Gli eventi politici del 2014 hanno condotto verso uno scenario di importante acredine tra Russia e Occidente in merito al piano della sicurezza europea ed in generale sulla distribuzione della forza militare nei Paesi confinanti la Russia. Le implicazioni politiche appaiono così ampie da rischiare di prolungarsi per anni, spostando la Russia verso quelle potenze ad essa più vicine come Cina o India, così come anche il Brasile.
Tuttavia, mentre dovrebbe essere interessante aspettare una nascita di un dinamico “G7 contro BRICS”, probabilmente più complesso di quanto appaia, in realtà la coesione dei due gruppi economici appare limitata, perché in modo limitato gli altri membri BRICS proteggeranno la Russia affinché essa non influenzi negativamente i loro legami con l’Occidente. Ancora, sia il Summit G7 in Germania (che si svolgerà durante i primi giorni del prossimo Giugno) sia quello del BRICS (che si svolgerà nello stesso periodo) sarà fortemente influenzato dall’allontanamento tra Russia e Occidente.
Quando la Russia ha ospitato nel Giugno 2009 il Primo Summit dei Leader del gruppo BRICS, nel quale hanno partecipato il Presidente brasiliano Lula, quello russo Dmitry Medvedev, il Primo Ministro indiano Manmohan Singh e il Presidente cinese Hu Jintao, il leader della Russia Yekaterinburg ha salutato gli ospiti come “l’epicentro della politica mondiale”. Esso affermò che la necessità di un maggiore sviluppo delle nazioni mondiali era ovvio prevedesse di sviluppare nuove organizzazioni. Appena il giorno precedente, la Russia aveva ospitato, nella stessa città, il nono incontro della Shanghai Cooperation Organization (SCO), con molti Paesi osservatori e l’aggiunta di una breve visita di Mahmoud Ahmadinejad, che era stato appena dichiarato vincitore di controverse elezioni presidenziali in Iran. In quell’occasione, i media occidentali avevano espresso con un mix di rifiuto e rigetto la visita del neo Premier iraniano. Come ha scritto l’Economist, questo quartetto disparato è riuscito in modo significativo a rivaleggiare con il Gruppo degli Otto paesi più industrializzati nell’ambito del settore economico. Inoltre, la cosa davvero sorprendente, è che questi quattro paesi, riunitisi fin dall’inizio come un gruppo diverso da quello voluto dai leader economici di Goldman Sachs, abbiano scelto di dare un taglio più alto al loro profilo.
Coloro che hanno manifestato una critica posizione contro i BRICS, hanno elaborato una narrativa di potenziali “agitatori” dell’economia mondiale. Un mese prima della riunione dei ministri degli Esteri BRICS, in Russia, il professore di Princeton Harold James prevedeva che i paesi BRICS cercheranno di poter rappresentare un soggetto di riequilibrio, sia in ambito militare che in qualità di nuovo attore di influenza strategica e nuovo prestigio, per risolvere anche i propri problemi interni. Con la conclusione degli anni Novanta per un breve periodo, immediatamente successivo alla fine della Guerra Fredda, il mondo sembrava poter permanentemente rimanere tranquillo e indifferente alle logiche di potere.
Quella speranza presto si è rilevata illusoria. Molti commentatori, infatti, sono stati storditi dalla rapidità della nascita di nuove tensioni all’interno del sistema internazionale. Molti attribuiscono la colpa al comportamento degli Stati Uniti, in quanto queste tensioni sono infatti state alimentate dal dispiegarsi di una nuova logica della politica internazionale statunitense.
Quando si osserva il comportamento del gruppo BRICS, appare chiaro come lo stesso fosse di gran lunga più orientato al mantenimento di uno “status quo” rispetto alla retorica suggerita. Gli appelli per le modifiche riguardanti le modalità di voto all’interno dell’FMI, per esempio, non erano destinate a minare le istituzioni di Bretton Woods ma, al contrario, a promuovere un fondamentale processo di salvaguardia delle stesse istituzioni. Il Brasile dell’ex presidente Lula ha regolarmente demonizzato l’FMI, nonostante avesse deciso di rafforzare l’istituzione erogando propri fondi nazionali. Molto di più rispetto a politiche di contenimento, le potenze emergenti sono apparse in quel momento le promotrici di una strategia di bandwagoning [1] non volendo affondare il sistema vigente, ma volendo promuovere solo una maggiore e più ampia democraticità al suo interno.
