha sviluppato vigorosamente la sua economia portuale e l’industria logistica, sta espandendosi attivamente sui mercati internazionali dell’Asia centrale e dell’Europa sfruttando i suoi punti di forza nell’industria agricola e nella lavorazione dei prodotti alimentari e collaterali, mentre la varietà e il volume delle sue importazioni ed esportazioni aumentano gradualmente. Si possono contare 5 zone di sviluppo economico e tecnologico a livello statale e 24 zone industriali a livello di regione autonoma e di corpo. L’XPCC ha stabilito relazioni economiche e commerciali con più di 160 Paesi e regioni e sta portando avanti la cooperazione economica e tecnologica con più di 20 Paesi e regioni. Nel 2013 il volume delle importazioni e delle esportazioni del Corpo è stato di 11,591 miliardi di dollari, con esportazioni pari a 10,37 miliardi di dollari e fatturato in progetti a contratto estero e cooperazione nel servizio del lavoro di 542 milioni di dollari.
Naturalmente, oltre al sostegno del Governo centrale, la Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang ha contribuito assegnando al Corpo terra, pascoli, risorse idriche e minerali, macchinari e attrezzature; altre province e città hanno fornito un considerevole sostegno al XPCC in termini di capitale, tecnologia e risorse umane, che sono stati di enorme aiuto per stimolare il suo sviluppo economico e sociale.
NOTE AL TESTO
1 Paul Lavoie, La Chine, les Ouighours, le Xinjiang et la propagande: les faits d’abord, Mondialisation.ca, 4 marzo 2021.
2 La misura di contenimento delle nascite, modificata nel 2015, era stata adottata nel 1979 come metodo di controllo demografico. Ma già nel 2013 erano state introdotte una serie di eccezioni. Le «minoranze etniche», per esempio, avevano già il diritto ad avere due figli. E anche i contadini, che avevano una figlia come primogenita, potevano tentare una seconda gravidanza. Non solo: dopo quasi quarant’anni di “figlio unico”, due figli unici che si fossero sposati avevano il diritto a due figli. L’art. 12 della Legge sull’autonomia etnica regionale sottolinea che nelle aree autonome possono essere ammessi insediamenti di Han o di altre etnie, compatibilmente con le condizioni ambientali locali.
3 Programmi di deradicalizzazione dei terroristi jihadisti sono stati avviati in numerosi Paesi islamici e non, quali Nigeria, Malesia, Marocco, Cecenia ma anche da Paesi europei come Germania e Regno Unito, cfr. Lavoie, op. cit. Esiste ad esempio una Rete europea per la sensibilizzazione alla radicalizzazione (RAN), finanziata, a partire dal 2013, con 40 milioni di euro a carico del bilancio UE, allo scopo di contrastare il fenomeno della radicalizzazione islamica. “Pratiche e tecniche di deradicalizzazione” è divenuto recentemente un corso di studio in alcune Università italiane.
Nel suo articolo Lavoie ricorda che mentre accusano la Cina di “di campi di concentramento e di un vasto sistema di detenzione della minoranza musulmana”, gli Stati Uniti con 210.000 prigionieri detengono la più grande popolazione carceraria del mondo, sei volte più numerosa di quella cinese.
4 Aldo Braccio, Lo Xinjiang sinoturco, cuore d’Eurasia, in “Eurasia” rivista di studi geopolitici, 4/2020, pp. 91-98. La densità di popolazione è infatti estremamente bassa, circa 13 abitanti per chilometro quadrato.
5 Bruno Guigue, La cause ouïghoure, coqueluche de l’Occident, “Russia Today France”, 22 marzo 2019.
6 “Mentre in Cina l’esercito vanta numerosi generali musulmani che garantiscono alla propria comunità evidenti vantaggi, nell’esercito indiano nessun ufficiale non inglese ha mai superato il grado di capitano e i musulmani vengono portati a combattere fuori dall’India spesso per interessi a loro contrari, non così in Cina”, cfr. Virginia Vacca, L’India musulmana, ISPI, Roma, 1941.
