Regioni, regionalizzazione e BRICS

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Articolo tratto da: http://revjournal.org/wp-content/uploads/REV3/REVOLUTIONS_VOL.3.pdf

SOMMARIO
E’ difficile analizzare e giustificare il BRICS come una regione secondo i parametri tradizionali, che considerano la contiguità e l’omogeneità geografiche e mettono la regione su una scala inferiore a quella dello Stato. L’approccio dell’ecologia politica, con le sue inclinazioni nei confronti della produzione sociale di spazi e di luoghi e l’incarico di analizzare la dimensione delle relazioni sociali, fornisce invece dei parametri per questo tipo di formazioni regionali. Dato che le regioni sono delle formazioni discorsive, i rapporti di forza rimangono radicati in loro, avvantaggiando certe formazioni su altre. La letteratura recente in geografia e negli studi internazionali conferma che le regioni siano delle costruzioni sociali. I processi di regionalizzazione svelano le immaginazioni geopolitiche degli Stati costituenti e ci sono alcuni motivi comuni che portano coesione tra di loro. L’articolo interpreta il concetto di regione da un punto di vista geografico e di relazioni internazionali, provando a collocare i BRICS in questi aspetti. L’articolo riflette anche se i Paesi BRICS possano contribuire alla concezione teorica di una regione nell’immaginario geopolitico. Gli interrogativi chiesti per cercare una risposta sono i seguenti: i BRICS sono una regione secondo il senso tradizionale del termine? Oppure sono un raggruppamento a parte, che nega il tradizionale concetto di regione? E’ possibile concepire i BRICS come una regione nell’analisi geografica e geopolitica? Dunque, l’obiettivo dell’articolo è quello di esaminare se è possibile considerare i BRICS una regione secondo i parametri tradizionali, o se questi parametri sono insufficienti. Nell’attuale letteratura disponibile sui BRICS non c’è stato quasi nessun tentativo di identificare il raggruppamento come una regione. L’articolo cerca di dedicarsi a questa mancanza nell’insieme di scritti riguardo la coalizione.

 

INTRODUZIONE

Il raggruppamento dei BRICS (che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) di recente ha attratto una grande attrazione su di sé per la sua natura unica. La caratteristica peculiare dei BRICS è il fatto che gli Stati costituenti siano situati in posti disparati, il che smentisce la nozione tradizionale delle regioni e della loro formazione. Tuttavia, si possono trovare esempi di questo tipo anche in altri raggruppamenti a causa del loro passato coloniale, come il commonwealth inglese e l’organizzazione di Stati francofoni. Ma mentre il legame tra questi Paesi che hanno condiviso un’eredità coloniale simile erano le connessioni culturali dovute alla stessa storia coloniale, il legame tra i BRICS è più difficile da identificare. L’articolo interpreta il concetto di regione in ambito geografico e nelle relazioni internazionali, e tenta di collocare i Paesi BRICS all’interno di questi concetti. L’articolo riflette anche se i BRICS possano contribuire alla concezione teorica di una regione nell’immaginario geopolitico. Gli interrogativi posti sono i seguenti: i BRICS sono una regione secondo il senso tradizionale del termine? Oppure sono un raggruppamento a parte, che nega il tradizionale concetto di regione? E’ possibile concepire i BRICS come una regione nell’analisi geografica e geopolitica? L’obiettivo dell’articolo è dunque quello di esaminare se è possibile considerare i BRICS una regione secondo i parametri tradizionali, o se questi parametri sono insufficienti. Nell’attuale letteratura disponibile sui BRICS non c’è stato quasi nessun tentativo di identificare il raggruppamento come una regione: questo articolo cerca di dedicarsi a questa mancanza nell’insieme degli scritti che riguardano la coalizione.

L’articolo è diviso in quattro parti: le prime due esaminano la letteratura teorico-concettuale sulle regioni in generale e nel sistema internazionale, mentre le ultime due parti si concentrano sui BRICS all’interno di queste posizioni teorico-concettuali.

 

LE REGIONI IN GEOGRAFIA

L’etimologia inglese del termine “region” ci riporta indietro nel quattordicesimo secolo, quando il termine si è evoluto dalla parola latina regio (che significa direzione, confine, o circoscrizione) collegata a regere (che significa dirigere o governare). La geografia, come disciplina, ha testimoniato una sostenuta concentrazione sullo studio delle regioni. E un tema ricorrente e costante è il fatto che le regioni, tra le varie caratteristiche, esibiscano omogeneità, l’aspetto che le identifica come regioni. In geografia le regioni sono anche contrassegnate dalla particolare distinzione tra regioni “formali” e “funzionali”. Le regioni formali, o uniformi, sono aree definite da una o più caratteristiche comuni e presuppongono un certo grado di omogeneità. La regione funzionale, invece, rappresenta uno spazio delimitato geograficamente e definito da legami che vincolano particolari fenomeni a quell’area, senza assumere alcun grado di omogeneità spaziale. Questi fenomeni dipendono da che tipo di sistema siamo interessati. Esempi rilevanti di regioni funzionali sono economiche, culturali, politiche, ecologiche, eccetera.

