ASRIE FOCUS – LA SICUREZZA IN LIBIA
Italia e Libia vantano relazioni internazionali di lungo corso che fondano le proprie radici agli inizi del ‘900 quando il paese del Nord Africa entrò a far parte dell’allora Regno d’Italia divenendone una colonia fino al 1947. Il seguente report delineato da Antonio Lamanna, Junior Analyst Desk Mondo Arabo & Nord Africa della OSINT Unit di ASRIE, mira a presentare il processo storico delle relazioni italo-libiche cercando di individuare i momenti fondamentali che hanno caratterizzato i rapporti tra i due paesi e sottolineando il ruolo importante e fondamentale che lo Stato italiano può ancora giocare all’interno della Libia.
La Libia fu una colonia del Regno d’Italia dal 1912 al 1947. Nel 1911, quando il processo di colonizzazione volgeva ormai al termine, il Regno d’Italia decise di invadere la Cirenaica e la Tripolitania (unite sotto il nome di Libia solo nel 1934) che appartenevano ad un Impero ottomano ormai morente. Durante gli anni in cui la Libia fu una colonia italiana, molti italiani si trasferirono nel paese nord africano aprendo imprese e fabbriche e contribuendo ai primi passi di modernizzazione; un grave errore delle allora autorità italiane fu quello di non comprendere la grande ricchezza energetica presente in Libia (gas naturale e petrolio).
Nel 1943 l’Italia perse il controllo del territorio e vi rinunciò ufficialmente nel 1947. Dal quel momento la Libia fu posta sotto l’amministrazione provvisoria di Francia e Gran Bretagna che la portano all’indipendenza nel 1951, con l’istituzione della monarchia sotto la guida di re Idris.
Nel 1969, un golpe militare condotto da Muammar Gheddafi istituì un regime autoritario il quale aprì il contenzioso con l’Italia sul passato coloniale con l’obiettivo di nazionalizzare i beni italiani e degli italo-libici ed istituendo il ‘giorno della vendetta’ il 7 ottobre, in ricordo della ritorsione anti-italiana.
Per anni i rapporti tra Libia e Italia si sono centrati sulla richiesta, da parte della Libia, di risarcimenti per i danni causati dagli italiani nel corso della colonizzazione e delle guerra per conquistare le allora Cirenaica e Tripolitania. L’importanza degli interessi petroliferi, gli interessi dell’ENI presente nel Paese fin dagli anni ’50, la minaccia di Gheddafi di influenzare i flussi migratori diretti verso l’Italia e il suo sostegno al terrorismo internazionale, hanno impedito all’Italia di rifiutare ogni richiesta da parte della Libia.
Un primo punto di svolta nella questione delle pretese libiche si ebbe nel 1998, il 4 luglio, con il cosiddetto Comunicato Congiunto, durante il primo governo Prodi tra Dini e Mountasser. L’accordo prevedeva una serie di impegni relativi alla realizzazione, da parte del Governo italiano, di alcuni progetti in Libia da parte di una società a capitale misto che avrebbe raccolto contributi da vari soggetti pubblici e privati, italiani e libici. Il progetto del Comunicato Congiunto procedette abbastanza lentamente e, nel 2001, si fece strada l’idea di un gesto simbolico, poi ribattezzato ‘Grande gesto’ con il quale accontentare le pretese libiche. Il Gesto si risolse con l’istituzione di un ospedale oncologico sotto la supervisione dei maggiori specialisti italiani, accordo raggiunto nel 2003 in un incontro tra l’allora Premier Silvio Berlusconi e Gheddafi. Nel 2004 Gheddafi abolì la ‘giornata della vendetta’ sostituendola con una nuova ricorrenza celebrata con il nome di ‘giornata dell’amicizia’ tra Italia e Libia.
Il contenzioso si risolse definitivamente con il trattato di Amicizia e Cooperazione (Trattato di Bengasi) nel 2008, siglato a Roma tra Italia e Libia e ratificato dall’Italia il 6 febbraio 2009, dalla Libia il 2 marzo. Il Trattato, in sostanza, ha rappresentato il definitivo accoglimento da parte dell’Italia delle richieste libiche, con il pagamento di 5 miliardi di dollari alla Libia come compensazione per l’occupazione militare, la Libia in cambio si attivava per controllare l’immigrazione clandestina che dalle sue coste era diretta verso l’Italia.
Le relazioni economiche ed energetiche
Nell’ambito della cooperazione tra Italia e Libia vengono realizzati due importanti progetti: il gasdotto Green Stream, inaugurato il 7 ottobre 2004 a Melitah (85 km a ovest di Tripoli), realizzato da ENI, e gli impianti per la liquefazione del gas (LNG)[1].
Il Trattato di Amicizia e Cooperazione firmato nel 2008 tra Italia e Libia si proponeva, tra le altre cose, di consolidare la posizione dell’Italia come partner economico privilegiato per la Libia. Le aziende italiane venivano agevolate con l’esenzione da tasse doganali e all’importazione, e da tasse relative ai consumi di energia elettrica, gas, acqua e linee telefoniche[2].
