Il fiume Han – uno degli affluenti più importanti dello Yangtze – ha le proprie sorgenti sui monti Shenqiong, una suddivisione dei monti Micang che si erge nella provincia dello Shaanxi. Nel suo corso superiore assume sequenzialmente vari nomi – Yudai, Yang e, a valle di Mianxian, Mian – sino a diventare Han in prossimità di Hanzhong, una città-prefettura che sorge nel cuore della Repubblica Popolare Cinese e che dal fiume Han trae il nome; situata nell’angolo sud-occidentale della provincia di Shaanxi, questa città di quasi 4.000.000 di abitanti si adagia in un bacino chiusa a nord dai monti Daba e a sud dai monti Qinling.
Durante il periodo degli Stati Combattenti1, la Dinastia Qin vi stabilì una provincia ma Hanzhong è nota per essere la culla della dinastia Han e del suo popolo, la cornucopia della cultura cinese.
Oggi come allora, il fiume Han scorre attraverso la città, modellandone il bacino mentre zone montuose e collinari costituiscono la topografia principale della zona2. Oggi, a differenza di allora, La città di Hanzhong consiste di un distretto, Hantai, e dieci contee. Spostandosi verso nordest lungo la strada nazionale 108 (108国道) in direzione di Pechino – distante poco più di 1600 chilometri – si raggiunge una di queste suddivisioni territoriali, Chenggu, circa 30 chilometri da Hanzhong, 212 da Xi’an, la capitale della provincia di Shaanxi.3 Capitale dell’Impero Celeste per oltre 1.000 anni, da qui partivano i 6400 Km della via della seta che si dirigeva verso est raggiungendo la costa orientale del Mediterraneo, passando attraverso il Shaanxi, il Gansu e il Xinjiang, l’altopiano del Pamir, l’Asia Centrale e Occidentale, strada soprattutto una strada commerciale che collegando Cina e Occidente permise lo scambio di merci e di conoscenze tra due grandi civiltà, quella cinese e quella romana.
È qui che punta la nostra introduzione, qui il suo punto di arrivo; qui il nostro punto di partenza perché è qui che riposa Zhang Qian, il diplomatico della corte dell’imperatore Wu, inviato speciale in missione nelle regioni occidentali che ha dato il suo straordinario contributo all’apertura e sviluppo dei rapporti tra la Cina antica e le regioni occidentali limitrofe; Zhang Qian può essere debitamente considerato il pioniere, il padre della Via della Seta. Il giornalista nipponico Kiyota Higa ha scritto a proposito del personaggio sulle pagine dello Yomiuri Shimbun: conosciuto ai cinesi come un esploratore al pari di Colombo, Zhang Qian aprì la Via della Seta – la maggior via che connetteva l’oriente all’occidente dell’Asia durante il tempo della Dinastia Han nell’antica Cina. La determinazione che gli permise di attraversare il deserto e superare numerose difficoltà è stata sviluppata in Hanzhong, provincia di Shaanxi, località strategica di importanza militare sin dall’antichità.4
Per gli storici cinesi i rapporti diplomatici, economici e commerciali con i popoli e i Paesi che si estendevano ad ovest dei confini dell’antica Cina cominciarono nei II secolo a.C.; gli esploratori cinesi, dunque, avevano viaggiato fino a lambire (qualche studioso sostiene altresì che le abbiano raggiunte) le terre del Medio Oriente, più di 1.300 anni prima che Marco Polo lasciasse l’Italia per raggiungere la Cina battendo questa via commerciale.
È il 138 a.C., il terzo anno del periodo Qianjuan del regno dell’Imperatore Wu, quando proprio l’imperatore (140 – 87 a.C.) inviò Zhang Qian verso occidente alla ricerca di un alleanza per combattere gli Xiongnu5, una potente confederazione di tribù nomadi che dominava nei territori ad est dei possedimenti degli Yuezhi6 – gli intermediari tra la Cina e l’Asia centrale sin dai tempi più antichi – imponendo il proprio dominio nelle praterie mongole. Contrariamente agli Yuezhi, gli Xiongnu erano in costante conflitto con gli Stati cinesi nelle vicinanze.