7 Vittorio Pagliaro, Cina e India: Identità, Stato, Territorio, Eurilink, Roma, 2016, p. 208.
8 Claudio Mutti, Gli Uiguri fra Impero e separatismo, in “Eurasia” Rivista di studi geopolitici, 2/2015, pp. 67-73. Il numero degli Imam in Cina si aggira intorno ai 45.000; essi sono stati formati dall’Istituto Islamico con l’obiettivo di istruire personale che pur fedele ai dettami dei musulmani nutrisse sentimenti patriottici nei confronti dello Stato, cfr. Maria Morigi, La perla del Drago. Stato e religioni in Cina, Anteo, Cavriago, 2018, p. 215. All’art. 73 della Costituzione il termine minzu fa riferimento ai gruppi etnici non-Han, non in termini di quantità numerica ma di diversità tradizionale e culturale da salvaguardare e valorizzare, nel rapporto non solo con l’etnia maggioritaria ma con tutti i gruppi formanti la Repubblica Popolare Cinese, cfr. Pagliaro, op. cit., p. 248.
9 Maria Morigi, op. cit, pp. 227-228. Dal 1964 Lop Nur è il sito dei test nucleari e delle tecnologie connesse.
10 Ibidem, pp. 228-230. Fin dall’inizio del XX secolo nel bacino del Tarim sono state rinvenute mummie dalle caratteristiche caucasiche che testimoniano il fertile scambio tra culture centroasiatiche e civiltà cinese fin dagli albori dell’antica Via della Seta; si vedano le testimonianze raccolte nel prestigioso Xinjiang Regional Museum, costruito ad Urumqi nel 1953. La parola Uyghur, “Unità”, evoca un concetto di organizzazione federale piuttosto che di un esclusivo gruppo etnico; meglio Uyghur simboleggia una miscellanea di gruppi etnici spinta a emigrare dall’Asia nord-occidentale, poi combinatasi ad altri gruppi etnici, Turchi e Ugro-Finnici provenienti dall’Europa dell’Est e del Nord che si sono infine stabiliti nell’attuale Xinjiang, dove si sono incontrati con le popolazioni locali come i Dolan, i Taranchis, gli Abdal o Aynu e i Lopnorluk, insediate nelle oasi e lungo i fiumi, cfr. Pagliaro, op. cit., p. 209.
11 Alessandro Rippa, Cuore dell’Eurasia”, Mimesis, Milano, 2015, pp. 189-90.
12 Costa-Fais-Lattanzio, La Grande Muraglia, Anteo, Cavriago, 2° edizione, 2014, pp. 150-151. La grande rete autostradale che taglia il deserto del Taklamakan passa addirittura sopra alcuni tratti di sabbie mobili.
13 Giacomo Gabellini, Xinjiang, mina vagante o territorio strategico?, “Scenari Internazionali” 1/2014, pp. 88-90.
14 Ibidem, p. 192. I “Tre inseparabili legami”, in base ai quali gli Han non possono vivere senza le minoranze etniche, le minoranze etniche non possono vivere senza gli Han e ciascuno dei gruppi etnici minoritari non può vivere senza gli altri, cfr. “White Paper on Development and Progress in Xinjiang”, 21/10/2009, china-un.ch.
15 The State Council Information Office of the People’s Republic of China, The History and Development of the Xinjiang Production and Construction Corps, Foreign Language Press, Pechino, 2014.
16 James A. Millward, Eurasian Crossroads. A History of Xinjiang, Hurst and Company, London, 2007 è un libro che descrive bene gli sforzi del XPCC e delle autorità dello Xinjiang per strappare terre coltivabili alla desertificazione, cfr. pp. 253-254. Il testo, inoltre affronta le contraddizioni durante il periodo della Rivoluzione Culturale (pp. 270-271) e la ripresa economica dovuta alle riforme di Deng Xiaoping (pp. 278-279). I dati sull’enorme sviluppo dello Xinjiang e l’aumento del reddito pro capite dei lavoratori dopo il 1950 vengono illustrati da Millward alle pp. 296-299.
17 I dati sui progressi nell’ambito culturale, scolastico e scientifico sono rinvenibili anche in Costa-Fais-Lattanzio, op. cit. pp. 153-154: “La vera svolta nella strategia di modernizzazione e razionalizzazione delle risorse occupazionali nello Xinjiang era già avvenuta nel 2006 con l’introduzione di un programma di esportazione e trasferimento delle attività economiche verso le province meridionali della regione, tradizionalmente più legate all’agricoltura e alla pastorizia, e meno industrializzate… Dalla fine del 2007, inoltre, ogni genere di servizio medico e assistenziale è disponibile in tutte le città, tutti i distretti e tutte le contee nell’alveo di un programma sanitario che ha visto investimenti da parte dello Stato centrale pari a 310 milioni di yuan nel solo 2008”.
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