“La Repubblica Popolare Cinese e il Tibet”: progetto di ricerca del Cesem
Prima della comparsa degli essere umani, il Tibet1 era una terra abitata dagli spiriti. Chenrezig Wangchug, Avalokiteśvara , bodhisattva2 della compassione, e la sua sposa Dolma presero la decisione di inviarvi le loro incarnazioni: quella di Chenrezig era Trehu Changhub Sempa, una scimmia casta che aveva deciso di rinunciare ai piaceri mondani, mentre Dolma si incarnò in una bellissima orchessa incline al cannibalismo. La leggenda vuole che la scimmia fosse felice di passare il proprio tempo nella grotta a meditare quando un giorno, sentendo l’orchessa piangere si mosse a pietà e si interessò dei motivi di tale pianto. La bellissima orchessa spiegò che si sentiva sola e gli chiese di unirsi a lei in matrimonio. La scimmia che aveva fuggito i piaceri terreni rifiutò ma Senmo, in preda alla disperazione e al desiderio, non si dette per vinta e tornò ad implorare Trehu Changhub Sempa. Chenrezig consigliò alla scimmia di unirsi all’orchessa perché era giunto il tempo che il Tibet avesse dei figli, ragione per la quale i due dovevano vivere insieme e proliferare. Dall’unione della scimmia e dell’orchessa nacquero sei scimmiette che furono portate da Trehu Changhub Sempa in un bosco ricco di frutti e lì furono lasciate a crescere da sole. Dopo tre anni, la coppia tornò a prendere i suoi figli e, con enorme sorpresa, scoprì che il loro numero era cresciuto a dismisura e che non avevano più niente di cui cibarsi. Attoniti, la scimmia e l’orchessa supplicarono il bodhisattva di non lasciarli morire di fame. Il Bodhisattva, mosso dalla sua infinita compassione, raccolse dal Monte Meru, l’asse del mondo, grano, piselli e orzo e li sparse sul paese. Le scimmie, grazie ai frutti della terra, crebbero prospere e floride; le loro code e il loro pelo iniziarono ad accorciarsi, iniziarono a parlare e, gradualmente, divennero esseri umani. I sei figli frutto dell’unione di Trehu Chunghub Sempa e Senmo fondarono le sei diverse etnie che popolano adesso lo Xizang.
Il nostro viaggio verso Lhasa muove da sudest, dalla Prefettura di Shannan, e precisamente da due città che si trovano nella valle dello Yarlung, a circa 200 km dalla capitale dello Xizang, considerata la culla della cultura tibetana. Qui, Tsetong, capoluogo della prefettura di Shannan e seconda città più grande della regione, si è unita a Nedong in una distesa disordinata di costruzioni che mischiano elementi tibetani a caratteristiche cinesi. Tsetong, in tibetano, significa campo di giochi, con riferimento al luogo dove le sei scimmiette, figli della leggendaria unione tra la scimmia e l’orchessa, erano soliti giocare. A est della città, in relazione alla leggendaria origine del Tibet, si trova la Grotta della Scimmia, raggiungibile dopo una dura ascesa che segue la via tracciata dai mucchi di pietre lasciati dai pellegrini.