Le fonti arrivate a noi narranti degli avvenimenti in territori lontani di quest’epoca remota sono il Libro degli Han redatto da Ban Gu e lo Shiji dello storico Sima Qian, concordi nel tramandare di un regno Xiongnu potente e pericoloso per tutti i loro vicini e di uno stato di guerra continuo che era costato morti, prigionieri, denari e cavalli ai cinesi. Già nel 221 a.C. quando il primo imperatore della Dinastia Qin, Shi Huangdi unì i sette Stati combattenti sotto la sua guida le tribù Xiongnu rappresentavano la principale e più seria minaccia al potere imperiale. Per placare l’euforia militare di queste popolazioni, i Qin diedero vita alla “diplomazia della seta” basata sull’invio ai nemici numerose quantità di seta – tessuto e filato – che, oltre ad essere utilizzati per l’abbigliamento, venivano distribuiti dal capo degli Xiongnu per ribadire la gerarchia di potere all’interno della confederazione7.
Nel 206 a.C., il breve potere Qin fu rimpiazzato dalla dinastia Han che governò la Cina antica per i quattro secoli successivi. Emerso dopo un devastante guerra civile, agli albori l’Impero Han si pose su una linea difensiva. Il primo imperatore della nuova dinastia, Gaozu, riportò in auge la via diplomatica – soprattutto quella dei “doni” – per trovare un equilibrio con la confederazione degli Xiongnu ma fu l’ascesa al trono del capace Wu a segnare una nuova offensiva contro le temute popolazioni che scendevano da nord-ovest: numerose furono le spedizioni militari inviate nelle steppe così come lo furono i greggi di pecore e i cavalli catturati, azioni che permisero di allontanare gli Xiongnu dal confine; nel pensiero di un popolo nomade, però, la ritirata non è percepita come una sconfitta e presto le scorribande della confederazione tornarono a puntare verso i villaggi e le città cinesi. D’altronde, negli sterminati spazi semi-desertici della steppa le tribù nomadi non avevano altre risorse che quelle derivanti dalle attività di caccia e dall’agricoltura ed ovvio era che l’interesse si rivolgesse a quei regni che avevano sviluppato stili di vita più avanzati e che producevano quello che a queste popolazioni mancava. Nell’immaginario cinese dell’epoca gli Xiongnu erano visti come gli Unni lo erano dai Romani: barbari, incolti, violenti e assetati di sangue suscitarono una paura che è rimasta nel retaggio dei popoli orientale tanto da influenzarne anche le raffigurazioni artistiche8.
L’imperatore Wu comprese la necessità stringente di alleanze con gli altri “nomadi guerrieri” al fine di garantire pace e prosperità ai confini del suo regno e all’Impero stesso e tentò una missione diplomatica presso gli Yuezhi, popolo in precedenza vinto dagli Xiongnu; infatti, una volta giunta a corte la notizia della guerra tra questi due popoli nomadi, l’Imperatore decise di inviare un emissario presso gli sconfitti con la viva speranza di stringere un’alleanza con loro e accerchiare, così, le temute tribù della steppa. La sconfitta nelle guerra aveva forzato gli Yuezhi a un’emigrazione di migliaia di chilometri verso ovest fino a raggiungere le rive del fiume Amudarya, il corso fluviale più lungo dell’Asia centrale che oggi segna il confine tra Uzbekistan e Tagikistan da una parte e Afghanistan e Turkmenistan dall’altra. Allora, però, l’Amudarya, l’Oxos per come lo conoscevano i greci, Jayḥūn per i persiani, scorreva in Ta-Hsia, il nome dato dai cinesi Han a Bukhara e comprendente la parte principale della Da Xia, la Battriana, in quel territorio che è ormai è spartito tra il nord dell’Afghanistan, e parti del sud del Tagikistan e Uzbekistan9.
Nessuno dei dignitari di corte si propose di intraprendere quel che si prefigurava come un pericoloso viaggio diretto verso regioni sconosciute ai cinesi fino a che la scelta non ricadde su un piccolo funzionario. Inizia in questo momento la storia di Zhang Qian.
Lo Han Shu, la storia ufficiale degli Han occidentali10, riporta a riguardo il fatto che a quel tempo, disertori provenienti dalle fila degli Xiongnu raccontavano di aver sconfitto il re degli Yuezhi e di aver fatto del suo teschio una coppa per bere. […] Gli Han erano desiderosi di cominciare operazioni per eliminare i nomadi e ascoltando questi racconti desideravano entrare in contatto con gli Yuezhi inviando loro degli emissari. La loro strada sarebbe necessariamente passata per [i territori de]gli Xiongnu11 che da tempo erano diventati i padroni delle rotte e su queste seminavano il terrore.
