Marco Costa
La Regione autonoma speciale di Hong Kong, conosciuta in tutto il mondo per il suo celebre skyline avveniristico di grattacieli illuminati, ha in realtà una storia molto antica, che affonda le sue radici già in epoca preistorica. Questa straordinaria città, conosciuta in tutto il mondo per il suo dinamismo economico e finanziario, nonché per avere uno dei primi porti commerciali del pianeta, è un vero porto profumato (questo il significato del suo nome) della Cina tra passato antico e modernità.
Purtroppo la bibliografia disponibile in lingua italiana su questo tema è limitatissima, mentre in lingua inglese vi sono numerosi testi disponibili sulla storia di questa città-regione. Infatti diversi studi dimostrano che l’attuale regione di Hong Kong aveva alcuni insediamenti già dall’età della pietra, diventando poi parte dell’impero cinese all’epoca della dinastia Qin (221–206 aC).
Questo piccolo insediamento, nato originariamente come villaggio di pescatori e località di produzione del sale, è certo che venne abitato almeno 30.000 anni fa. Infatti, alcuni reperti archeologici risalenti all’età della pietra, sono stati scoperti nelle zone di Sai Kung e Wong Tei Tung. In particolare gli strumenti di pietra trovati a Sai Kung fanno immaginare ad uno strumento probabilmente destinato alla lavorazione del terreno, ed è comunque databile al periodo tardo neolitico o dell’età del bronzo antico. Inoltre, altra prova dell’esistenza di un insediamento umano di epoca paleolitica nell’area venne trovata a Sham Chung, accanto alla baia delle Tre braccia nella penisola di Sai Kung. Qui vennero portati alla luce circa 6000 manufatti, che sono attualmente conservati dalla Società archeologica di Hong Kong e dal Centro di archeologia Lingnan dell’Università di Zhongshan.
Circa settemila anni fa, in questa regione si sviluppò l’era neolitica; qui si stabilirono alcuni coloni del popolo, analogamente ad altre aree delle Cina meridionale. In particolare sembra che questi insediamenti furono maggiori nella parte occidentale di Hong Kong, molto probabilmente perché questa zona presentava condizioni più favorevoli quali la protezione dai forti venti provenienti dal sud-est e per una maggiore fertilità. Attualmente queste aree sono conosciute come Cheung Chau, l’isola di Lantau e l’isola di Lamma.
Fu con il cosiddetto periodo degli Stati combattenti che la zona iniziò ad essere più densamente popolata. Infatti, il periodo degli Stati Combattenti fu un’epoca nella storia dell’antica Cina caratterizzata da continue guerre, a cui sarebbe seguito il cosiddetto Periodo primaverile e autunnale che si sarebbe concluso con la conquista Qin e che vide l’annessione di tutti gli altri Stati contendenti, che alla fine portarono alla vittoria dello Stato Qin (nel 221 a.C.) come primo Impero cinese unificato. Come detto, durante questo periodo di forti turbolenze ed instabilità, si vide un forte un afflusso di persone Yuet dal nord nell’area. Probabilmente queste popolazioni vollero evitare la continua instabilità presente nelle regioni centrali e trovare rifugio nelle zone costiere del sud. Di questo periodo sono stati ritrovati diversi strumenti in bronzo per la pesca, per il combattimento alcuni reperti destinati a rituali spirituali, rinvenuti soprattutto sull’isola di Lantau e sull’isola di Lamma. La prima tribù presente, il popolo Che, vene assimilato al popolo Yuet, e fondarono il villaggio di Ma Wan, che può essere considerato il primo insediamento stabile riconducibile all’attuale città di Hong Kong.
