Problemi di Sicurezza in America Latina: priorità principali nel XXI secolo

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L’America Latina in questo nuovo millennio è di fronte a sfide importanti, cruciali si potrebbe dire, che derivano da una serie di cambiamenti socio-culturali, politici ed economici che hanno investito il continente e continuano ad influenzarlo. Comprendere quali sono le priorità principali per il continente sudamericano ed anche gli sviluppi futuri è fondamentale perché viviamo in una società che ha abbattuto le distanze dove problemi inerenti la sicurezza o l’economia in una parte del mondo hanno conseguenze e ricadute a livello mondiale.

Le particolarità dell’America Latina, dalla sua storica costruzione della dipendenza strategica fino alle opportunità create a seguito della riconfigurazione post-globalizzazione delle forze operanti nel mondo, devono essere discusse cercando come obiettivo di trovare quella autonomia di decisione sovrana necessaria per una intera regione che presenta potenziali scenari bellici. Questa discussione si pone come fondamentale se si tiene conto delle attuali tendenze nel campo delle relazioni internazionali che hanno visto recentemente Donald Trump ottenere la presidenza degli Stati Uniti e portare quindi il paese ad avere una politica maggiormente introversa e di protezionismo, la Cina ascendere nel campo economico-commerciale con l’obiettivo di giocare un ruolo di primo piano attraverso la strategia One Belt, One Road conosciuta anche come Nuova Via della Seta, e la Russia che ha confermato la sua volontà di proiettare la propria presenza strategica entro i limiti della propria area di interesse.

Questi temi sono stati alla base della Tavola Rotonda “Problemi di Sicurezza in America Latina: priorità principali nel XXI secolo” organizzata dall’Istituto di Studi Internazionali Contemporanei dell’Accademia Diplomatica russa del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa in collaborazione con la Associação Brasileira de Estudos de Defesa (ABED), Associação Brasileira de Relações Internacionais (ABRI), ed i Centro Internazionale per gli Studi Politici e Sociali e Consulenza (ICSPSC) durante la Terza Conferenza Internazionale “Trasformazione delle Relazioni Internazionali nel XXI secolo: Sfide e Prospettive” che si è svolta presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa il 27-28 aprile 2017 con il supporto del Fondo di Diplomazia Pubblica Alexander Gorchakov. Una conferenza che ha visto la partecipazione di cento accademici e professionisti provenienti da 15 paesi differenti, tra cui è possibile menzionare Brasile, Bulgaria, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Polonia, Romania, Slovenia, che hanno continuato a discutere i problemi del mondo delle relazioni internazionali e diplomatico attuale nelle rispettive Tavole Rotonde.

La Tavola Rotonda in merito all’America Latina ha focalizzato l’attenzione sulle prospettive future del Sud America partendo dal concetto base che questo è stato caratterizzato inizialmente dal processo di decostruzione della globalizzazione e dall’emergere di nuovi attori, tensioni e configurazioni che nel continente sudamericano hanno assunto un carattere specifico la cui analisi diventa fondamentale per individuare le priorità nel campo della sicurezza.

Evgeny Pashentsev, professore presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Esteri della Federazione Russa e direttore del Centro Internazionale per gli Studi Politici e Sociali e Consulenza (ICSPSC) ed uno dei moderatori della Tavola Rotonda, ha presentato la sua ricerca dal titolo “Guerra Psicologica in America Latina nel contesto dell’instabilità sociale e delle tensioni geopolitiche” dove ha evidenziato come lo scontro psicologico-informativo nel continente sudamericano sia multilivello. Nella regione infatti è possibile vedere:

  1. uno scontro di valori, interessi ed obiettivi dei vari attori politici a livello nazionale

  2. frizioni e tensioni tra i paesi dell’America Latina di differente orientamento politico (per esempio tra Colombia e Venezuela, Nicaragua e Costa Rica)

  3. il conflitto di interessi tra Russia, Cina, Stati Uniti con la sua NATO e gli alleati dell’Unione Europea (in genere, questo scontro è solamente parzialmente connesso con gli eventi dell’America Latina stessa)

  4. la crescente rivalità tra le compagnie transnazionali (TNC) e le banche transnazionali (TNB) nell’affrontare la crescente competizione internazionali, la riduzione del commercio internazionali, e l’instabilità dei mercati finanziari e delle materie prime. L’oligarchia internazionali sta accumulando sempre più risorse nelle sue mani, fattore che provoca tensioni sociali in tutte le regioni, tra cui anche il Sud America.

