L’articolo del Prof. Huo Zhengxin, originariamente pubblicato in lingua inglese sul China Daily, lo scorso 7 luglio, col titolo UK cannot question HK security law, è stato tradotto e pubblicato da AGENZIA STAMPA ITALIA (ASI)
La Legge della Repubblica Popolare Cinese per la Salvaguardia della Sicurezza Nazionale nella Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong è stata approvata all’unanimità durante la 20a sessione della Commissione Permanente della 13a Assemblea Nazionale del Popolo, massimo organo legislativo del Paese, lo scorso 30 giugno. Questo ha spinto alcuni Paesi occidentali ad affermare che la promulgazione della legge nella regione «entra in conflitto diretto con i suoi obblighi internazionali derivanti dai principi della Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica, giuridicamente vincolante e depositata alle Nazioni Unite».
Tuttavia, tale affermazione non regge su cinque aspetti. La questione dovrebbe essere analizzata nei termini della Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati (CVDT), conclusa nel 1969 ed entrata in vigore nel 1980, di cui sia il Regno Unito che la Cina sono Stati firmatari. La CVDT riflette il diritto internazionale consuetudinario, che governa le relazioni convenzionali tra due o più Stati non firmatari. Questo elemento è importante perché la Cina non ha fatto ingresso nella CVDT fino al 3 settembre 1997. In altre parole, la Cina non era uno Stato firmatario della CVDT quando fu siglata la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica nel 1984.
La Dichiarazione Congiunta dovrebbe essere interpretata in buona fede
In base all’Articolo 2 della CVDT, «il termine “trattato” indica un accordo internazionale concluso per iscritto tra Stati e regolato dal diritto internazionale, che sia costituito da un solo strumento o da due o più strumenti connessi, qualunque ne sia la particolare denominazione». Come tale, la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica risponde alla definizione di “trattato”, nonostante il suo titolo ufficiale.
Anzitutto, la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica è stata siglata tra Cina e Regno Unito, entrambi Stati sovrani, ed il testo dello strumento stesso indica che si tratta di un accordo tra Cina e Regno Unito. La Dichiarazione Congiunta si compone di otto paragrafi e tre allegati, tutti dotati dello stesso status. In particolare, il Paragrafo 8 afferma che «questa Dichiarazione Congiunta ed i suoi Allegati dovranno essere ugualmente vincolanti». Inoltre, la Dichiarazione Congiunta è «regolata dal diritto internazionale», come sancisce la disposizione sovrana e amministrativa di Hong Kong durante il periodo transitorio. È quindi pacifico concludere che la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica è un trattato bilaterale tra Cina e Regno Unito.
Il governo cinese ha riconosciuto lo status giuridico della Dichiarazione Congiunta come un trattato legalmente vincolante. E lo strumento, che include la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica in quanto tale e i tre Allegati, è stato registrato come trattato presso le Nazioni Unite dai governi cinese e britannico il 12 giugno 1985.
Dal momento che la Dichiarazione Congiunta è un trattato bilaterale, i diritti e i doveri delle parti rispetto ad essa dovrebbero essere esaminati in base alle norme della CVDT, soprattutto quelle relative all’interpretazione dei trattati. L’Articolo 31 della CVDT afferma che un trattato deve essere interpretato in buona fede ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo, mentre l’Articolo 26 sottolinea il principio del pacta sunt servanda (gli accordi sono vincolanti e devono essere eseguiti in buona fede).
Lo scopo della Dichiarazione Congiunta è riflesso nel suo preambolo: raggiungere una «risoluzione adeguata e negoziata della questione di Hong Kong, che superi il passato». Il Regno Unito acquisì l’Isola di Hong Kong nel 1842 e la Penisola di Kowloon nel 1860, mentre affittò i Nuovi Territori nel 1898 per 99 anni sulla base dei trattati ineguali conclusi con la Dinastia Qing (1644-1911), quando la Cina era in decadenza. Perciò, lo scopo complessivo della Dichiarazione Congiunta era quello di assicurare un agevole trasferimento della sovranità su Hong Kong, Kowloon e i Nuovi Territori dal Regno Unito alla Cina nel 1997, così da rimediare all’ingiustizia storica; questo è fondamentale per comprendere i diritti e i doveri delle parti rispetto al trattato.
