Guerra Fredda 3.0. La ristrutturazione del blocco atlantista attorno alle tre NATO

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Luc Michel per EODE
Traduzione per il CeSEM di Stefano Vernole

Di fronte alla strutturazione di un nuovo “blocco orientale” attorno all’Asse geopolitico Mosca-Pechino-Teheran, il blocco americano-atlantista si sta ristrutturando attorno alle “tre NATO”:
– la NATO iniziale dell’Europa occidentale;
– la seconda “NATO del Medio Oriente, l’Alleanza strategica del Medio Oriente”;
– la terza NATO nel Pacifico, il Quad.
Dopo le guerre in Jugoslavia (1991-2000), Afghanistan (2002-2021) e Libia (2011), la NATO ha agito “fuori dall’area” del Trattato iniziale, la Francia atlantista sostiene da vicino gli USA in Medio Oriente, nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano …

LA RISTRUTTURAZIONE DELLA NATO DOPO TRUMP CONTRO MOSCA

Fin dall’inizio della sua formazione, ciò che la NATO (l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) ha veramente cercato è stato di riunire le potenze del Continente Verde sotto il giogo degli Stati Uniti con il pretesto che questi ultimi non infiammassero più il mondo intero iniziando un’altra guerra. Ciò che ha sempre spaventato gli Stati Uniti è il timore che l’Unione europea si stesse trasformando in una potenza militare in grado di disobbedire alle linee guida americane. Ciò che rimane non detto è che la missione della NATO è impedire ai Paesi dell’Unione Europea, in particolare Germania e Francia, di diventare potenze militari su scala globale.

Quando la Crimea si è riunita alla Russia, le incessanti ondate di campagne anti-russe, la russofobia, hanno permesso agli europei di evocare ancora una volta il concetto tipicamente atlantista di “formare un esercito europeo”, con il pretesto di volersi difendere dalle “minacce russe”. Inoltre, la Brexit e la situazione di stallo tra Donald Trump e i membri europei della NATO hanno incoraggiato, più che mai, l’Unione Europea a chiedere la formazione di un esercito europeo “per non dipendere più dagli Stati Uniti”, come ha detto il cancelliere tedesco Angela Merkel.

LE IPOTECHE AMERICANE CONTRO UN ESERCITO EUROPEO

Infatti, prima di prendere qualsiasi misura concreta per promuovere la creazione di un vero esercito europeo, l’Unione europea dovrà fornire agli Stati Uniti una garanzia per assicurare che non intende competere con loro e che non consentirà alle sue capacità militari di superare quelle della NATO. In altre parole, l’alleanza militare degli europei sarà consentita purché contribuisca al rafforzamento della NATO invece di essere un fattore che indebolisce questa organizzazione.

I VERI OBIETTIVI DI TRUMP PREPARANO LA GLOBALIZZAZIONE DELLA NATO

“Dal 2016, l’elezione di Donald Trump e le sue osservazioni elettorali sulla natura ‘obsoleta’ della NATO hanno messo alla prova le solidarietà transatlantiche. Inoltre, vi sono conflitti commerciali che mettono in discussione i vantaggi del libero scambio, alla base delle relazioni economiche tra gli Alleati sin dal GATT (1947)”. Questa è la commedia ad uso dei media mainstream, degli ingenui e di altri specialisti della “geopolitica dell’emozione”! “L’obiettivo generale della manovra era veramente isolazionista e protezionistico o è stata una forma muscolare di imposizione della condivisione dei costi, per affrontare i “le potenze revisioniste” indicate dalla Strategia per la sicurezza nazionale (2017)? È la figura di Lindbergh (“America First”) che prevale o quella di Huntington (difesa dell’Occidente)? “, Ha chiesto Jean-Sylvestre Mongrenier, ricercatore associato presso il “Thomas More Institute”.