Possiamo quindi affermare che il periodo preistorico di Hong Kong si concluse attorno al secondo secolo avanti Cristo, allorquando venne incorporato all’impero Qin che lo inquadrò nella contea di Panyu. Relativamente a questo periodo le prove archeologiche indicano che la popolazione aumentò in modo significativo solamente durante la successiva dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.). Inoltre, al primo secolo d.C. risalgono prove che nell’area si sviluppò una fiorente attività di produzione del sale; così come altre prove archeologiche dimostrano che il mare di Tai Po fu un importante centro portuale da cui partivano i cacciatori di perle per tutta la Cina dalla dinastia Han fino alla dinastia Ming (1368–1644), con attività che raggiunsero il loro apice durante il periodo Han (917–971). Con il susseguirsi delle varie dinastie dell’impero anche l’organizzazione amministrativa delle province vide mutamenti e riorganizzazioni. Infatti nel corso della dinastia Jin fino all’inizio della dinastia Tang, Hong Kong venne ricompresa dalla contea di Bao’an. Sotto la dinastia Tang, tutta la regione del Guangdong divenne un vero e proprio centro dei commerci interni e internazionali. Sicché la regione di Tuen Mun, in quelli che oggi sono i Nuovi territori di Hong Kong, fungeva da porto e da base navale, caratterizzandosi sempre di più quale centro di produzione di sale e successivamente da base per il commercio delle perle. Vi furono anche delle rivolte, soprattutto dovute all’insubordinazione dei contrabbandieri di sale contro il governo. Comunque, va ricordato che dalla metà della dinastia Tang fino alla dinastia Ming, Hong Kong fu inserita dalla contea di Dongguan.
Altra data da ricordare è quella del 10 maggio 1278, quando il piccolo Zhao Bing, l’ultimo Imperatore della dinastia Song, fu intronizzato proprio a Mui Wo sull’isola di Lantau; questo evento è commemorato dal memoriale di Sung Wong Toi a Kowloon, l’attuale parte continentale di Hong Kong. La figura di Zhao Bing, soprannominato l’Imperatore bambino, è strettamente legata alla città di Hong Kong. Infatti, a seguito della sconfitta subita nella battaglia di Yamen del 19 marzo 1279, il giovanissimo Imperatore si suicidò, scegliendo di annegare con i suoi fedeli funzionari: questi si recarono sul Monte Ya – nell’odierna città di Yamen nel Guangdong – e dopo essere saliti insieme al funzionario Lu Xiufu sull’altissima scogliera, si gettarono in mare. Questo drammatico evento avrebbe segnato anche la fine della dinastia Song.
Con l’avvento della dominazione mongola della dinastia Yuan, Hong Kong visse un vero e proprio boom demografico, soprattutto dovuto ai molti rifugiati cinesi che preferirono stabilirsi nell’area. In particolare, sarebbero stati i cosiddetti cinque clan ad insediare l’area, ovvero le cinque grandi famiglie Hau, Tang, Pang, Liu e Man provenienti dai territori del Guangdong, Fujian e Jiangxi che si stabilirono principalmente nei Nuovi territori e si assimilarono adottando ben presto il linguaggio Punti. Qui occorre una breve chiarimento; infatti per Punti a Hong Kong si intende quel gruppo etnico degli abitanti indigeni di lingua cantonese che si erano stabiliti in città prima che i Nuovi territori di Hong Kong fossero affittati all’Impero Britannico nel 1898.
Nel corso della dinastia Ming, Hong Kong venne inserita nella contea di Xin’an; ma nonostante il grande fenomeno migratorio, le attività economiche in questo periodo rimasero quelle tradizionali. L’agricoltura continuò ad avere scarso sviluppo e ad essere relegata ad attività secondaria, mentre si incrementarono ulteriormente il commercio del sale, delle perle e il settore ittico. Alcuni clan cittadini presero l’abitudine di costruire villaggi fortificati in città, anzitutto per proteggersi dalla minaccia di banditi, di clan rivali e dagli animali selvatici provenienti dall’interno. Non è un caso che, come avvenne analogamente ad altre latitudini ed in altri mari, al forte incremento delle attività navali corrispose la nascita del fenomeno della pirateria. In questi anni, il pirata cinese della dinastia Qing, Cheung Po Tsai, divenne una vera e propria leggenda di Hong Kong, tanto da avere avuto una notevole diffusione nella cultura di massa cinese ed essere ricordato ancora oggi. Su questo personaggio leggendario vale la pena un breve approfondimento.