Come Medvedev ha sottolineato al vertice del 2009, c’è stata una “necessità di mettere in atto un processo decisionale più equo per quanto riguarda la politica estera economica riguardante le questioni di sicurezza dell’agenda internazionale con il quale il summit dei Brics propone di creare le condizioni per un nuovo ordine”. Particolare attenzione è ricaduta sulla fine dell’accordo informale tra gli Stati Uniti e l’Europa che dovrebbero designare il Presidente della Banca Mondiale e il Direttore dell’FMI. Tali posizioni di leaderships dovrebbero invece essere designate attraverso “un aperto processo di selezione, trasparente e basato sul merito”.
Questa affermazione è divenuta in qualche modo un grido di battaglia per le Nazioni facenti parte del gruppo BRICS che, negli anni successivi, hanno così creato una chiara e semplice narrazione capace di riunire tutte le potenze in via di sviluppo. Con le parole che l’allora Presidente brasiliano Lula ha sostenuto nel giorno del vertice, i BRICS si “distinguono perché negli ultimi anni le nostre quattro economie hanno mostrato una forte crescita. Gli scambi commerciali all’interno del nostro gruppo economico sono aumentati del 500% dal 2003. Questo ci aiuta a spiegare il motivo per cui ora generiamo il 65% della crescita mondiale, che ci rende la principale speranza per una rapida ripresa dalla recessione globale. Il gruppo BRICS sta giocando un ruolo sempre più importante negli affari internazionali, e sta mostrando la sua disponibilità ad assumersi le responsabilità in proporzione alla sua posizione nel mondo moderno.
Sia la dimostrazione di fiducia sia la proiezione economica stabile, sono state particolarmente importanti in un momento di caos per l’economia globale, quando i paesi BRICS hanno percepito un vuoto di leadership. Il gruppo BRICS ha goduto di una crescita economica annuale del 10,7% dal 2006 al 2008, assai superiore alla crescita di altri Paesi nel mondo sviluppati. Di conseguenza, uno dei temi principali del vertice è stato quello di creare un nuovo ordine mondiale meno dipendente dall’Occidente. Tornando di poco indietro negli anni, i più benigni osservatori politici avevano difficilmente previsto che il raggruppamento BRICS sarebbe diventato la piattaforma politica più importante al di fuori dell’Occidente stesso. Eppure, per la sorpresa di molti, dal 2009, non un solo capo di Stato ha mancato uno dei vertici annuali del gruppo economico ma, oltre alle riunioni annuali, più di venti incontri BRICS si svolti annualmente, in settori diversi come l’istruzione, la finanza, la salute pubblica, l’agricoltura, la sicurezza nazionale e il mondo accademico.
Alla fine del 2010, il Sudafrica è stato invitato a far parte del gruppo, una mossa che ha rafforzato la visibilità globale dell’attuale gruppo BRICS, con la legittimità di parlare per il mondo emergente pur non riducendo la sua capacità di sviluppare posizioni comuni. Al contrario del primo vertice nel 2011, quindi con la partecipazione del Sud Africa, i BRICS sembrano andare oltre le due precedenti posizioni prese nei vertici del 2009 e del 2010. Nel 2014, il gruppo ha istituito un accordo di riserva per imprevisti (CRA) e iniziato lo sviluppo di un proprio istituto bancario che dovrebbe entrare in esercizio nel 2016. Altrettanto sorprendente per molti, il raggruppamento ha senza precedenti raggiunto visibilità politica quando, in un comunicato congiunto, i BRICS si sono opposti all’esclusione della Russia dal G20 all’indomani della crisi di Crimea, visto come un tentativo dell’Occidente per isolare la Russia.
Verso la fine marzo 2014, all’Aia, i ministri degli esteri BRICS si sono opposti alle restrizioni riguardanti la non-partecipazione del Presidente russo Vladimir Putin al vertice del G-20 in Australia del novembre 2014. Nella dichiarazione congiunta, i BRICS hanno espresso “preoccupazione” per le dichiarazioni rilasciate dal Ministro degli Esteri australiano, Julie Bishop, convinto di impedire la partecipare di Putin al vertice. “La protezione del G-20 appartiene a tutti gli Stati membri ugualmente e nessuno Stato membro può determinare unilateralmente la sua natura e il carattere”, i paesi BRICS hanno detto in un comunicato.
Allo stesso modo, Brasile, India e Cina si sono astenuti da una risoluzione presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che condannava la politica russa in Ucraina, riducendo sensibilmente l’efficacia dei tentativi occidentali di isolare il Presidente Putin.