Le norme fondamentali del trattato necessitano di uno studio approfondito
Il Paragrafo 1 della Dichiarazione Congiunta è una dichiarazione unilaterale del governo cinese, secondo cui la Cina, a partire dal primo luglio 1997, avrebbe ripristinato l’esercizio della sua sovranità sull’area di Hong Kong (includendo l’Isola di Hong Kong, Kowloon e i Nuovi Territori, da allora in poi indicati semplicemente come Hong Kong), cioè il principale diritto del governo cinese ai sensi dello strumento. Il Paragrafo 2, invece, è una dichiarazione unilaterale del governo britannico, secondo cui il Regno Unito avrebbe consegnato Hong Kong alla Cina il primo luglio 1997, riflettendo, di conseguenza, il principale dovere del governo britannico ai sensi dello stesso strumento. I due paragrafi sono complementare ed insieme costituiscono le norme fondamentali dello strumento.
Il Paragrafo 3 è una dichiarazione unilaterale del governo cinese, che espone le politiche fondamentali della Cina in relazione a Hong Kong in 12 sottoparagrafi. Le politiche enunciate in questo paragrafo sono estese nell’Allegato I. I Paragrafi 4 e 6 e gli Allegati II e III stabiliscono disposizioni per il periodo transitorio. I Paragrafi 7 e 8 riguardano invece l’attuazione e l’entrata in vigore della Dichiarazione Congiunta.
Ad ogni modo, il Paragrafo 3 è unico nei termini del suo contenuto e della sua natura. È diverso dai Paragrafi 1 e 2 perché si “autogoverna” e la sua efficacia non dipende da nessun altro paragrafo. Per essere più chiari, sebbene i Paragrafi 1, 2 e 3 siano dichiarazioni unilaterali di una sola parte contraente, i Paragrafi 1 e 2 dipendono l’uno dall’altro in quanto nessuno dei due può essere pienamente rispettato senza la simultanea efficacia dell’altro. Al contrario, il Paragrafo 3 è separato, dal momento che il governo cinese può rispettarlo unilateralmente ed indipendentemente senza che il governo britannico giochi alcun ruolo.
Il Paragrafo 3 è diverso anche dai Paragrafi 4 e 8, dal momento che questi ultimi riflettono i comuni accordi di entrambe le parti, piuttosto che costituire dichiarazioni unilaterali di una parte sola. È dunque possibile trarre le seguenti conclusioni:
- Dopo l’agevole trasferimento della sovranità di Hong Kong, Kowloon e dei Nuovi Territori dal Regno Unito alla Cina, il primo luglio 1997, i Paragrafi 1 e 2 sono stati pienamente adempiuti;
- Dopo che l’Assemblea Nazionale del Popolo ha promulgato la Legge Fondamentale della Regione Amministrativa Speciale, che include le politiche fondamentali della Cina in relazione a Hong Kong, la Cina ha pienamente adempiuto ai suoi doveri ai sensi del Paragrafo 3 e dell’Allegato I;
- Mantenendo la prosperità economica e la stabilità sociale di Hong Kong durante il periodo di transizione, entrambe le parti hanno adempiuto ai loro doveri ai sensi del Paragrafo 4;
- Dopo che il Gruppo di Collegamento Congiunto Sino-Britannico, creato per garantire una transizione agevole dopo la restituzione, è stato sciolto nel 2000, entrambe le parti hanno osservato pienamente i loro doveri, in linea con quanto stabilito dal Paragrafo 5 e dall’Allegato II;
- Dopo che la Commissione sul Territorio, stabilita subito dopo l’entrata in vigore della Dichiarazione Congiunta, è stata sciolta il 30 giugno 1997, le condizioni fissate al Paragrafo 6 e all’Allegato III sono state pienamente rispettate;
- Dopo che la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica è stata firmata dal primo ministro cinese e dal primo ministro britannico, per conto dei rispettivi governi, è entrata in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica il 27 maggio 1985 ed è stata registrata dai governi cinese e britannico presso le Nazioni Unite il 12 giugno 1985, le due parti hanno pienamente rispettato i loro doveri ottemperando a quanto stabilito dai Paragrafi 7 e 8.
Il Regno Unito ed altri Stati non hanno titolo per supervisionare gli affari di Hong Kong
Dal momento che la Dichiarazione Congiunta è un trattato bilaterale tra la Cina e il Regno Unito, dopo che tutte le sue prescrizioni sono state rispettate, il Regno Unito non ha sovranità, giurisdizione o “diritto di supervisione” su Hong Kong. Questo non significa negare al Regno Unito la titolarità a richiedere che la Cina rispetti la Dichiarazione Congiunta. Quali parti dello strumento, sia la Cina che il Regno Unito hanno il diritto di richiedere vicendevolmente di onorarne il dettato. Tuttavia, il diritto del Regno Unito di chiedere alla Cina di rispettare la Dichiarazione Congiunta non è assoluto ma altresì soggetto ai limiti del diritto internazionale.