Cheung Po Tsai (1783–1822) era un colonnello della marina della dinastia Qing con un celebre trascorso nella pirateria; egli era figlio di un pescatore Tanka che viveva a Xinhui; intorno al 1798, fu rapito all’età di 15 anni dal pirata Cheng I che lo imbarcò sulla sua nave avviandolo al brigantaggio navale. La sua astuzia e la sua forza lo aiutarono in questa carriera, e venne anche adottato da Cheng I e Ching I Sao (che significa moglie di Cheng I) come loro figliastro, rendendolo l’erede legale della famiglia Cheng. Il compagno di pirateria e luogotenente di Cheung Po Tsai era Cai Qian, che deteneva forti legami con i commercianti di armi occidentali poiché sua moglie Lu Shi (meglio conosciuta con il suo soprannome Cai Qian Ma), parlava correntemente inglese ed era un esperto di armi. Dopo che Cheng I morì improvvisamente in Vietnam il 16 novembre 1807, la sua vedova Ching Shih agì rapidamente per consolidare la collaborazione con il suo figliastro Cheung Po Tsai. Il loro primo successo arrivò quando furono in grado di assicurarsi la lealtà dei parenti di Cheng, che erano i leader della flotta. Addirittura diventarono amanti. Come secondo in comando di Ching Shih, Cheung Po Tsai navigava lungo l’area costiera del Guangdong durante la dinastia Qing. Si stima che la loro flotta pirata avesse raggiunto più di 50.000 combattenti e circa 600 navi.
Tuttavia, il vento sembrava cambiare dagli episodi del 1809. Le autorità riuscirono a scoprire che Cai Qian aveva attraccato nella città costiera di Wuzhen, nella provincia di Zhejiang. La marina imperiale, grazie a Wang Delu e Qiu Lianggong, bloccò la nave nel porto e attaccò: i loro cannoni affondarono la nave di Cai Qian e lo uccisero. In seguito, nell’autunno del 1809, la flotta pirata di Cheung Po Tsao subì una serie di sconfitte inflitte dalla marina portoghese nella cosiddetta Battaglia della bocca della tigre e non c’era modo che sarebbero state in grado di resistere per sempre. Infine il 20 aprile 1810 a Furongsha nel Guangdong, Cheung Po Tsai consegnò formalmente la sua flotta ormai considerevolmente ridotta e le armi, che ora contavano circa 280 navi, 2.000 cannoni e oltre 25.000 uomini. Se i portoghesi non ottennero nulla, il governatore del Guangdong Zhang Bailing accettò la sua resa.
A questo punto Cheung e Ching godettero di un’amnistia offerta dal governo della dinastia Qing, ponendo certamente fine alla loro carriera di pirati ma conservando il loro ricco bottino. Cheung Po Tsai cambiò il suo nome precedente e fu arruolato della dinastia Qing, dove divenne un capitano della marina del Guangdong, ricevendo il grado di colonnello della marina. Gli fu dato il comando di un totale di 30 navi, gli fu permesso di trattenere 30 flotte private e un insediamento sulle isole Penghu (nell’attuale Taiwan). Avrebbe, paradossalmente, passato il resto della sua vita ad aiutare il governo a combattere altri pirati. Cheung Po e Ching Shih si sarebbero poi sposati avendo come testimone nuziale il governatore Bailing. Proseguì la sua carriera nella marina, facendo anche visita ufficiale al Leal Senado di Macao per incontrare molti degli ufficiali portoghesi presenti ai combattimenti, tra i quali Gonçalves Carocha. Nel 1813, Ching Shih diede alla luce suo figlio Cheung Yu Lin, che in seguito avrebbe avuto una figlia nata in una data sconosciuta. Dopo che Cheung Po morì in mare nel 1822 all’età di 39 anni, la sua vedova si trasferì con la famiglia a Macao e lì aprì una casa da gioco con annesso un bordello, integrando i suoi affari con un’impresa dedita al commercio del sale. Sembra che i discendenti di suo figlio Cheung Yu Lin risiedano attualmente a Macao.
Diversi luoghi di Hong Kong sono collegati a Cheung Po Tsai ed alle sue vicende. Come la Grotta di Cheung Po Tsai, situata sull’isola di Cheung Chau: si tratta di una piccola grotta naturale, che si dice sia il luogo in cui stipò il proprio bottino. Inoltre, ci sono altre grotte dedicate al pirata Cheung Po Tsai a Lamma Island, a Tap Mun, a Sai Wan, Chung Hom Kok, Chek Chau, Siu Kau Yi Chau e Longxue Island, nel Guangzhou. Poi Cheung Po Tsai fece erigere diversi templi dedicati alla dea Tin Hau a Ma Wan, Cheung Chau e sulla penisola di Stanley.