Infine, nessuna attività politica dei BRICS ha criticato la Russia a seguito dell’intervento in Crimea, chiedendo semplicemente con i loro interventi ufficiali una pacificazione della situazione in corso. Il documento finale della riunione BRICS ha infatti affermato che “l’escalation dell’uso di un linguaggio ostile alla Russia, le sanzioni e le contro-sanzioni, non contribuisce ad una soluzione percorribile e pacifica secondo il diritto internazionale, che comprende i principi e le finalità della Carta delle Nazioni Unite.”
Inoltre, sempre i tre Paesi con l’aggiunta del Sud Africa (insieme ad altri 54 paesi) si sono astenuti dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che criticava il referendum in Crimea.
Come ha osservato Zachary Keck, il sostegno dei paesi BRICS per la Russia è stato “del tutto prevedibile”, anche se il gruppo è sempre stato caratterizzato dalle differenze che esistono tra i suoi membri, come la “generale mancanza di uno scopo comune” essendo delle nazioni diverse geograficamente. I “BRICS ha spesso cercato di superare queste sfide interne unificandosi dietro una posizione anti-occidentale e per ultimo post-occidentale. In questo senso, non sorprende che il gruppo si è opposto ai tentativi occidentali di isolare uno dei suoi membri, la Russia appunto.” La dichiarazione più filorussa di qualsiasi altro membro BRICS, posizione nella quale si è visto anche una presa di posizione pro-Mosca effettuata chiaramente da una grande potenza internazionale, è stata effettuata dall’India attraverso le parole del Consigliere di Sicurezza Nazionale Shivshankar.
In tale occasione l’India ha chiarito che non sosterrà “misure unilaterali” contro la Russia, suo principale fornitore di armi, sottolineando che essa crede nel ruolo della Russia quando si tratta di sfide regionali come in Afghanistan, Iran e Siria. La mancanza di volontà dell’India di criticare la Russia può anche derivare da un profondo scetticismo del tacito appoggio dell’Occidente per diversi tentativi di colpi di Stato contro i governi democraticamente eletti negli ultimi anni – per esempio in Venezuela nel 2002, in Egitto nel 2013, e ora in Ucraina. Questo comportamento ha sorpreso molti osservatori occidentali, portando alcuni ad aspettarsi l’emergere di un ordine mondiale segnato da una profonda divisione tra il G7 e il BRICS. Infatti, mentre i legami della Russia ai paesi BRICS sono suscettibili di crescere più forte, i tentativi di migliorare le relazioni tra la Russia e l’Occidente saranno ostacolati dal fatto che lo stato attuale delle cose non è il prodotto di un’animosità a breve termine o di un problema di una politica di particolare problema, ma al contrario di un disaccordo più importante e che riguarda l’intero sistema di sicurezza europea e la distribuzione del potere nei territori confinanti la Russia. A meno che Vladimir Putin tema che il suo Paese possa implodere economicamente, le possibilità di un ripristino significativo sono sottili e, anche in caso di un crollo russo, un riavvicinamento sarebbe tutt’altro che garantito. Anche se raggiunto repentinamente un accordo di pace tra l’Ucraina e i ribelli, una profonda diffidenza caratterizzerà i due blocchi per gli anni che verranno. Chi trasformerà i BRICS in alleati chiave per Mosca, indispensabili per mantenere economicamente la Russia e diplomaticamente collegati al resto del mondo. Ma la realtà è probabile che sia molto più complessa, soprattutto perché i due gruppi sono meno coesi di quanto molti suggeriscono. Mentre il G7 si è dimostrato relativamente unito nella sua risposta alla Russia, finora le potenze europee non possono seguire gli Stati membri nel varo delle sanzioni di lungo termine poiché le loro economie sono molto più interconnesse con la Russia di quanto si possa far credere. Il G7 si differenzia anche in molte altre grandi questioni, come il modo di affrontare il conflitto israelo-palestinese, le modalità di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o, come nel 2011, le strategie da affrontare in situazioni come quelle viste in Libia. Nello scenario più multipolare di oggi, il G7 è molto più debole di quanto non sia stato due decenni fa, quando la sua capacità di agenda-setting era veramente impressionante. Non c’era nessuna imposizione occidentale alla sua volontà di determinare il discorso globale. Oggi, invece, nessuna grande sfida globale può risolversi efficacemente solo con l’Occidente. Allo stesso modo, ci si limita a sottolineare che i BRICS hanno rifiutato una critica alla Russia durante la crisi di Crimea in considerazione del fatto che anche loro divergono su molti grandi temi che andrebbero a limitare una loro capacità di azione politica comune su molti problemi rilevanti la crisi in Crimea. Ad esempio, nonostante le riunioni annuali dei BRICS in materia di consulenza in Sicurezza Nazionale, quest’ultimi non hanno approfondito una loro cooperazione militare o organizzato eventuali esercitazioni militari congiunte, come il raggruppamento IBSA.