In primo luogo, il Regno Unito, quando richiede alla Cina di rispettare la Dichiarazione Congiunta, dovrebbe anche attenersi al principio del pacta sunt servanda. In altre parole, il Regno Unito dovrebbe esercitare tale diritto sulla base della buona fede, non dell’interpretazione arbitraria della Dichiarazione Congiunta. È quindi priva di fondamento l’affermazione britannica che la decisione cinese di promulgare una legge sulla sicurezza nazionale nella Regione Amministrativa Speciale sia in conflitto con gli obblighi internazionali della Cina stabiliti dalla Dichiarazione Congiunta.
Infatti, considerando che il principio Un Paese, due sistemi è sancito nella Legge Fondamentale della Regione Amministrativa Speciale e che il governo centrale cinese ha ribadito il rispetto di tale principio, che non sarà modificato o compromesso dalla legislazione sulla sicurezza nazionale, nessuno in possesso di una conoscenza minima del diritto internazionale concluderebbe che le affermazioni non siano basate sui fatti.
Il Regno Unito, per di più, non dovrebbe violare il principio di non-interferenza negli affari interni di un altro paese quando richiede alla Cina di rispettare la Dichiarazione Congiunta. Il principio di non-interferenza negli affari interni altrui è parte del diritto internazionale, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite (Articolo 2.4). La Corte Internazionale di Giustizia è stata inequivocabile quando, chiamata a decidere sul caso del Nicaragua, affermò: «Il principio di non-ingerenza coinvolge il diritto di ogni Stato sovrano a condurre i suoi affari senza interferenze dall’esterno; sebbene esempi di violazione di questo principio non siano infrequenti, la Corte considera che esso sia parte integrante del diritto internazionale consuetudinario […] (e) il diritto internazionale richiede integrità politica […] per essere rispettato» (ICJ Reports 1986, p. 106, par. 202).
Uno Stato non può interferire negli affari interni di un altro Stato
Continuava affermando che «il principio impedisce a tutti gli Stati, o gruppi di Stati, di intervenire direttamente o indirettamente negli affari interni ed esterni di altri Stati». Stabilisce inoltre: «Un intervento vietato deve per tanto impattare su questioni in cui ogni Stato è autorizzato, sulla base del principio della sovranità statale, a decidere liberamente. Tra queste c’è la scelta di un sistema politico, economico, sociale e culturale, e la determinazione della politica estera».
Perciò, in nessun caso il Regno Unito dovrebbe imporre alla Cina la sua interpretazione unilaterale della Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica, e viceversa. Sulle questioni che ricadono nel perimetro degli affari interni della Cina, il Regno Unito non ha diritto di interferire, direttamente o indirettamente. E dal momento che la sicurezza nazionale è essenzialmente parte degli affari interni di un paese sovrano, il Regno Unito non ha diritto di intromettersi nella decisione della Cina di promulgare la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong.
Oltre al Regno Unito, anche alcuni altri Paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, hanno interferito negli affari interni di Hong Kong. Nel 1992, Washington ha approvato lo Hong Kong Policy Act, emendato dal cosiddetto Hong Kong Human Rights and Democracy Act del 2019. Ai sensi del contenuto di questi atti, viene richiesto al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di sottoporre al Congresso un rapporto annuale sugli sviluppi recenti a Hong Kong, formalmente per «sostenere l’alto grado di autonomia, i diritti e le libertà della popolazione di Hong Kong, come stabilito dalla Dichiarazione Congiunta».
La situazione di Hong Kong è stata inoltre una parte significativa dei rapporti annuali della Commissione Esecutiva sulla Cina del Congresso e della Commissione USA-Cina di Revisione sull’Economia e la Sicurezza. La massima pacta tertiis nec nocent nec prosunt (un trattato vincola le parti, e soltanto esse, non genera obblighi per un terzo Stato) è il principio fondamentale di un trattato. Eppure, gli Stati Uniti hanno monitorato l’attuazione della Dichiarazione Congiunta malgrado non fossero parte del trattato e non avessero, per tanto, diritto a supervisionarne l’attuazione.
Se il divieto di ingerenza «è un corollario del diritto di ogni Stato alla sovranità, all’integrità territoriale e all’indipendenza politica», come sostiene L.F.L. Oppenheim, considerato da molti il “padre del diritto internazionale”, gli Stati Uniti non sono autorizzati per legge ad interferire negli affari interni di Hong Kong. Di conseguenza, gli Stati Uniti non hanno titolo nemmeno per interferire nella decisione cinese di promulgare la legge per la sicurezza nazionale a Hong Kong, sulla base della Dichiarazione Congiunta o di qualsiasi altro trattato internazionale.