Questo personaggio venne ricordato e celebrato dalla cultura popolare in diverse occasioni ed anche in anni recenti, finendo per diventare una vera e propria icona della cultura marittima di Hong Kong, soprattutto nella ricca produzione cinematografica cittadina. Ad esempio il film d’azione ambientato ad Hong Kong del 1973 The Pirate, ha Cheung Po Tsai come protagonista, interpretato dall’attore Ti Lung. Anche il film d’azione di Hong Kong del 1983 Project A raffigura un personaggio basato su Cheung Po Tsai. Un’altra pellicola del 1994, C’era una volta in Cina V, ha Cheung Po Tsai come uno dei principali antagonisti che si oppongono al protagonista Wong Fei-Hung. Poiché il film si svolge in modo apocrifo poco dopo la ribellione dei Boxer, tuttavia (oltre settant’anni dopo che Cheung Po Tsai aveva vissuto storicamente), Cheung è raffigurato in quel film come un uomo estremamente anziano. Anche nel celebre film Pirati dei Caraibi si trova un riferimento a questo personaggio: alla fine del mondo appare un pirata di nome Sao Feng come membro della Corte dei Fratelli. Questo personaggio è basato su Cheung Po Tsai, anche se il film è stato ambientato molti anni prima che lui vivesse. Esiste anche una nave costruita di recente (ma sullo stile dei vascelli pirateschi) ed utilizzata normalmente per crociere turistiche ad Hong Kong dedicate a questo celebre pirata.
Tornando alla storia di Hong Kong nel quadro delle dinastie imperiali cinesi, in epoca Qing Hong Kong venne inquadrata sotto il governo della contea di Xin’an, fino alla colonizzazione degli inglesi. Prima che il governo britannico colonizzasse i Nuovi territori e il Nuovo Kowloon nel 1898, le comunità Punti, Hakka, Tanka e Hokkien continuarono ad essere le principali in città. Nel dettaglio la comunità Punti e gli Hokkien popolavano i Nuovi Territori mentre i Tanka e gli Hakka vivevano sia nei Nuovi Territori che nell’isola di Hong Kong. Erano, in buona sostanza, la comunità indigena che si era consolidata, tanto che anche agli occhi occidentali l’Encyclopedia Americana descriveva Hoklo e Tanka come viventi ad Hong Kong “sin dalla preistoria”.1 Tanto per avere un riferimento demografico, nel momento in cui l’Union Jack su Possession Point (sulla costa nord occidentale dell’isola) il 26 gennaio 1841 sanciva l’intermezzo coloniale britannico, la popolazione dell’isola di Hong Kong era di circa 7.450 abitanti, per lo più pescatori Tanka e carbonai Hakka che vivevano disseminati nei villaggi costieri. Inoltre, nel 1850 un gran numero di cinesi emigrò dalla Cina interna verso Hong Kong a causa della ribellione dei Taiping. Anche altri eventi come inondazioni, tifoni e carestie nella Cina continentale diedero ulteriore spinta verso l’incremento demografico della città.
Avvicinandosi ai giorni nostri, occorre esaminare con attenzione l’epoca di Hong Kong nel periodo coloniale, anche in funzione di comprendere alcune ripercussioni che questo periodo ha avuto anche in epoca a noi contemporanea. In questo senso, occorre elencare cronologicamente almeno 4 passaggi formali che hanno reso – per fortuna temporaneamente – la città ed il territorio di Hong Kong quale colonia britannica.
Il 20 gennaio del 1841 ci fu la Convenzione di Chuenpi. Con il rifiuto del 1839 da parte delle autorità della dinastia Qing all’importazione di oppio, si scatenò tra Cina e Gran Bretagna la prima Guerra dell’oppio. L’isola di Hong Kong fu occupata dalle forze britanniche il 20 gennaio 1841 e formalmente ceduta, ai sensi della cosiddetta Convenzione di Chuenpee, come parte di un accordo di cessate il fuoco tra il capitano Charles Elliot e il governatore Qishan. Tuttavia tale trattato non fu mai ratificato a causa di una controversia tra i funzionari di alto rango di entrambi i governi. In seguito, con il trattato di Nanchino stipulato il 29 agosto 1842, l’isola passò in cessione perpetua al Regno Unito. I britannici stabilirono una Colonia della corona britannica con la fondazione di Victoria City (inizialmente fu chiamata Queenstown, dove si stanziarono le autorità britanniche), avvenuta l’anno successivo.