Zhang Qian nacque nel 195 a.C. nel villaggio di Raojiaying ed entrò a corte dell’Imperatore intorno al 140 a.C.12: coraggioso, tenace e risoluto, uomo di forza fisica e di rilevante generosità, ispirava fiducia negli altri e i barbari lo amavano.13 Nel 138 a.C., a capo di un gruppo di un centinaio di uomini14, partì da Chang’an, l’attuale Xi’an, capitale dell’impero, alla volta dello Xiju, i territori occidentali.
Il momento del congedo della missione dalla capitale è uno degli eventi caratterizzante della storia antica cinese: un affresco delle grotte di Mogao raffigura l’attimo in cui poco prima della partenza Zhang Qian saluta Wu15. Le grotte in questione sono uno tra i più importanti siti di arte buddista (in una iscrizione si può leggere: ogni volta che esiste la fede non può essere alterata dalle vicende umane. Coloro che credono profondamente in Buddha considerano questo possibile quando arriva il vento e le onde saranno calmate. In tal modo sarà il benvenuto nei templi di Dunhuang e adorato per sempre) si trovano lungo la Via della seta, vicino all’oasi di Dunhuang, nella provincia del Gansu; inserite nella lista Unesco dei Patrimoni dell’Umanità nel 1987, gli affreschi di Mogao coprono una superficie di oltre 42.000 metri quadrati, un sistema di 492 templi scavati nella roccia in una rupe lunga 1600 metri. La leggenda narra di un monaco buddhista, Lezun, al quale nel 366 apparvero mille Buddha. In seguito alla visione, convinse un ricco pellegrino della Via della seta a fondare il primo tempio; col passare dei secoli i templi crebbero fino a superare il numero di mille, e con essi vennero costruiti ricoveri e repositori di testi sacri, oltre a cappelle votive. Fra il IV e il XIV secolo i monaci di Dunhuang raccolsero numerosi manoscritti occidentali mentre molti dei pellegrini che passavano per il sito dipinsero affreschi all’interno delle grotte, oltre a lasciare un’offerta e a pregare per propiziarsi un viaggio tranquillo.
Il gruppo con a capo Zhang Qian si diresse verso il corridoio di Hexi, la storica (e obbligata) rotta utilizzata come principale passaggio dalla Cina settentrionale allo Xinjiang ed all’Asia centrale da commercianti e militari che attraversava proprio la provincia cinese di Gansu e il nord-ovest lungo le sponde del Fiume Giallo. Nel suo muoversi verso i territori occidentali sconosciuti la missione cinese cadde prigioniera proprio nelle mani dagli Xiongnu. Il re arguì il motivo del viaggio e domandando a Zhang Qian la ragione per cui la dinastia degli Han bramasse nell’inviare un ambasciatore presso gli Yuezhi16. Il diplomatico cinese rimase prigioniero per undici anni presso le tribù nomadi ma mantenne saldo il suo obiettivo di portare a termine la missione affidatagli. Riuscito a fuggire, con gli uomini rimasti si mosse in direzione dei territori di Dayuan, la moderna Ferghana in Uzbekistan, seguendo la via a nord del bacino di Tarim. Quello che è l’attuale provincia di Xinjiang all’epoca era suddiviso in una moltitudine di piccoli principati. Zhang Qian passò per i regni di Weili (poco distante da Korla), Qiuci (vicino a Kucha), Shule, in prossimità dell’odierna Kashgar, prima di giungere nella valle di Ferghana, la perla dell’Asia centrale, un Paese prospero e accogliente17.
Qui gli Yuezhi, dopo la sconfitta subita dagli Xiongnu, avevano occupato il territorio dell’antica Daxia, la Battriana, Zhang Qian rimase per un anno alla corte degli Yuezhi per convincere il loro re il loro re – il figlio del sovrano ucciso per mano del nemico comune ai cinesi che non conosceva direttamente la Cina ma sapeva essere un Paese ricco e prospero – a stringere un’alleanza militare con l’imperatore Wu al fine di vincere il pericolo degli Xiongnu. L’impero cinese, però, era troppo lontano e la memoria della sconfitta troppo viva: il re decise che un attacco a tenaglia era impossibile così come l’idea di un’alleanza e valutò più conveniente per il proprio popolo vivere in prosperità e pace in Battriana piuttosto che riprendere la via delle steppe per fronteggiare gli Xiongnu.
Preso atto del rifiuto degli Yuezhi ma carico di informazioni sui territori occidentali, Zhang Qian prese la via del ritorno verso Chang’an battendo stavolta la rotta a sud dei monti Kunlun e attraverso la provincia di Qinghai da dove, dal 2006, parte il Treno del Cielo che collega la capitale Xining a Lhasa, in Tibet. Questa opera infrastrutturale è una delle più importanti tra quelle finanziate dal Governo centrale di Pechino per lo sviluppo e la modernizzazione dello Xizang/Tibet: ad oggi, circa 8 milioni di passeggeri si spostano lungo la tratta più alta del mondo. Entro il 2020, il Governo cinese si è posto l’obiettivo di collegare Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet, con i confini meridionali della regione e Paesi come India, Nepal e Bhutan18.