Una delle principali caratteristiche dello studio delle regioni nella geografia tradizionale è stata quella di studiare l’unicità e la peculiarità di una regione con tutte le connessioni interne che la differenziano dalle altre. Quindi, la disciplina ha acquisito un carattere descrittivo. Il lavoro di Harvey, in questo contesto, è istruttivo perché riassume concisamente le concezioni delle regioni nel campo della geografia, “La ‘regione’ è forse il più radicato di tutti i concetti geografici. Ha dimostrato di essere il concetto meno flessibile nel contesto geografico, principalmente a causa del suo ruolo centrale in quelle definizioni essenzialiste che poggiano esclusivamente sullo studio della corologia o della differenziazione regionale.” In generale, la regione è definita secondo le sue caratteristiche di omogeneità o contiguità geografica e, qualche volta, secondo le sue relazioni coerenti tra elementi differenti.

Dall’altra parte, questo tipo di approcci semplicistici per comprendere il concetto sono stati abbandonati dalla geografia critica. La “regione”, tipicamente, evoca l’idea di un blocco di spazio omogeneo che ha una carattere distintivo persistente dovuto alla sue caratteristiche fisiche e culturali. Rivendica di esistere “là fuori” nel mondo, presupponendo che ci sia un requisito a priori di pensare che il mondo sia diviso in questo modo. Queste supposizioni a priori sull’esistenza delle regioni hanno sollevato degli interrogativi da parte della geografia critica.

Questa associazione tra una rivendicazione alla sua reale esistenza, insieme alla necessità di un concetto a priori per definire una regione, ha causato innumerevoli problemi a quelli che provano a far valere i propri progetti di regionalizzazione come più “reali” rispetto ad altri. Questo porta anche ad una sventurata opposizione nella geografia contemporanea tra quelli che rivendicano l’effettiva esistenza delle loro regioni e quelli che ritengono tutte le regioni come mere invenzioni di un osservatore, le cui definizioni prendono in considerazione la sua posizione politico-sociale piuttosto che il fenomeno delle regioni che pretende di classificare. Un aspetto costituito nella natura delle regioni è quello di unire tramite caratteristiche condivise e comuni. Tuttavia, questo aspetto è sempre più messo sotto pressione dalla considerazione che le regioni, allo stesso modo, siano fautrici di divisione. Agnew cita che “un autore, in un testo brillantemente suggestivo, si interroga se non potremmo stare meglio se ci concentrassimo sul fatto che le entità regionali siano in grado di unire così come di dividere.”

In geografia, dove le regioni rappresentano uno dei concetti chiave, quella di comprendere le regioni non come entità a priori da studiare, ma come costruzioni collettive all’interno di relazioni sociali e di potere è stata un’importante acquisizione teoretica nelle ultime tre decadi. Il risultato è una Nuova geografia regionale (NRG, dall’acronimo inglese di New Regional Geography) che rivendica che “i luoghi e le regioni potrebbero essere teorizzati come una combinazione tra l’interazione di relazioni sociali localizzate e le condizioni materiali con processi più ampi di ristrutturazione capitalista.” Forse c’è una traccia del pensiero di emancipazione marxista nella NRG. Quando esaminata sotto le lenti del metodo realista, l’NRG non ha concepito i luoghi e le regioni né come territori fissi né come un incontro accidentale di flussi e reti globali (che implicherebbe che luoghi e regioni abbiano poca, o nessuna, influenza causale indipendente). Piuttosto le regioni dovevano essere esaminate come territori semi-coerenti, all’interno dei quali le proprietà causali legate al luogo avrebbero potuto plasmare – e a sua volta essere plasmate – dalle più ampie dinamiche di accumulazione del capitale, di intervento (o revoca) dello Stato e di sviluppo impari.

Il filone dominante in geografia riguardo la questione dello spazio e del luogo è l’approccio relazionale. Questo approccio mette in evidenza l’effetto vincolante delle entità regionali. Un tema centrale nel pensiero relazionale è l’idea che la regione rappresenti un incontro contingente, o un assemblaggio, di relazioni sociali, economiche e politiche, la cui gamma e portata non converge necessariamente in modo netto intorno ai territori e alle giurisdizioni amministrate formalmente o governate dagli Stati nazionali. Jonas sostiene inoltre che gli esponenti dell’approccio relazionale si distanzino dalle rappresentazioni delimitate, statiche ed astoriche dello spazio e del luogo. Le regioni sono state recentemente interpretate come delle costruzioni sociali fluide e storicamente contingenti nel campo della geografia critica.

Paasi spiega che “i nuovi geografi regionali si sono interessati ai rapporti di forza, alle norme e ai discorsi attraverso cui le persone, le comunità sociali e le classi producono e riproducono ‘regioni’ e località nella loro vita quotidiana tramite varie norme istituzionalizzate, come la politica, l’amministrazione, l’economia, l’istruzione, i media, la comunicazione, e così via.” Questa complessità dimostra come i nuovi geografi regionali adottino spesso un’idea di emancipazione. Nonostante l’enfasi dell’articolo non sia sugli interessi di emancipazione, esso sottolinea che le regioni sono pervase dalla produzione sociale.

In accordo con gli approcci recenti sullo spazio e sul luogo in ambito geografico, è possibile dedurre che l’accettazione degli approcci relazionali allo studio delle regioni sia ampiamente diffusa nell’ambito accademico. Tuttavia, l’applicazione del concetto di regione in geografia, nello studio delle regioni nel sistema internazionale, è ancora alle sue fasi iniziali, tranne per poche eccezioni degne di nota. La prossima sezione si concentra sull’applicazione di parte di questo lavoro in ambito geografico sulle regioni sovranazionali, con particolare attenzione ai regionalismi vecchi e nuovi (o a livello sovrastatale).