Di Tsetong si dice che già nel XIX secolo fosse città viva e che vi fossero un migliaio di case, un gompa,un forte difensivo e un bazar che, ancora oggi, vale la pena di visitare dato che tibetani di ogni estrazione e provenienza vi giungono per fare affari. Situata ad una altitudine di 3.100 metri e con una popolazione di circa 52.000 abitanti, Tsetong ospita quello che leggenda vuole sia stato il primo campo coltivato del Tibet: piantato dallo stesso Trehu, l’incarnazione sotto forma di scimmia di Chenrezig, ogni anno i contadini della regione vi si recano in pellegrinaggio prima che cominci la stagione della semina per raccogliere una manciata di terra da cospargere, poi, sulle proprie terre al loro ritorno. A 30 km da Tsetong-Nedong si può ammirare il Monastero di Samye, il primo del Tibet, ispirato all’università monastica indiana di Odatampuri ed edificato tra il 763 ed il 775 da Lopon Rinpoche durante il regno di Trisong Detsen, il sovrano che dopo aver patrocinato il diffondersi dalla cultura buddista nel regno, tentò di costruire il primo monastero al fine di creare una comunità dinastica in modo da espandere l’influenza religiosa nei territori del Tibet storico all’epoca circoscritta al solo tempo del Jokhang a Lhasa. Il tempio di Samye è stato costruito seguendo la forma del mandala, un diagramma circolare costituito, di base, dall’associazione di diverse figure geometriche, le più usate delle quali sono il punto, il triangolo, il cerchio ed il quadrato. Secondo la tradizione buddhista, il processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente. Gli elementi più importanti dell’antica cosmologia sono ancora presenti nello Ütse che si trova al centro del complesso, l’edificio che simboleggia il monte Meru, l’axis mundi del Buddhismo tibetano, il centro del mondo. Al suo interno, al pianterreno, sono collocate le statue del primo abate, Shantaraksita, di Padmasambhava e di Trisong Detsen. Nella sala più importante, il Jowo khang, si trova una statua del Buddha Sakyamuni (in tibetano: Sakya Thukpa) circondato da Bodhisattva. Intorno all’edificio centrale, quattro pagode di diverso colore (bianca, rossa, verde, nera) simboleggiano i quattro mondi che si estendono ai quattro punti cardinali mentre i templi più piccoli rappresentano le isole tra i mondi. Due templi, uno a nord ed uno a sud dell’Ütse, rappresentano la luna ed il sole. I costruttori tibetani hanno creato una struttura originale che è testimonianza concreta di come l’ascesa della dinastia di Yarlung abbia dato un grande stimolo all’attività architettonica e prodotto una differenziazione eccezionale oltre che un’espansione nelle tipologie e nelle tecniche di costruzione.
In questo periodo, infatti, le crescenti interazioni del regno con le civiltà vicine, derivanti da conquiste politiche e collegamenti religiosi, hanno arricchito di nuovi elementi stilistici il lessico architettonico della regione. Allo stesso tempo, l’aumento delle risorse economiche e il desiderio dei governanti di affermazione hanno favorito la costruzione di imponenti complessi monumentali: per i re, inoltre, la costruzione era una sorta di opera di virtù obbligatoria. Costruzioni erano dei tipi di quattro principali: tombe, palazzi reali, le comunità religiose e le colonne commemorative.
Andato danneggiato durante le tensioni susseguitisi alla Rivoluzione Culturale voluta da Mao Tsedong, il Governo centrale di Pechino ha finanziato fondi destinati a riparare il Monastero di Samye. Nel dicembre del 2008, la Repubblica Popolare Cinese ha lanciato un grande piano per salvaguardare l’identità culturale della Regione Autonoma del Tibet. Il Ministero delle Finanze e la Commissione per lo Sviluppo Nazionale e le Riforme hanno stanziato fondi per 570.000.000 di yuan destinati a preservare i simboli della cultura e della storia dello Xizang. Negli ultimi venti anni, Pechino ha investito circa 700.000.000 di yuan (circa 100.000.000 di euro al cambio attuale) per mantenere e salvaguardare più di 1.400 tra siti religiosi, reliquie culturali e monasteri3.