Questo carattere multilivello del confronto tiene conto dell’asimmetria dei potenziali economici, militari, politici e dell’informazione degli attori intra-nazionali, degli Stati dell’America Latina e delle associazioni interstatali così come varie forze esterne (entità statali e non).

Un carattere multilivello del confronto corrisponde ad un sistema di molteplici livelli del confronto informativo-psicologico in tutti gli stadi del suo sviluppo. Ci sono differenti potenziali per condurre il confronto nel campo dell’informazione e della psicologia che non sempre coincidono con gli obiettivi ed esistono differenti approcci per l’implementazione di questo tipo di attività; il grado di coinvolgimento nel conflitto favorisce la crescita di problematiche complesse nel coordinamento delle azioni degli Alleati ed il desiderio di usare problemi simili per interrompere l’attività del nemico.

Tra le funzioni più importanti nella guerra psicologica c’è quello di proteggere il paese da un’azione ostile di gruppi di interessi interni ed esterni al paese. Allo stesso tempo, però, l’obiettivo principale del confronto psicologico è quello di ottenere il controllo delle risorse dell’altra parte avversa. Per prima cosa, infatti, è necessario distruggere le risorse immateriali con l’obiettivo di liquidare eventualmente le risorse materiali.

Pashentsev ha inoltre osservato che negli anni ’80 del XX secolo il rapporto tra le risorse materiali e immateriali (reputazione, immagine, ecc) dei principali brand e compagnie è stato rispettivamente del 20% a 80%. Già nei primi anni del XXI secolo tale rapporto è divenuto completamente opposto; per esempio, il 96% delle attività del brand Coca-Cola, secondo alcuni esperti e studi, è rappresentato da risorse non materiali quindi, con il fine di “distruggere il nemico”, si impone la necessità di distruggere o svalutare propria tali risorse immateriali. Questa strategia non regola soltanto il campo economico del marketing ma anche i rapporti tra gli Stati.

Di grande importanza sono infatti gli strumenti di management della comunicazione fondamentali per gestire la guerra psicologica e dell’informazione. Secondo il professore russo,

il compito più importante della gestione della comunicazione è quello di ottenere il controllo sul modo di pensare e sul comportamento di un potenziale nemico.

Pashentsev ritiene infatti che il declino dell’intelligence del nemico a livello statale, ed in un senso più ampio il decadimento del livello di istruzione e di attività scientifica, è un elemento in grado di soddisfare gli interessi tattici delle forze opposte all’interno della guerra dell’informazione e psicologica, però tale azione rappresenta anche una crescente minaccia per la stabilità e la sicurezza globale. Un caso esempio della guerra psicologica e dell’informazione in America Latina caratterizzato dall’utilizzo delle fake news è la distorsione manipolativa della realtà degli eventi in Venezuela.

Parlando dello sviluppo dell’analisi predittiva nel mondo moderno, Pashentsev ha descritto l’utilizzo del modello di identificazione precoce degli eventi attraverso l’uso di surrogati (EMBERS) che è stato commissionato nel novembre del 2012 e fornisce circa 50 previsioni giornaliere per l’America Latina. Il modello si basa sul trattamento dei dati di grandi dimensioni e consente di fare previsioni per eventi specifici con circa trenta giorni di anticipo. Questi studi, secondo le fonti aperte del mondo accademico, si sono dimostrati efficaci nel predire rivolte in Brasile nel mese di giugno 2013 e in Venezuela nel mese di febbraio 2014 (fino al 90% delle previsioni si è avverata). Se si prescinde lo scopo ufficiale del programma ideato per motivi pacifici, si deve notare la possibilità di utilizzare questo programma per scopi militari. In questo contesto, EMBERS può essere un mezzo efficace per correggere attività sovversive in futuro, anche se non ne esclude un suo utilizzo per motivazioni pacifiche e per la risoluzione di problematiche che realmente colpiscono la società.