“Se Donald Trump a volte è ambivalente, il Congresso e l’establishment politico e militare degli Stati Uniti sono quasi unanimi nel voler rimanere impegnati in Europa”, fatto che “ha portato gli Stati Uniti ad aumentare il loro impegno militare sull’Istmo Baltico- Mar Nero. Ora, soldati e attrezzature americani sono dispiegati sul suolo degli Stati Baltici, della Polonia e della Romania. Che si trovino al confine con il Mediterraneo o che si trovino nella Mitteleuropa, gli alleati degli Stati Uniti hanno sviluppato il consenso necessario per rafforzare la posizione di difesa e dissuasione ai loro confini orientali. La minaccia russa e l’articolo 5 rimangono quindi al centro delle missioni della NATO”.

BIDEN L’ATLANTISTA

L’idea di costituire un esercito europeo è stata sollevata sempre di più dai leader del Vecchio Continente dopo l’elezione di Donald Trump. È nel quadro di questo accordo non scritto che l’America del democratico Joe Biden, con lo slogan “lo sviluppo delle relazioni transatlantiche e del multilateralismo”, consentirà ai partner europei della NATO di concretizzare parte delle loro ambizioni in conformità con i principi di questa organizzazione.

Ad esempio, contemporaneamente al passaggio strategico degli Stati Uniti verso la regione dell’Indo-Pacifico, ai membri europei della NATO è stato permesso di riempire il vuoto creato nell’Asia occidentale a causa del trasferimento delle forze e delle attrezzature americane nel Sud-Est asiatico.

L’incremento di otto volte del numero delle forze NATO in Iraq e l’estensione di dieci mesi della missione delle forze armate tedesche in Afghanistan sono chiari esempi di questo accordo non scritto già siglato tra europei e americani. Ciò non significa, tuttavia, che gli europei si schiereranno con le equazioni politico-militari dell’Indo-Pacifico e dell’Eurasia con il pretesto del vuoto militare nell’Asia occidentale.

ISRAELE SOTTO IL CENTCOM

Separatamente, il Pentagono ha annunciato che Israele sarebbe rientrato sotto l’ombrello del suo comando centrale focalizzato sul Medio Oriente (CENTCOM) e che avrebbe dovuto porre fine alla sua relazione di lunga data con il comando europeo (EUCOM). Questa decisione è stata presa per dare più spazio alla NATO in modo che possa concentrarsi meglio sulla Russia.

NATO CONTRO PECHINO

Altrove nella regione indo-pacifica, i membri europei della NATO hanno il via libera dagli americani per intraprendere piani per combattere la Cina. A sostegno di questa affermazione, il dispiegamento di un sottomarino atomico francese nel Mar Cinese Meridionale e una nave d’assalto francese nel Mar Cinese Orientale, il possibile dispiegamento della nave La Queen Elisabeth del Regno Unito nel Pacifico occidentale e la circolazione di una fregata tedesca nel Mar Cinese Meridionale dopo 19 anni di assenza in questa regione altamente strategica.

La conclusione; al fine di mantenere un equilibrio tra le ambizioni militari dell’Unione Europea e il desiderio degli Stati Uniti di mantenere la propria supremazia militare nell’ambito della NATO, è stato convenuto che la NATO non dovrebbe più essere un’organizzazione militare passiva ma piuttosto un attore attivo che interpreta il suo ruolo sulla scena internazionale. Allo stesso tempo, le equazioni di potenza si sono spostate dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico.

COSA C’È IN GIOCO. O COME L’AGENDA GEOPOLITICA APERTA DAL GEOPOLITICO JEAN THIRIART NEL 1964 E’ AL CENTRO DELLE QUESTIONI?

“Infine, è importante comprendere le sfide globali del tempo, segnate dallo spostamento dell’equilibrio tra ricchezza e potere verso l’Asia e il Pacifico. Il fronte delle potenze revisioniste minaccia di trasformare l’Europa nel “piccolo promontorio” di un’Eurasia sino-sovietica, una penisola che presto sarà privata del regime del mare libero su cui si basano la sua libertà e prosperità. Oltre a ciò, è in gioco il primato dell’Occidente, che passò sotto la guida americana dopo una “nuova guerra dei trent’anni” (1914-1945)”, analizza ulteriormente Jean-Sylvestre Mongrenier (“Thomas More Institute”). È il concetto di “Occidente” sotto l’egemonia americana che è al centro del gioco. “L’Occidente è l’area di distribuzione della Coca-Cola”, ha detto Jean Thiriart! “Vista in questa luce, la NATO è il pilastro di un “Grande Spazio” euro-atlantico, gli Stati Uniti sono riusciti a dare una forma politica e militare a questa antica realtà di civiltà che è l’Occidente”.