Del finanziamento del Governo Centrale di Pechino atto al restauro ha goduto, agli inizi degli anni novanta, il Monastero di Changzhusi, che si trova a 5 km a sud di Tsetang, la cui costruzione, come spesso accade in Xizang, è accompagnato da un leggenda: l’edificio religioso fu fondato durante il regno di Songtsen Gampo e edificato dove un tempo esisteva un’immensa distesa di acqua abitata da un drago. Songtsen Gampo prese la decisione di utilizzare la terra che si trovava sotto questa distesa per fondarvi una città; con l’aiuto di due maghi che invocarono l’ausilio di un rok, una creatura alata mitologica, il drago fu ucciso. Sette giorni più tardi le acque si ritirarono e in quel punto fu costruito il Monastero. Da qui, dopo 7 km, sulla cima di una montagna che domina il territorio circostante si staglia la bianca torre del Yumbulagang che, stando alle storie tramandate, è stato il primo edificio del Tibet nonché palazzo per il primo re, Nyatri Tsanpo. L’antica capitale del Tibet era a Chongye, 30 km a sud-ovest di Tsetong, la culla della civiltà tibetana perse la sua importanza amministrativa, culturale e commerciale quando nel VI secolo d.C. il re Songtsen Gampo trasferì il centro del proprio potere a Lhasa, cuore pulsante dello Xizang attuale. Il villaggio di Chongye ad oggi è uno degli esempi di come l’antica tradizione tibetana abbia intrapreso la via dello sviluppo e della modernità: se fino a qualche decennio fa non si contava che un palazzo in rovina con l’equivalente tibetano in scala ridotta della Grande Muraglia, adesso è un piccolo e sonnolento luogo che sta conoscendo un’ espansione con molti nuovi edifici, un paio di ristoranti e una pensione di base. Lungo la strada, si passa il Monastero Tangboche anche se l’obiettivo per la maggior parte dei visitatori sono le Tombe dei Re, circa un chilometro più a sud. L’intera valle è una zona di sviluppo agricolo e il mosaico di campi è inframmezzato con il lavoro di irrigazione. Dal 1959, anno della liberazione dal sistema feudale vigente nella regione, lo Xizang ha dato prova di straordinari cambiamenti nel suo sistema produttivo che hanno portato a significativi progressi nell’attività economica. Il settore agricolo non ne è rimasto esente. Il Governo di Pechino, infatti, si è impegnato in progetti volti ad apportare sostanziali migliorie al lavoro agricolo. Politiche relative all’uso del suolo e alla proprietà privata dei capi di bestiame e di gestione indipendente delle terre sono state adottate nelle regioni agricole e pastorali dello Xizang con un conseguente miglioramento sia nella produzione che nelle condizioni di vita. Inoltre, la Regione Autonoma del Tibet prevede l’esenzione da imposte e da oneri amministrativi per gli agricoltori e i pastori che, in aggiunta, ricevono assistenza sanitaria gratuita mentre i loro figli hanno diritto allo studio con vitto e alloggio gratuito. L’introduzione del metodo di coltivazione tradizionale ha lasciato spazio a quello meccanizzato con l’introduzione di trattori e altre macchine agricole. I progressi verso la modernizzazione del settore primario in Xizang ha raggiunto già agli albori del nuovo millennio il valore di quasi 4 miliardi di yuan. Con la produzione e il giro di affari sono cresciuti i livelli dei redditi medi dei lavoratori nell’industria agricola: secondo i dati diffusi nel nuovo libro bianco sul Tibet pubblicato il 15 aprile a Pechino4, nel 2013 il reddito pro capite netto di agricoltori e pastori è stato di 6.578 yuan (residenti urbani 20.023 yuan, 2.3% in più rispetto alla media nazionale), un notevole incremento dal 2001 quando i contadini e i pastori dello Xizang registravano un reddito di 1.276 yuan5. L’agricoltura in Xizang ha ricevuto un impulso benevolo allo sviluppo grazie all’adozione di un fondo fiscale pari a 16 miliardi di yuan. Per quanto riguarda la produzione del settore primario, dove è impiegato circa il 70% della forza lavoro regionale, numero che è cresciuto in seguito alle nuove varietà di prodotti coltivati, basta alcuni dati: nonostante le condizioni naturali avverse dello Xizang, nel 2013 la produzione di grano e di orzo hanno raggiunto rispettivamente le 960.000 e 660.000 tonnellate, il risultato più alto mai registrato, a cui si aggiungono anche le 670 tonnellate di verdura. L’area destinata alla coltivazione di grano nella regione autonoma è stata pari a quasi 250.000 ettari (4.620 in più su base annua)6.
