“La Repubblica Popolare Cinese e il Tibet”, progetto di ricerca CeSEM
Il primo giorno di settembre del 2014, l’agenzia di stampa Xinhua batteva il seguente dispaccio: Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet sudoccidentale della Cina, ha ricevuto un numero record di 1,4 milioni di turisti nel corso dello Shoton Festival di questo anno che si è concluso domenica. L’evento di una settimana, considerato la seconda più importante festa tibetana, ha visto un aumento del 16% dei visitatori nazionali ed esteri rispetto all’anno precedente, ha detto Nyima Cering, che dirige l’ufficio organizzazione del festival. Gli ospiti – ha detto – hanno portato 378 milioni di yuan (circa 61,5 milioni dollari) in entrate dal turismo, in crescita del 32 per cento anno su anno.
Lo Shoton Festival non è che una delle feste che si celebrano in Xizang: sia essa tenuta sull’intero territorio della regione autonoma del Tibet oppure festeggiata localmente, sull’altopiano praticamente ogni mese, quando c’è la luna piena o la luna nuova (1), c’è una festa. I giorni di festività in Xizang sono parte importante ed integrante dell’interazione sociale e si tengono in concomitanza con particolari giorni del calendario tibetano, basato sul ciclo lunare che, paragonato a quello gregoriano occidentale, resta indietro di circa un mese.
Come in altre civiltà e comunità asiatiche, il Capodanno, tra tutte le feste, occupa un posto di rilievo nel calendario. Esso segna un momento di passaggio, un nuovo periodo si inaugura sotto gli auspici di rinnovamento e prosperità futura mentre uno si chiude e viene lasciato alle spalle. In Xizang, l’inizio del nuovo anno, in tibetano Lo-sar (lo, anno, era; sar, nuovo) nella traslitterazione Wylie (2), è la festa più importante ed i festeggiamenti si estendono per 15 giorni. L’etimologia della parola testimonia come l’agricoltura fosse anticamente determinante nella vita del popolo tibetano: un’unica parola tibetana, lo, significa, al contempo, anno e raccolto. Ancora nel Tibet moderno si distinguevano l’antico Anno Nuovo degli Agricoltori (so-nam lo-gsar), che si celebrava al decimo o undecimo mese lunare, dall’Anno Nuovo del Re (rgyal-po lo-gsar) che cade, invece, nel primo mese e che, è stato introdotto posteriormente dai Mongoli (3). Il so-nam lo-gsar, il Capodanno degli agricoltori, si celebra ancora in talune città come Shigatse, seconda città per importanza dopo la capitale Lhasa e maggior area di produzione cerealicola dello Xizang. Qui, nella parte orientale dell’altopiano, la prima settimana del dodicesimo mese (intorno al nostro mese di gennaio) quando le temperature si spingono una decina di gradi al di sotto dello zero, differentemente dalle tradizioni di Lhasa, i residenti celebrano la venuta del nuovo anno lavandosi i capelli dopo aver pulito le loro case e disegnano sul muro gli otto simboli di buon auspicio del buddismo (4), perché tradizione vuole che questo rituale porti benefici alle famiglie degli uomini dai capelli neri e lucidi. La vigilia di Capodanno si tiene la cerimonia per scacciare gli spiriti maligni dell’anno appena trascorso. All’alba del giorno di Capodanno i giovani e le donne si alzano e, vestiti a festa, alcuni di loro salgono sulle colline per appendere nuove bandiere di preghiera per il villaggio mentre monaci ballerini e abitanti dei villaggi ballano danze rituali accompagnati dal suono dei tamburi. Ci informa il tibetologo Rolf Stein che il so-nam lo-gsar è accompagnato da un’usanza degna di nota, quella che vuole che per alcuni giorni i servitori non lavorino, siano riccamente vestiti e trattati con rispetto dai loro padroni dai quali ricevono doni e inviti a banchettare con loro in una sorta di rappresentazione di un carnevale della Cina antica (Da Nuo), il mondo alla rovescia, che caratterizza il periodo ambiguo che governa il passaggio tra i due anni; nel ciclo delle epoche cosmiche, kalpa, infatti, la fine dell’epoca attuale sarà segnata dal rovesciamento delle strutture riconosciute dalla società, e in particolare dal fatto che i servi comanderanno sui padroni (5).