Nello stesso 2008, inoltre, veniva siglato un altro importante accordo tra Italia e Libia per ampliare i rapporti economici tra i due Paesi, precisamente tra ENI e la National Oil Company of Libya che, con un piano d’investimenti del valore di 28 miliardi di dollari, prorogava le concessioni della compagnia italiana in Libia per altri 25 anni[3], fino al 2042 per la produzione petrolifera e fino al 2047 per quella di gas.
Accordi vengono anche raggiunti nel settore della difesa. Nel 2009, la compagnia italiana Augusta-Westland ottenne un contratto per la fornitura alla Libia di 10 elicotteri AW109 Power e AW 119 Koala, da assemblare nell’impianto libico della Libyan Italian Advenced Technology Company (Liatec), una società al 50 e 50 tra Augusta-Westland e la Libyan Company for Aviation Industry[4].
L’Italia si è confermata il principale partner economico della Libia anche dopo la rivoluzione del 2011. Il mercato italiano presentava fino ad allora la metà del principale export libico[5]. Prima della rivoluzione operavano nel Paese oltre 100 aziende italiane, principalmente nei settori delle costruzioni, ingegneria e impiantistica industriale collegati al settore petrolifero ( Eni, IVECO, Salini, Augusta-Westland, Italcementi,). Dopo la rivoluzione il numero di aziende rientrate in Libia si aggira intorno al 70%. Tuttavia, a causa della nuova situazione di crisi, le relazioni economiche sono nuovamente compromesse.
Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, l’interscambio commerciale tra Italia e Libia si è progressivamente ridotto arrivando nel 2013 a poco meno di 11 miliardi di euro (10.942), praticamente dimezzato in confronto ai 20 miliardi del 2008.
Nel 2013 l’export italiano verso la Libia è cresciuto del 20% (2,8 miliardi di euro). Le esportazioni italiane verso la Libia consistono prevalentemente in prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (49%) e meccanica strumentale (11%). Dalla Libia invece il nostro paese esporta soprattutto prodotti energetici, gas naturale (47%) e petrolio (42%). Tuttavia queste importazioni sono diminuite del 37% nel 2013, per un totale di 8 miliardi di euro.
Nel 2014 l’export italiano, nei confronti della Libia, è sceso del 15,4% e un calo si è registrato anche nelle importazioni dalla Libia, contraendosi del 58% rispetto al 2013.
La minaccia dell’ISIS
La presenza dell’ISIS sulle coste libiche rappresenta una minaccia, oltre che sul fronte della sicurezza, anche in termini economici. Nel Paese oggi sono presenti ancora numerose imprese italiane attive non solo in campo energetico. L’Italia è il Paese dell’UE che ha più interessi in Libia. Da dicembre l’ISIS ha lanciato una vasta offensiva per conquistare i pozzi petroliferi controllati dal governo ufficiale (quello a Tobruk) e la National Oil Company ha annunciato la chiusura dei terminal petroliferi di Ras Lanuf e Sidra. Un altro attacco è avvenuto il 4 febbraio contro il terminal di Al Mabrouk, a sud di Sirte, gestito alla Total e da Mabruk Operation Oil (società collegata alla NOC).
Prima delle rivolte del 2011 la Libia produceva un milione e mezzo di barili al giorno (40.000 solo ad Al Mabrouk) che rappresentavano il 75% delle entrate del Paese[6]. Da dicembre 2014 la produzione è crollata a circa 330 mila barili al giorno. La questione dell’energia è dunque di fondamentale importanza per il nostro Paese, secondo i dati dell’Ambasciata italiana, l’Italia è ancora il primo Paese per importazioni di gas e petrolio dalla Libia. L’Italia ha importato nel 2014 in media 3,3 milioni di tonnellate di petrolio dalla Libia, pari al 6,7% del totale. Di gas invece il 12% del totale. L’azienda italiana più importante presente in Libia è l’ENI, che opera nel Paese dal 1959, per fortuna la maggior parte dei giacimenti controllati dalla compagnia italiana si trovano nella parte occidentale della Libia, quella meno interessata dalla presenza di islamisti.
Tuttavia, altri importanti stabilimenti non si trovano nella parte occidentale della Libia, e sono oggetto di pretese dallo Stato Islamico, soprattutto quello di Mellitah, 100 km a ovest di Tripoli che è uno dei più importanti giacimenti dell’ENI in Libia ed è ora minacciato da cellule jihadiste presenti a Sabratha, una cittadina ad appena 20 km da Mellitah.
Report a cura di Antonio Lamanna
Antonio Lamanna è laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università La Sapienza di Roma, attualmente prosegue gli studi in Relazioni Internazionali e collabora con la OSINT Unit di ASRIE come Analista Junior Desk Mondo Arabo & Nord Africa
Fonti
[1] A. Lattanzio, I rapporti economici Italia-Libia, AGI energia, Marzo 2010
[2] G Iacovino, I rapporti bilaterali tra Italia e Libia alla luce del Trattato di amicizia, Note Osservatorio di Politica Internazionale, n. 8, Maggio 2010, p. 2
[3] Ibidem.
[4] G. Iacovino, Op. cit., p. 4
[5] Ambasciata d’Italia LIBIA (a cura di), Rapporto LIBIA Infomercatiesteri.it, 2013
[6] Lookoutnews, La crisi del petrolio in Libia: attaccato il sito di Al Mabrouk, 05/02/2015
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