LHASA
Nel VI secolo d.C., il re Songtsen Gampo trasferì la capitale del regno dalla valle dello Yarlung a Lhasa che diventò il centro direttivo e del potere dinastico. In seguito all’assassinio di re Langdarma, intorno alla metà del IX secolo perse la sua influenza politica per acquistare importanza come cuore religioso del Tibet. Nel 1965, anno in cui venne fondata la Regione Autonoma del Tibet, Pechino designò questa città che si adagia nella valle del fiume Kyi Chu a 3.683 metri di altezza, come la capitale dello Xizang. Per secoli è rimasta isolata dal mondo moderno, fatto che ha contribuito ad aumentarne il fascino agli occhi di esploratori, missionari e viaggiatori. Adesso, la “capitale” dello Xizang è una città aperta alla modernità: se il telegrafo arrivò nel 19247 adesso Lhasa è coperta dalla rete 3G che serve anche tutta la regione e, se agli inizi degli anni 90 del secolo scorso destava stupore l’apertura di locali per il karaoke8, una novità, un simbolo di progresso, adesso la modernità si è radicata: ogni 100 famiglie, si contano 27 automobili, 16 motocicli, 86 frigoriferi, 129 televisioni, 63 computer e 88 lavatrici9. Siamo ben lontani dalle descrizioni fatte dai vari testimoni che nel corso del 900 hanno raggiunta la città del trono di Dio. Nel 1905, Edmund Candler, giornalista britannico del Daily Mail, scrive nel suo The unveiling of Lhasa, che la città è squallida e sporca squallida e sporca indescrivibile, non drenata e sterrata. Non una sola casa era pulita e curata. Le strade dopo la pioggia non sono altro che pozze di acqua stagnante frequentate da maiali e cani alla ricerca di rifiuti. Non c’era niente di pittoresco, tranne le margherite e malvarose in vaso e le colombe e canto-uccelli in gabbie di vimini. I pochi tibetani che abbiamo incontrato in strada erano stranamente indifferenti. Un impasto panettiere impasta guardò noi casualmente, e continuò a impastare. Una donna tessitura appena alzò lo sguardo dal suo lavoro. Le strade erano quasi deserte, forse per ordine delle autorità per evitare un’epidemia. Ma come siamo tornati piccole folle si erano riuniti nei portoni, le donne sono state scrutando attraverso le finestre, ma nessuno seguito o ha preso più di un interesse svogliata in noi. I monaci guardavano imbronciato. Ma nella maggior parte si affaccia su una sola lettura indifferenza e apatia.10Una nota di colore che sembra confermare quanto scritto da Fosco Maraini in Segreto Tibet nel quale riprende una teoria, antica quanto il ragionare dell’uomo sulle proprie cose, secondo cui il paesaggio ed il clima d’una regione spiegano in qualche modo, non solo l’apparenza fisica del popolo che vi abita, ma persino la natura della sua indole, della sua filosofia, della sua religione, della sua arte11. La stessa immagine stampata nella memoria di un direttore del Dipartimento Radio e Televisione della Regione Autonoma del Tibet che ricorda come quando arrivai a Lhasa nel 1951, rimasi sconvolto dalle condizioni povere e squallide. Ad eccezione del Barkhor vicino al Jokhang, non c’era una strada decente in città. Nessuna struttura pubblica, nessuna illuminazione stradale, nessuna fornitura d’acqua e nessun drenaggio12. Spesso i viaggiatori