Con il successivo Trattato di Pechino (anche detto Convenzione di Pechino), gli inglesi consolidarono ulteriormente la loro presa coloniale. Va ricordato che all’inizio del XIX secolo, il commercio dell’Impero britannico era fortemente dipendente dall’importazione di tè, seta e porcellana dalla Cina. Sebbene gli inglesi esportassero in Cina articoli di lusso come orologi, gioielli eccetera, rimase un enorme squilibrio nel commercio. In questo quadro, un parziale controbilanciamento commerciale venne trovato con le esportazioni di oppio in Cina, essendo l’oppio legale in Inghilterra e in tutto il Regno Unito. Visti gli effetti catastrofici conseguenti alla liberalizzazione di questo commercio sulle popolazioni locali, il commissario cinese Lin Zexu espresse alla regina Vittoria l’opposizione dello Stato Qing al proseguire nel commercio di oppio. La prima guerra dell’oppio che seguì durò dal 1839 al 1842. La Gran Bretagna occupò quindi l’isola di Hong Kong e il 25 gennaio 1841 la utilizzò come avamposto militare. Come abbiamo visto, la Cina fu sconfitta e fu costretta a cedere Hong Kong alla Gran Bretagna nel Trattato di Nanchino firmato il 29 agosto 1842. Hong Kong divenne una colonia della corona dell’Impero britannico. Ed è proprio come conseguenza della Seconda guerra dell’oppio che prese forma il Trattato di Pechino.
Il 18 ottobre 1860, al culmine della seconda guerra dell’oppio, le truppe britanniche e francesi entrarono nella Città proibita di Pechino. In seguito alla decisiva sconfitta dei cinesi, il principe Gong fu costretto a firmare due trattati a nome del governo Qing con Lord Elgin e il barone Gros, che rappresentavano rispettivamente la Gran Bretagna e la Francia. Sebbene la Russia non fosse stata una belligerante diretta, il principe Gong firmò anche un trattato con Nikolay Ignatyev. Il piano originale era quello di bruciare la Città proibita come punizione per i maltrattamenti dei prigionieri anglo-francesi da parte dei funzionari Qing. Poiché così facendo avrebbe messo a repentaglio la firma del trattato, il piano si spostò invece sull’incendio del Vecchio palazzo d’estate. I trattati con Francia e Gran Bretagna furono firmati nell’edificio del Ministero dei riti immediatamente a sud della Città proibita il 24 ottobre 1860. Con questa convenzione imposta ai cinesi, l’imperatore Xianfeng ratificò una convenzione che si poneva nei fatti dei precedenti “Trattati ineguali” firmati a Nanchino (1842) e Tietsin (1858).2 Nella fattispecie, con l’articolo 6 della Convenzione tra Cina e Regno Unito, si stabiliva che la Cina avrebbe ceduto per sempre alla Gran Bretagna la parte della penisola di Kowloon a sud dell’attuale Boundary Street, Kowloon e Hong Kong (inclusa Stonecutters Island). Sempre lo stesso articolo vessatorio, rispetto alla Convenzione tra Cina e Francia, prevedeva che “le istituzioni religiose e caritative confiscate ai cristiani durante le persecuzioni di cui erano vittime devono essere restituite ai loro proprietari tramite il ministro francese in Cina”.3 Il trattato cedette anche parti della Manciuria esterna all’Impero russo e diede diritto al krai di Ussuri (ovvero una parte dell’odierna Primorye), il territorio che corrispondeva all’antica provincia Manchu della Tartaria orientale. Come conseguenza, i missionari cristiani fondarono molte scuole e chiese a Hong Kong. La chiesa anglicana di St Stephen, situata a West Point, è stata fondata dalla Church Mission Society nel 1865. La Ying Wa Girls School situata a Mid-levels è stata fondata dalla London Missionary Society nel 1900. L’Hong Kong College of Medicine for Chinese è stato fondato dal London Missionary Society nel 1887 e Sun Yat-sen fu uno dei suoi primi due laureati nel 1892. Il college fu il precursore della School of Medicine dell’Università di Hong Kong, fondata poi nel 1911.
Tuttavia, il trattato sicuramente più importante sarebbe stato quello successivo, la Seconda convenzione di Pechino. Nel 1898, i governi britannico e cinese firmarono la Seconda convenzione di Pechino, che includeva un contratto di locazione di 99 anni per le isole circostanti Hong Kong, chiamate “Nuovi Territori”. Il contratto di locazione ha assegnato il controllo di oltre 200 piccole isole circostanti agli inglesi. In cambio, la Cina ha ricevuto la promessa che le isole le sarebbero state restituite dopo 99 anni, alla fine del periodo di locazione negoziato.
