“La Repubblica Popolare Cinese e il Tibet”: progetto di ricerca del Cesem.
Per migliaia di persone è stata una notizia shock, o almeno così è stata presentata da alcuni media. Il Dalai Lama avrebbe detto, in un’intervista al quotidiano tedesco Welt am Sonntag , che lui sarà l’ultimo Dalai Lama e non verrà trovato un successore. Nella stessa intervista il Dalai Lama ha fatto una critica molto aspra a Putin, che a suo dire vorrebbe ricostruire il muro di Berlino: «Dapprima è stato presidente, poi premier e poi di nuovo presidente – un po’ troppo. Ciò dimostra che è molto egocentrico: io, io, io!». Putin soffrirebbe pertanto di uno spiccato egocentrismo perché è da troppo tempo che sta al potere. Gliene diamo atto. Peccato però che le fortune capitano sempre agli altri: se fossi stato io l’intervistatore, con un po’ di umorismo avrei fatto notare al Dalai Lama che invece lui è dal 1642 che sta sul trono!
Se fossi stato l’intervistatore, inoltre, gli avrei detto che in Occidente si viene tacciati di ipocrisia quando si punta il dito verso vizi di altri che in realtà riguardano anche se stessi. Non si può certo dire infatti che il Dalai Lama faccia una vita ritirata: vive nel lusso, viene trattato come un Dio e ovunque vada cerca la compagnia dei potenti. Sicuramente non ha fatto propria la lezione di Milarepa, il più grande yogi tibetano che viveva in ritiro nelle grotte, il cui unico tempio era il proprio corpo e che si nutriva solo di ortiche. Per i buddhisti, vivere in ritiro è il più grande degli ideali: una strada maestra verso l’Illuminazione. «No!» – direbbe il buddhista benpensante o il fanatico del Free Tibet -«Non è vero! Il Dalai Lama ci si trova in questa situazione, non ha scelto lui di essere il Dalai Lama!». Diamo atto anche a loro. Però si può sempre cambiare: i primi due Dalai Lama erano semplici monaci dei monasteri di Drepung e Tashilhunpo, e non facevano certo una vita da rock star. Oppure, per lo meno, il Dalai Lama potrebbe risparmiarsi affermazioni pubbliche come quella su Putin. In realtà, la critica a Putin non è completamente disinteressata, né è fatta a caso. E’ dal 2004 infatti che Tenzin Gyatso non può entrare in Russia; il visto non gli viene concesso dal momento che i rapporti con Pechino si sono fatti più stretti. Questo per lui può essere un problema perché in Russia ci sono oltre un milioni di buddhisti, concentrati in Calmucchia, Buriazia e Tuva.
Tornando al discorso del successore del Dalai Lama, in realtà la notizia non solo non è scioccante, ma non è neanche propriamente una notizia. Sono già molti anni che il Dalai Lama dice che potrebbe non esserci più alcun suo successore. Quella fatta al quotidiano però era solo un’affermazione ipotetica e informale, non una decisione ufficiale, che il Dalai Lama ha detto che farà in prossimità dei suoi 90 anni dopo essersi consultato con i vari leader tibetani. Fino ad ora, il Dalai Lama ha fatto affermazioni estremamente contradditorie sul suo successore: ha detto che potrebbe essere una donna, che potrebbe essere eletto, o addirittura che potrebbe essere scelto da lui prima della sua morte (cosa che implica il fatto che lui dovrà reincarnarsi andando indietro nel tempo!). La sua paura, in realtà, è che la Cina trovi e installi un proprio Dalai Lama, esercitando un diritto tradizionale che possiede fin dai tempi della dinastia Qing. Tra le varie alternative, ovviamente, smettere di riconoscere un successore è la scelta più tradizionale. I lettori non devono scioccarsi di questa affermazione. In Occidente c’è un sacco di disinformazione a riguardo. L’istituzione del Dalai Lama non è a capo del Buddhismo – come alcuni dicono – e neanche è a capo del Buddhismo Tibetano, come pensano i più. In realtà, il Dalai Lama è solo uno dei personaggi di maggior rilievo di una delle tante scuole del Buddhismo Tibetano; è diventato più famoso (e per alcuni più autoritario) solo in quanto è stato reso Re del Tibet centrale dal principe mongolo Gushri Khan. La carica tradizionale dei Dalai Lama pertanto è primariamente politica e non spirituale. Dato che questa è una funzione che non può più esercitare, dobbiamo sicuramente dare ragione a Tenzin Gyatso quando ha riconosciuto e affermato che l’istituzione del Dalai Lama ha esaurito il suo compito e non è più adatta ai tempi. Quello che ci si chiede, semmai, è perché non fa un atto di coerenza e non va in ritiro. Se fossi stato l’intervistatore, al Dalai Lama avrei chiesto anche questo; come al solito, le fortune capitano sempre agli altri.
Marco Scarinci
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