Ciò non significa che il raggruppamento BRICS non abbia un significativo potenziale, anzi è il contrario. La sistemica cooperazione in diversi settori, la creazione di una banca di sviluppo congiunto e di un accordo di riserva di valuta sono segni che tutti i membri hanno cercano di migliorare le relazioni interne al gruppo. Tuttavia, dati i ruoli molto diversi degli stessi paesi BRICS, ci sono evidenti limiti alla loro cooperazione. Ad esempio né Russia né Cina hanno esplicitamente sostenuto l’ambizione dell’India o del Brasile di aderire al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella possibilità di stimolare un confronto più diretto tra la Russia e l’Occidente.
Per comprendere adeguatamente il rifiuto della critica nei confronti della Russia da parte dei BRICS – proteggendo così Vladimir Putin dall’isolamento – deve essere compreso il contesto geopolitico internazionale. Il rifiuto dei BRICS nel denunciare e isolare la Russia può avere meno a che fare con l’intervento della stessa Russia in Crimea ed essere collegato più con il suo scetticismo dell’Occidente che ha considerato le sanzioni come un modo adeguato per punire chi viola gli assetti internazionali. Tutti i paesi BRICS sono tradizionalmente contrari a sanzioni e hanno spesso sostenuto un parere negativo contro l’embargo economico degli Stati Uniti a Cuba. Allo stesso modo, sono stati tutti attenti nell’attuare le sanzioni economiche più drastiche contro l’Iran. Ciò che spesso viene dimenticato è che il Congresso degli Stati Uniti ha imposto sanzioni contro il Brasile nel recente 1980, quando si è perseguito questo arricchimento e ritrattamento del quadro tecnologico sul nucleare. L’India anche sofferto di isolamento internazionale dopo i test nucleari, e la Cina si sente spesso minacciata dagli Stati Uniti anche se solo dal punto di vista retorico. I paesi BRICS hanno spinto invece verso un fronte e un approccio raramente visto come più costruttivo. Inoltre, anche se non è chiaro che l’influenza occidentale ha contribuito agli scontri anti- Yanukovich a Kiev prima della annessione della Crimea alla Russia, l’episodio ha evocato ricordi di supporto altamente selettivo dell’Occidente a manifestazioni e colpi di Stato in altri Paesi. I leader occidentali spesso criticano i BRICS per essere dei “morbidi dittatori” di Paesi che da una parte sono interessati nell’irresponsabile intenzione di non intensificare progetti di sostegno a democrazie e diritti umani quando questi vengono minacciati. Eppure, nonostante la sua retorica di principio l’Occidente, osservando meticolosamente Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, è annoverato per aver affrettato legami con illegittimi leader dopo i colpi di Stato avvenuti in Venezuela (2002), Honduras (2009) e in Egitto (2013). Inoltre, attivamente ha supportato governi repressivi nel loro uso della forza legittima statale contro i movimenti di protesta, come esempio in Bahrain.
Criticare la Russia in questo contesto evidenza l’implicito supporto all’Occidente e il suo possibile impegno per Kiev. Quando si cerca di capire la posizione dei BRICS deve anche essere considerata più ampiamente la loro critica alle contraddizioni manifestatesi nei fenomeni globali. Perché nessuno ha proposto di escludere gli Stati Uniti dal G-8 nel 2003, quando quest’ultimi hanno coscientemente violato il diritto internazionale invadendo l’Iraq, quando hanno tentato anche di ingannare i loro alleati con false prove della presenza di armi di distruzione di massa in quel paese? Perché l’Iran che è uno Stato eguale agli altri internazionalmente deve essere sanzionato, mentre le armi nucleari israeliane sono tranquillamente tollerate? Perché gli USA riconoscono il programma nucleare indiano, anche se Delhi non ha mai firmato il trattato di non proliferazione nucleare? Perché le sistematiche violazioni dei diritti umani e la mancanza di legittimità democratica nei paesi che sostengono gli Stati Uniti vengono accettate a differenza che in altri? I commentatori dei paesi BRICS hanno sostenuto che tali incongruenze e tali “due pesi e due misure” sono nella loro totalità molto più dannose per l’ordine internazionale di qualsiasi politica russa. Soprattutto le voci più critiche degli Stati Uniti e l’allarme dell’Occidente riguardo i territori della Crimea sono semplicemente le prove che i poteri stabiliti ancora si considerano gli arbitri di norme internazionali, ignoranti della loro stessa ipocrisia. Se fra i Paesi BRICS venisse domandato quale paese è stato fortemente minaccioso per la stabilità internazionale, oltre a questi, insieme ai maggiori loro politici e osservatori politici, non citerebbero la Russia, l’Iran e la Corea del Nord, bensì gli Stati Uniti.