Per quanto riguarda il Nuovo Anno del Re, invece, il centro di attrazione è, senza dubbio, la capitale della Regione Autonoma del Tibet, Lhasa, che per l’occasione si veste di colori e offre attrazioni. Il festeggiamento del Losar precede l’avvento del buddhismo in Tibet, e può essere datata al periodo pre-buddhista Bön, durante il quale ogni inverno veniva tenuta una cerimonia spirituale nella quale il popolo offriva grandi quantità di incenso agli spiriti ed alle divinità protettrici locali, in modo da ottenerne il favore. Solo successivamente questo festival religioso si evolse in una festività buddhista annuale, originatasi secondo le credenze durante il regno di Pude Gungyal, il nono re del Tibet. Si dice che la festa sia nata quando una vecchia donna di nome Belma introdusse il conteggio del tempo basato sulle fasi della luna. Gli scritti cinesi del XVIII secolo, con riscontro nei racconti dei missionari della stessa epoca, descrivono cosa avveniva nella città sacra: i commercianti interrompono gli affari per tre giorni; ci si scambiano doni di tè, di alcolici e di frutta. […] Il quindicesimo giorno della prima luna, si erige nel Gran Jo (Jo-Khang, n.d.A.) un’impalcatura di legno di diversi piani, sulla quale si appendono migliaia di lampade e si pongono statuette di tutti i colori, modellate in burro e farina: uomini celebri, draghi e serpenti, uccelli e quadrupedi. […] A seconda che il cielo sia coperto o sereno, che piova o nevichi, che le lampade abbiano una luce vivida o fioca, si fanno presagi sul raccolto. Il diciottesimo giorno si riunisce un esercito di tremila uomini, cavalieri e fanti: rivestiti delle loro armature e imbracciando le armi, questi fanno tre volte il giro del Jo-Khang e si dirigono poi a sud del Ponte di Turchese, da dove lanciano colpi di cannone. Dicono che è per cacciare i demoni (6). Oggigiorno, il Losar rappresenta il culmine degli afflussi turistici sull’altopiano per quel che riguarda i visitatori provenienti dalle altre regioni della Repubblica Popolare Cinese (7). A Lhasa si può assistere a giorni di attività colorate con tibetani che si aggirano per le strade della città ben vestiti e durante i quali, secondo la tradizione di lunga data, i pellegrini offrono incensi mentre i turisti e i visitatori possono assistere a performance drammatiche e danze rituali. Uno degli spettacoli più belli della tradizione teatrale è il Cham, o teatro delle danze sacre introdotte in Tibet nel VIII secolo e da allora le danze vennero rappresentate secondo un rituale che rimase praticamente immutato fino al XVI secolo quando ogni monastero ne diversificava alcuni particolari per distinguersi dagli altri. Questo il motivo della presenza di grande varietà tra danze cham che si tingono di variegate sfumature secondo la setta del monastero che le ospita e inscena l’occasione religiosa, la regione di esecuzione e le tradizioni del luogo. I viaggiatori di epoca vittoriana li definirono, con vena di disapprovazione, danze demoniache. Si tratta, in realtà, di una rappresentazione dei misteri sacri volta a proteggere, aiutare, guidare, far meditare tutti gli uomini: le danze vogliono ricordare l’ineluttabilità della morte, la transitorietà dell’anima e il ciclo naturale delle rinascite. Inoltre, non meno importante, le maschere vogliono abituare i fedeli alla vista di alcune divinità già durante la vita terrena in modo che non rimangano terrorizzati vedendole dopo la morte. In quasi tutte le rappresentazioni Cham vi è un certo numero di personaggi fissi, i costumi sono ampi, morbidi e colorati, confezionati con broccati e sete pregiate. Le danze in maschera non hanno parole ma sono accompagnate dalla musica; i passi di danza, lenti e dal grande significato simbolico, sono fissati e codificati nei minimi particolari mentre la compagnia viene diretta da un monaco che assume le funzioni di direttore di danza collocandosi al centro della scena impugnando un bastone avvolto in nastri. L’ordine con cui le maschere entrano in scena, i passi ed i gesti, corrispondono ai diversi momenti di cui si compone la pantomima, indicati in una sorta di libretti, cham-yig (8). Il danzatore si identifica con la sua vera natura di divinità tantrica, che rappresenta