Secondo la convenzione, i territori a nord di quella che oggi è Boundary Street a sud del fiume Sham Chun e le isole circostanti, in seguito conosciute come Nuovi territori, furono affittati al Regno Unito per 99 anni senza canone di affitto4, con scadenza il 30 giugno 1997 e divennero parte della colonia della corona di Hong Kong. La città fortificata di Kowloon fu esclusa e rimase sotto il controllo della Cina. I territori che erano stati dati in locazione al Regno Unito erano originariamente governati dalla contea di Xin’an, nella provincia del Guangdong; Claude MacDonald, il rappresentante britannico durante la convention, optò per un contratto di locazione di 99 anni perché pensava che fosse “buono come per sempre”.5 La Gran Bretagna non pensava che avrebbe mai dovuto restituire i territori, ma la storia dimostrerà che le intuizioni britanniche sarebbero state disattese. Quasi un secolo dopo, i governi del Regno Unito e della Repubblica popolare cinese hanno concluso la Dichiarazione congiunta sino-britannica nel 1984, in base alla quale la sovranità dei territori affittati, insieme all’Isola di Hong Kong e Kowloon (a sud di Boundary Street) si sarebbe ricongiunta alla madrepatria ai sensi del Trattato di Nanchino (1842) e della Convenzione di Pechino (1860) il 1 ° luglio 1997, come in effetti è poi avvenuto.
Va tuttavia fatta una precisazione, di carattere strettamente geografico. Nel trattato di Nanchino, nel 1842, il governo Qing acconsentì a fare di Hong Kong una colonia della corona, cedendola per sempre, in seguito alla vittoria britannica nella prima guerra dell’oppio. Durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, la Gran Bretagna si era preoccupata per la sicurezza della parte di isola di Hong Kong. Di conseguenza, alla Convenzione di Pechino, in seguito alla vittoria britannica nella seconda guerra dell’oppio, la Gran Bretagna ottenne un contratto perpetuo sulla penisola di Kowloon. I Nuovi territori, con un contratto di locazione di 99 anni, erano gli unici territori che formavano la colonia della Corona di Hong Kong, che erano obbligati per accordo a essere restituiti. Tuttavia, al momento dei negoziati ufficiali negli anni ’80, era considerato impraticabile separare i territori ceduti e restituire solo i Nuovi territori alla Cina, a causa della scarsità di risorse a Hong Kong e Kowloon, e ai grandi sviluppi nei Nuovi territori. Di conseguenza, alla mezzanotte successiva alla sera del 30 giugno 1997, l’intera colonia della corona di Hong Kong è tornata ufficialmente alla sovranità cinese, ponendo fine ai 156 anni di dominio britannico. In pratica, ormai la città-stato coloniale di Hong Kong era diventata sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello sociale un tutt’uno, e non avrebbe potuto essere restituito alla Repubblica popolare solo parzialmente. Come già abbiamo accennato, la dichiarazione congiunta sino-britannica venne siglata dai primi ministri di Regno Unito e Repubblica Popolare Cinese il 19 dicembre 1984 a Pechino; tale dichiarazione entrò in vigore il 27 maggio 1985 e venne registrata dai rispettivi governi il 12 giugno. Secondo gli accordi sottoscritti, la Cina avrebbe ripreso la propria sovranità statale su Hong Kong, Kowloon e gli altri territori del possedimento coloniale dal 1 luglio 1997 ed in quello stesso giorno il Governo inglese avrebbe rinunciato definitivamente alla propria. Alla cerimonia del 1997 prese parte il Carlo, principe del Galles, il quale lesse un discorso per conto della regina Elisabetta II. Alla cerimonia presenziarono anche il primo ministro inglese da poco eletto, Tony Blair, il ministro degli esteri, Robin Cook, l’ormai ex governatore di Hong Kong, Chris Patten ed il capo dello staff della difesa, Charles Guthrie. In rappresentanza della Repubblica Popolare Cinese presenziò Jiang Zemin, premier cinese, Li Peng e Tung Chee-hwa e praticamente tutti i principali membri del Governo. L’evento venne trasmesso da radio e televisioni in tutto il mondo, e si sarebbe rivelato un vero e proprio momento epocale.
