Intervista pubblicata su SPUTNIKSERBIA
Intervista a cura della redazione di “Sputnik” Serbia
Da dove proviene l’idea del libro? Nella prefazione si sottolinea come l’Ortodossia sia un fattore geopolitico chiave negli eventi storici dei Balcani.
L’idea del libro nasce innanzitutto dal desiderio di ritornare in Montenegro, un Paese che avevo già visitato nel 2000 e nel 2007, in periodi molto differenti della sua storia. Chiaramente le notizie delle imponenti manifestazioni contro l’approvazione della Legge sulla Libertà religiosa, è stata una spinta ulteriore a tornarci e a verificare direttamente la situazione. L’Ortodossia è alla base di quanto sta succedendo in Montenegro, perché se non fosse per la fede cristiana dei manifestanti il provvedimento adottato dal Governo di Podgorica sarebbe passato sotto silenzio. Come ho cercato di spiegare nel libro, l’identità ortodossa dei serbi è la chiave per decifrare il possibile cambiamento geopolitico nei Balcani, il loro nazionalismo rappresenta ancora oggi (dopo le guerre degli anni Novanta) l’unico fattore di ostacolo alla completa sottomissione della regione alla NATO e costituisce un richiamo importante per le aspirazioni geostrategiche della Russia.
Da dove nasce l’interesse di un italiano per la sofferenza e l’ingiustizia serba? Come giudichi l’Ortodossia e la posizione dei serbi che, come hai scritto, agli occhi degli altri sono sempre dalla parte dei “perdenti”?
Il mio interesse nasce per pura curiosità, durante un viaggio compiuto nel 1995 durante gli ultimi mesi della guerra in Jugoslavia. La visione dall’Italia, quella conculcata dai media mainstream, era a senso unico, si credeva che i serbi (perlopiù comunisti ma con sfumature naziste), non volessero concedere l’indipendenza alle altre nazioni e si prodigassero in massacri vari. La realtà che ho riscontrato sul terreno era molto diversa, proprio in quei giorni centinaia di migliaia di serbi venivano costretti a fuggire dalle Krajine sotto la spinta dell’avanzata militare croato-musulmana agevolata dai bombardamenti della NATO. Solo la decisa resistenza serba in Bosnia, inoltre, impedì che l’attuale capitale della Republika Srpska, Banja Luka, finisse sotto il controllo dell’entità croato-bosniaca. Ho deciso così di ricostruire attraverso alcune ricerche (dalle quali sono scaturiti i miei libri precedenti) le ragioni dei serbi, i quali alla fine sono coloro che hanno pagato più a caro prezzo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia. Ma “perdenti” lo sono solo apparentemente, agli occhi della razionalità occidentale; nella visione serba, ripetendo il sacrificio di Re Lazar e dei suoi soldati sul Campo dei Merli, durante i secoli di esilio e sofferenza, il “popolo celeste” ripete la Passione di Cristo e si eleva alla Gloria universale.
Come commenti la controversa Legge montenegrina e cosa pensi del vigore del popolo serbo nella difesa dei suoi Santi?
La Legge sulla libertà religiosa approvata dal Governo di Podgorica lo scorso 26 dicembre tra violente contestazioni sia fuori che dentro il Parlamento, viola sia la stessa Costituzione montenegrina sia il diritto internazionale. Nel primo caso, l’art. 14 paragrafo 1 stabilisce che le comunità religiose siano separate dallo Stato, mentre il paragrafo 2 prevede che le comunità religiose siano libere nell’esercizio delle loro funzioni. Nel secondo caso, l’art. 9 della Convenzione europea che garantisce la libertà di pensiero, coscienza e religione, è confortato da alcune sentenze secondo le quali l’autonomia delle comunità religiose è parte integrante del pluralismo in una società democratica. E’ assurda inoltre la pretesa del Governo montenegrino dal punto di vista storico, perché i confini del Paese nel 1918 non sono gli stessi di oggi; aldilà del rischio di espropriazione che corrono i 66 monasteri e chiese ortodosse serbi, se dovesse passare questo principio nessun proprietario immobiliare in Montenegro è al riparo da un possibile esproprio da parte dello Stato, basterà definire la sua proprietà “culturalmente interessante”. Avendo precedentemente perso tutte le controversie con la Chiesa ortodossa serba, ora il Governo di Podgorica sposta sulla Chiesa stessa l’onere della prova.
Qual è l’obiettivo del tuo libro e cosa puoi dirci di più sul suo contenuto?