I cinesi di Zhang Qian furono di nuovo catturati dagli Xiongnu ma la loro prigionia durò appena un anno19, passato il quale, nel 125 a.C., fecero ritorno a Chang’an alla corte dell’imperatore al quale Zhang Qian riferì tutti i dettagli del suo viaggio durato 13 anni. Il resoconto ufficiale non esiste più ma riscontri se ne ritrovano sia nelle memorie di Sima Qian che nel capitolo 96 dell’opera Han shu di Ban Gu che si apre con la descrizione delle vie a nord e a sud del deserto. Zhang Qian è accreditato dell’apertura di una nuova via per le remote regioni occidentali, provocando il progressivo declino degli Xiongnu. Zhang Qian riportò all’imperatore notizie riguardo paesi, regioni, città e prodotti sconosciuti in Cina quali uva20, carote, aglio e sesamo, dei cavalli meravigliosi che si allevavano presso i Dayuan21 e una pianta da foraggio, erba musu, che ne costituiva il migliore alimento. Raccontò, inoltre, dei Parti, un popolo dell’altopiano iraniano che coniava monete d’argento con l’effige del proprio sovrano e di Antiochia22.
Impressionato dai racconti del diplomatico divenuto esploratore, Wu gli conferì lo stato di dignitario superiore e si interessò allo sviluppo delle relazioni commerciali con le sofisticate civiltà urbane della Ferghana, della Battriana e della Partia. Secondo quanto riportato nel Hou Hanshu, Il Figlio del Cielo, nell’udire tutto questo, così ragionò: Ferghana (Dayuan) e le terre di Battriana (Da Xia) e di Partia (Anxi) sono grandi stati, pieni di cose rare, le loro popolazioni abitano case ben ferme e sono occupate in attività in qualche modo identiche a quelle del popolo cinese, ma hanno eserciti deboli e tengono in gran conto i ricchi prodotti della Cina. Per giungere in quei paesi lontani senza incorrere nella violenza degli Xiongnu c’era la necessità di trovare una rotta alternativa. Durante il suo soggiorno in Battriana, Zhang Qian vide teli di Shu e canne di bambù di Qiong. Quando chiesi alle persone come avevano ottenuto quei prodotti risposero che i loro mercanti andavano a comprarli nei mercati di Shendu, India23. Alla vista di quei prodotti Zhang Qian pensò dovesse esserci necessariamente un’altra via oltre a quella controllata dagli Xiongnu, una rotta che collegasse direttamente l’India alla Cina. Per questo motivo suggerì all’imperatore di inviare una missione esplorativa attraverso la regione montuosa dello Yunnan. Intanto l’imperatore ben comprese che l’interesse della sua Cina risiedeva nella protezione delle vie del commercio: per farlo e rendere prospero l’impero, c’era il bisogno di proteggere il lungo corridoio esteso tra l’altopiano tibetano e il deserto mongolo dagli assalti e dalle incursioni delle tribù nomadi. Le sete cinesi cominciarono ad arrivare nei paesi occidentali in maniera continuativa e a ritmo sempre più serrato. La Via della Seta divenne un sistema di rotte commerciali che unì sia paesi che mari, legando molti popoli dalla Cina al Mediterraneo24.
La missione di Zhang Qian era andata oltre il compito iniziale di stringere alleanze militari contro gli Xiongnu: si era aperta alla Cina tutta una parte di mondo con cui relazionarsi. Zhang Qian aprì quella che, in seguito, verrà chiamata Via della seta.
Oggi riconosciuto come un eroe nazionale, Zhang Qian nacque nel 195 a.C. nel villaggio di Raojiaying, in prossimità della città di Bowang (circa 3 chilometri) e qui nel 114 a.C. fu sepolto. La sua tomba-monumento dal 21 giugno del 2014 è stata inserita nella lista Unesco World Heritage insieme ad altri siti culturali posti sull’antica Via della Seta.
