Intervento di Stefano Vernole alla conferenza Lo Spionaggio prima e durante la Grande Guerra che si è tenuta a Modena.
La prima polizia politica della Russia (l’antenata del KGB) fu l’Opricnina, istituita nel 1565 da Ivan il Terribile.
I suoi 6.000 agenti vestivano di nero e montavano cavalli neri, avevano come emblema una testa e una scopa quali simboli della loro missione: fiutare il tradimento e spazzarlo via.
Alla fine del XVII secolo, incaricata di reprimere i reati politici, venne istituita la Preobrazenskij Privaz di Pietro il Grande.
Dopo la rivolta decabrista, nel 1826, Nicola I fece della Terza Sezione della Cancelleria Imperiale la propria polizia politica, definita il “medico morale” del Paese: l’organico iniziale di 16 elementi crebbe fino a diventare di 40 nel 1855. Tuttavia delle 290.000 persone condannate ai lavori forzati o all’esilio in Siberia, solo il 5% era stato riconosciuto colpevole di reati politici, per la maggior parte si trattava di irredentisti polacchi.
Internamente il pericolo maggiore era rappresentato dai populisti, i quali avevano infiltrato uno dei loro capi, Nikolaj Kletocnikov, nei servizi segreti russi (1846-1883).
Tra il 1880 e il 1883 la polizia politica venne riorganizzata tramite la creazione di un Dipartimento Speciale affiancato da una rete regionale di Sezioni di Sicurezza: nacque l’Ochrana. Il Quartier Generale della sua Agenzia Estera fu stabilito a Parigi, la città che ospitava il maggior numero di esuli politici, sotto la guida del formidabile Petr Rackovskij, un ex impiegato statale con simpatie rivoluzionarie. Al pari dell’Ochrana, l’Agenzia Estera utilizzava sia la sorveglianza esterna che l’infiltrazione interna, favorita nella collaborazione europea dall’alto numero di esponenti politici assassinati dai gruppi anarchici in quegli anni.
Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale le sue attività in territorio francese provocarono comunque le proteste dei deputati socialisti e radicali, l’Ambasciatore russo a Parigi ne annunciò quindi lo scioglimento tattico nel 1913, dando inizio ad una fase operativa più discreta. L’Agenzia Estera si era distinta in passato per un’ampia serie di “misure attive” programmate per influenzare i Governi stranieri e l’opinione pubblica. La Sureté francese riteneva queste informazioni molto preziose e tendeva perciò a chiudere un occhio sulle attività degli agenti provocatori russi.
Rackovskij è stato probabilmente l’autore del famoso falso “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, saggio che pretendeva di descrivere un complotto ebraico per la dominazione del mondo. I “Protocolli” ebbero scarsa influenza prima della Grande Guerra, Nicola II inizialmente pensò di trovarvi una chiave di lettura per comprendere la Rivoluzione russa del 1905 (scoppiata in seguito alla sconfitta con il Giappone) ma poi si convinse della sua scarsa veridicità.
Quando giunse a Parigi nel 1884, Rackovskij era già un convinto sostenitore dell’alleanza con la Francia, operando come intermediario segreto nei negoziati per la Duplice Alleanza Franco-Russa tra il 1891 e il 1899. Nella preparazione di varie iniziative, il Ministro degli Esteri Théophile Delcassé scavalcò il Marchese di Montebello, ambasciatore francese in Russia, per trattare invece con Rackovskij. Nel 1902 il russo finì però per strafare, avendo definito “ignorante ciarlatano” il medico francese che curava la zarina il Governo decise di richiamarlo in patria.
Il maggior contributo dell’Ochrana alla definizione della politica estera zarista era il suo ruolo pionieristico nello sviluppo della SIGINT, la raccolta di informazioni mediante l’intercettazione e la decodificazione dei dispacci cifrati di altri governi. La Russia già da anni si serviva di “camere nere” negli uffici postali di San Pietroburgo, Mosca, Varsavia, Odessa, Kiev, Charlov, Riga, Vilnius, Tomsk e Tiblisi per intercettare segretamente la corrispondenza privata e quella diplomatica.