Jean-Sylvestre Mongre, atlantista, evoca ancora esplicitamente “i poutinophiles” (i simpatizzanti di Putin) che “cercano uno spazio di fuga nella fallace Europa da Lisbona a Vladivostok”.

II

LA SECONDA “ALLEANZA STRATEGICA DEL MEDIO ORIENTE” DI FRONTE ALL’IRAN E AI SUOI ​​ALLEATI EURASIATICI: L’ “ALLEANZA STRATEGICA DEL MEDIO ORIENTE”

Una NATO in Medio Oriente era una “equazione difficile, interessi multipli”. Molte tensioni e conflitti dichiarati o latenti tra potenziali alleati rischiavano di complicare la conclusione di una “Alleanza strategica per il Medio Oriente” (MESA), l’equivalente della NATO del Medio Oriente.

LA REALIZZAZIONE DI UNA VECCHIA IDEA DAL 2015

Il serissimo “Wall Street Journal” ha rivelato nell’edizione del 15 febbraio 2017 che “gli Stati Uniti stavano esplorando l’idea di una coalizione militare tra diversi Paesi arabi e Israele. All’epoca la notizia aveva provocato la reazione di alcuni specialisti in materia senza suscitare però grosse reazioni politiche”. Tuttavia, dal luglio 2018, il progetto di una NATO araba è riemerso e la sua realizzazione nell’autunno del 2018 mostra la rinnovata opposizione tra Stati Uniti e Iran.

LA MESA – ALLEANZA STRATEGICA DEL MEDIO ORIENTE

Questa idea di alleanza politica, inizialmente formulata dal principe saudita Mohammed Bin Salman (MBS) nel 2015, mira a creare un’unica entità militare per tutti gli Stati musulmani sunniti. “Reuters” segnala in particolare l’organizzazione di un vertice il 12 e 13 ottobre. Perché e come spiegare la creazione di questa alleanza? “Evocando all’inizio di gennaio la necessità di una ‘NATO in Medio Oriente’ per affrontare i rischi di una conflagrazione regionale, il presidente americano ha riaperto il dibattito già in corso da tempo sulle presunte virtù di una “NATO globale”. “Vista l’esperienza in Afghanistan e Libia, questa proposta ha sollevato dubbi e interrogativi, soprattutto in Europa”, spiega Jean-Sylvestre Mongrenier, ricercatore associato presso il “Thomas More Institute”.

Le crescenti tensioni con l’Iran e le infinite guerre in Medio Oriente hanno acceso “un nuovo dibattito sul ruolo, la ragion d’essere, le missioni e il perimetro operativo della NATO”. Tuttavia, l’impegno militare americano in Europa è aumentato sotto Trump e, durante il vertice atlantico del 2019 (Londra, 3-4 dicembre), il presidente USA è arrivato al punto di affermare che “la NATO è stata una cosa bella e buona”. In un’intervista con il suo segretario generale, Jens Stoltenberg, ha chiesto un maggiore coinvolgimento in Medio Oriente, anche la sua trasformazione in una “NATO del Medio Oriente”.

Da allora, con il sostegno della NATO, è stata formata un’alleanza regionale tra Israele e le monarchie petrolifere del Golfo Arabo. Al suo centro l’Asse Parigi-Emirati che vede l’alleanza della talassocrazia francese, che è il nuovo volto dell’imperialismo francese, con la potenza marittima emiratina, emersa dalla guerra yemenita e dispiegata dal Golfo di Sirte allo Stretto di Oman.