Data l’importanza di un simile programma, lo studioso russo ha evidenziato come il suo ulteriore sviluppo possa rappresentare una sfida per la comunità mondiale insieme a quella della non proliferazione degli arsenali nucleari. È infatti evidente che se EMBERS dovesse cadere nelle mani di un gruppo sovversivo o terrorista, attualmente il più pericoloso è lo Stato Islamico, le ricadute e gli effetti sulla stabilità mondiale sarebbero pericolose e deleterie.

In conclusione Pashentsev ha sottolineato come l’America Latina di oggi è un campo di “battaglia” e confronto a livello psicologico ed informativo; con l’obiettivo di fermare questo confronto, è necessario un lavoro congiunto da parte dei maggiori attori mondiali, in primis Russia, Stati Uniti e Cina.

Samuel Aives Soares, ricercatore post-dottorato in relazioni internazionali alla Università di Georgetown e all’Istituto Gutierrez Mellado di Madrid, professore in Scienza Politica all’Università di Sao Paolo, ha presentato il suo lavoro di ricerca dal titolo “Difesa e sicurezza internazionale in Sud America: tra il concetto sud-sud ed i dettami dell’emisfero sicurezza” nel quale ha voluto sollevare la questione dell’utilizzo sistematico e targettizzato delle forze armate nei paesi dell’America Latina. Attualmente, dopo un passato scandito da regimi autoritari, i paesi latino-americani si trovano ad affrontare due grandi sfide, ossia quella di definire lo standard dei rapporti di subordinazione delle forze militari al potere politico e quella di delineare un nuovo quadro di riferimento per l’utilizzo della forza da parte dell’esercito. Queste due sfide, secondo Soares, devono essere affrontate sia a livello regionale che nazionale per poter fissare nuovi parametri, diversi da quelli caratteristici del periodo precedente della guerra Fredda e dei regimi militari ideati per mantenere lo status quo.

Soares ha portato come esempio il processo di riforma che ha investito le forze militari in Argentina dove, dopo la fine del regime autoritario, il governo civile ha iniziato un processo di indagine verso i crimini commessi dai militari ed ha stabilito i principi base per l’uso delle forze armate definendo nuovi compiti. Secondo il ricercatore brasiliano questo può essere visto come il caso di maggior successo nel campo del riformismo in America Latina, a differenza invece di quanto avvenuto in Brasile dove il problema della revisione degli atti illegali e di tortura perpetrati da parte dei militari non è stato sollevato negli ambienti politici così come la domanda sullo scopo delle forze armate.

Secondo Soares l’evoluzione del ruolo delle forze armate nella società può essere inserito nel contesto dei grandi cambiamenti che hanno avuto luogo all’inizio del XXI secolo e che ha visto nella maggior parte dei paesi del continente il governo salito al potere cercare di perseguire una politica indipendente dagli Stati Uniti. La creazione di UNASUR e del Consiglio di Difesa sudamericano, secondo Soares, sono un passo importante per il rafforzamento del corso indipendente dei paesi dell’America Latina; tra le principali priorità del Consiglio, infatti, c’è la costruzione di un’identità di difesa comune che richiede una identità comune e delle posizioni uguali su questioni importanti come l’uso delle forze armate.

