La Cina nella finanza globale (VI)

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articolo orginale: http://www.ilcaffegeopolitico.org/41972/la-cina-nella-finanza-globale-vi

Comprendere la Cina – Gradualmente, ma inesorabilmente, la geografia della finanza globale sta cambiando. E ciò malgrado la resistenza da parte degli Stati Uniti alle iniziative della Cina. Continuiamo il nostro viaggio per esaminare il ruolo sempre più attivo di Pechino.

LO YUAN CONVERTIBILE – Il tentativo di fare di Shanghai un centro finanziario globale è in fase sperimentale. Shanghai è lontana dal raggiungere lo status di centro internazionale al pari di Londra e New York, ma l’intento di una maggiore integrazione rimane, specialmente da quando la Cina ha deciso di testare l’uso dello yuan come moneta di valuta estera liberamente convertibile. Il risultato è stato un’ondata di moneta cinese che ha lasciato la madrepatria in cerca di opportunità di investimento, come pure di paradisi sicuri anche a causa della campagna anticorruzione di Xi Jinping. La conseguente mancanza di capitale privato verso investimenti cinesi e la volatilità del mercato azionario (spinta anche da operazioni speculative di grandi operatori stranieri) hanno però costretto i politici cinesi a modificare il ritmo dei loro sforzi di liberalizzazione finanziaria (in parte discussi in altri interventi del nostro speciale).

LO SVILUPPO DEGLI STRUMENTI FINANZIARI – Nel frattempo la Cina ha continuato a studiare da vicino il sistema finanziario internazionale, costituendo gruppi di esperti per testare i mercati dei derivati e permettendo alle sue banche di cimentarsi con pratiche finanziarie più sofisticate. La Repubblica popolare ha intrapreso questi sforzi per comprendere meglio come funziona il sistema finanziario occidentale, giacché pochi cinesi avevano finora lavorato come partner di fondi speculativi o in veste di senior management nelle grandi istituzioni finanziarie di Wall Street. La carenza di talenti cinesi nel settore finanziario internazionale è in parte dovuta al fatto che le compagnie di Wall Street non sono solite reclutare studenti cinesi e spesso quelli che entrano non vengono promossi o vengono trasferiti negli uffici asiatici lontani dalla politica dei quartieri generali.

Nondimeno, i cinesi si sono industriati a sviluppare strumenti finanziari di base che le compagnie occidentali hanno più o meno abbandonato, poiché non così lucrativi, come lettere di credito o di garanzia. Questi strumenti sono stati usati per garantire più finanziamenti alla produzione e al commercio per investimenti “produttivi” in tutti i continenti. Ovviamente questa strategia non ha permesso alla Cina di sfidare direttamente il dominio delle compagnie di Wall Street nelle grandi transazioni finanziarie, tuttavia, essa ha servito settori poco sviluppati dell’economia globale. Si tratta di un approccio di gestione finanziaria “bottom-up”, molto più lento e laborioso rispetto a uno “top-down”. In altre parole, risulta sempre più evidente che i cinesi stiano cercando di costruire la propria esperienza finanziaria dalle fondamenta, cosa che nel tempo può portarli a una posizione sempre più rilevante nella finanza mondiale. Poiché questo approccio dal basso non dà potere a un insieme di trader in un luogo specifico, il finanziamento di infrastrutture e altri progetti economici in giro per il mondo potrebbe potenzialmente rendere obsoleti i maggiori centri finanziari. I banchieri saranno sempre più attivi ovunque vi siano i bisogni materiali, in Botswana o a Caracas, e saranno sempre meno bisognosi di ricorrere all’intermediazione di società ubicate in un centro finanziario tradizionale. Compagnie come Alibaba già permettono a centinaia di milioni di imprese di aprire conti e finanziare i loro affari attraverso un semplice sito web. Le persone che gestiscono queste transazioni per trilioni di dollari di valore possono essere dovunque e normalmente non risiedono in uno dei centri finanziari globali oggi dominanti, dove affitti e costo della vita sono alti. [Lì dove vi sono istituzioni finanziarie emergenti si parla di “frontier finance”, sia per la diversa localizzazione geografica, sia per il diverso approccio strategico (basato sui tempi lunghi) e gestionale (caratterizzato dall’internalizzazione delle attività e delle strategie di investimento) – NDT]

PECHINO STENTA A FARSI LARGO – Pertanto, mentre la Cina finanzia il resto del mondo con prestiti bancari tradizionali, le attività finanziarie cinesi vengono per lo più bloccate in Occidente, e in particolare negli Stati Uniti. In Europa le banche locali come le banche regionali controllano ancora tutte le attività di prestito e negli Stati Uniti moltissime banche, come pure “società bancarie ombra” (private equity, hedge funds ecc.), controllano virtualmente tutte le transazioni finanziarie nel Paese, fino ai più piccoli dettaglianti. In altre parole, gli Stati Uniti ed in parte anche l’Europa sono sature di banche, lasciando ai cinesi poche o nessuna opportunità di agire su questi mercati finanziari. Parimenti, laFederal Reserve ha un impatto minimo sulle banche cinesi e viceversa per la People Bank of China. Tuttavia, anche se c’è una chiara linea di demarcazione tra l’attività finanziaria occidentale e quella cinese, qualche segnale di mutua cooperazione sta emergendo. Ad esempio: la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) ha incluso la Cina nel consiglio direttivo, i cinesi hanno consentito alle banche di investimento occidentali di fare operazioni convenzionali in Cina e la Federal Reserve ha approvato l’acquisto della banca East West da parte di ICBC, una delle più grandi banche statali cinesi.

Mentre la possibilità che la moneta cinese sorpassi il dollaro statunitense rimane remota, date le circostanze attuali, ciò non toglie che ci possa essere un’epoca nel quale questo scenario si manifesterà. Analizzeremo questa possibilità e le sue implicazioni nel prossimo intervento conclusivo.

 Ann Lee
(traduzione di Fabio Massimo Parenti)

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