Varcato il cancello principale che apre la vista al monumento, i visitatori si ritrovano in un corridoio correlato da due gallerie decorate con immagini dei costumi culturali di Chenggu che conducono verso il memoriale di Zhang Qian; all’interno della sala principale ci sono due dipinti che raffigurano il viaggio del diplomatico nelle regioni ad ovest della Cina. Su entrambi i lati dello spazio principale, due altre sale raccontano delle gesta di Zhang Qian. La sala ad est, presenta le storie di vita dell’esploratore (164-114BC); l’ala ad ovest, invece, espone opere di arte popolare con caratteristiche distintive nella zona sud della provincia di Shaanxi.
Il mausoleo vero e proprio si trova a nord: di fronte alla tomba circondata da alti cipressi e piante di bambù si alza una stele che riporta scolpita l’epigrafe “Tomba di Zhang Qian, Marchese di Bowang durante la dinastia Han”. Di fronte a questa si erge una coppia di tigri di pietra, simbolo della Dinastia Han e custodi del mausoleo dell’eroe nazionale per migliaia di anni.
Una camera principale e due laterali compongono la tomba eretta in onore del diplomatico; i dipinti murali che decorano le pareti della camera principale possono essere suddivisi in due parti: la prima parte comprende gli affreschi del tetto e della parte superiore della parete di fondo e descrivono la visione del Cielo. Il tetto si copre di nuvole fluttuanti dipinte e due cerchi concentrici che racchiudono ventotto costellazioni, quattro animali sacri dell’antica Mito cinese Qinglong (il drago blu), Baihu (la tigre bianca), Zhuque (la fenice di fuoco) e Xuanwu (una combinazione di tartaruga e serpente), il sole e la luna. Le altre parti, tra cui la parte inferiore delle pareti, ritraggono animali come la tigre, il cervo, cigno e la gru identificativi dei luoghi sulla Terra in una visione pittorica armoniosa che simboleggia la coesistenza di tutte creature viventi dell’universo.
Per il suo valore culturale e storico, la tomba di Zhang Qian è stata selezionata dal Governo della Repubblica Popolare Cinese come luogo chiave del patrimonio culturale dello Stato e per questo motivo è stato posto sotto la protezione del Governo provinciale. Xi’an si veste degli abiti da cerimonia nella nuova concezione della Via della Seta: oggi come allora, Xi’an è il punto di partenza della nuova Via della Seta, la via moderna che porta la Cina ad avvicinarsi alle regioni occidentali in una sorta di riproposizione del viaggio diplomatico di Zhang Qian. Ma se all’epoca dell’imperatore Wu Di il motore della missione di Zhang Qian era stata la ricerca di un’alleanza contro un nemico infausto, oggigiorno a muovere l’azione del Governo di Pechino è la volontà di ricercare (e costruire) un’armoniosa alleanza tra Paesi. In quest’ottica, nel settembre 2014 vi è stato inaugurato ufficialmente il Festival Artistico Internazionale Silk Road, manifestazione che ha visto esibirsi artisti provenienti da diversi Paesi con l’obiettivo di creare il “Silk Road Expo Park” e rendere permanente gli scambi culturali lungo la Nuova Via della Seta. Agli inizi di maggio del 2016, invece, sempre a Xi’an si è tenuta il Silk Road International Expo and the Twentieth Investment & Trade Forum for Cooperation between East & West China 2016 durante il quale la delegazione della provincia di Shaanxi ha presentato tutta una serie di progetti volti alla valorizzazione economica, storica e culturale della Via della Seta.