La priorità data alla “minaccia iraniana”, alleata di Mosca e Pechino, cambia ugualmente la situazione. Infine, “la svolta russa in Medio Oriente, attraverso l’alleanza con Damasco e Teheran, e il gioco cinese del go nella regione” sono stati presi in considerazione dagli strateghi americani.

COME LA NATO SI È IMPEGNATA “FUORI ZONA” NELLE GUERRE AMERICANE

Come nelle guerre in Jugoslavia, la NATO è impegnata “fuori zona”, cioè fuori dall’area coperta dall’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico. Non per garantire la difesa di uno dei membri della NATO ma per “imporre la pace”. Poi è stato l’Afghanistan. E l’intervento nel teatro siro-iracheno, “contro lo Stato islamico” (sic), realizzato nell’ambito di una coalizione di “buona volontà” (Inherent Resolve, 2014). Nel 2010, il Concetto strategico definito al vertice di Lisbona non escludeva più il “fuori zona”, come dimostrato dall’aggressione della NATO in Libia dell’anno successivo (Operation Unified Protector, marzo-ottobre 2011). Oggi, accanto alle monarchie petrolifere di Israele e del Golfo, le strutture e le catene di comando della NATO vi sono direttamente impegnate.

“LA NATO DEL VICINO ORIENTE” CONCERNE ANCHE IL SUD-EST ASIATICO

“Tuttavia, l’importanza del Medio Oriente e del ‘grande Mediterraneo’ nella situazione geopolitica dell’Europa non può essere ignorata. L’Asia sud-occidentale si trova all’incrocio tra il mondo atlantico, l’Eurasia e l’Indo-Pacifico. Rischi, sfide e minacce si concentrano lì e mettono a repentaglio il futuro dell’Europa, che semplicemente non ha la possibilità di districarsi dal suo ambiente strategico. Più in generale, il Medio Oriente rimane un nodo gordiano. Oltre alle riserve di petrolio più grandi e facilmente sfruttabili al mondo, la regione costituisce un crocevia geostrategico tra Europa e Asia (vedi la rotta di Suez così come i flussi che attraversano lo Stretto di Hormuz)”, commenta Jean.

A ciò si aggiungono l’emergere dell’Iran come grande potenza regionale, la svolta russa e la presenza rafforzata della Cina Popolare, attraverso questo “grande Mediterraneo”.

III

VERSO UNA “NATO PACIFICA” PER AFFRONTARE LA CINA: IL QUAD

La creazione di “partnership globali” con Paesi come l’Australia e il Giappone è un’opportunità per una “politica di ancoraggio nell’Asia-Pacifico”. Il desiderio americano di “globalizzare la NATO” è evidente anche in quest’area nei confronti di Pechino. La dichiarazione generale del vertice NATO di Londra ha tenuto conto delle ambizioni di Pechino.

Aumentano le tensioni tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti cercano relazioni militari più strette con l’India (che è, come abbiamo detto, “l’anello debole” dei Brics e della Shanghai Cooperation Organization), l’Australia e il Giappone contro la Cina. I Paesi, noti come “Quad”, sono stretti alleati americani. L’alleanza è chiamata ad assomigliare all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico nell’affrontare la “potenziale sfida della Cina”.

IL RITORNO DEL QUAD INDO-PACIFICO: PIÙ MINACCIOSO OGGI CHE NEL 2008

Nel marzo 2018, la “Heritage Foundation” (un influente think tank statunitense), in collaborazione con tre importanti think tank australiani, indiani e giapponesi, ha organizzato la quinta edizione del suo “Quad-Plus Dialogue” a Tokyo, in Giappone. Avviato nel 2013, questo dialogo è stato concepito come un forum per i rappresentanti dei think tank e dei governi delle quattro “democrazie” per discutere le sfide geopolitiche comuni e promuovere una maggiore collaborazione strategica. Altrettanto importante, esso mirava a incoraggiare i quattro governi a rilanciare il “Quadrilateral Strategic Dialogue” (QSD) che si è riunito per la prima volta nel maggio 2007 ma è stato sciolto l’anno successivo.