la dignità umana nella sua espressione più perfetta. Il Cham si svolge, tradizionalmente, in ambito monastico e ha lo scopo di purificare l’ambiente (gli elementi di acqua, terra, spazio, fuoco e aria che lo compongono) e di guarire gli esseri che lo abitano. La maggior parte delle danze rituali viene eseguita pubblicamente nei cortili dei monasteri davanti a un gran pubblico che, talvolta, giunge da luoghi distanti settimane o mesi di cammino. Tutte le fasi del cham sono scandite dal suono di un’orchestra monastica, la cui composizione può variare da cinque-sei elementi a oltre una ventina. Se per i visitatori questa danza è niente più che un affascinante spettacolo danzante e pittoresco, questa arte rituale fa parte dell’addestramento interiore del praticante e comprende anche meditazioni, visualizzazioni ed elaborate tecniche di concentrazione tanto da poterlo considerare una sorta di meditazione in movimento. Per suo tramite il danzatore, aiutato dalla musica, da apposite preghiere e dal simbolismo dei costumi che indossa, entra in un rapporto diretto con la divinità che rappresenta. Infatti ogni danzatore esegue la danza di un ben preciso personaggio del pantheon tantrico e con esso stabilisce un legame profondo. Il monaco, grazie al potere del cham, “diventa” la divinità stessa, ci si identifica completamente e, tramite questa identificazione, ne acquisisce le qualità fondamentali raggiungendo così una superiore consapevolezza spirituale: è in questo stato mentale completamente purificato e trasfigurato che deve danzare.
Tre giorni dopo i festeggiamenti per il nuovo anno, si tiene il Monlan Chenmo, la festa della grande preghiera: i migliaia monaci dei tre monasteri di Lhasa (Sera, Drepung e Ganden) si raccolgono in assemblea con lo scopo principale di pregare per la lunga vita di tutti i santi guru di tutte le tradizioni, per la sopravvivenza e la diffusione del Dharma nella mente di tutti gli esseri senzienti, e per la pace nel mondo. Le preghiere comuni, offerte con forte fede e devozione, aiutano a superare gli ostacoli alla pace e a generare condizioni favorevoli per vivere tutti in armonia. Considerata il più grande evento religioso dello Xizang, questa festività è stata introdotta nel lontano 1409 nel monastero di Ganden dal Lama Tsongkhapa per commemorare il Buddha Sakyamuni che, sfidato in una gara di miracoli da sei rappresentanti delle grandi scuole dell’Induismo, li sconfisse e li fece convertire al buddismo. Il giorno dei miracoli è un giorno di buon auspicio per la preghiera e la pratica in quanto si ritiene che i risultati karmici di azioni positive si moltiplichino in modo esponenziale.
Intanto, nel mese di marzo, ad est di Lhasa scoppia la primavera in uno spettacolo unico al mondo. Dopo aver assistito ai frenetici e colorati giorni di feste nella città principale dello Xizang, un aereo della Tibetan Airlines può portarvi in meno di un’ora di volo nella zona di Nyingchi (9), il trono del sole, conosciuta anche come Linzhi: qui lo spettacolo è offerto dalle montagne colorate dai fiori di pesco in quella che viene considerata la più bella primavera di Cina: un panorama meraviglioso allo sguardo affascina i visitatori che possono assistere anche a corse di cavalli, gare di tiro con l’arco e rappresentazioni artistiche.
La prefettura di Nyingchi è considerata il nuovo centro di sviluppo del turismo in Xizang, dal momento che il Governo centrale di Pechino sta spingendo per sviluppare attrattive turistiche nella zona sud-est dell’altopiano attraverso un piano che coltivando l’industria dei viaggi di fascia alta, trasformerà il sudest del Tibet in un nuovo biglietto da visita del turismo tibetano (10). Cai Jiahua, segretario della commissione di partito della contea di Nyingchi, ha affermato che quando si viaggia verso il Tibet adesso, si pensa a Lhasa e al Potala. Speriamo che in un futuro, le persone vadano anche a Lulang oltre che in questi due posti perché Nyingchi appare differente dalle altre zone dello Xizang. Al fine di raggiungere questo obiettivo, la provincia di Guangdong ha stanziato e investito più di 400 milioni di yuan per sviluppare il settore turistico di questa regione a 400 chilometri da Lhasa e vicino ai confini l’India.