La Costituzione della Cina è la fonte del diritto della Legge Fondamentale di Hong Kong
Alcuni Paesi occidentali sostengono che la Legge Fondamentale della Regione Amministrativa Speciale sia un prodotto della Dichiarazione Congiunta. Tuttavia, questa tesi è priva di fondamento perché la fonte del diritto della Legge Fondamentale è in realtà la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese.
Anzitutto, la Costituzione cinese mette in chiaro di essere la base giuridica per la creazione delle regioni amministrative speciali e per la formulazione della loro Legge Fondamentale. L’attuale Costituzione cinese è stata approvata dall’Assemblea Nazionale del Popolo nel 1982, due anni prima della conclusione della Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica.
Il preambolo della Costituzione del 1982 sancisce che «essa è la legge fondamentale dello Stato e ha autorità giuridica suprema». In particolare, l’Articolo 31 della Costituzione afferma: «Lo Stato può stabilire regioni amministrative speciali quando necessario. I sistemi da istituire nelle regioni amministrative speciali dovranno essere prescritti dalla legge approvata dall’Assemblea Nazionale del Popolo alla luce delle condizioni specifiche». In quanto tale, la Costituzione cinese è la base giuridica per la creazione delle regioni amministrative speciali e per la formulazione della Legge Fondamentale della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong, così come di quella di Macao.
In secondo luogo, è la Dichiarazione Congiunta stessa a stabilire che la Costituzione cinese sia la base giuridica per la Legge Fondamentale di Hong Kong. Come osservato in precedenza, il Paragrafo 3 della Dichiarazione Congiunta è una dichiarazione unilaterale del governo cinese che stabilisce le politiche fondamentali della Cina relative a Hong Kong.
Il governo centrale ha elaborato quelle politiche nell’Allegato I in questo modo: «La Costituzione della Repubblica Popolare Cinese sancisce all’Articolo 31 che “lo Stato può stabilire regioni amministrative speciali quando necessario. I sistemi da istituire nelle regioni amministrative speciali dovrà essere prescritto dalle leggi approvate dall’Assemblea Nazionale del Popolo alla luce delle condizioni specifiche” […] L’Assemblea Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese dovrà approvare e promulgare una Legge Fondamentale per la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese ai sensi della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese […]».
Questo passaggio stabilisce senza alcun dubbio che la Costituzione cinese, e non la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica, è la fonte del diritto della Legge Fondamentale di Hong Kong. E in terzo luogo, la stessa Legge Fondamentale di Hong Kong afferma che la Costituzione cinese è la sua base giuridica, come recita l’ultimo paragrafo del suo preambolo: «Ai sensi della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, l’Assemblea Nazionale del Popolo per tanto approva la Legge Fondamentale della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese, prescrivendo i sistemi da mettere in pratica nella Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong, al fine di garantire l’attuazione delle politiche fondamentali della Repubblica Popolare Cinese relative a Hong Kong».
Perciò, la promulgazione della Legge Fondamentale di Hong Kong da parte dell’Assemblea Nazionale del Popolo riflette il rispetto, da parte della Cina, dei suoi doveri ai sensi della Dichiarazione Congiunta, un trattato internazionale che, però, non è e non può essere la base giuridica o la fonte del diritto della Legge Fondamentale di Hong Kong. La Costituzione cinese, in quanto legge fondamentale dello Stato ed avendo autorità giuridica suprema, è la base legale per la creazione di regioni amministrative speciali e per la Legge Fondamentale di Hong Kong.
Conclusioni
Dopo aver esaminato in modo sistematico la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica nei termini del diritto internazionale, chiunque può tranquillamente concludere che questa stessa dichiarazione non è rilevante per la legislazione sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Fin tanto che la legge è approvata e promulgata ai sensi della Costituzione cinese e della Legge Fondamentale di Hong Kong, la sua legittimità non può essere messa in dubbio. I Paesi stranieri, tra cui il Regno Unito e gli Stati Uniti, non hanno alcun diritto di mettere in discussione la decisione della Cina di promulgare la legge per la sicurezza nazionale a Hong Kong, sulla base della Dichiarazione Congiunta o di qualsiasi altro trattato internazionale.
* Huo Zhengxin è professore di Diritto presso l’Università Cinese di Scienze Politiche e Diritto
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