BIDEN CAMMINA SULLE ORME DI TRUMP

Sul fronte geopolitico la situazione è cupa. La strategia di sicurezza nazionale del 2017 dell’Amministrazione Trump aveva rappresentato la Cina in termini più competitivi rispetto a tutti i suoi recenti predecessori. “Le tensioni sulla crescente impronta della Cina nell’Oceano Indiano e tra i vicini del subcontinente indiano hanno aggiunto un ulteriore strato di attrito a una rivalità già spinosa. E la disputa tra Cina e Giappone sulle Isole Senkaku non accenna a diminuire”, commenta il giornale neoconservatore statunitense “The National Interest”.

Ogni membro del Quad ha espresso preoccupazione – e si è rifiutato di appoggiare – la preminente Belt and Road Initiative (BRI) della Cina (le “Nuove Vie della Seta), con l’India che prende la prima direzione solitaria. Il Quad ha anche trovato un terreno comune sull’importanza dell’ “ordine basato su regole e su principi alla base delle visioni americane e giapponesi per un Indo-Pacifico libero e aperto”.

In questo contesto, nel novembre 2017, i quattro Paesi hanno ricostituito il loro “Quadrilateral Security Dialogue”, che si è riunito nuovamente per la seconda volta nell’aprile 2018. “Nel decennio trascorso dall’ultimo QSD, le democrazie hanno rafforzato la fiducia e la cooperazione funzionale bilateralmente e attraverso un trio di dialoghi strategici trilaterali complementari e sovrapposti”.

Da notare in questo contesto geopolitico:

– La stretta alleanza anti-cinese della Francia con l’India nell’Oceano Indiano.

– Il Giappone ha reinterpretato la sua costituzione per consentire una maggiore cooperazione in materia di difesa con gli Stati Uniti e altri partner per la sicurezza.

– Australia e India hanno recentemente iniziato le loro prime esercitazioni militari bilaterali. Un lungo elenco di nuove esercitazioni congiunte, vendita di armi, accordi di interoperabilità militare, dichiarazioni di visione condivisa e accordi di condivisione dell’intelligence hanno rafforzato le basi di una delle reti di sicurezza informali più forti al mondo.

– Nel 2007, l’India non aveva praticamente alcun equipaggiamento militare americano di cui parlare; ora ospita velivoli da trasporto e sorveglianza statunitensi all’avanguardia, artiglieria, elicotteri d’attacco e missili. Presto potrebbe introdurre droni americani armati e persino jet da combattimento.

L’INDIA OPPORTUNISTA È ANCHE IL “COLLEGAMENTO DEBOLE” DEL QUAD

Certamente, il Quad non è privo di sfide. L’India rimane forse il membro più diffidente “, ancora amareggiato dal ritiro dell’Australia dal QSD iniziale e inquieto al pensiero che un altro Governo laburista a Canberra potrebbe spingere per un altro riadattamento della sua politica cinese”.

In alcuni casi, i forum trilaterali rimangono il luogo privilegiato per risultati sostanziali. I quattro Paesi, in particolare Giappone e Australia, stanno lottando per “camminare sul filo del rasoio tra un solido equilibrio di sicurezza e la massimizzazione delle opportunità”.

I quattro Paesi stanno rafforzando la loro collaborazione su “iniziative di connettività regionale che promuovono il buon governo, la trasparenza, la responsabilità e il finanziamento del debito sostenibile”. Il Quad rappresenta sia una strategia di contenimento mirata alla Cina, ma la Cina rimane un importante partner commerciale per ogni membro del Quad.

Il Quad è un’aggiunta simbolicamente e sostanzialmente importante a una rete esistente di cooperazione strategica e di difesa tra quattro Paesi particolarmente capaci dell’Indo-Pacifico. Ciò che rende unico il Quad è che “i suoi membri sono sufficientemente potenti militarmente ed economicamente per resistere a varie forme di coercizione cinese fornendo allo stesso tempo i ‘muscoli’ necessari per difendere le basi di un Indo-Pacifico libero e aperto contro possibili sfidanti”.

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