 

LE REGIONI NEL SISTEMA INTERNAZIONALE

L’importanza del territorio e degli spazi delimitati nel sistema internazionale non può essere sottovalutata, persino nell’attuale periodo di flussi globali. Lo Stato territorialmente delimitato è l’attore primario nel contesto globale e il processo di regionalizzazione racchiude Stati delimitati all’interno della propria area, così che le strutture regionali acquisiscono un carattere territoriale. Paasi mette in luce la questione riguardante le regioni e i territori: “Nonostante un mondo sempre più globalizzato, l’ascesa della rete, i flussi di immigrati e di rifugiati, internet, l’idea di un mondo senza confini e la letteratura post-nazionalista che hanno sfidato lo Stato nazionale, il mondo contemporaneo è ancora una complessa costellazione di spazi più o meno delimitati e di varie dimensioni. Questi spazi sono “regioni” oppure “territori”. Tutti i territori sono regioni ma non tutte le regioni sono territori. Per definizione un territorio si differenzia da una regione dal fatto che i suoi confini e le sue risorse sono sotto il controllo delle persone. Questo controllo è un’espressione della territorialità, che non è costante, ma è una strategia politica e spazio-selettiva che può essere esercitata oppure no.”

Perciò la limitatezza di un territorio gioca ancora un ruolo importante nelle concettualizzazioni spaziali a diversi livelli. E’ stata dedicata enorme concentrazione nei confronti del sistema statale e della sua natura territoriale, mentre le regioni, che hanno natura territoriale così come gli Stati, non hanno ricevuto sufficiente attenzione per quanto riguarda la loro territorialità. Ciò nonostante essa è un gruppo di Stati che immagina loro stessi insieme per ragioni geopolitiche, economiche e culturali. La spiegazione di Paasi sulla natura e sulla costituzione dei vecchi regionalismi risulta istruttiva poiché fa un salto indietro negli anni trenta, facendo riferimento al protezionismo di quel periodo e attribuisce le qualità culturali e sociali, insieme a quelle di natura economica, al regionalismo. Originariamente il regionalismo era considerato importante in ambiti culturali come l’arte, la letteratura e l’architettura. Ed era così collegato all’identità e alla coscienza regionale. In questa analisi la regione, oltre a ragioni di natura geografica, è caratterizzata anche dalle connotazioni artistiche e culturali.

La seconda guerra mondiale rappresenta lo spartiacque nello studio delle regioni, in quanto fu contrassegnata dal processo di decolonizzazione che seguì subito dopo il conflitto. L’evidenza empirica fu portata “dalla prima ondata di sviluppo della Comunità economica europea (CEE) e i processi di decolonizzazione che videro la creazione di corpi come il Mercato comune dell’Africa orientale.” Anche la guerra fredda, con la sua struttura bipolare, ha giocato un ruolo importante nella formazione dell’integrazione regionale nel periodo dopo la seconda guerra mondiale. Integrazione che ha lasciato una significativa impronta sulla geopolitica delle superpotenze. Durante la guerra fredda il bipolarismo e le armi nucleari hanno contribuito all’emergere di un sistema semi-globale. In Europa, in particolare, l’estesa deterrenza nucleare statunitense e il controllo politico-militare sovietico della metà orientale europea ha limitato l’autonomia degli Stati individuali e ha reso loro parti di un tutto più grande. L’espressione “vecchio” o “primo” regionalismo si riferisce alle prime iniziative di integrazione che avvennero nell’Europa occidentale in seguito alla seconda guerra mondiale, e non al tradizionale regionalismo culturale e letterario. Questo aggiunge un altro strato di distinzione allo studio delle regioni.

Dall’altra parte, il nuovo regionalismo viene identificato con il riordinamento geopolitico globale in seguito alla guerra fredda. E l’ascesa di questo “nuovo regionalismo” rappresenta una delle caratteristiche più rilevanti dell’ordine internazionale, poiché ha gradualmente rimpiazzato la netta divisione durante la guerra fredda. Dagli anni ottanta è avvenuto un boom dei progetti di regionalismo o regionalisti in tutto il mondo, e l’Unione Europea rappresenta l’esempio più significativo in questo senso. Mentre i vecchi regionalismi sono emersi con l’aumento dell’integrazione europea, il nuovo regionalismo ha guadagnato valore nel contesto di un sistema regionale più globalizzato. Attraverso il lavoro di Anssi Paasi e John Agnew è visibile un chiaro collegamento tra le nuove forme di regionalizzazione e la diffusione del capitalismo neo-liberista a livello globale.

Nel contesto del nuovo regionalismo, Breslin e Higgott distinguono tra regionalismo e processo di regionalizzazione. Secondo questo ragionamento il regionalismo connota gli emergenti progetti di cooperazione guidati dagli Stati come il risultato dei trattati e dei dialoghi tra i governi. La regionalizzazione si riferisce a quei processi di integrazione che, nonostante “(…) a malapena lasciati liberi dalle politiche statali,” traggono la loro forza motrice “dai mercati, dai flussi d’investimento privati, e dalle politiche e dalle decisioni delle compagnie.” I processi di regionalizzazione sono guidati più da motivi economici e di mercato, piuttosto che essere puramente guidati dallo Stato. Le regioni si sono ritagliate una parte sempre più importante del più ampio processo di globalizzazione, che sia in opposizione alle forze del globalismo oppure a favore. Breslin e Higgott hanno seguito tre avvertimenti:

a) il primo si riferisce al fatto che, soprattutto quando si studia la globalizzazione, la nozione del confine o del perimetro di una regione può essere, volenti o nolenti, confusa. Spesso è il caso di quando non c’è alcun trattato che stipula quali siano gli Stati dentro i confini e quali quelli fuori;

b) il secondo avvertimento riguarda il modo in cui mappiamo lo spazio economico e politico. Bisogna stare attenti ad evitare stretti parametri nazionali, o sovrani, nell’identificare la regionalizzazione. In aggiunta al controllo della correlazione tra Stati nazionali e appartenenza ad una regione, dobbiamo anche esaminare quali gruppi, o classi di attori, siano coinvolti nei processi di integrazione. La chiave qui è la creazione di classi di alleanze transnazionali che integrano le élite, ma non la maggior parte della popolazione di un dato Paese;

c) l’ultimo avvertimento si riferisce all’accettazione di una falsa dicotomia riguardo al ruolo degli Stati nei processi di regionalizzazione. Gran parte della ricerca accademica si concentra sul fatto che l’organizzazione della produzione sia largamente basata all’interno delle aziende, che godono di enorme flessibilità, con gli Stati che svolgono un ruolo minimo o addirittura si limitano ad osservare. Fortunatamente, la maggior parte degli analisti adesso riconosce che, persino dove attori non statali svolgono il ruolo guida nella promozione dell’integrazione micro-regionale, le azioni e le decisioni degli Stati continuano ad essere significative.

Nel lavoro di Agnew è enfatizzato un abbozzo di idee simili, che si concentrano sulla graduale trasformazione dell’economia mondiale e i conseguenti cambiamenti spaziali a livello globale. “Questi dibattiti sono tutti molto opportuni, ma non trattano del cambiamento dell’economia globale e di come questo stia ridisegnando la mappa regionale del mondo. Da un certo punto di vista questo coinvolge il ritorno di un mosaico di economie regionali, organizzate largamente come le aree metropolitane, e bypassate dal diciannovesimo secolo da un sistema globale di economie nazionali.” Le intense connessioni tra le aree urbane in tutto il mondo ha acquisito sempre più rilevanza.

Concludendo questo interessante articolo sulle regioni e sulla regionalizzazione nel sistema mondiale, Agnew ci ricorda della “trappola territoriale” che è radicata nei processi di regionalizzazione che operano nel sistema internazionale. L’antica geografia si affidava largamente all’inserimento di unità nazionali in regioni compatte. Ma se l’emergente economia mondiale fosse formata da diversi centri, connessi tra loro, ma in contrasto con la categorizzazione in nette unità regionali nel contesto mondiale? Questo si basa sull’idea che l’economia mondiale acquisisca una nuova dimensione non solo dalle regionalizzazioni, che accadono in seguito alle politiche statali, ma anche da molte altre nuove forme di interazioni sociali ed economiche, che accadono in seguito al carattere sempre più globale dell’economia.

Le disposizioni regionali non sono mai del tutto razionali, né del tutto politiche. Esse si sviluppano a seconda dei fatti nel contesto mondiale, ma allo stesso tempo devono riflettere i pregiudizi, intellettuali e politici, di chi le ha originate. Ma finalmente i modi con cui le disposizioni regionali sono state inventate e imposte nel contesto internazionale stanno attraendo più attenzione. Ciò che resta è organizzare più soddisfacentemente la base filosofica delle nostre esplorazioni di queste disposizioni. La geopolitica critica, con la sua enfasi ontologica sulla costruzione spaziale, fornisce un’analisi sulla regionalizzazione. La parte seguente considera il nuovo raggruppamento economico dei Paesi BRICS ed esamina se i concetti e i processi discussi nella parte precedente siano rilevanti per comprendere meglio il raggruppamento.

 

I BRICS E LA REGIONALIZZAZIONE

“Il rafforzamento delle immaginazioni regionali e di quello dell’autorità politica oltre lo Stato-nazione dimostra anche il modo in cui l’organizzazione spaziale della politica – in riferimento alle costruzioni spaziali, alle rappresentanze e alle comunità immaginate – non sia soltanto un elemento del cambiamento politico in corso, ma piuttosto sembra essere anche uno dei suoi aspetti strutturali più impegnativi. Potrebbe quindi essere di cruciale importanza analizzare le logiche dello spazio che sono alla base delle forme emergenti di governance globale e, in questo contesto, delle nuove forme di regioni e integrazioni regionali. In particolare il riconoscimento dell’importante e persino formativo ruolo che svolgono le regioni nelle emergenti strutture di governance globale, o di “politica globale”, porta così direttamente al rifiuto della semplificazione del globalismo neoliberista e i racconti sull’equità globale come il risultato della globalizzazione, ma piuttosto sottolinea il fatto che le disparità politiche, sociali ed economiche possano essere rappresentate a un livello sempre più regionale piuttosto che nazionale.”