Il progetto One Belt, One Road, promosso dal Governo centrale di Pechino e noto come Nuova Via della Seta, sta portando un rapido sviluppo nelle zone interessate oltre che innumerevoli opportunità di business e ampio spazio per gli investimenti. La pianificazione strategica per creare un nuovo punto di partenza per la cintura economica della moderna Silk Road è uno strumento per cogliere il potenziale delle nuove opportunità e per questo motivo, al Forum sono stati presentati 200 progetti per un piano di investimenti complessivo pari a 511,7 miliardi di yuan e capaci di coinvolgere categorie produttive quali l’agricoltura, industria di vario tipo (da quella leggera a quella medica) e attività legate alla tutela ambientale, commercio e turismo. Questi progetti che vanno incontro alle politiche industriali nazionali, sono strettamente legati con i vantaggi di risorse e l’industria delle regioni attraversate dalla nuova Via della Seta e prospetta loro un brillante sviluppo di mercato. Tra questi progetti presentati al Forum di Xi’an, legato alla tematica culturale e turistica, quello relativo alla costruzione di un parco culturale incentrato sulla Via della Seta di Zhang Qian da sviluppare grazie al lavoro dell’ufficio turismo e cimeli della contea di Chenggu. Il progetto è stato approvato il 6 giugno 2016 e prevede uno sviluppo turistico che si basa sulla costruzione di un viale panoramico che colleghi la tomba del pioniere della Via della Seta con la strada nazionale G108 State Highway 108. Un solo investimento di 750 milioni di yuan concentrati sulle infrastrutture e i servizi di supporto con l’obiettivo di sviluppare di un turismo globale che comprenda cibo, alloggio, trasporti, viaggi, possibilità di fare shopping e divertimento. Puntando sulle tradizioni popolari, sulle architetture presenti e organizzando grandi eventi lungo la Via della Seta con a tema “Adorare Zhang Qian e visitare la Via della Seta”, gli analisti economici della provincia di Shaanxi ritiene di poter rientrare dell’investimento iniziale in un periodo di tempo compreso fra i 7 e i 9 anni: dopo che il progetto sarà completato, infatti, si stima che la capacità annuale di accoglienza turistica sarà di 300.000 unità e il conto economico complessivo derivante dal turismo di 120 milioni di yuan.25
1Con periodo degli Stati Combattenti si suole indicare il periodo storico della storia cinese che va dal 476 a.C.al 221 a.C., periodo che vide numerosi stati – Han, Wei, Zhao, Qi, Qin, Yan e Chu – combattere tra loco per la supremazia nell’antica Cina. Ad imporsi fu lo Stato di Qin, che per raggiungere questo scopo ricorse ad ogni mezzo, dallo scontro militare alla manovra diplomatica, dall’inganno all’assassinio degli avversari.
2Questa valle attraversata dal corso superiore del fiume Han è per lo più impervia e montuosa, ma attorno ad Hanzhong vi è un bacino fertile lungo circa 100 km e largo 19 km
3Xi’an è la città in cui si può ammirare il celeberrimo esercito di terracotta, un insieme di statue collocato nel Mausoleo del primo imperatore Qin a Xi’an. Si tratta di un esercito simbolico, destinato a servire il primo imperatore cinese Qin Shi Huang (260 a.C. – 210 a.C.) nell’Aldilà.
Nel 1987 il mausoleo dell’imperatore Qin Shi Huang, di cui l’esercito di terracotta fa parte, è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
4Kiyota Higa, Youmuri Shimbun, Asia Network, 23 dicembre 2014.
5La loro classe dirigente ha origini sconosciute. La maggior parte delle informazione sui Xiongnu viene dalle fonti cinesi. Quel poco che sappiamo dei loro nomi e titoli deriva da translitterazioni in lingua cinese. Sono rimaste solo una ventina di parole, che appartengono alla lingua altaica[1], e un’unica frase contenuta in documenti cinesi. L’identificazione del nucleo etnico degli Xiongnu è stata oggetto di varie ipotesi. Le proposte da parte degli studiosi teorizzano la loro lingua come mongola, turca, iraniana[2] o yeniseian.[3][4] Nel XVIII secolo Joseph de Guignes ha identificato gli Hsiung-nu con gli Unni, accendendo il dibattito sulla loro origine, ma l’evidenza di ciò resta controversa.[4][5] Antichissimi resoconti storici cinesi (forse leggendari) riferiscono che gli Xiongnu discendessero da un figlio dell’ultimo capo della prima dinastia cinese (dinastia Xia), che, secondo i cinesi del periodo delle primavere e degli autunni erano geni dello stato di Qi (杞). Le fonti cinesi dal III secolo d.C. riportano la creazione di un impero sotto Modu Chanyu (che divenne il loro supremo capo nel 209 d.C.).[6] Il loro impero si estendeva al di là dei confini della moderna Mongolia. Nel II secolo d.C., sconfissero e dispersero i precedenti dominatori, gli Yuezhi, diventando così il potere predominante nelle steppe a nord della Cina. Essi furono attivi nel sud della Siberia, nella Manciuria occidentale e nelle odierne province cinesi di Mongolia interna, Gansu e Xinjiang. Questi nomadi erano considerati così pericolosi e distruttivi che la dinastia Qin iniziò la costruzione della Grande muraglia per proteggere la Cina dai loro attacchi. Le relazioni fra le prime dinastie cinesi e gli Xiongnu erano complesse, con ripetuti periodi di confronti militari e intrighi alternati a scambi di tributi, commercio e matrimoni combinati a scopo. (Fonte: wikipedia)
6Popolazione di origine indoeuropea nota alle fonti cinesi prima del 4° sec. a.C. Stanziati nell’area dall’ansa del Fiume Giallo al Gansu, gli Yuezhi divennero immediatamente uno dei bersagli degli Xiongnu. Subite molteplici sconfitte, in una data intorno al 160 a.C. migrarono verso occidente e, lasciata parte della popolazione alle falde del Nanshan, si stanziarono nella regione a sud dell’Issik qol sovrapponendosi a tribù saka che in parte vennero assorbite, in parte migrarono verso il Bacino del Tarim. L’arrivo dei Wusun, prima del 130 a.C., li costrinse a un nuovo spostamento verso occidente: si stanziarono nel territorio della Sogdiana, ponendo la loro supremazia anche sulla Battriana, regioni che tolsero ai greci (Tocharoi di Strabone, Pompeo Trogo). Qui furono raggiunti nel 130 a.C. da Zhang Qian, emissario dell’imperatore cinese, che ha lasciato testimonianza della loro migrazione. Dalle fonti cinesi sappiamo come in un secondo tempo si estendessero territorialmente anche sulla Battriana dividendosi in 5 distretti tra i quali, intorno all’inizio del 1° sec., prese il sopravvento quello dei kushana. (da Enciclopedia Treccani)
7Xinru Liu, The silk road in World history, Oxford University Press, 2010, p. 4.