Ivan Zubin, capo analista dell’Ochrana per i messaggi in codice, fece estendere l’attività di intercettazione ai telegrammi diplomatici inviati e ricevuti dalle ambasciate a Pietroburgo, specie dopo l’impiego del telegrafo. La Russia ripartì il lavoro di crittoanalisi tra l’Ochrana e una “camera nera” presso il Ministero degli Esteri diretto da Aleksandr Savinskij, specializzandosi nel furto dei codici e dei cifrari delle ambasciate, nonché delle versioni “in chiaro” di telegrammi ufficiali da confrontare con gli originali in codice: si trattava di un importante precedente per il futuro KGB.
Dal 1898 al 1901 la Russia tentò più volte di persuadere la Germania a sottoscrivere un accordo segreto sulle sfere d’influenza nell’Impero Turco per far valere le secolari pretese sul Bosforo. Questi tentativi vennero abbandonati proprio perché dalla decodificazione dei telegrammi tedeschi emerse che la Germania non intendeva affatto firmare un simile accordo.
Per l’intero regno di Nicola II, infatti, la Russia rimase il numero uno mondiale nell’attività di SIGINT diplomatica, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale. L’unico concorrente degno di nota era la Francia, sua alleata, che non riuscì però quasi mai a decodificare le comunicazioni diplomatiche russe.
Nel giugno 1905 l’ambasciatore russo a Parigi, su ordine del proprio Governo, consegnò al Primo Ministro francese, Maurice Rouvier, la copia di un telegramma tedesco decifrato che trattava della crisi marocchina. Rouvier ordinò allora alla Sureté di trasmettere all’Agenzia Estera tutte le comunicazioni diplomatiche giapponesi che le “camere nere” fossero riuscite ad interpretare. Ignorando che tali trascrizioni venivano contemporaneamente telegrafate ai russi per ordine del proprio Primo Ministro, il Quai d’Orsay ne dedusse che la sicurezza della SIGINT fosse stata violata e ordinò ai propri analisti di cessare ogni contatto con quelli della Sureté.
Fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale la Russia continuò a decifrare quantità ingenti di comunicazioni diplomatiche appartenenti a tutte le maggiori potenze, tranne una, la Germania. Le modifiche dei codici diplomatici e dei sistemi crittografici tedeschi, che vanificarono gli sforzi degli analisti russi nei due anni precedenti il 1914, furono essenzialmente frutto delle indiscrezioni francesi nel corso della crisi franco-tedesca di Agadir nel 1911. In quel periodo il Ministro degli Esteri francese Justin de Selves scoprì attraverso telegrammi tedeschi decifrati dal proprio “cabinet noir” che il Primo Ministro Joseph Caillaux aveva negoziato direttamente con i tedeschi senza informarlo. De Selves e alcuni dei suoi funzionari si servirono di quei messaggi per avviare una campagna denigratoria contro Caillaux, accusandolo di tradimento; quest’ultimo visitò allora l’incaricato d’affari tedesco chiedendogli di vedere il testo originale dei telegrammi che lo riguardavano e confrontarli con le versioni codificate. I tedeschi introdussero allora nuovi cifrari diplomatici che frustrarono gli sforzi dei francesi e dei loro alleati russi.
Erano invece approfondite le notizie che i russi ricavavano sull’Austria; il colonnello Alfred Redl, ufficiale superiore austriaco del Servizio Informazioni, fu l’agente segreto più importante d’Europa nella generazione che precedette la Grande Guerra. Tra il 1901 e il 1902 il Colonnello Batjusin, capo del servizio segreto russo a Varsavia, scoprì che, all’insaputa dei superiori e degli amici, Redl era un omosessuale con un giro molto esteso di relazioni. Associando il ricatto alla corruzione finanziaria, Batjusin reclutò Redl come agente infiltrato; costui acquistò con il denaro ricevuto dai russi un’automobile per il suo “favorito”, un giovane ufficiale degli Ulani, al quale assegnò anche 600 corone mensili. Per 10 anni, fino a quando non si suicidò, Redl fornì una massa enorme di informazioni, tra le quali i piani della mobilitazione austriaca contro la Russia e la Serbia. Ma il servizio segreto diplomatico e quello militare non si coordinavano granché e riflettevano la generale mancanza di comunicazione tra il Ministero della Guerra e quello degli Esteri russo. L’esercito si interessava maggiormente alla HUMINT, raccolta d’informazioni da fonti umane, senza comprendere pienamente l’importanza della SIGINT.