Seguendo il pensiero di Albert e Reuber sulla recente regionalizzazione a livello internazionale, si possono identificare tre criteri per l’organizzazione spaziale della politica: le costruzioni spaziali, le rappresentanze e le comunità immaginate. Applicando questi tre temi ai BRICS può essere dedotto che il raggruppamento sia una costruzione spaziale e il risultato di relazioni sociali, manifestate in un’attività economica sempre più crescente dovuta all’attuale fase di capitalismo globale neoliberista. La spazialità di queste relazioni sociali è la conseguenza di certe “etichette”, come il ripetuto utilizzo di termini come “economie emergenti”, “potenze in rampa di lancio” e “Paesi di ancoraggio”. Questi termini, come sostiene James Sidaway, tendono a mettere insieme questi Stati sulla base del loro simile livello di sviluppo. Egli spiega: “Negli ultimi anni sono state stabilite una grande varietà di altre comunità regionali di Stati, ampiamente inerenti alle caratteristiche del Weltgeist. Perciò vengono spesso descritte come risposte alla presunta ‘globalizzazione’ o come una caratteristica dell’ordinamento mondiale dopo la guerra fredda.”

Un importante aspetto della concezione delle regioni è che sono considerate di avere caratteristiche simili, o di essere omogenee, al fine di essere identificate come tali. Guardando alle somiglianze tra i Paesi BRICS, possono essere messi in evidenza due aspetti: 1) i BRICS sono delle potenze regionali nelle loro rispettive regioni e 2) gli Stati BRICS sono prodotti della recente fase della globalizzazione e dei suoi processi di alleanze. Il secondo aspetto si riferisce ai benefici e alla prosperità che i BRICS hanno maturato dopo la liberalizzazione delle loro economie – soprattutto la Cina, l’India ed il Brasile – e quindi, forse, presentano concetti simili della globalizzazione e dei suoi processi. Uno sguardo attento ai tassi di crescita del prodotto interno lordo dei Paesi BRICS dal 1990 (a eccezione della Cina, che ha iniziato a liberalizzare la propria economia dagli anni ottanta) rivela l’espansione della crescita che hanno ottenuto questi Stati. La figura 1 mostra la crescita economica ottenuta dai BRICS durante questo periodo. La recente fase di globalizzazione e liberalizzazione si è verificata approssimativamente alla fine della guerra fredda.

GDP-rate

I recenti tentativi di concettualizzare la regione hanno sottolineato il valore di connetterla con lo spazio ed il luogo. In tal modo gli Stati costituenti dei BRICS sono in grado di visualizzarsi in uno spazio unico grazie della globalizzazione. La sfera economica offre maggiori indicazioni sui processi di regionalizzazione dei BRICS: la tabella 1 mostra i crescenti scambi commerciali tra le nazioni dei BRICS negli ultimi due anni fiscali, 2011-2012 e 2012-2013.

 

tabella

Una rapida occhiata alle rappresentazioni spaziali a livello globale da una prospettiva regionale rivela che possono essere utili i collegamenti con lo studio sulle regioni in geografia. Ad esempio, Allen et alii considerano due principi per definire una regione. Il primo include un approccio fortemente relazionale all’idea di spazio e luogo, ovvero intende sia lo spazio che il luogo frutto delle relazioni sociali, che valgono solo per le nuove geografie regionali ma funzionano anche per plasmare le identità sociali e culturali. Il secondo principio riconosce che questi studi vengono condotti per uno scopo. C’è sempre un obiettivo specifico, che sia teoretico, politico, culturale o altro. Entrambi i principi di concettualizzazione dello spazio summenzionati sono applicabili al raggruppamento dei BRICS. Per i Paesi BRICS le categorie socio-spaziali rilevanti, prima della recente fase di globalizzazione, erano quelle del “Terzo mondo” (economie in via di sviluppo e Sud globale).

La nozione di spazio relazionale è presente nelle vaghe generalizzazioni che mettono in evidenza le divisioni geografiche del pianeta. Inizialmente si sforzavano di raggiungere i livelli di sviluppo occidentali, seguendo modelli simili di crescita, ma in molti casi queste categorie erano “le altre” del Nord globale, dell’occidente e del Primo mondo. Perciò vengono considerate delle categorie relazionali. L’attuale pensiero sulle economie dei BRICS riflette i riferimenti alla globalizzazione e si riferisce a loro come “ascendenti”, “emergenti” o “Paesi di ancoraggio”, denotando una nuova spazialità. Sidaway nello stesso articolo sostiene che queste categorie hanno molti motivi di esistere. Nel caso dei BRICS, i motivi sono rappresentati dal fatto che il termine “BRIC” fu concettualizzato da una grande banca d’affari. I BRICS erano un concetto analitico, una proiezione futuristica, una strategia d’investimento e un brillante acronimo prima ancora di diventare un raggruppamento di Stati. L’origine dei BRICS risiede nel tentativo della Goldman Sachs, una multinazionale banca d’affari statunitense, di prevedere il futuro percorso del capitalismo globale. Così, c’è uno scopo ben preciso dietro queste disposizioni di regionalizzazione. Inoltre, come sostiene Neumann prendendo spunto dall’analisi sulle regioni, “le norme e i discorsi costruiscono le regioni tramite processi istituzionalizzati e riflettono rapporti di forza asimmetrici.”

 

RAPPRESENTAZIONI GEOGRAFICHE/GEOPOLITICHE E I BRICS

Harvey spiega che la presenza di un’immaginazione geografica è connaturata nella vita umana e asserisce: “Questa ‘coscienza spaziale’ o ‘immaginazione geografica’ appare in diverse discipline. Architetti, artisti, designer, urbanisti, antropologi, storici, sociologi, politici, psicologi, ecologisti ed economisti, così come geografi, la utilizzano (…)” Inoltre richiama ad una combinazione tra l’immaginazione geografica e quella sociologica per capire meglio la realtà. “Le relazioni tra i processi sociali e lo spazio deve essere un prerequisito per una fondata ricerca su urbanizzazione, modernizzazione, diffusione, migrazioni, flussi internazionali di capitali, sviluppo regionale, sviluppo geografico impari, geopolitica e una serie di altri soggetti di considerevole importanza.”