In aggiunta alla via diplomatica della seta, l’imperatore Qin si difese dalle continue incursioni degli Xiongnu collegando i vari tratti di mura difensive costruite dai singoli Stati al fine di formare un’unica poderosa barriera. Fu così che fu costruita la celeberrima Muraglia.
8Le sculture di epoca Han raffiguravano questi popoli con tratti più simili a bestie feroci che a essere umani.
Luce Boulnois, La via della seta, Bompiani Editore. L’autore ha consultato un’edizione digitale e quindi indichiamo nel cap. 3 il luogo dove ricercare le seguenti informazioni citate.
9La Battria, o Battriana, (nota ai cinesi come Da Xia) fu visitata dall’esploratore cinese Zhang Qian nel 126 a.C. Le relazioni di Zhang Qian furono messe per iscritto nel Shiji (Relazioni del Grande storico) da Sima Qian nel I secolo a.C. Descrivono un’importante civilizzazione urbana di circa un milione di persone, che viveva in città cinte da mura governate da piccoli re locali o da magistrati. Da Xia era un influente paese con ricchi mercati, che commerciava un’incredibile varietà di oggetti, che arrivavano da lontano, perfino dalla Cina meridionale. Nel periodo in cui Zhang Qian visitò la Da Xia non c’era più un grande re e i Battriani erano sottomessi ai nomadi Yuezhi, che si erano insediati nel nord dei loro territori oltre l’Oxus. Tuttavia, Zhang Qian descrisse una popolazione più sofisticata che demoralizzata, ma che aveva paura della guerra. Questi contatti portarono immediatamente all’invio di diverse ambasciate da parte della Cina, che aiutarono lo sviluppo della Via della seta.
10La dinastia fondata dalla famiglia Liu (刘), regnò sulla Cina per quattro secoli diffondendo la sua influenza sul Vietnam, l’Asia centrale, la Mongolia e la Corea. Durante la dominazione Han, il confucianesimo divenne la filosofia ufficiale di stato, l’agricoltura e il commercio prosperarono, tanto che la popolazione raggiunse i 50 milioni di abitanti, di cui tre milioni abitavano la capitale Chang’an长安, di fatto la più grande metropoli del suo tempo. La dinastia Han si divide in due periodi: il primo detto “dinastia degli Han anteriori” (Qian Han 前汉) o anche dinastia Han occidentale (Xi Han 西汉) fiorì dal 206 a.C. – al 9 d.C. ed ebbe come capitale Chang’an.
Il secondo periodo è definita “dinastia degli Han posteriori” (Hou Han 后汉) o anche “dinastia Han orientale” (Dong Han 东汉) dal 25 d.C. – al 220 d.C. con capitale Luoyang, più a est rispetto a Chang’an, ai cui il nome dinastico. Tra il 9 ed il 24 d.C. regnò per breve tempo la dinastia Xin. Attualmente si predilige la distinzione tra orientali-occidentali per evitare confusione con la meno nota dinastia degli “Han posteriori” del periodo delle Cinque Dinastie e dieci Regni, sebbene gli storici cinesi, come Sima Guang, abbiano utilizzato l’altra distinzione.