La prima grande vittoria tedesca sul fronte orientale, a Tannenberg nell’agosto del 1914, fu dovuta in gran parte al fatto che i russi trasmettevano i messaggi radio “in chiaro”, senza utilizzare alcun codice. Il colonnello tedesco Max Hoffmann, comandante delle operazioni, ne comprese subito l’importanza e venendo a conoscenza di tutte le operazioni nemiche riuscì a circondare i russi dopo averne seguito ogni movimento.
L’Ochrana, d’altronde, non aveva nemmeno il monopolio delle risorse economiche; le sovvenzioni maggiori arrivavano dal Ministero delle Finanze che le elargiva ai giornalisti stranieri affinché rassicurassero gli investitori stranieri sulla validità delle loro operazioni. Poiché la Francia era di gran lunga il maggior partner commerciale, i russi finanziavano tutti i giornali d’Oltralpe ad eccezione dell’Humanité, mantenendo alta la fiducia verso il proprio Paese dopo la sconfitta contro il Giappone nel 1905. Nel 1914, perciò, il 25% degli investimenti esteri della Francia era rivolto alla Russia, mentre solo il 9% andava all’Impero coloniale di Parigi.
Internamente l’Ochrana infiltrò profondamente il Partito Socialdemocratico russo dei lavoratori, specie dopo la divisione tra bolscevichi e menscevichi (1903); venne assoldato anche Evno Azev, capo della sezione combattente del partito socialista rivoluzionario russo e responsabile di numerosi attentati terroristici. La “talpa” più utile si rivelò un operaio moscovita, Roman Malinovskij, uno dei 6 deputati bolscevichi eletti alla Duma nel 1912; lo stress causato dalla sua doppia vita lo fece precipitare nell’alcool e fu liquidato con 6.000 rubli nel 1914, per essere infine fucilato al suo ritorno in patria nel 1918.
Stephan Beletskij, capo della polizia politica russa prima della Grande Guerra, ammise che il suo unico scopo era quello di mantenere diviso il partito socialista; tuttavia egli favoriva il gioco di Lenin, il quale riteneva che proprio un partito bolscevico separato, disciplinato e monolitico, potesse condurre alla rivoluzione. Inoltre l’Okhrana vedeva nei bolscevichi un gruppo autenticamente russo e non terrorista, per nulla disposto a collaborare con i liberali.
Il gioco avveniva anche al contrario; Sergej Necaev, brillante socialista russo, suggerì di intrufolarsi nella polizia per fare il doppio gioco e i bolscevichi raccolsero in pieno i suoi suggerimenti. Se nel 1905 la rivoluzione era stata annientata dall’esercito, nel 1917 la milizia si unì ai rivoluzionari, così come aveva annotato l’Ochrana nei suoi rapporti. Molti agenti della polizia di sentimenti rivoluzionari ovvero molti rivoluzionari che erano al soldo della polizia finirono per non saper più distinguere tra due cause che servivano contemporaneamente.
I servizi segreti della Germania lavoravano da tempo alla prospettiva dello scontro russo-tedesco e infiltrarono l’Okhrana tramite il capo della polizia Stephan Beleckij (1873-1918). Il noto socialista Aleksandr L’vovic Parvus, che aveva stretto contatti con i tedeschi a Istanbul, organizzò il rientro in treno di Lenin in Russia. Un altro abile agente tedesco, il bolscevico estone Aleksandr Keskula, aveva infatti informato i servizi segreti di Berlino del piano di pace ipotizzato da Lenin; l’ambasciatore tedesco in Danimarca, manipolatore di Parvus, diede quindi il via libera al rovesciamento della monarchia zarista e al finanziamento dei bolscevichi.
