A quattro anni dallo scoppio della guerra civile, innescata dalla primavera araba che stava infiammando il Nord Africa, la Libia continua a vivere giorni difficili.
Solo la scorsa settimana alcune decine di miliziani hanno assaltato e occupato un impianto di estrazione petrolifera a Mabruk, circa 150 chilometri a sud di Sirte. Nell’attacco ai pozzi gestiti dalla Libya’s National Oil e dalla francese Total, sarebbero morte circa 10 persone, anche se le autorità locali non hanno confermato questo dato.
Se la grande capacità di Gheddafi era stata quella di fare della Tripolitania e della Cirenaica una nazione, ora gli jihadisti stanno facendo di tutto per tornare a spaccare a metà la nostra ex colonia, puntando a realizzare due diversi Stati.
Oggi gli scontri sono concentrati nella fascia costiera del golfo di Sirte dove non passa giorno senza che i gruppi jihadisti e i reparti delle milizie legate al governo di Tobruk, guidate dal generale Khalifa Haftar, si sparino addosso.
Haftar, da tempo vicino agli Usa e alla Cia, appare oggi come il nuovo uomo forte della regione, prossimo a costituire un Consiglio militare supremo.
Per meglio rafforzare il suo ruolo ed il suo prestigioso ha anche convinto il Parlamento di Tobruk a revocare la Legge per l’Isolamento Politico, il provvedimento voluto nel maggio 2013 dal Parlamento di Tripoli per impedire ai funzionari che avevano servito durante l’era di Gheddafi di prestare servizio nelle nuove istituzioni.
La mossa è molto più importante di quanto si possa pensare, visto che in un paese fortemente clientelare come la Libia riportare in alcune posizioni chiave uomini del passato potrebbe contribuire a ripacificarne alcune zone.
Una provvedimento di cui anche il suo promotore si è giovato, visto che la legge escludeva da un effettivo ritorno al potere anche il generale Haftar, ufficiale delle Forze Armate libiche fino alla sconfitta contro il Ciad lungo la striscia di Aozou nel 1987, poi costretto all’esilio negli Stati Uniti.
Forte del potere militare e legittimato a livello istituzionale, il generale Haftar ora punta apertamente a rimanere al vertice della nuova Libia, giovandosi magari di vecchi potentati pronti a riprendere il loro posto al sole.
Centrale in questa prospettiva appare la strategia anti-islamica.
Assumendo legalmente il potere, Haftar può mirare a proporsi come legittimo interlocutore per il Paese intero, convincendo le potenze estere ad appoggiarlo esplicitamente, anche sulla base del suo impegno sul campo contro le milizie jihadiste.
Fabrizio Di Ernesto
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