A primavera inoltrata il cielo è generalmente sereno, l’aria limpida e il clima asciutto, le temperature medie cominciano a salire di qualche grado mentre possiamo tornare nella prefettura della città della luce, Lhasa, per godere della festa che ricorda la nascita del Buddha Sakyamuni, ricorrenza che cade il settimo giorno del quarto mese lunare. Secondo la loro tradizione, sul punto di morte, Sakyamuni avrebbe incaricato uno dei suoi seguaci di non onorarlo solo con fiori, incenso e luci dopo la sua morte, ma sforzandosi di seguire i suoi insegnamenti di vivere una vita nobile e di essere gentili e compassionevoli. Egli ha esortato la gente a non piangere sulla sua morte, ma a ricordare che tutti gli oggetti composti come il corpo umano devono, infine, disintegrarsi. In vari paesi buddhisti, si festeggia la festa in modi e in giorni diversi come nel monastero di Ganden, Reting e Samye. Famoso è l’evento che si tiene al monastero di Tsurphu, 70 chilometri da Lhasa, sede tradizionale del Karmapa, capo del lignaggio Karma Kagyu del Buddhismo tibetano, dove tra il nono e l’undicesimo giorno del quarto mese lunare i monaci si esibiscono nelle danze Cham e un grande stendardo, thangka, viene srotolato e mostrato.
In questi giorni, un gran numero di pellegrini giunge fino ai piedi del Potala per rendere omaggio per Saga Dawa, il quindicesimo giorno del quarto mese lunare (maggio-giugno), giorno di luna piena, in cui nella capitale della Regione Autonoma si festeggia la nascita, l’illuminazione e il nirvana di Sakyamuni riempiendosi di fedeli che animano il Jokhang e camminano lungo il circuito del Lingkhor rivolgendo devote preghiere al Buddha. Altri, invece, prendono la via del Monte Kailash, vetta sacra, dove il vecchio pennone della preghiera, alto palo a cui sono appese migliaia di bandiere di preghiera multicolori, è deposto e quello nuovo è presentato. Ogni bandiera rappresenta una preghiera che qualcuno vuole soddisfatta. Le bandiere sono lasciate volare in aria mentre una tradizione vuole che, se il palo non è posizionato bene in verticale, significa che il Tibet è in difficoltà.
A giugno comincia il periodo migliore per arrivare in Tibet dal momento che ha inizio la stagione più calda: le massime arrivano a superare, in media, i 22° mentre le minime si aggirano intorno ai 10°. Tra il quindicesimo e il diciottesimo giorno del quinto mese del calendario tibetano, è opportuno spostarsi verso Gyantse, la terza città per grandezza dello Xizang, facilmente raggiungibile perché attraversata dalla cosiddetta Autostrada dell’Amicizia, la strada che congiunge la Cina a Katmandu in Nepal. Famosa per Kumbum, stupa dalla magnifica architettura poso all’interno del Monastero di Palkhor Choide, ospita la festa della corsa dei cavalli, evento che, si dice, sia iniziato sotto forma di gara di atletica nel XV secolo. Nella piana fuori della città, una tendopoli ogni anno ospita gli abitanti dei villaggi della regione che arrivano per i festeggiamenti, gli atleti e gli artisti competono, si divertono e godono dei colori dei fiori che in questo periodo dell’anno sbocciano sulla pianura verde; i divertimenti e i giochi includono anche la corsa degli yak, il tiro con l’arco ed eventi equestri che richiamano numerosi visitatori da ogni parte dell’altopiano e della Repubblica Popolare, motivo per cui il Governo centrale di Pechino, al fine di sfruttare al meglio le potenzialità turistiche della ricorrenza sta cercando di fissare una data precisa in relazione al calendario gregoriano. Nell’occasione, al tramonto, viene srotolato un thangka vecchio di circa 500 anni. Dopo aver partecipato ai giochi di Gyantse, si può prendere la via per Shigatse non prima, però, di essersi spinti verso est, dopo un viaggio di circa otto ore che porta a Lhoka, nella parte sudorientale dell’altopiano. Qui, il decimo giorno del quinto mese, si tiene la festa del monastero di Dorje Drak, dove si può assistere alla performance dei monaci in danze Cham.