Nell’esercito russo erano inoltre presenti circa 180 generali di fede protestante, mentre altri 157 avevano origini germaniche pur essendo cristiano ortodossi.
Il materiale custodito negli archivi della polizia e dei servizi segreti militari andò in gran parte distrutto la notte del 1 marzo 2017; il colonnello del controspionaggio militare russo, Boris Nikitin, ne addossò la responsabilità ad un agente tedesco, Karl Giebson. La Germania aveva d’altronde favorito attivamente la Rivoluzione di Marzo, dopo la quale i bolscevichi stabilirono il loro controllo sull’esercito.
Stalin e gli altri capi bolscevichi non sapevano che Lenin, grande giocatore d’azzardo ed ostile sia allo Zar che alla Triplice Intesa, andava benissimo alla Germania, specie dopo l’assassinio di Rasputin (che avrebbe voluto convincere la zarina alla pace separata con i tedeschi) da parte di aristocratici russi panslavisti favorevoli all’alleanza con gli inglesi (dicembre 2016).
Il 20 dicembre 1917 fu costituita la CEKA, il cui emblema (successivamente adottato dal KGB) era lo scudo (per proteggere la rivoluzione) con la spada (per colpire i suoi nemici). Il suo capo era Felix Dzerzinskij, che aveva svolto un ruolo importantissimo durante la Rivoluzione d’Ottobre; la sua fama di uomo “spartano” senza compromessi sopravvisse alche al periodo di Stalin, offuscata solo in parte dal genio dell’Uomo d’acciaio” in fatto di servizi segreti e spionaggio. La rivalità col servizio militare all’interno dell’esercito, il GRU guidato dal generale Semyon Aralov, ebbe anche aspetti di carattere geopolitico.
Fino all’estate del 1918 l’impiego della repressione da parte della CEKA fu moderato dall’intervento dei Rivoluzionari socialisti di sinistra, che all’interno dell’organizzazione contavano sul fidato vice di Dzerzinskij, Vjačeslav Aleksandrovic.
Con la Rivoluzione d’Ottobre i bolscevichi controllavano soltanto Pietrogrado, Mosca (dove spostarono la capitale del Governo nel 1918) e un raggio di circa 500 km. da quest’ultima città. Il 3 marzo 1918 a Brest Litovsk la Germania impose ai bolscevichi lo smembramento dei territori occidentali, sui quali installarono ben 18 governi anti-comunisti; mentre Berlino procedette al riconoscimento del nuovo Governo di Mosca, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Giappone decisero d’intervenire militarmente per spazzare la Rivoluzione.
Ma i complotti organizzati dai diplomatici e dagli agenti segreti occidentali contro il Governo bolscevico nell’estate del 1918 non crearono grandi problemi alla CEKA che si era già infiltrata in alcune strutture strategiche all’esterno del Paese. Le insidie maggiori provennero dall’interno, quando il 4 luglio 1918 i socialisti rivoluzionari contrari alla pace con la Germania approvarono un piano per assassinare l’ambasciatore tedesco a Mosca, Von Mirbech, nella speranza di frenare le concessioni russe ai tedeschi, riaccendere la guerra sul fronte orientale e portare avanti la causa della rivoluzione mondiale. Jakov Bljumkin preparò un documento su carta intestata della CEKA con le firme false di Dzerzinskij, che autorizzava lui e il suo segretario Andreev ad aprire colloqui con l’Ambasciatore tedesco, mentre lo stesso Aleksandrovic aggiungeva il timbro ufficiale del servizio. I due riuscirono così ad incontrare l’Ambasciatore tedesco e ad ucciderlo; il Ministro degli Esteri di Berlino si raccomandò però di non provocare la caduta del regime bolscevico e la pace tra i due Paesi rimase in piedi.
Lenin telegrafò a Stalin che l’assassinio di Mirbach aveva portato la Russia ad un pelo da una nuova guerra contro la Germania. Il delitto era stato seguito da un’insurrezione di rivoluzionari socialisti che occuparono il comando della CEKA e arrestarono Dzerzinskij, tuttavia questa rivolta venne schiacciata nel giro di 24 ore da truppe lettoni fedeli al Governo.
