Dopo l’approvazione lo scorso 27 dicembre della controversa “legge sulla libertà religiosa”, con l’arresto di 18 deputati dell’opposizione, tutto il Montenegro è scosso da imponenti e quotidiane manifestazioni pacifiche che trovano il loro apice nelle processioni serali del giovedì e della domenica al grido “Ne damo Svetinje” (“Non cederemo i luoghi sacri”).
Il giorno successivo all’approvazione della legge e in previsione delle inevitabili proteste, il Governo di Podgorica ha annunciato un importante accordo militare con quello di Tel Aviv per l’acquisto di armi telecomandate dal valore di circa 31 milioni di euro.
L’impresa israeliana Elbit System, che si avvale della tecnologia del Remote Control Weapon Stations (RCWS), è andata così ad integrare i nuovi veicoli militari acquistati nel 2019 dal Montenegro e prodotti dall’impresa statunitense Oshkosh.
La firma del contratto era in realtà stata siglata già lo scorso 15 dicembre dal dirigente del Ministero della Difesa israeliano, Yaur Jykasm e dal Ministro della Difesa montenegrino Pedrag Boskovic, i quali avevano sottolineato come questo accordo fosse solo il prodromo per l’instaurazione di più profonde relazioni tra i due Paesi, a partire dall’addestramento delle Forze Armate montenegrine in Israele (1).
Si tratta di un’intesa che punta ad arruolare il Montenegro tra le nazioni che riconoscono Gerusalemme capitale d’Israele (nel dicembre 2017 il rappresentante di Podgorica alle Nazioni Unite aveva votato una risoluzione di condanna del riconoscimento effettuato dagli Stati Uniti) e in linea con l’adesione del Paese balcanico alla NATO (pur non appartenendoci ufficialmente, Israele collabora attivamente con l’Alleanza Atlantica).
Poche settimane dopo l’annuncio, la NATO ha infatti inviato la prima squadra di “guerra anti-ibrida” in Montenegro per rafforzarne le capacità, in previsione di un possibile attacco di hacker russi prima delle elezioni parlamentari dell’ottobre 2020 (2).
Le processioni settimanali avallate dalla Chiesa Ortodossa serba per chiedere il ritiro della legge si sono però intensificate a febbraio, in particolare con l’appuntamento straordinario tenutosi l’ultimo sabato del mese, quando la polizia di Podgorica si è trovata costretta a bloccare i numerosi pullman arrivati nella capitale e provenienti anche dalla Serbia e dalla Repubblica Serba di Bosnia. Una vera e propria marea umana ha comunque manifestato ugualmente, suscitando l’ira del Presidente Milo Djukanovic, che ha apertamente accusato Belgrado e Mosca di voler destabilizzare il Paese e di tentare un golpe ai suoi danni.
Non sono mancate ovviamente le reazioni; mentre il Metropolita di Cetinje Amfiloije e quello di Kiev Onofrij si sono limitati ad invitare il Governo di Podgorica a ritirare la legge, il premier serbo Ana Brnabic ha rivendicato il diritto dei serbi del Montenegro alla propria lingua e religione, a sua volta il portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha risposto in maniera tagliente, sottolineando come: “Nessuno potrebbe minare le proprie azioni più di sé stesso”, con un chiaro riferimento alla credibilità da statista di Djukanovic, coinvolto in più occasioni in affari di mafia e corruzione (3).
E’ evidente come dopo il fallimento di tutti i tentativi di mediazione tra la Chiesa e il Governo di Podgorica, la situazione si stia inasprendo, con un possibile effetto domino a causa delle irrisolte questioni del Kosovo e Metohija, della Bosnia e della Macedonia.
Se i Balcani rappresentano storicamente la porta di accesso al Medio Oriente, è proprio l’attivismo della Russia in Siria ed in Libia a preoccupare gli Stati Uniti e i loro alleati per le possibili conseguenze di una futura uscita del Montenegro dalla NATO. Allo stesso tempo, questa congiuntura storica rappresenta per la Serbia un’occasione unica per riaffermare la propria sovranità sulla “Terra dei Merli” e difendere le comunità serbe sparse in tutta la regione.
Stefano Vernole
Note
1) Marco Siragusa, Il ponte balcanico. Israele fornirà al Montenegro armi telecomandate, “Nena Agenzia stampa Vicino Oriente”, 27 dicembre 2019.
2) Alessandra Briganti, Montenegro, la Nato invia “team anti-guerra ibrida”, “Il Manifesto”, 19 gennaio 2020.
3) www.reuters.com, 29 febbraio 2020.
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