La destinazione successiva è, come detto, Shigatse, la seconda città dello Xizang. Dal quattordicesimo al sedicesimo giorno del quinto mese il monastero di Tashilhunpo, fondato nel 1447 dal primo Dalai Lama Gendun Drup, diventa scena per tre giorni di festa conosciuti anche come festa dell’esibizione del Buddha che vede il proprio culmine nel raggiungere il suo culmine nel momento in cui viene svelato un enorme thangka di circa quattro piani di altezza issato su una torre dietro il monastero.
Il quindicesimo giorno del mese, a fine giugno circa, in tutto lo Xizang si accendono incensi perché tradizione vuole che gli spiriti maligni si aggirino in cerca di un uomo da conquistare; se lo spirito di questi è, però, felice, l’entità maligna non riesce a prenderne il possesso ed è per questo motivo che si fa festa e i tibetani si vestono con gli abiti migliori.
Il sesto e il settimo mese del calendario tibetano, luglio-agosto, risentono dell’influenza dei monsoni che si manifestano con cielo coperto e piogge di intensità variabile, gli annuvolamenti riducono la visibilità delle montagne della catena himalayana ma l’altopiano assume un aspetto verdeggiante. È la stagione del lavoro nei campi e non mancano anche in questo periodo le feste. Facciamo in modo di essere a Lhasa il quarto giorno del sesto mese per presenziare alla festa che celebra il primo sermone di Buddha a Sarnath, vicino Varanasi, in India. Centro dell’attenzione è il monastero di Drepung: alcuni pellegrini risalgono il Gambo Utse, monte che sovrasta l’edificio religioso, mentre altri bruciano incenso di ginepro.
Il decimo giorno, invece, si animano i monasteri Nyingmapa, i monaci dal cappello rosso, il più antico dei quattro lignaggi del buddismo tibetano, per l’anniversario della nascita di Guru Rimpoche, il prezioso maestro, venerato come secondo Buddha. Altro lignaggio è quello della scuola Gelug, la scuola dei berretti gialli, che il quindicesimo giorno del sesto mese celebrano la festa del monastero di Ganden che si trova a trentasei chilometri da Lhasa, ad una quota di 4750 metri sul livello del mare: qui vengono mostrate ai fedeli le venticinque reliquie più sacre solitamente tenute rinchiuse. Appena fuori dalla capitale, il monastero di Drepung festeggia il trentesimo giorno con i monaci che si esibiscono nel cortile principale ma l’evento principe del periodo è senza dubbio lo Shoton, il banchetto dello yogurt, che si tiene nella stessa capitale nella prima settimana di agosto, il settimo mese del calendario tibetano, evento che attrae più di un milione di visitatori e turisti. Il nome di questa festa proviene dal fatto che, tradizionalmente, dopo che il monaco ha praticato l’ascetismo, la sua famiglia lo saluta con formaggio, danze e canti. La festa dura molti giorni nei quali gli splendidi giardini del Norbulingka (complesso il cui nome in tibetano significa giardino del tesoro, a 4 chilometri dal Potala, occupa un’area di 360.000 metri quadrati, inserito nella lista dei beni dell’umanità dell’UNESCO nel 1994) sono pieni di gruppi di persone che si divertono protette dal vento, tra pareti sospese ricoperte da tappeti allegramente colorati e cotone stampato mentre i falò sono comuni durante le ore notturne. Il Festival Shoton è diventato una celebrazione globale capace di influenzare la cultura dello Xizang dal momento che si tratta di una grande occasione sia per i tibetani che per i turisti, un momento di scambio, concorsi, spettacoli e intrattenimento; assistere al festival offre ai visitatori una sensazione speciale e un’occasione per conoscere il Tibet e la sua cultura: nel parco della vecchia residenza estiva del Dalai Lama, i visitatori si riuniscono per festeggiare mangiando yogurt e guardare le opere tibetane