notavano la mancanza di pulizia nei tibetani, un’arma di difesa contro il freddo rigido e una conseguenza delle scarse comodità delle abitazioni tibetane13, solitamente ad uno o due piani, con tetto piatto, pavimenti in terra battuta. Fino al 1950, Lhasa rimaneva divisa sostanzialmente in due zone: la prima, un villaggio chiamato Shöl sottostante il Potala, l’altra il grappolo di case e stretti vicoli intorno al tempio Jokhang. Un ponte conosciuto come Yuthok Sampa si estendeva tra i due distretti. Le autorità cinesi dal 1959 cominciarono a delineare un piano di costruzione municipale completato nel 1980 con il Piano di Sviluppo di Lhasa, approvato in via ufficiale nel 1984 dal Consiglio di Stato cinese a Pechino. Le linee guida erano le seguenti: l’attenzione deve essere messa sulla necessità di costruire una moderna città socialista con caratteristiche locali. Lhasa deve, quindi, essere costruita in un modo graduale e razionale, conforme ai seguenti criteri: ben strutturata, piena di caratteristiche nazionali, con molti alberi che provvedano ad un ambiente congeniale, per creare una città che sia relativamente perfetta, che rechi giovamento alla produzione, conveniente per la vita di tutti i giorni, ricca, civilizzata e pulita14. Come indicato nella UN Dichiarazione sugli insediamenti umani di Vancouver del 1976, le ideologie degli Stati si riflettono nelle loro politiche di insediamento umano. L’ammodernamento delle case (e delle strutture recettive) sono alla base del settore turistico, pilastro dello sviluppo economico dello Xizang e piattaforma per risolvere l’arretratezza economica della regione. Nel 2013, l’economia della Regione Autonoma della Repubblica Popolare Cinese ha toccato gli 80.2 miliardi di yuan (circa 13 miliardi di dollari) mentre il Governo centrale di Pechino ha stanziato dal 1952 un totale di 554.6 miliardi di yuan per il sussidio alla regione del tesoro occidentale15, Xizang/Tibet. Con l’adozione della democrazia socialista con caratteristiche cinesi, il Tibet si è mosso sulla strada della modernità ma adesso è arrivato il momento di – per usare le parole di Losang Jamcan, governatore della regione – sviluppare e rafforzare le proprie capacità di auto sviluppo. Il turismo è una di queste. Nel 2013 la sola Lhasa ha ricevuto circa 8.000.000 di turisti (+22.76% su base annua) per un giro di affari di 8 miliardi di yuan (+ 25.47%) mentre in tutta la regione si è registrato l’arrivo di quasi 13 milioni di visitatori (+22%) con entrate in valuta estera di circa 128 milioni di yuan. Per facilitare l’afflusso turistico e per dare ulteriore impulso all’industria del settore, nel 2014, a Lhasa è stata istituita una Camera del Turismo, una piattaforma che raccoglie trenta compagnie turistiche locali con lo scopo di finanziare, cooperare e promuovere servizi turistici per i visitatori tanto stranieri che cinesi. Intanto, è cresciuta la qualità degli hotel: l’Intercontinental Hotels Group (IHG) ha aperto una prima struttura dotata di 472 camere (di cui 41 suite) di quello che sarà una sistemazione di lusso che alla conclusione della realizzazione del progetto dovrà estendersi su una superficie di più di 200.000 mq2 e avere circa 2.000 stanze.