Durante la dinastia Han si ebbero grandi progressi intellettuali, letterari, artistici e scientifici. Fu perfezionata la scoperta della carta tanto da poterla utilizzare quale supporto per la scrittura e soppiantare così il precedente sistema su seta o su piccole liste di bambù. Durante questa dinastia visse il più famoso storico cinese, Sima Qian司马迁 (145 a.C. -87? a.C.), il cui Shiji史记 o Memorie Storiche fornisce tavole genealogiche, biografie e cronache dai tempi dei sovrani leggendari fino ai tempi dell’imperatore Wu 汉武帝(141 a.C.- 87 a.C.).
L’impero Han nell’87 a.C. La forza militare della dinastia Han permise all’impero di espandersi a occidente nella pianura desertica del Tarim, dove erano situate le città-stato e i principati dei Tocari, Saci e Sogdiani nella provincia del Sinkiang-Uigur attualmente di etnia prevalentemente uigura. In questo modo la via della seta veniva resa sicura fino al Pamir, ai confini con la Battriana nell’odierno Afghanistan. Anche il Vietnam settentrionale e la Corea furono invasi dagli eserciti Han.
In questo periodo si sviluppa il sistema di tributi in base al quale stati periferici indipendenti o semi-indipendenti pagano una sorta di omaggio formale di sottomissione alla Cina, inviano doni e stabiliscono sistemi di commercio regolato, in cambio della pace e del riconoscimento alla legittimità al governo locale. Anche l’invio di principesse cinesi servì a mantenere l’equilibrio diplomatico con i vicini, soprattutto con le tribù e le confederazioni nomadi del nord, in particolare con i Xiongnu e i Wusun.
11Il passo è citato in Frances Wood, The Silk Road: Two Thousand Years in the Heart of Asia, University of California Press, 2002, p. 51.
12Royal Geographical Society, Explorers: Tales of Endurance and Exploration, Penguin Books, Londra, 2010, p. 30.
13Frances Wood, op.cit., p. 51.
14Tra questi anche l’arciere Gansu, uno xiongnu fatto prigioniero di guerra dai Cinesi.
15Roderick Whitfield,Susan Whitfield,Neville Agnew, Cave Temples of Mogao: Art and History on the Silk Road, The J. Paul Getty Trust, Los Angeles, p. 11.
16Luce Boilson, op. cit.
17ibidem
18Rimandiamo a Stefano Vernole, La Cina raddoppia il collegamento ferroviario con il Tibet e Andrea Turi, La Cina viaggia ad alta velocità, contributi contenuti in Marco Costa, Tibet, crocevia tra passato e futuro. Storia, sviluppo e potenzialità della regione autonoma cinese, Anteo Edizioni, Cavriago (Re), 2014.
19La morte dello Shanyu, il re degli Hsiung-nu, e la guerra intestina alle tribù nomadi confederate per la successione offrì a Zhang Qian l’opportunità di fuggire.
20Si legge nello Shi Ji, 123: i Dayuan producevano vino a partire dall’uva. Le persone più facoltose ne accumulavano fino a 10.000 pietre ed oltre nelle cantine e lo conservavano per molte decine di anni senza aprirlo.
21Si legge nello Shi Ji: Nonostante gli stati dai Dayuan verso ovest fino ai Anxi parlassero lingue piuttosto diverse, i loro usi sono in genere simili e le loro lingue mutuamente intelleggibili. Gli uomini hanno occhi scavati, folte barbe e baffi. Sono abili nel commercio e mercanteggiano per ogni centesimo. Le donne sono molto rispettate, e gli uomini prendono le decisioni dopo essersi consultati con le donne.
La citazione del resoconto di Sima Qian è riportata in Watson Burton, Records of the Grand Historian by Sima Qian, Columbia University Press, 1993, p. 233.
22Xinru Liu, op. cit., p. 8.
23Si parla di prodotti cinesi della regione dello Sichuan. Per Zhang Qian era impossibile capire come due produzioni di una regione del sud della Cina potessero aver valicato imponenti catene montuose per raggiungere mercati così lontani.
Passo riportato in Royal Geographical Society, op. cit., p. 30.
24Per maggiori informazioni, invitiamo il lettore a fare riferimento al capitolo Rome looks East del libro di Xinru Liu, The Silk Road in World History, Oxford University Press, 2010.
25Già nel 2013 il progetto del parco era annoverato tra quelli chiave nel campo della cultura e del turismo.
I dati relativi al progetto possono essere consultati al seguente indirizzo internet http://new.shaanxiinvest.gov.cn/hzjzw/xmshow.asp?ID=4960, mentre per gli altri progetti facciamo riferimento al volume 2016 Silk Road International Expo and the Twentieth Investment & Trade Forum for Cooperation between East & West China, The first cooperation project, Shaanxi Delegation, 3. 2016.
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