ogni anno eseguono nel Norbulingka varie rappresentazioni che durano tutto il giorno con suoni contrastanti di cembali, campane e tamburi (11). È il Lhamo, parte integrante della festa e della cultura dell’altopiano, espressione artistica dal carattere secolare le cui rappresentazioni si basano su racconti completi tratti dalla storia, leggende, racconti e biografie: originato nel Tibet centrale, potrebbe essere stato tratto da fonti come spettacoli cerimoniali del periodo imperiale tibetano (VII – IX secolo), canti e danze locali e il dramma buddista indiano (12). Queste opere costituiscono un repertorio e una decina di copioni la cui rappresentazione è un evento apprezzato dal popolo che, in linea di massima, si divide in tre parti: un’introduzione (o cerimonia purificatrice), l’opera propriamente detta e una cerimonia conclusiva. Il lhamo non è mai diviso in atti e a legare i vari momenti dell’azione vi è un narratore che riassume quanto si è visto e annuncia ciò che sta per accadere. Ogni personaggio si esprime con una propria melodia e viene talvolta accompagnato dagli altri.
La musica guida l’azione scenica mentre si alternano il canto narrativo, la canzone dialogata e la musica strumentale (13). La musica del Lhamo può essere considerata come la musica classica dell’altopiano tibetano anche se molta di questa produzione è andata perduta. Una volta, il Tibet conosceva molti generi musicali e antiche tradizioni che si sono perse. Influenzata dalle tendenze provenienti dall’India e da altre aree d’Occidente come Siria, Grecia e Afghanistan (14), la musica tibetana, come del resto quasi tutto nello Xizang, può dividersi senza alcuna difficoltà in due categorie, quella profana e quella sacra, e viene suonata con strumenti quali il liuto tibetano (dranyen), la viella a due corde (piwang), e il flauto traverso.
Ma l’opera tibetana non si conclude soltanto nel repertorio della tradizione. Con lo sviluppo del suo turismo, la vita di intrattenimento a Lhasa è progressivamente arricchita. Oltre a ristoranti e bar, ora ci sono ancora più opzioni di intrattenimento per i turisti affamati di cultura: quando scende la notte, infatti, teatri di Lhasa cominciano a riempirsi per straordinari spettacoli come La felicità sulla strada (15) e Himalaya. La felicità sulla strada è una performance su larga scala che offre una fusione tra la canzone popolare tibetana e la danza, il primo spettacolo del paese per esplorare e interpretare l’arte tibetana ed esprimere la felicità e l’armonia. Nel 2008 è stato definito la quintessenza dell’arte scenica tibetana offerta ai Giochi Olimpici di Pechino. Lo spettacolo utilizza la poesia, il canto e la danza per raccontare una storia del popolo tibetano: i colori verde, giallo, bianco, rosso e blu corrispondono all’acqua, suolo, vento, fuoco e cielo e costituiscono la struttura della performance teatrale che porta sul palco famosi artisti tibetani e cinesi.
A fine agosto, nei villaggi che vivono di agricoltura, si celebra la festa del raccolto: La gente cammina intorno ai propri campi per ringraziare i Buddha e chiedendo protezioni per il raccolto cantando e ballando mentre vengono svolte attività folcloristiche. Sotto la guida di un uomo riverito e accompagnata dai suoni di trombe e tamburi rituali, la gente veste in abiti tradizionali tibetani, indossando gioielli in oro e argento, portando in giro i volumi di testo e le statue del Buddha. Secondo quanto si dice, la città di Zetang allestisce uno degli spettacoli più intensi e memorabili. Ad ovest, spostandosi verso Ngari fino a giungere le praterie di Qiangtang, da segnalare il festival ippico animato da gare ippiche, spettacoli di cavalli, competizioni di tiro con l’arco, sollevamento pesi tibetano e tiro alla fune.