Sebbene le rappresentazioni di Harvey si riferiscano al singolo, le sue immaginazioni geografiche possono essere ricondotte anche a livello nazionale, come testimoniato dal lavoro di Benedict Anderson intitolato Comunità immaginate (1938). Inoltre è possibile concepire queste comunità a livello internazionale, processo facilitato da un mondo globalizzato e un intenso flusso di informazioni, merci, idee e persone. “Parte della tesi sostenuta da Anderson può essere applicata per pensare a certe comunità internazionali, come la (re)invenzione dell’Europa come Unione Europea.” Questo non è sfuggito ad altri osservatori. Spiegandolo semplicemente, Andrew Hurrell dice: “Come le nazioni, anche le regioni possono essere viste come delle comunità immaginate, che poggiano su mappe mentali le cui linee evidenziano certi aspetti mentre ignorano altri.” Anche i BRICS sono una di queste immaginazioni geografiche, in cui gli Stati costituenti sono stati in grado di identificare le proprie relazioni e di forgiare un gruppo basato su certe caratteristiche comuni. Come sottolineato prima, grazie alla loro recente crescita economica, questi Stati sono stati etichettati come le “economie emergenti”, “Paesi di ancoraggio”, ecc ecc.

Un altro aspetto significativo, che lega i Paesi del BRICS, è il fatto che rappresentino delle potenze nelle rispettive regioni. L’India è una potenza regionale nell’Asia del Sud, la Cina nell’Asia orientale e centrale, il Brasile nell’America del Sud, la Russia gode ancora di un considerevole prestigio nell’Europa orientale e il Sud Africa è indubbiamente una potenza regionale nell’Africa meridionale. Grazie a questi tratti comuni, tra questi Paesi c’è l’impressione che stiano attraversando percorsi di sviluppo e di crescita simili. Il che li porta a negoziare sulle questioni ambientali insieme, sia attraverso il G-77, il G4 o l’IBSA che tramite i vari forum delle Nazioni Unite (WTO, UNEP, COPs e CBDs). Tuttavia, la Russia è esclusa da queste discussioni a causa dell’alto livello di sviluppo che ha conseguito in confronto agli altri Paesi BRICS. Il riconoscimento di questi aspetti comuni crea, a sua volta, terreno comune per gli Stati membri per forgiare il raggruppamento e distinguerlo da entità simili, in questo caso, l’Occidente. Questo tipo di discorsi possono essere espressi almeno teoricamente, “ogni forma di attività sociale definisce il proprio spazio.” Quindi, nel caso dei BRICS, l’attività sociale dominante è la recente fase di globalizzazione. Il BRICS è ancora un raggruppamento unico per le qualità menzionate sopra, ma si tratta sempre di Stati situati in posti disparati nel mondo.

Harvey insiste ulteriormente sulla questione dell’impatto della globalizzazione sulle varie immaginazioni dello spazio, “La globalizzazione (comunque venga interpretata) ha forzato tutti gli assestamenti possibili di come l’immaginazione sociologica (se ancora questo tipo di concetto possa essere ritenuto adatto) possa funzionare. Non può, per esempio, permettersi di ignorare le basi dell’economia politica, né può proseguire se le questioni delle differenze nazionali e locali, le relazioni spaziali, la geografia e l’ambiente non vengano tenute in debita considerazione.” In questo modo la globalizzazione ha plasmato la spazialità, grazie alla propria natura pervasiva, e questa spazialità viene riflessa nel modo in cui i BRICS sono stati formulati come raggruppamento geopolitico. Queste riflessioni sono in linea con la “immaginazione geopolitica” spiegata da John Agnew definendo le teoria della geopolitica tradizionale.