L’obiettivo che Pechino si è data è quello di portare in Xizang 15 milioni di turisti già in questo 2015, visitatori che bramano di ammirare le bellezze dell’altopiano e della sua capitale. Prima fra tutte il Potala, la cartolina più conosciuta di Lhasa, il palazzo d’inverno del Dalai Lama (dal quinto in poi), inserito nella lista dell’UNESCO nel 1994 mentre nel 1961 il Governo Centrale di Pechino lo aveva inserito tra le unità sotto tutela statale e stanziato annualmente fondi per il restauro16. Il Potala domina la bassa città di Lhasa dall’alto del Marpori, la montagna rossa: 117 metri di altezza, 13 piani di legno, 41 ettari di estensione di terra e granito, più di 1000 sale, con 100.000 reliquari e 200.000 statue, una fortezza con pagode e padiglioni funerari dei vari Dalai Lama ed edifici religiosi17. Il Potala rappresenta l’apogeo dell’architettura sontuosa e religiosa della scuola Gelugpa, i berretti gialli: l’architettura è forse la forma più originale d’arte di questo paese. È certo l’elemento culturale tibetano più intonato all’ambiente. Si distingue subito per la semplicità delle sue vaste superfici, per le sue linee elementari, babiloniche, per le sue proporzioni grandiose e solenni […] è una coraggiosa e nobile architettura da uomini; c’è sempre qualcosa della fortezza e qualche cosa del monastero allo stesso tempo. Non è solo forza bruta, c’è anima, c’è desiderio di isolamento religioso, ed un senso sublime del bello, senza ombra di frivolezza o di barocco; lo stesso bello che vive negli orizzonti e nei colori di questi altipiani. Chi ha visto il Potala di Lhasa, il Vaticano del Buddismo, dice che esso riunisce in sé, nella maniera finale e felice, ogni caratteristica migliore di questa architettura18.
Se il Potala si erge su un altura situata a nord-ovest rispetto all’orientamento della città, il centro geografico e religioso di Lhasa è il tempio di Jokhang, la “cattedrale” del buddismo e centro della vita quotidiana, fondato nel 650 da Songtsen Gampo sul luogo in cui si trovava un tempo un grande lago sotterraneo nelle cui acque, leggenda vuole, fosse possibile leggere il futuro. Durante il giorno, intorno a questo tempio buddista e al bazar di Barkhor ruota una moltitudine di pellegrini che procede prostrandosi e intonando canti. Secondo la tradizione, infatti, i religiosi che entrano a Lhasa percorrono tre giri in senso orario: il primo, circa 8 km, verso muove verso ovest per diramarsi a nord in una grande curva che passa dietro Chagpor, la montagna di ferro, e il Potala; il secondo, 800 metri, si sviluppa nel Barkhor, attorno alle mura esterne del Jokhang; il terzo, il circuito finale, è quello interno alle mura del tempio.
Di circuito in circuito, da Lhasa, spostandosi lungo la China National Highway G318, dopo circa 6 ore di viaggio si giunge a Shigatse, 3.841 metri di altitudine, la seconda città della regione, anticamente un centro commerciale e politico di rilievo. Qui si può visitare il monastero di Tashilhunpo, sede del Panchen Lama, il grande erudito, 50 sale per la preghiera e 200 edifici tra i quali spicca la sala Maitreya, costruita agli inizi del XX secolo all’interno della quale un’enorme statua del Buddha Maitreya alta più di 26 metri e laminata con 280 kg di oro. Un circuito per i pellegrini corre tutto intorno alle mura dell’edificio e permette una vista spettacolare della città. Per questo luogo religioso, nel 2007, Pechino ha stanziato 86.000.000 di yuan per il restauro e la manutenzione.
Lasciata alle spalle Shigatse e presa la direzione sud lungo la S204 incontriamo Gyantse, quarta città dello Xizang, che tutt’ora mantiene la sua atmosfera tipicamente tibetana. Un tempo questo centro fu capace di ottimizzare i vantaggi derivanti dal suo trovarsi sulle principali vie di comunicazione per l’India per diventare un importante polo di commercio della lana. Così ne descrive le meraviglie Maraini: dopo parecchi giorni di cammino, siamo arrivati a Gyantse. […] In lontananza si vedono le collinette fra cui luccicano dei tetti d’oro: “è Gyantse!” esclamano gli uomini. […] I tetti d’oro luccicano sempre più vivi. Ora si vedono le pareti bianche dei monasteri. Si scorgono le mura che limitano la città e galoppano le creste. Infine si sentono, portate dal vento, le voci profonde delle trombe lunghissime suonate nei monasteri. […] I tetti d’oro sfavillano come gocce di sole cadute fra le colline. È un arrivo da favola. Deserto, meraviglia, mistero19.