Nell’estate del 1918 la CEKA scoprì anche il “complotto Lockhart” (console britannico a Mosca), messo in atto da agenti segreti britannici, francesi e americani. La sua missione era quella di convincere i bolscevichi a continuare la guerra contro la Germania in cambio di aiuti da parte degli Alleati ma essa fallì completamente.
Lev Trockij, Commissario alla Guerra e il suo successore agli Affari Esteri, Georgij Cicerin erano desiderosi di tenere aperte le comunicazioni con Londra e incoraggiarono Lockhart a credere che gli effetti di Brest-Litovsk non sarebbero durati a lungo. Lockhart presse allora contatti con gli agenti del movimento clandestino anti-comunista Boris Savinkov, inviandogli un piano per uccidere tutti i capi bolscevichi durante la notte di un ipotetico sbarco alleato. Inoltre il comandante locale del MI1C, servizio segreto inglese, Ernest Boyce, si lasciò ingannare dai falsi documenti che attestavano la dipendenza dei bolscevichi dai servizi segreti tedeschi, così come dai rapporti altrettanto fittizi sui reggimenti formati dai prigionieri di guerra tedeschi ed armati dai comunisti.
Il servizio segreto britannico era stato fondato nel 1909 e solo durante la Prima Guerra Mondiale registrò un considerevole sviluppo, finendo per contare all’inizio del 1918 su una rete di oltre 400 agenti belgi e francesi che informavano regolarmente sui movimenti delle truppe tedesche su quel fronte.
Lockhart, d’intesa con il Console francese a Mosca, Fernand Grenard, consegnò più di 10 milioni di rubli al gruppo moscovita controrivoluzionario che aveva qualche collegamento sia con Savinkov che con il generale zarista Alekseev. Dzerzinskij inviò allora a Pietrogrado due cekisti di origine lettone, Buikis e Sprogis, sotto falso nome e facendoli passare per esponenti del movimento clandestino anticomunista. I due si presentarono perciò presso l’addetto navale britannico, capitano Francis Cromie, con l’obiettivo di affondare la flotta baltica russa se questa fosse stata catturata dai tedeschi. Il colpo di Sato a Mosca avrebbe dovuto coincidere con un intervento militare britannico nella Russia settentrionale; due gruppi di agenti alleati furono subito imprigionati dai russi, tuttavia la CEKA lasciò avanzare il complotto per portarne gli autori allo scoperto. Buikis portò con sé un altro agente russo, il colonnello Eduard Berzin, che dichiarò a Lockhart la disponibilità di truppe lettoni alla rivolta anti-bolscevica.
L’agente britannico Sidney Reilly (alias Sigmund Rosenblum) fornì la somma di 1.200.000 rubli che Berzin girò invece alla CEKA. Dopo la partenza dei diplomatici si decise che oltre a Reilly rimanessero in Russia alcuni agenti: Henri de Vertement per i francesi e Xenophon de Blumental Kalamatiano per gli statunitensi.
Il gioco fu interrotto il 30 agosto 1918, quando il capo della CEKA di Pietrogrado, Moisej Solomonovič Urickij, venne assassinato da un cadetto, mentre lo stesso Lenin rimase ferito gravemente. La CEKA non riuscì a prendere Reilly ma catturò Kalamatiano e Lockhart. Il 1 settembre un’incursione di cekisti a casa di de Vertement portò alla scoperta di esplosivi e alla fine del complotto; Lockhart passò un mese agli arresti, almeno 18 agenti e corrieri britannici finirono giustiziati, altri funzionari alleati si ritrovarono scambiati con prigionieri sovietici.
Nel 1923 nacque ufficialmente l’Unione Sovietica, la GPU (che nel frattempo aveva sostituito la CEKA) venne innalzata al rango di Agenzia Federale con il nome di Direttorato Statale Politico Unificato (OGPU), a cui si aggiunse un “collegio giudicante” per fare giustizia sommaria dei controrivoluzionari, delle spie e dei terroristi.
Stefano Vernole
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