Osservando la teorizzazione geopolitica di figure del calibro di Halford Mackinder, Mahan, Haushofer e Spykman, Agnew etichetta tali tentativi come immaginazione e visualizzazione geopolitica e suggerisce che siano una caratteristica distintiva della modernità, che viene esemplificata da due elementi: 1) che il mondo venga visto come un’immagine, come un tutto ordinato e strutturato, separato dall’individuo che osserva, e 2) il mondo raffigurato oltre l’orizzonte è fonte di caos e pericolo. Se la diffusione geografica dei Paesi BRICS è un’indicazione, essi sono un’entità geopolitica nel modello geopolitico tradizionale. Un’attenta indagine sulle dichiarazioni al summit dei BRICS conferma questa nozione, visto che i rapporti al termine di ciascuno dei sei summit tenutisi finora ha esposto una graduale evoluzione verso l’inclusione della sicurezza come interesse vitali dei BRICS. Il primo summit a Yekaterinburg nel 2009 ha elencato come tematiche principali la crisi finanziaria globale, i problemi ambientali globali, la riforme delle istituzioni finanziarie globali, la sicurezza energetica, il terrorismo e la protezione dei diritti umani. Facendo un salto in avanti al quinto summit dei BRICS a Durban e alla dichiarazione di eThekwini, le affermazioni hanno dei forti e chiari intenti geopolitici. Iniziando dall’invito alla pace globale e alla sicurezza nei rapporto 1 fino a 21, 22, 24 e dal 26 al 33, l’intenzione è quella di rivolgersi alle questioni che vanno dal ruolo delle Nazioni Unite nell’assicurare la pace e la sicurezza internazionale al terrorismo internazionale, passando per il ruolo delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace in Africa, la situazione di sicurezza in Siria, la Palestina, la questione nucleare iraniana, l’Afghanistan, il Mali e la Repubblica Democratica del Congo. Il sesto summit a Fortaleza, in Brasile, nel 2014, è stato più esplicito nel chiarire la natura geopolitica del raggruppamento. La posizione geografica dei Paesi BRICS consente loro di avere una portata globale, il che combacia alle tradizionali teorie geopolitiche di “heartland” e “rimland”. Una breve spiegazione chiarirà il sospetto che i BRICS potrebbero essere un’immaginazione geopolitica con il potenziale di un progetto geo-strategico globale. I concetti di heartland e rimland, si presume, furono parte di un piano geo-strategico di contenimento degli Stati Uniti durante la guerra fredda. I Paesi costituenti dei BRICS abbracciano quattro continenti. La Russia è presente sia in Europa che in Asia ed è sempre più in crescita il movimento che supporta l’idea di eurasiatismo/neo-eurasiatismo in seguito alla guida del pensatore geopolitico Alexander Dugin. La heartland è puramente eurasiatica per quanto riguarda la sua espansione geografica. La Cina include la rimland, il concetto che indica gli Stati della costa della più ampia massa territoriale che si estende dalle coste dell’Europa occidentale alla penisola di Kamchatka nella parte nord-orientale della Russia. Il terzo componente asiatico del BRICS è l’India, anch’essa parte del rimland. Questa troika (Russia, Cina e India) domina geograficamente la più grande massa territoriale continentale sulla terra, grazie alle loro dimensioni (rispettivamente prima, quarta e settima in termini di espansione in chilometri quadrati). Le capacità militari russe sono ancora formidabili dopo il crollo dell’Unione Sovietica, mentre India e Cina sono state i più grandi acquirenti di attrezzatura militare e difensiva nel 2012 con l’India responsabile del 12% globale delle importazioni di armi e la Cina del 6%, che è stato aggiunto alle sue già consolidate capacità militari.

Il Sud Africa utilizza il suo preminente status nel continente africano per mediare e facilitare l’investimento per l’estrazione delle risorse e lo sviluppo, come al quinto summit dei BRICS nel marzo del 2013, quando molti governi africani sono stati invitati a interagire con i rappresentanti dei Paesi della coalizione. Il Sud Africa si vede come porta d’ingresso per il continente africano. Il summit stesso fu battezzato “BRICS e Africa: partnership per lo sviluppo, integrazione e industrializzazione” per attirare investimenti nei campi dello sviluppo e dell’industrializzazione in Africa. Al summit sono stati anche annunciati piano di investimento nel continente. L’Africa guida la classifica dei maggiori compratori di armi in Africa ed esercita grande influenza negli affari del continente, così come il Brasile. Questi due Stati non sono marginali nella geopolitica globale e hanno svolto un ruolo importante nei dibattiti sulla questione ambientale globale, con una certa influenza nelle questioni di diplomazia multilaterale.

Il Brasile e il Sud Africa, i componenti BRICS dell’emisfero meridionale, fanno parte del progetto geopolitico di “Outer or Marginal Crescent” di Mackinder, mentre fanno parte delle “Tre isole” nella terminologia di Spykman. In entrambi i sistemi geopolitici a questi due Stati BRICS è concesso uno status marginale. Il Brasile si classifica in quinta posizione come espansione territoriale e il Sud Africa venticinquesimo. Un importante aspetto dei due Stati è che dominano i rispettivi continenti in termini di capacità militari e di influenza. Possono quindi essere considerati tranquillamente come gli Stati più potenti nelle rispettive regioni. Il sesto summit dei BRICS a Fortaleza, in Brasile, si è tenuta dal 14 al 16 luglio 2014. Il tema scelto per il summit è stato “La crescita inclusiva: possibili soluzioni.” A Brasilia, il 16 luglio, si è tenuta una sessione lavorativa tra i leader dei BRICS e i capi di Stato e/o i governi dei Paesi del Sud America. I dialoghi tra i leader dei BRICS e le controparti sudamericane riflette la priorità accordata ai Paesi in via di sviluppo nella strategia della coalizione. Questo aspetto è in accordo con la strategia geopolitica dei BRICS di raggiungere lo status di piattaforma alternativa per le economie emergenti. Il maggior risultato del summit dei BRICS nel 2014 è stato che “il summit ha adottato la Dichiarazione di Fortaleza e il Piano d’azione, l’accordo sulla Nuova banca di sviluppo (Nbs), il trattato per lo stabilimento di un contingente di riserva (CRA) e gli accordi tra le banche di sviluppo dei BRICS e le agenzie di Credito all’esportazione.” Il CRA è una linea difensiva addizionale per i BRICS in caso di difficoltà nella bilancia dei pagamenti. La Nbs finanzierà l’infrastruttura e progetti di sviluppo sostenibile.

Quindi si può affermare che, da una prospettiva geopolitica tradizionale, i BRICS si stiano posizionando strategicamente di fronte all’Occidente. Il relativo isolamento geopolitico degli Stati Uniti è forse minacciato dalla posizione del Brasile nell’emisfero occidentale e in Sud America, sotto gli USA. Inoltre, l’evidente impegno cinese all’interno dei BRICS crea una situazione finora sconosciuta nel tradizionale pensiero geopolitico.