Ma se si vuol rimanere nell’orbita della città principale dello Xizang, a Lhasa, qualcosa di simile si ritrova la prima settimana dell’ottavo mese lunare quando, a nord della città della luce, nella contea di Damxung si tiene una festa dove gli sport delle popolazioni nomadi catturano l’interesse dei visitatori mentre a Shigatse, tra il nono e l’undicesimo giorno del mese, si festeggia al monastero di Tashiluhunpo dando vita a danze Cham.
Nella capitale, invece, nel mese di settembre, si tiene per circa una settimana la festa del lavaggio durante la quale tutti si recano al fiume per lavare sé stessi e i propri vestiti seguendo la leggenda che vuole che questi bagni curino ogni tipo di malattia. Nel mese di novembre, invece, la città ospita un grande numero di pellegrini che si muovono per commemorare la discesa di Buddha dal cielo (ventiduesimo giorno del nono mese) mentre il quindicesimo giorno del decimo mese lunare è possibile assistere ad una processione intorno al Barkhor per Palden Lhamo, unica divinità di sesso femminile, protettrice del Jokhang e del dharma.
L’ultima grande festa che anima l’altopiano nel corso dell’anno è quella che celebra Tsongkhapa, fondatore dell’ordine Gelugpa, nell’anniversario della sua morte avvenuta il venticinquesimo giorno del decimo mese, verso fine novembre. Fuori dai monasteri si accendono lampade al burro e si mettono sui tetti e sui davanzali mentre immagini vengono portate in processione e i monaci ballano danze rituali. Un buon motivo per recarsi nei pressi dei monasteri di Ganden. Sera e Drepung.
Andrea Turi
NOTE
1 Diversamente dal calendario gregoriano, quello tibetano tiene presente i cicli lunari per la scansione del tempo.
2 Lo schema di traslitterazione Wylie è un metodo per la traslitterazione della scrittura tibetana che utilizza solo le lettere disponibili su una tipica tastiera inglese. Esso porta il nome di Turrell Wylie, che ha descritto il metodo nell’articolo A Standard System of Tibetan Transcription pubblicato nel 1959.
3 Sebbene cada spesso lo stesso giorno del Capodanno cinese, occasionalmente con un giorno od un mese lunare di differenza, il Losar non è direttamente connesso con la vicina festività, si pensa invece che sia culturalmente più affine allo Tsagaan Sar mongolo.
4 Per un approfondimento rimandiamo all’articolo di Marco Costa L’iconografia buddista nella cultura tibetana, https://www.cese-m.eu/cesem/2015/05/liconografia-buddista-nella-cultura-tibetana/
5 Rolf A. Stein, La civiltà tibetana, Einaudi, Torino, 1986, pp. 184-185.
6 Ibi, pp. 185-186.
7 http://english.chinatibetnews.com/gdtp/201502/t20150226_324879.html
8 Rolf A. Stein, op. cit., pp. 246 – 247.
9 Nyingchi Mainling Airport è il terzo aeroporto dello Xizang. Situato a circa 3.000 metri di altitudine e costato qualcosa come 480 milioni di yuan, lo scalo vede il transito di 120.000 passeggeri l’anno. Il primo atterraggio commerciale è del 12 luglio 2006 mentre sei settimane più tardi fu la volta dei voli di linea passeggeri.
10 CNN Travel, China plans “swiss makeover” for tourism in southeast, http://travel.cnn.com/shanghai/life/china-plan-swiss-makeover-for-tourism-in-southeast-tibet-866320?hpt=ias_t3
11 Le rappresentazioni cui si assiste nei giorni dello Shoton sono un distillato dell’opera che, altrimenti, può durare anche diversi giorni.
12 Kati Fitzgerald, Tibetan Opera in and outside the Tibet Autonomous Region, Asian Theatre Journal, vol. 31, n. 1, primavera 2014, p. 271.
13 http://www.centrotenzin.org/component/flexicontent/17-notizie/96-lhamo-teatro-tibetano.html
14 Rakra Tethong, Conversations on Tibetan Musical Traditions, Asian Music, vol. 10, n. 2, Tibet issue, 1979, pp. 5 – 22.
15 Felicità sulla strada è inserito nell’elenco dei progetti chiave dello Stato per il turismo culturale.
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