Attualmente in Sud America è possibile distinguere i paesi in due gruppi in base al loro rapporto ed utilizzo delle forze armate: in Argentina, Cile e Uruguay, l’esercito ha lo scopo di affrontare le minacce esterne, anche se a volte questi paesi utilizzano le forze armate per la protezione delle frontiere. Il secondo gruppo vede più differenze negli approcci sull’uso delle forze armate: in Colombia i militari sono utilizzati nel ruolo della Guardia Nazionale, in Venezuela come forza politica, e in Brasile la forza militare è utile sia nella conduzione di operazioni antidroga e di controllo dei confini e sia come una forza di polizia per la tutela dell’ordine pubblico. Nei paesi del secondo gruppo si possono rilevare due rischi: la distruzione dei fondamenti democratici quando la forza militare è usata contro i propri cittadini e la de-professionalizzazione dell’esercito a causa dell’utilizzo multifunzionale.

Anche se attualmente non ci sono conflitti in America Latina, lo studioso brasiliano ha voluto sottolineare come non ci siano neanche le garanzie che in futuro questi conflitti non possano essere generati tramite la connessione con forze extraregionali.

Diego Lopes Da Silva, ricercatore presso Istituto di Ricerca per la Pace di Stoccolma (SIPRI) e presso il Grupo de Estudos de Defesa e Segurança Internacional (GEDES) ha discusso la sua presentazione dal titolo “Armi, capitale e dipendenza: una genealogia della dipendenza militare nell’America del Sudche ha cercato di rispondere innanzitutto alla domanda perché molti Stati dell’epoca moderna non producono armi per la loro difesa, problema connesso con la teoria della dipendenza. Lo studioso brasiliano ha enfatizzato l’importanza della connessione tra la storia e la sua teoria che permette di trovare le chiavi di lettura di molti processi delle relazioni internazionali attuali. Questa teoria della dipendenza fu elaborata dagli scienziati dell’America Latina e rappresenta una critica alla teoria della modernizzazione permettendo inoltre di comprendere il fenomeno della militarizzazione come un processo atto ad incrementare la capacità difensiva in differenti area chiave. Per esempio, se guardiamo al concetto di autonomia statale, che significato ha per un paese possedere strumentazione di difesa ricevuta da un altro Stato? Secondo Da Silva questo fornisce un privilegio significativo per lo Stato esportatore di armi; procedendo ad analizzare la contemporaneità attraverso questa lente di lettura, è molto più utile comprendere l’ordine mondiale da una posizione di eteronomia piuttosto che di autonomia.

Analizzando nello specifico il caso sudamericano, Da Silva ha evidenziato come l’America Latina sia direttamente connessa con il mercato mondiale e questo mina la possibilità di sviluppo autonomo in diverse direzioni, tra cui proprio quello dello sviluppo delle proprie strutture di difesa. Concludendo il suo intervento, lo studioso brasiliano ha risposto alla domanda iniziale sul perché alcuni Stati non si dotano da soli del proprio armamento spiegando questo non attraverso l’impossibilità di produzione, ma attraverso l’interpretazione dei corrispondenti obblighi politici e simbolici degli Stati, in particolare quelli dell’America Latina.

Victor Bulmer-Thomas, professore emerito presso l’Università di Londra, membro del Programma sugli Stati Uniti e le Americhe di Chatham House, ha analizzato nel suo “Conflitti ambientali nell’America Latina del XXI secolo” il problema dello sviluppo dei conflitti ambientali generato dal fatto che oggigiorno tutti gli Stati dell’America Latina sono estremamente dipendenti dall’esportazione delle risorse naturali la cui estrazione necessita di investimenti diretti esteri (FDIs) e di finanziamenti per lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie moderne. Quindi le compagnie impegnate nell’estrazione ed esportazione delle risorse naturali sono al centro dei conflitti ambientali.