 

CONCLUSIONE

Il pensiero dominante sulle regioni nel campo della geografia è che esse presentano un certa omogeneità attraverso tratti e caratteristiche comuni e, in certi casi, collegamenti funzionali in forma di nodi e reti. Tuttavia, molti studiosi evidenziano che c’è stata un’accettazione imperfetta del concetto di regione, poiché in molti casi la concettualizzazione della regione è stata solamente frutto di certe date nozioni che esistevano nella mente delle persone. Negli anni settanta ed ottanta, in linea con la tendenza generale delle scienze sociali, lo studio delle regioni, del regionalismo e della regionalizzazione ha anch’esso adottato gli strumenti e i metodi del costruttivismo sociale. La tendenza è continuata con l’emergere del nuovo regionalismo che seguì la disintegrazione dell’Unione Sovietica ed il graduale inserimento del capitalismo neo-liberista globale nel sistema economico mondiale.

Alcuni studiosi hanno ulteriormente sviluppato i temi trattati prima sottolineando l’importanza di comprendere il mondo attraverso la presenza di reti territoriali, assemblaggi globali e città collegate tra loro. Questo aspetto è stato evidenziato dalla realizzazione che gli spazi in generale e le regioni in particolare sono più chiari attraverso la comprensione relazionale dello spazio. L’approccio relazionale verte sulla premessa che le relazioni sociali, politiche ed economiche creano assemblaggi che non sempre potrebbero essere conformi alle nozioni territoriali della nazione e delo Stato, potendo unirsi a qualsiasi livello. Nel sistema internazionale le regioni rimangono nella concezione territoriale piuttosto che quella relazionale, visto che sono costituite da gruppi di Stati con una configurazione territoriale. Tuttavia, nel caso dei BRICS, l’aspetto relazionale della regionalizzazione è espresso dal fatto che i BRICS si vedono uniti nel mondo globalizzato anche se non sono contigui territorialmente. La sottostante natura relazionale dei BRICS è dovuta al fatto che sono un prodotto della globalizzazione e sono delle potenze nelle loro rispettive regioni. Questo immaginario geopolitico è scaturito in una regionalizzazione strategica per i BRICS, vis-à-vis all’Occidente, perché l’elemento relazionale che definisce i BRICS è il fatto che recentemente sono diventati capaci di provvedere alla governance globale del mondo in via di sviluppo.

La formazione di una Nuova banca di sviluppo per fornire prestiti al mondo in via di sviluppo con condizioni meno stringenti rispetto all’Fmi e alla Banca mondiale, oltre allo stabilimento di un contingente di riserva (CRA) per i tempi di crisi, ha permesso ai BRICS di sfidare l’Occidente. Nel lungo termine è possibile che la banca dei BRICS possa fornire ai Paesi in via di sviluppo l’infrastruttura di cui hanno bisogno. Tuttavia il successo di queste iniziative dipende dalla competitività vis-à-vis con le stabilite istituzioni occidentali e dall’inclusività nel prendere le decisione all’interno dei BRICS, perché al momento l’influenza cinese è enorme su tutte le istituzioni della coalizione, che in parte è il risultato dei massicci investimenti cinesi nel finanziamento di queste istituzioni. C’è anche la possibilità di minare la struttura dei BRICS a causa della recente creazione della Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIB), nuovamente sotto la tutela cinese, che è stata approvata e aderita da molti Paesi europei, inclusi il Regno Unito, la Francia e la Germania, le tre più grandi potenze europee.

In severi termini geopolitici i BRICS sfidano l’Occidente attraverso la presenza di Paesi della coalizioni in tutti i continenti del mondo. La Russia, grazie alla sua enorme dimensione, è presente sia in Europa che in Asia; la Cina è la potenza regionale in Asia; e i tre Stati di India, Sud Africa e Brasile sono potenze regionali rispettivamente in Asia meridionale, Africa e Sud America. E’ tramite questa decostruzione geopolitica che i BRICS possono essere compresi come un forte raggruppamento geopolitico. L’immaginazione geopolitica è possibile attraverso la concezione relazionale dello Stato.

Kishnendra Meena

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AUTORE

Dr. Krishnendra Meena è un ricercatore universitario in geografia politica al Centro per la politica internazionale, l’organizzazione e il disarmo (CIPOD), Scuola di Studi Internazionali alla Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi dal 2004. Il suo dottorato di ricerca era sulla “Geopolitica britannica nella regione Sud-atlantica”, che ha concluso nel 2012. Nel 2009, ha frequentato un programma di formazione avanzato, Managing Global Governance-5 all’Istituto di sviluppo tedesco a Bonn, in Germania. Durante i mesi di novembre e dicembre del 2012 è stato professore invitato al BRICS Policy Centre di Rio de Janeiro, in Brasile. I suoi argomenti di ricerca includono la geopolitica critica, le frontiere, il BRICS e la regione indio-pacifica. Al CIPOD, Krishnendra insegna geografia politica, geopolitica e politica e oceani.

Meena, K., “Regions, Regionalization and BRICS,” R/evolutions: Global Trends & Regional Issues, Vol 3, No. 1, 2015, (ISSN: 2449-6413), pp. 18-42.

Traduzione per il CESEM di Nebojsa Radonic.

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