L’obiettivo del mio libro è fare luce su una piccola nazione, quella montenegrina, alla luce della scarsa pubblicistica esistente e del silenzio mediatico che caratterizza le recenti vicende. L’obiettivo è però evidenziare come esista un legame sottile tra quella che qualcuno definisce la “Sparta serba” e l’identità stessa del popolo serbo. La storia parla chiaro, Re Njegos ricordava come i migliori dei serbi sopravvissuti al massacro di Kosovo Polje nel 1389 avessero trovato rifugio in Montenegro, la cui indipendenza non venne mai completamente travolta dal dominio ottomano. I racconti epici tramandano nel “Serto della Montagna” la discesa dalle montagne dei capi tribù montenegrini per massacrare quanti si erano convertiti all’Islam: Crna Gora quale guardiano armato dell’Ortodossia. L’identità serba non esclude quella montenegrina e viceversa; è forse lo Stato più piccolo al mondo ma spiritualmente il più forte, come ai tempi di Njegos quando i montenegrini si definivano i “migliori dei serbi”. Molti dei recenti capi serbi, Slobodan Milosevic, Radovan Karadzic e Arkan hanno origine montenegrina. Il libro però non affronta solo questi aspetti di carattere storico-religioso, ma dedica almeno due capitoli alle vicende contemporanee. Uno relativo alle inchieste italiane sui legami tra il Presidente Milo Djukanovic e la criminalità organizzata, dimostrando come i Paesi occidentali (USA e Gran Bretagna in primis) abbiano favorito per ragioni geopolitiche la sua permanenza al potere per quasi 30 anni. L’altro che cerca di inserire la crisi montenegrina nel contesto regionale e nella lotta tra le grandi potenze per l’egemonia nella regione balcanica.
Il libro verrà tradotto in altre lingue affinchè il pubblico non italiano possa conoscerne il contenuto?
Me lo auguro, credo che il libro possa essere utile soprattutto alla luce degli interessi europei non solo in Montenegro ma nell’intera zona. L’Italia, ad esempio, ha già pagato un duro prezzo a causa del traffico di sigarette, armi, droga e clandestini favorito da Djukanovic in passato; lo stesso è avvenuto successivamente con la destabilizzazione del Kosovo e Metohija. Senza voler esagerare, credo che le attuali manifestazioni rappresentino un esempio di difesa dell’identità, nazionale e religiosa, indispensabile ad un’Europa che non voglia ridursi ad un semplice supermercato sotto occupazione militare americana. E’ davvero significativo che il saccheggio delle risorse pubbliche, il fallimento delle imprese private, la svendita della costa, l’introduzione di una nuova lingua e di una nuova storia senza basi reali, la falsificazione delle elezioni e la corruzione della classe dirigente non fossero sufficienti a scatenare una rivolta; il popolo montenegrino si è visto privato del lavoro, della dignità e della propria storia ma solo ora che è stato privato della fede si è ribellato.
Pensi che le elezioni in Montenegro cambieranno quel sistema di potere che dura da 30 anni? I fedeli avranno la forza per difendere i loro Luoghi Santi?
Sulla seconda domanda non ho dubbi, certamente sì. Ho visto con i miei occhi la determinazione, la serenità e il coraggio di almeno la metà della popolazione montenegrina nella difesa dei propri Luoghi Santi. La Chiesa Ortodossa serba è considerata l’unica istituzione credibile rimasta nel Paese e i suoi fedeli, sotto la guida del Metropolita Amfilohije Radovic, sono disposti a tutto. Difficile invece fare previsioni sugli esiti politici delle elezioni, molto dipenderà dalla regolarità del voto e dalla capacità delle opposizioni di fare fronte comune. Probabilmente sarebbe meglio costituire un doppio schieramento, uno composto dai partiti filo serbi e uno dagli esponenti liberali centristi, così da far capire alle minoranze etnico-religiose che non esiste lo spauracchio della “Grande Serbia”. E’ evidente che devono decadere entrambi, sia la legge sulla libertà religiosa che Djukanovic, non importa in quale ordine. L’attuale Presidente montenegrino è un uomo screditato, coinvolto direttamente nella corruzione che avvolge il Paese e ricattato dalla NATO; tuttavia l’Alleanza Atlantica non è ancora riuscita a trovare di meglio e farà perciò di tutto per conservarlo al potere. E’ evidente che la Russia, la cui influenza culturale sul Montenegro è ancora notevole, non può chiamarsi fuori da questa partita perché la lotta geopolitica si è estesa a tutto il Pianeta.
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