Ciò appare rilevante perché l’annessione della Crimea alla Russia ha avuto luogo nel momento in cui l’antiamericanismo si aggira per il mondo ancora palesemente anche a causa degli scandali di spionaggio NSA, rendendo l’allineamento a Washington politicamente scomodo all’interno delle varie politiche nazionali.
Ciò è avvenuto in particolare in Brasile, dove la decisione statunitense di spiare la Presidente Rousseff, ma soprattutto l’azienda di stato Petrobras, sembrava confermare che i politici statunitensi avrebbe sostenuto le regole e le norme internazionali senza voler accettare una loro completa adesione.
Più indirettamente, la posizione dei BRICS sui recenti avvenimenti in Ucraina è parte di una strategia di copertura delle potenze emergenti desiderose di conservare legami con gli Stati Uniti, ma d’altra parte, essendo ben consapevoli di supportare un ordine globale con un complesso modello di multipolarità, è necessario mantenere costruttivi rapporti con tutti i poli politici internazionali. E’ proprio questa dinamica che spiega il loro continuo interesse per i BRICS, nonostante il gruppo sia spesso criticato dagli osservatori occidentali. Visto che né il Brasile, il Sud Africa, l’India o la Cina hanno interesse a prendere una forte posizione sull’argomento Crimea, la loro riluttanza rischia di far compromettere i legami reciproci con gli Stati Uniti e l’Europa.
In futuro, tutti i Paesi BRICS rischiano di essere estromessi dalle risoluzioni esplicitamente riguardanti punti specifici inerenti la Russia. Questo può spiegare che, mentre i BRICS sono disposti a proteggere la Russia in un certo modo, la loro capacità di andare avanti con Mosca è condizionata dalla loro convinzione di non colpire conseguentemente i loro legami con l’Occidente. I BRICS saranno quindi costretti ad evitare tutti i movimenti che possono cambiare questo scenario. Eppure, nonostante le differenze interne ai BRICS, sia il vertice del G7 in Germania che quello BRICS in Russia verrà svolto nel contesto di un distacco crescente tra la Russia e l’Occidente.
Il G7 può emergere più forte e più unito dagli sviluppi politici dello scorso anno. La situazione è anche probabile per rafforzare la coerenza intra-occidentale e la resistenza in generale, simboleggiata dal G7 che si svolgerà per la seconda volta, senza partecipazione della Russia nel 2015, in Elmau, Germania. Angela Merkel, attore chiave nella risposta dell’Occidente alla politica estera russa, cercherà di rafforzare il coordinamento delle politiche macroeconomiche tra i membri Ue, a parte le risposte comuni proposte su questioni come le pandemie globali e la sicurezza energetica.
Nonostante la sua incapacità di risolvere le sfide globali, la sopravvivenza del forum e la sua importanza politica sottolineano come la mentalità occidentale in merito ad alcune questioni può ancora fare molto. Nonostante le già citate chiare posizioni, il G7 è ancora influente quando agisce coeso rimanendo un forte raggruppamento anche per gli anni a venire, in cui il PIL mondiale è destinato a diminuire nei valori annuali. Infatti, la crescita proveniente dai BRICS nel 2015 sarà di gran lunga inferiore a quanto non fosse quella del 2009 e gli Stati Uniti appaiono già in crescita rispetto a Brasile, Russia e Sud Africa. In tal senso, visto da Brasília, Pretoria e Mosca, l’ambiente globale offre minori opportunità di qualche anno fa, quando gli attori e le istituzioni stabilite di fronte a una grave crisi di legittimità e quando le potenze emergenti hanno salvato l’economia globale da un fallimento completo. Eppure sarebbe sbagliato aspettarsi che i BRICS si indeboliscano nei prossimi anni. La rielezione di Dilma Rousseff in Brasile è stata salutata dai media russi e indiani come una tappa politica cruciale per il mantenimento dello slancio all’interno del parallelo processo di istituzionalizzazione del BRICS.