Lo Xizang, remoto ma non periferico, per dirla con lo stesso Maraini, è dunque un museo vivente. […] Ogni movimento spirituale del continente vi ha avuto in qualche modo il suo riflesso, ha avuto il suo episodio tibetano: ordini di fatti altrove spariti, quassù rimangono ancora intatti; possibilmente vivi20.
Andrea Turi
NOTE
1Con il termine Tibet in questa occasione ci riferiamo alla regione storico-geografica e non alla denominazione politica.
2 Lo storico delle religioni e buddhologo Paul Williams, offre una definizione precisa, ovvero colui che sta percorrendo la via per diventare un buddha.
3http://en.people.cn/96054/96058/6551811.html
4The State Council Information of the People’s Republic of China, Tibet’s path of development is driven by an irresistible historical tide, Pechino, 15 aprile 2015.
5Già nel 2010 si era arrivati a 3.273 yuan. I dati sono pubblicati in Information Office of the State Council of The People’s Republic of China, New progress in development-oriented poverty reduction program for rural China, Pechino, 6 novembre 2011.
6S. Vernole, L’attuale situazione economica del Tibet/Xizang.
7Se si è interessati alla storia dell’arrivo del telegrafo a Lhasa, si rimanda a W.H. King, The telegraph to Lhasa, The Geographical Journal, vol. 63, No. 6 (Giugno 1924, pp. 527 – 531.
8A proposito si legga Vincanne Adams, Karaoke as Modern Lhasa, Tibet: western encounters with cultural politics, Cultural Anthropology, vol. 11, no. 4 (Novembre 1996), pp. 510 – 546.
9I dati sono riportati in S. Vernole, Lo sviluppo e il progresso in Tibet…
Stando ai dati diffusi dal National Bureau of Statistics, nell’intera regione dello Xizang, ogni 10.000 persone, si conta una media di 19.5 veicoli privati (424 il dato della capitale Pechino) e 7.7 autobus (24.4 a Pechino) mentre il consumo delle famiglie tocca i 12.231,9 yuan, circa la metà delle famiglie di Pechino.
10Edmund Chandler, The Unveiling of Lhasa, Edward Arnold, Londra, 1905, p. 251.
Volume consultabile online:
http://www.gutenberg.org/files/33359/33359-h/33359-h.htm
11F. Maraini, Segreto Tibet, Leonardo Da Vinci Editrice, Bari, 1959, p. 48.
12The State Council Information of the People’s Republic of China, Tibet’s path of development is driven by an irresistible historical tide, Pechino, 15 aprile 2015.
13Sir Charles Bell in un articolo dal titolo A year in Lhasa pubblicato sul The Geographical Journal nel febbraio del 1924 riporta in inglese un detto tibetano: the outside man is clean outside, the inside man is clean inside.
14Party Centrale Committee, Document N. 31, 1980.
15Questo il significato di Xizang.
16Nel 2001 Pechino ha stanziato ulteriori 330.000.000 di yuan per la manutenzione del complesso storico del Potala. Tra il 2002 e il 2009 386.000.000 di yuan sono stati destinati alla preservazione dell’eredità culturale del Tibet. (VERNOLE – LO SVILUPPO ECONOMICO…)
17La pagoda funeraria del V Dalai Lama, colui che nel VII secolo avviò la costruzione del complesso senza, però vederne ultimati i lavori è alta 14.85 metri e contiene 5.950 chilogrammi di oro e 4.000 perle.
18Fosco Maraini, Segreto Tibet, op. cit. p. 177.
19Fosco Maraini, Segreto Tibet, p. 175.
20Fosco Maraini, Segreto Tibet, op. cit., p. 174.
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