Esistono tre fattori direttamente collegati al cambiamento climatico che influenzano ulteriormente lo sviluppo dei conflitti ambientali, ossia lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità ed il cambiamento generale delle condizioni atmosferiche, ed esistono due forme di conflitto, quello tra Stati e quello tra lo Stato ed il pubblico. In merito alla risoluzione di questi conflitti Bulmer-Thomas ha portato l’esempio della controversia sulle attività di pesca sorta tra Cile e Perù la quale, come altri contrasti in merito ai confini marittimi, è stata superata grazie all’intervento della Corte Internazionale. Fanno da contraltare a questo episodio positivo alcuni conflitti ambientali ancora non risolti come ad esempio quello che oppone Bolivia e Cile per l’accesso all’acqua.

Lo studioso ha sottolineato come la maggior parte dei conflitti ambientali in America Latina abbia visto la contrapposizione tra lo Stato ed il pubblico in merito alle questioni inerenti l’accesso alle risorse idriche (all’inizio del XXI secolo la popolazione aveva duramente reagito all’idea del governo di permettere la privatizzazione dell’acqua), all’estrazione mineraria (le compagnie minerarie possono utilizzare più acqua in un giorno che una famiglia per 22 anni immettendo inoltre all’interno della falda acquifera sostanze chimiche dannose), la distribuzione delle risorse energetiche (in Perù a causa del dominio del capitale estero ci sono diversi disaccordi sull’uso del petrolio estratto a fini domestici, come vorrebbe la popolazione, oppure per l’esportazione), la deforestazione (il caso del Brasile salito alla ribalta internazionale durante i lavori dei Giochi Olimpici e dei Mondiali di Calcio), l’industria agroalimentare (la diffusione della piantagioni di olio di palma ha un impatto negativo sulla flora e sulla fauna).

Bulmer-Thomas ha concluso il suo discorso dichiarando che il problema dell’aumento dei conflitti ambientali sta divenendo sempre maggiore a causa della riluttanza degli Stati ad effettuare cambiamenti nelle loro politiche ed anche a causa della forte dipendenza dei paesi sudamericani dagli investimenti stranieri. Qualora queste problematiche non siano affrontate a tempo debito, il rischio è quello che da un fenomeno regionale possano divenire un reale problema per la sicurezza globale del XXI secolo.

Hanno preso parte alla Tavola Rotonda ed alla seguente discussione anche Olga Polunina, professore associato presso l’Università Statale Sociale Russa e ricercatrice presso il Centro Internazionale per gli Studi Politici e Sociali e Consulenza (ICSPSC), che ha presentato la sua ricerca “Social Network in America Latina: sfide e prospettive per la sicurezza psicologica” ed Hector Luis Saint-Pierre, direttore dell’Istituto di Politica Pubblica e Relazioni Internazionali della UNESP, membro del direttorio di ABRI dove coordina l’area di Sicurezza Internazionale, in qualità di moderatore della Tavola Rotonda insieme a Pashentsev, il quale ha offerto il suo contributo dal titolo “Dalla Difesa non provocativa alla dissuasione cooperativa: il Sud America cerca la sua autonomia nel gioco tra Stati Uniti, Russia e Cina”.

Svyatoslav Gegtyarev
Evgeny Pashentsev
Giuliano Bifolchi

AUTORI

Sviatoslav Igorevich Degtyarev: stagista presso il Centro Internazionale di Studi Politici e Sociali e Consulenza. E-mail svyatdegtyarev@gmail.com

Evgeny Nikolaevich Panshentsev: dottore in Scienze Storiche, professore presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Esteri della Federazione Russa e direttore del Centro Internazionale per gli Studi Politici e Sociali e Consulenza (ICSPSC) ed uno dei moderatori della Tavola Rotonda. E-mail: icspsc@mail.ru,

Giuliano Bifolchi: dottorando presso l’Università di Roma Tor Vergata, laureato magistrale in Scienze Storiche presso l’Università di Roma Tor Vergata, specializzazione in Open Source Intelligence grazie al Master in Peace Building Management e Relazioni Internazionali della Università San Bonaventura “Seraphicum”. Direttore della OSINT Unit di ASRIE. E-mail: info@asrie.org

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