In effetti, non è chiaro fino a che punto il Presidente Aécio Neves – principale rivale di Rousseff – avrebbe continuato a sostenere il “suo” Brasile in iniziative come quella della Banca di sviluppo BRICS, che alcuni vedono come una rivale alle istituzioni occidentali vigenti. Il principio che sta alla base è ancora saldo: essere parte del gruppo BRICS genera benefici tangibili, ma praticamente senza alcun costo. In ottica anti-occidentale, la Russia proporrà una serie di misure nel corso delle discussioni dei prossimi vertici BRICS in grado di generare forti critiche proprio all’Occidente, come la diatriba per l’International Telecommunication Union delle Nazioni Unite (ITU) e la sostituzione del Governo degli Stati Uniti come sorvegliante dello stesso istituto. Mentre la Cina è di supporto a questa idea, appare improbabile che il Brasile voglio seguire questa strada, considerando la sua leadership nel 2014 al NetMundial di São Paulo.
In molti altri settori, la Russia può cercare di politicizzare l’incontro BRICS ulteriormente e usarlo come propria piattaforma anti-occidentale, specialmente se le sanzioni attuali saranno in vigore l’anno prossimo. Questa strategia farà sì che la resistenza tra gli altri membri, che non hanno alcun interesse a inimicarsi inutilmente Washington, condurrà i responsabili della politica estera brasiliana a non ammettere alcun linguaggio eccessivamente forte nella formulazione della dichiarazione finale del vertice. Ciò metterebbe in pericolo l’obiettivo chiave per Brasília nel 2015: la riparazione dei legami con gli Stati Uniti. Ecco perché, anche in caso di distacco a lungo termine tra Russia e Occidente, è improbabile vedere una nuova Guerra Fredda in cui tutti gli attori chiave stanno cercando di arrivare in modo più trasparente possibile.
Mentre la Cina è il principale partner commerciale del Brasile dal 2009, l’importanza degli altri paesi BRICS per l’economia brasiliana è estremamente marginale. Sia gli Stati Uniti che l’Europa restano di grande importanza economica per il Brasile. Come accettato da tutti i paesi BRICS, Russia compresa, nessun membro del gruppo andrà avanti con proposte che potranno infliggere le medesime sanzioni economiche che l’Occidente ha imposto alla Russia. E ‘altrettanto importante che, mentre il G7 ha come obiettivo quello di raggiungere un moderato livello di coesione in merito alle sanzioni contro la Russia, i responsabili politici a Mosca erano ben consapevoli del fatto che essi non sarebbero in grado di convincere i loro compagni del BRICS ad unirsi alla posizione della Russia contro le sanzioni. Nonostante tutto questo, il vertice BRICS rimarrà un elemento chiave nello scenario politico globale, in contrasto con la pratica comune che negli Stati Uniti ed in Europa vede semplificare il raggruppamento come impari o poco importante.
Anche senza imporre le sue vedute relative a Internet a tutti i membri BRICS, il Summit sarà un successo per Vladimir Putin. Nel giro di pochi giorni, il presidente russo ospiterà non solo i leader BRICS, ma anche il capo di stato della Shanghai Cooperation Organization (SCO). Un anno dopo le Olimpiadi invernali, la Russia continuerà a resistere con successo ai tentativi occidentali di trasformare la sua forza in una come tante altre. Allo stesso tempo, durante il 7 ° politici Summit BRICS potrebbero essere rilasciate non poche notizie sulla creazione della Banca per lo sviluppo BRICS, che dovrebbe entrare in funzione nel 2016.
Autore: Oliver Stuenkel,
è Assistant Professor in Relazioni Internazionali alla Getúlio Vargas Foundation(FGV) di São Paulo, dove coordina la School of History and Social Science (CPDOC). E’ anche non-resident Fellow presso il Global Public Policy Institute (GPPi) a Berlin e uno dei membri del Carnegie Rising Democracies Network. La sua ricerca riguarda l’aumento del potere politico in politica estera di Paesi come Brasile, India e Cina, nonché il loro impatto nell’arena internazionale.
Traduzione per il Cesem di Francesco Trupia
Note:
[1] In politica internazionale tale termine descrive una strategia di “pesi e contrappesi” sulla scia di un allineamento da parte di uno o più Stati verso le maggiori potenze già esistenti.
Il CeSE-M sui social