Non va tuttavia dimenticata un’altra pagina, altrettanto drammatica, della storia di Hong Kong, ovvero il periodo dell’occupazione giapponese nel corso dello svolgimento della Seconda guerra mondiale.
Hong Kong venne brutalmente occupata dal Giappone il 23 dicembre 1941 fino al 15 agosto 1945. Questo periodo buio, chiamato dei 3 anni e 8 mesi, vide un totale stallo economico e sociale per la città. Gli inglesi, i canadesi, gli indiani e le forze di difesa volontarie di Hong Kong resistettero solo inizialmente all’invasione giapponese comandata da Sakai Takashi e avviata l’8 dicembre 1941, precisamente otto ore dopo l’attacco a Pearl Harbor. Il Giappone raggiunse la superiorità aerea il primo giorno di battaglia e le forze difensive erano in inferiorità numerica. Gli inglesi e gli indiani si ritirarono dalla Gin Drinker’s Line e in seguito anche da Kowloon, incalzati dai pesanti bombardamenti aerei e dagli sbarramenti di artiglieria. Nell’evolversi della situazione, venne perso anche l’ultimo bastione difensivo degli inglesi e dei loro alleati; infatti i granatieri di Winnipeg canadesi vennero messi in inferiorità nella battaglia di Wong Nai Chong Gap, che era il passaggio tra il nord e le parti del sud dell’isola. Cosicché il 25 dicembre 1941, denominato emblematicamente come Black Christmas dagli hongkonghesi, i funzionari coloniali britannici guidati dal governatore di Hong Kong, Mark Aitchison Young, si arresero mestamente presso la sede giapponese al terzo piano del Peninsula Hotel, mentre Isogai Rensuke divenne il primo governatore giapponese di Hong Kong. In questo periodo comunque i guai per i giapponesi si presentarono frequentemente. Durante l’occupazione giapponese, l’iperinflazione e il razionamento alimentare divennero la norma della vita quotidiana. Divenne illegale possedere dollari di Hong Kong (la moneta locale), che vennero sostituiti dallo yen militare giapponese, una valuta senza riserve emessa dall’amministrazione dell’esercito imperiale giapponese. Durante i tre anni e mezzo di occupazione da parte dei giapponesi, circa 10.000 civili di Hong Kong furono giustiziati, mentre molti altri furono torturati, violentati o mutilati. Philip Snow, un importante storico del periodo, scrisse che i giapponesi tagliavano le razioni per i civili per conservare il cibo per i loro soldati, e deportarono molti cittadini in aree della terraferma in preda alla diffusione incontrollata di epidemie.
Tra l’altro, la maggior parte dei rimpatriati era giunta a Hong Kong solo pochi anni prima per sfuggire al terrore della seconda guerra sino-giapponese nella Cina continentale. Fortunatamente, alla fine della guerra nel 1945, Hong Kong era stata liberata dalle truppe britanniche e cinesi congiuntamente, e la popolazione di Hong Kong si era ridotta a 600 mila persone, ovvero meno della metà della popolazione prebellica di 1,6 milioni a causa essenzialmente della scarsità di cibo delle deportazioni e dell’emigrazione. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la tendenza alla decolonizzazione attraversava ormai tutti i continenti extraeuropei; tuttavia, la Gran Bretagna scelse ostinatamente di mantenere Hong Kong per ragioni principalmente strategiche.
I decenni successivi avrebbero riservato ad Hong Kong una crescita economica, commerciale e sociale davvero unica, che la avrebbero trasformata in una delle capitali finanziarie di tutta l’Asia.
NOTE AL TESTO
1 Encyclopedia Americana, Volume 1, Scholastic Library Publishing (2006), p. 474
2 Con il termine Trattati ineguali si intende quella serie di convenzioni sottoscritte da alcuni stati dell’Estremo Oriente (l’Impero Qing, il Giappone Tokugawa e la Corea Joseon) con le potenze occidentali tra il XIX secolo e i primi anni del XX.
3 Vedi Charles Herbermann, La Chiesa in Cina, Enciclopedia cattolica, New York: Robert Appleton Company, 1913.
4 Vedi Hong Kong Journal, 17 febbraio 2008
5 Vedi D. Preston, The boxer rebellion, Bloomsbury Publishing USA, 2000.
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